L’irripetibile era calcistica di Cristiano Ronaldo e Lionel Messi sta per volgere al termine. È stata un’era tra le più spettacolari di sempre, che ha cambiato totalmente la nostra percezione e il nostro modo di valutare i calciatori e gli aspetti collegati ad essi. I nativi di Funchal e Rosario hanno fatto sembrare normale il segnare 40, 50, 60 o più gol ogni stagione per oltre un decennio, lasciando un segno indelebile nel calcio, una cicatrice che probabilmente non si risanerà mai più.
Nessuno è infatti riuscito a tenere il loro passo, e anche quando ciò è accaduto a mancare è stata la costanza: senza scomodare leggende del passato e discussioni sui numeri, contemporanei e assoluti mostri come Luis Suárez, Robert Lewandowski e Zlatan Ibrahimović non riescono neanche ad avvicinarsi concretamente alle realizzazioni dei due alieni di cui sopra.
E la stessa cosa si può dire per la generazione di calciatori attuale: nonostante lo sconfinato talento in circolazione, di autentiche macchine del gol di quel calibro non se ne trovano. L’unico che sembra potersi avvicinare agli irreali numeri dell’argentino e del portoghese è un ragazzone biondo, figlio d’arte, che a 24 anni può già dire di aver vinto (quasi) tutto quello che c’è da vincere nel grande calcio, e che sembra essere costruito per fare gol: il suo nome è Erling Braut Haaland.
L’imposizione in Patria da minorenne
Il classe 2000 è sempre stato una forza della natura. Prima di innamorarsi definitivamente del calcio ha provato numerosi sport, tra cui atletica leggera, pallamano e golf. Nel gennaio del 2006, all’età di 5 anni, sigla il record di salto in lungo per la categoria Under-5 con l’impressionante misura di 1,63 metri, iniziando ad assaporare il gusto di frantumare primati altrui.
Haaland inizia la sua carriera nelle giovanili del Bryne. All’età di 15 anni entra nella squadra riserve, giocando dunque nella quarta serie norvegese, dove impressiona tutti, mettendo a referto 18 reti in 14 partite. L’anno successivo rende note le sue prime dimostrazioni d’amore verso la palla, portandosela a casa in occasione della prima tripletta della sua carriera, siglata il 19 settembre 2016 nella vittoria per 5-3 contro il Vard Haugesund 2.
Grazie all’aiuto di Bjarne Berntsen, allenatore di Haaland nelle giovanili e nel frattempo diventato tecnico ad interim della prima squadra, Erling inizia a macinare minuti con i più grandi: l’esordio arriva il 12 maggio 2016 nella sfida contro il Ranheim, quando Haaland non ha ancora compiuto 16 anni. Nonostante l’aiuto di Berntsen – che lo sposta dal ruolo di ala a quello preferito di prima punta – questo è uno dei rarissimi casi in cui il norvegese non riesce a incidere: nelle 16 partite con la maglia biancorossa del Bryne, Haaland non segna neanche un gol. Che quel ragazzino avesse qualcosa di speciale però lo si intuiva, e nell’anno seguente fa un salto di qualità interno al Paese trasferendosi al Molde per 100.000 euro.
Sotto la guida tecnica della leggenda del Manchester United Ole Gunnar Solskjaer, ci mette una stagione ad ambientarsi: debutta il 26 aprile 2017 nella sfida di coppa con il Volda, segnando il gol che sblocca l’incontro e diventando il secondo marcatore più giovane nella storia del club. Mettendo a referto altri 4 centri e un assist nelle restanti 19 partite in cui mette piede in campo, contribuisce al raggiungimento del secondo posto in campionato e della semifinale di Norgesmesterskapet, la Coppa di Norvegia.
Nella stagione 2017/2018, il nativo di Leeds si mette davvero in mostra per la prima volta. Aiuta la Nazionale Under-19 a raggiungere gli Europei di categoria grazie a 9 reti in 6 partite: la tripletta nell’ultima pirotecnica partita di qualificazioni contro la Scozia, vinta 4-5 con tanto di gol al 91’, gli permette di vincere anche il suo primo titolo di capocannoniere.
A livello di club inoltre, con 12 gol e 4 assist in 24 partite, arriva terzo nella classifica marcatori dell’Eliteserien portando ancora una volta il Molde al secondo posto dietro all’irraggiungibile Rosenborg. La partita più memorabile di Haaland in Patria è senza dubbio la vittoria 0-4 in casa del Brann, fino a quel momento imbattuto e primo in campionato, in cui il norvegese segna tutti i gol dell’incontro in soli 17 minuti, mostrando un assaggio dello strapotere fisico che ha incantato tutto il mondo negli anni successivi.
