Fàbregas

Fàbregas è un predestinato anche da allenatore?

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Vi sareste mai immaginati una realtà parallela nella quale Cesc Fàbregas, campione d’Europa e del Mondo con la Spagna, uno dei centrocampisti più forti e completi della storia del calcio, sarebbe un giorno finito a Como, prima come giocatore e poi come allenatore? Sì, quella Como, quella del lago, del ramo del lago per essere precisi, di cui parlava Alessandro Manzoni nei Promessi Sposi.

Le radici di questa storia sono profonde e, tutto sommato, in questo articolo, non ci interessano nemmeno molto. Ci basti sapere che Cesc, allenatore del Como dal novembre del 2023, è diventato un idolo per i comaschi. Un leader, emotivo ma soprattutto di campo, che dopo aver appeso le scarpe al chiodo, ha guidato un popolo, un tifo intero, verso una promozione nella massima serie italiana, che mancava da vent’anni.



Il Fàbregas allenatore è un fenomeno come lo era in campo?

Partiamo dalle basi, da come ha deciso di costruire il suo Como. Fàbregas si è presentato con grandi ambizioni, ma anche con una squadra che, senza mancare di rispetto, non rispecchiava esattamente l’idea di calcio che il catalano voleva mettere in atto. Odenthal, Sala, Ioannou, Semper, giusto per fare qualche nome, sono sì ottimi calciatori, che avrebbero però accusato il salto dalla B alla A.

Ed è qui che interviene il passato di Cesc. Un paio di chiamate, qualche colloquio individuale, ed ecco che i lariani si sono trasformati in una vera e propria enclave spagnola. Sergi Roberto, Alberto Moreno, Pepe Reina, Nico Paz – argentino, ma anch’egli nato in Spagna. Una squadra completamente rivoluzionata.

E quindi, questo Como, come gioca? Fàbregas, che di grandi allenatori ne ha avuti, prende grande ispirazione da Pep Guardiola. Il suo Como è una squadra di possesso, che non vuole buttare via il pallone e che, come detto dal suo stesso allenatore, vuole dominare l’avversario. Ovviamente, le qualità dei singoli non permettono sempre di mettere in pratica tutto questo, ma, durante questo inizio di stagione, ci sono stati momenti nei quali il calcio voluto da Fàbregas si è visto. Basti chiedere all’Atalanta, ad oggi battuta a Bergamo solo da Como e Real Madrid, o al Napoli di Conte che, nonostante la vittoria, ha subito molto l’aggressività dei lariani. Il primo tempo al Maradona è stata forse una delle migliori prestazioni dei comaschi quest’anno.



Come gioca il Como di Cesc Fàbregas

Fàbregas prende spunto, come detto, dal City di Guardiola. Il suo Como costruisce con il solito 3-2-5 tipico dei citizens. Una costruzione 2+2 fatta dai mediani e i centrali, con Ignace Van der Brempt, terzino ex Salisburgo, che si allarga per dare ampiezza, così come Alieu Fadera, esterno arrivato dal Genk. La prima costruzione è, però, una costruzione “offensiva”. L’obiettivo di Fàbregas è avere quanta più densità possibile nella metà campo avversaria.

Il possesso non è mai piatto o di gestione, serve sempre per cercare di liberare per vie centrali i fantasisti di Fàbregas, come Strefezza o Nico Paz. Un’altra soluzione è quella di “collassare” sulla fascia di Fadera, che con la sua fisicità e dinamismo è sempre pericoloso negli uno contro uno con il terzino avversario.

Fàbregas ha poi avuto il grande coraggio di non abbandonare il proprio credo tattico in nessuna circostanza. Che l’avversario sia il Venezia o l’Inter, il Como gioca palla senza paura e senza nessun timore. Un coraggio, quello del catalano, che è continuato anche quando, tra ottobre e novembre, la rosa ha subito un gran numero di infortuni. Il Como si è trovato senza i due centrocampisti titolari – Sergi Roberto e Máximo Perrone –, ma non si è mai scomposto, anzi, al suo allenatore va dato il merito di aver riscoperto un trequartista come Lucas Da Cunha, che nei tre dietro la punta non giocava quasi mai, riadattandolo a mediano di impostazione, fino ad ora con grossi risultati.

Come detto, i lariani non si pongono problemi nell’aggredire altissimi la prima costruzione avversaria, e non hanno nemmeno paura dei possibili contropiedi, che sono il vero grande problema della formazione comasca. Con un’idea di gioco così offensiva, e senza dei centometristi tra i centrali di difesa, il grande limite del Como sono i, troppi, contropiedi concessi.


Il presente e il futuro dei lariani

L’inizio di stagione, con tanti punti persi per strada, poteva mettere dubbi su Fàbregas e su un calcio che, per una neopromossa, è sempre mal visto dall’opinione pubblica, soprattutto in un paese come l’Italia, ancora troppo arroccato all’idea delle “piccole” che devono limitarsi a difesa e contropiede. Invece qui bisogna fare i complimenti alla dirigenza ed alla società. I fratelli Hartono si sono circondati di gente con grande competenza calcistica e durante questi primi mesi, Fàbregas non è mai stato a rischio, proprio perché il progetto del Como è a lungo termine, e per raggiungere alti livelli bisogna passare anche attraverso momenti di difficoltà.

Cesc è arrivato, con l’umiltà che contraddistingue i grandi campioni, in punta di piedi. Mai una parola fuori posto, attenzione ai particolari, il costante studio per migliorarsi. Dopo aver perso, con onore, a San Siro contro l’Inter, il primo pensiero è stato quello di parlare con Simone Inzaghi, la cui squadra per almeno 50 minuti era stata ingabbiata da un Como che aveva preparato la partita in maniera perfetta, schierandosi quasi a specchio, per limitare le catene laterali.

Il Como, nonostante qualche fatica e qualche brutta botta, sta dimostrando un calcio divertente, aggressivo, dinamico. Fàbregas si è dimostrato l’uomo giusto per questo progetto, mettendo spesso in mostra una capacità nel leggere le partite che pochi allenatori hanno. Il futuro dei comaschi è roseo, la società è sana ed ambiziosa, e finché decideranno di schierarsi insieme al loro “Jefe”, i lariani potranno togliersi grandi soddisfazioni.

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