Prima di lasciare la Norvegia, Haaland debutta in campo europeo, mettendo a referto 4 gol e un assist in 5 partite e aiutano il Molde a superare tre turni preliminari di Europa League, ma proprio al quarto e ultimo incrocio, contro lo Zenit San Pietroburgo, i norvegesi non riescono a rimontare il complessivo 4-1 patito tra andata e ritorno, con Haaland che segna a un quarto d’ora dal termine il gol del 4-3 finale.
L’inizio dei numeri irreali
Nel gennaio del 2019, a 18 anni, Erling Haaland sbarca al Salisburgo per 8 milioni di euro, scrivendo ulteriormente la storia del Molde in qualità di cessione più onerosa della storia del club – superata solo nel 2023 dall’acquisto di David Datro Fofana da parte del Chelsea per 12 milioni di euro – e unendosi ad una rosa ricca di nomi che nel giro di qualche anno avrebbero fatto le fortune del club austriaco, quali Taluni Minamino, Karim Adeyemi, Hwang Hee-Chan e Dominik Szoboszlai.
Per tutto il resto della stagione il gigante norvegese gioca in Austria solo 150 minuti spalmati in 5 partite, in cui parte titolare una sola volta e fa pure gol – queste poche apparizioni gli permettono comunque di figurare nella lista dei vincitori del double nazionale e aggiungere i primi trofei nel proprio palmarès. Questo avviene soprattutto perché Haaland è molto impegnato con la maglia della Nazionale: in preparazione al Mondiale Under-20 segna a marzo due gol nelle due amichevoli contro Austria e Slovacchia, poi parte alla volta della Polonia per competere nel Girone C con Nuova Zeland, Uruguay e Honduras.
Nonostante per gli scandinavi il mondiale finisca anzitempo, complice due sconfitte nelle sfide con Nuova Zelanda e Uruguay, la partita con l’Honduras – alla vigilia considerata una sfida fine a se stessa – riesce ugualmente a entrare nella storia: il 30 maggio del 2019 Erling Braut Haaland ruba per la prima volta le copertine di tutto il mondo, segnando ben 9 gol in 82 minuti nella strabordante vittoria per 12-0 dei suoi. Oltre a vincere la classifica cannonieri di quella competizione, per far capire l’impatto che ha avuto Haaland, quel Norvegia-Honduras è ancora oggi la vittoria con lo scarto maggiore ottenuto dalla Nazionale norvegese Under-20, la sconfitta peggiore per la rappresentativa Under-20 honduregna, la vittoria con lo scarto maggiore nella storia dei Mondiali Under-20 e la gara con il maggior numero di reti segnate da un singolo giocatore in un incontro del Mondiale Under-20.
Quella prestazione rappresenta però solo la punta dell’iceberg: Haaland comincia a prenderci gusto e inizia a segnare a raffica, portando la sua vena realizzativa a un livello superiore. Nella seconda metà del 2019 si trasforma nella macchina da gol che da anni terrorizza le difese di tutto il mondo: all’esordio in Coppa d’Austria segna una tripletta al Parndorf, per poi mettere a segno 11 gol e 5 assist nelle prime 7 giornate di campionato. Il 5 settembre fa il suo esordio nella Nazionale maggiore, ma è alla sua prima in Champions che scrive la storia: la gara contro i belgi del Genk finisce 6-2, con Haaland che segna una tripletta e diventa, dopo Wayne Rooney, il calciatore più giovane ad aver segnato tre gol all’esordio in Champions League.
Nonostante le sconfitte contro Liverpool e Napoli, il giovane norvegese segna altri 3 gol complessivi e diventa il calciatore ad aver segnato più reti (6) nelle sue prime tre partite di Champions, superando le 5 che il venticinquenne Drogba mise a segno nel 2003. Con la maglia del Salisburgo ha modo di realizzare altri 7 gol e 2 assist tra campionato e coppe prima della sessione di mercato invernale: i 35 G+A in soli 22 incontri scatenano una corsa pazza che coinvolge tutti i principali club europei. Juventus e Manchester United sembrano essere le più accreditate, ma ad esercitare l’irrisoria clausola rescissoria di 20 milioni di euro è il Borussia Dortmund, che lo tessera all’alba del 2020.
L’esplosione definitiva con il BVB
Ad Haaland bastano pochi minuti in maglia giallonera per far capire a tutti che affare ha fatto il BVB. L’esordio arriva il 18 gennaio nella trasferta di campionato contro l’Augsburg, ed Erling entra in campo al 56′, appena dopo il gol del 3-1 dei padroni di casa. Sembra finita per i ragazzi di Favre, ma Haaland impiega meno di tre giri d’orologio per segnare il suo primo gol con uno dei suoi marchi di fabbrica: corsa alle spalle del difensore e mancino di prima intenzione. Jadon Sancho fa 3-3, e a venti minuti dalla fine Thorgan Hazard regala ad Haaland un semplice tap-in per il sorpasso degli ospiti. Al 79’ il norvegese porta la gara sul definitivo 3-5 con un diagonale sul secondo palo, firmando una tripletta all’esordio in soli 23 minuti – nella storia del BVB solo Pierre-Emerick Aubameyang era riuscito a segnare una tripletta alla prima in giallonero.
Sei giorni dopo Haaland parte di nuovo dalla panchina nella sfida contro il Colonia. Entra al 65′ sul 3-1, questa volta per i suoi, e gli basta questo spezzone per scrivere la storia del calcio tedesco: la sua doppietta in dieci minuti lo rende non solo il primo calciatore a segnare 5 gol nelle prime 2 partite di Bundesliga, ma anche il più veloce – gli sono bastati solo 56 minuti in campo.
Viaggia alla media di un record a settimana, perché oltre a vincere il premio di ‘Giocatore del Mese di gennaio’ con all’attivo meno di un’ora di gioco, nella sfida del primo febbraio contro l’Union Berlino segna un’altra doppietta diventando il primo calciatore a segnare 7 gol nelle prime 3 partite di Bundesliga.
Contro il Werder Brema in Coppa arriva anche l’ottavo gol in appena 17 giorni con la maglia giallonera, ma ciò non evita la sconfitta dei suoi e l’eliminazione agli ottavi. C’è spazio anche per una doppietta all’esordio con i tedeschi in Champions League, quando all’andata degli ottavi abbatte da solo il PSG in 5 minuti: al 69’ apre le marcature con una zampata da pochi passi, al 75’ Neymar pareggia i conti ma neanche sessanta secondi dopo Haaland viene servito al limite dell’area e di sinistro spacca la porta per il 2-1 finale. In sole 7 partite è arrivato a quota 10 gol in Champions League, e solo un Lewandowski da Pallone d’Oro segnerà di più (15) in quell’edizione. A vincere la competizione sarà infatti il Bayern Monaco, mentre l’11 marzo, in quella che è una delle ultime partite prima dello stop per la pandemia, i gol di Neymar e Bernat ribaltano la sconfitta dell’andata e volano ai quarti – con tanto di polemica per aver imitato l’esultanza di un Erling Haaland già al centro di tutte le attenzioni.
Il COVID-19 ha fermato i campionati per qualche mese, ma non la fame di gol di Haaland: nonostante qualche piccolo infortunio, la prima mezza stagione al Borussia si chiude con 16 reti e 3 assist in appena 18 partite – un totale di 44 gol e 10 assist contando anche il periodo al Salisburgo – e il secondo posto in campionato.
L’annata successiva parte col botto, tanto per cambiare: da settembre a novembre arrivano 17 gol e 3 assist tra Supercoppa, Bundesliga e Champions League oltre ai primi gol con la Norvegia – ben 6 in 4 partite di Nations League. Quasi iniziano a non stupire più prestazioni come quella dell’ottava giornata di Bundesliga, in cui buca 4 volte in appena 33 minuti il portiere dell’Herta Berlino. A fermarlo c’è solo una lesione al bicipite femorale, che lo mette fuori gioco nel mese di dicembre. Da questo momento inizia probabilmente una nuova fase della carriera di Haaland, in cui inizia a nascere una certa propensione agli infortuni che ne rallenta le altrimenti incontrollabili valanghe di gol.
Nonostante tutto, nella seconda metà di stagione aiuta il Dortmund a centrare il terzo posto segnando altri 17 gol e servendo altri 6 assist: con 27 reti totali in 28 gare di Bundesliga, solo un André Silva in grande spolvero (28) e un Lewandowski leggendario (41) fanno meglio di lui. Haaland tocca inoltre la doppia cifra di reti in Champions League per il secondo anno di fila, trascinando i gialloneri ai quarti di finale: dopo aver risolto gli ottavi con il Siviglia in cui registra 4 gol e un assist nel complessivo 5-4 per i suoi, solo il Manchester City poi finalista riesce a fermarlo. Arriva in compenso il primo – e unico – trofeo della sua carriera in Germania: il 13 maggio decide con una doppietta la finale di DFB-Pokal, vinta per 4-1 dalla squadra di Edin Terzić contro il Lipsia. Tra club e nazionale Haaland continua ad avere una media realizzativa da capogiro: 48 gol e 13 assist in 51 gare per la maggior parte degli attaccanti equivalgono a statistiche da “stagione della vita”, ma per il mostro norvegese si tratta solo dell’inizio.
Nella sua ultima stagione in Germania supera la doppia cifra di gol a metà settembre, ma un infortunio muscolare, il primo nella sua annata più tormentata dai guai fisici, lo tiene fermo per due settimane. Ha giusto il tempo di tornare in campo e segnare una doppietta in campionato prima di tornare ai box, stavolta per un problema all’anca, che gli fa saltare un mese di gare.
Senza la sua punta di diamante il Dortmund fa fatica: in Champions League arriva al terzo posto nel proprio girone, “retrocedendo” in Europa League; mentre in campionato non riesce a tenere il passo del Bayern, mantenendo il secondo posto ma sempre a debita distanza dai bavaresi. Haaland torna in campo e segna 10 reti in 10 gare tra campionato e coppa, ma a gennaio arriva l’eliminazione in DFB-Pokal agli ottavi contro il St. Pauli. Il terzo infortunio stagionale segna l’inizio del 2022 dell’attaccante norvegese: un altro problema muscolare attanaglia Haaland per un altro mese, con il BVB che si fa eliminare in Europa League dai Rangers di Glasgow.
L’ultima annata tedesca termina con 29 reti in 30 partite. Aggiungendo anche gli assist e i gol con la nazionale fanno 53 contribuzioni dirette al gol in appena 39 partite. Quella che per qualsiasi altro attaccante sarebbe una stagione clamorosa, per Haaland è vista quasi come deludente. Questo fa capire la grandezza già acquisita agli occhi di tutto il mondo da un ragazzo che all’epoca aveva appena 21 anni.
L’esperienza in Germania finisce con 86 reti e 23 assist in 89 partite: numeri folli considerando l’età e la costanza. Solo gli infortuni e una squadra non in grado di competere ogni anno per la vittoria di titoli prestigiosi ha leggermente frenato l’ascesa di Haaland. In estate però, con mezzo mondo a contenderselo, viene convinto dalla chiamata di Pep Guardiola e del suo Manchester City, che per soli 60 milioni di euro lo veste di sky blue. L’obiettivo del catalano e del club inglese è quello completare una squadra quasi perfetta, a cui manca solo un pezzo per completare quel puzzle mai risolto e diventato ossessione di nome Champions League.
Il miglior numero nove al mondo
La stagione d’esordio di Erling Haaland al Manchester City è senza dubbio quella che l’ha consacrato definitivamente nell’élite del calcio mondiale. Nei suoi primi dieci mesi con la maglia sky blue il mostro norvegese è quasi infermabile, a tratti spaventoso se si considera che ad un certo punto ha iniziato a fare più scalpore se segnava “solo” un gol in una partita.
Quella che è a tutti gli effetti la “stagione della vita” di Haaland e di tutto il City parte però malissimo: nel Community Shield arriva infatti una sconfitta contro il Liverpool, che conquista il trofeo grazie al gol del nuovo acquisto Darwin Núñez e ad un grossolano errore del nativo di Leeds a porta praticamente sguarnita. I dubbi e le critiche piovono ingenerose sul ragazzo, che però ci metterà poco a rispondere.
L’ex Dortmund debutta infatti in Premier League facendo doppietta in casa del West Ham, assist contro il Bournemouth e gol contro il Newcastle, prima di segnare due triplette consecutive tra Crystal Palace e Nottingham Forest. Chiude il mese di agosto con 9 reti e un assist in appena 6 match, ma l’apoteosi viene raggiunta il 2 ottobre successivo, quando nel derby di Manchester mette a segno un’altra tripletta e serve due assist a Phil Foden nell’umiliante 6-3 del City ai danni dei cugini dello United.
Prima della pausa per i Mondiali, tra novembre e dicembre si contano già 23 marcature complessive, incluse 5 in appena 4 gare di Champions. Qui ha modo di segnare il più classico dei gol dell’ex contro il Borussia Dortmund, realizzando una delle sue marcature più iconiche. All’84′ arriva nella sua zona un pallone delizioso dall’esterno di João Cancelo, e data l’altezza del traversone chiunque penserebbe di colpirla di testa… non Erling Haaland. Il norvegese si sbilancia all’indietro alzando il piede e colpendo la sfera con il mancino a circa due metri d’altezza, per siglare il gol della vittoria.
Dopo la pausa per la Coppa del Mondo, il City è impegnato su più fronti contemporaneamente e puntare a vincere tutto diventa estremamente complicato, specie quando a dieci giornate dalla fine del campionato l’Arsenal di Mikel Arteta sembra ormai lanciato verso la conquista della Premier League, con 5 punti di vantaggio sugli uomini di Guardiola. I londinesi accusano però un crollo improvviso: dopo essere stati in testa per maggior parte dell’anno, due pareggi danno modo al City di arrivare a -1 allo scontro diretto casalingo. A Manchester non c’è storia: Haaland inverte il suo ruolo con quello di Kevin De Bruyne e serve due assist per il belga, poi torna a fare quello che gli riesce meglio e mette la firma definitiva sulla gara siglando il 4-1 finale. È sorpasso in vetta, e il City non sbaglia più: Erling Haaland conquista il primo campionato nazionale della sua carriera da protagonista assoluto.
E se il City non sbaglia più è anche e soprattutto per merito del suo centravanti, che non smette mai di mettere la palla in fondo al sacco, inanellando record su record. Tra le altre cose, diventa il calciatore con il maggior numero di reti stagionali in Premier League (36), superando lo storico record di Andy Cole e Alan Shearer. Un record rimasto imbattuto per quasi un ventennio, ottenuto giocando rispettivamente 40 e 42 partite. Haaland lo ha spazzato via alla sua prima annata inglese, giocandone appena 35. Questi numeri gli hanno chiaramente permesso anche di conquistare la sua prima Scarpa d’Oro.
Il mostro norvegese lascia il segno anche in FA Cup: dopo il turnover dei turni precedenti, ai quarti contro il Burnley gli basta meno di mezz’ora per lasciare il segno con una tripletta, prima di lasciare il campo a Cole Palmer a risultato già ottenuto. Tra semifinale e finale, invece, ci pensano i compagni: la tripletta di Riyad Mahrez contro lo Sheffield e la doppietta di İlkay Gündoğan nel derby contro lo United consegnano agli uomini di Guardiola il secondo trofeo stagionale, dando modo ai tifosi citizens di sognare in grande.
Questo perché dopo la vittoria nel doppio confronto con il Lipsia negli ottavi di Champions League, il City sembra uno schiacciasassi. Dopo l’1-1 dell’andata, a Manchester è un Erling Haaland Show. Nel 7-0 imposto dal City ai tedeschi, il norvegese mette a segno cinque gol in meno di un’ora, entrando nella ristrettissima cerchia dei calciatori capaci di realizzare una manita nella stessa gara di Champions League dopo Lionel Messi e Luiz Adriano. «Stop Erling, they’re already dead!», deve aver pensato Pep Guardiola, che all’ora di gioco lo toglie dal campo.
Nell’andata dei quarti di finale contro il Bayern Monaco, il City domina in lungo e in largo, trova il vantaggio con Rodri, raddoppia con Bernardo Silva su assist di Haaland e la chiude proprio con l’ex Dortmund, che nel finale approfitta dell’ottima sponda di Stones per fare 3-0. Al ritorno in Baviera il norvegese può chiudere i discorsi già nel primo tempo, ma sbaglia il rigore concesso ai suoi. Gli bastano tuttavia una ventina di minuti per rifarsi, quando riceve palla sulla trequarti e manda al bar Dayot Upamecano prima di infilare Yann Sommer. Il Bayern trova anche il gol del pareggio, ma non basta: gli inglesi tornano in semifinale e ritrovano coloro che l’anno precedente li avevano clamorosamente eliminati con due gol nel recupero: il Real Madrid.
In quello che è considerabile il big match moderno per eccellenza, che negli anni ha regalato scontri spettacolari e ricchi di gol, Haaland è protagonista di una gara anonima nell’1-1 del Bernabéu. Con l’intento di rifarsi della prestazione dell’andata, il norvegese arriva alla semifinale di ritorno carico come una molla. Courtois però la pensa diversamente, e gli nega la rete miracolosamente in ben tre occasioni. Poco male però, perché il City decide di mandare il Real a scuola di calcio e li umilia comunque con un 4-0 che non ammette repliche. In finale la squadra di Guardiola dovrà affrontare la sorprendente Inter di Simone Inzaghi.
L’eroe di Istanbul non sarà però lo scandinavo, tenuto a bada da un grande Francesco Acerbi, ma lo spagnolo Rodri, che porta i mancuniani avanti. L’Inter è protagonista di una fantastica gara ma non riesce a convertire in gol le occasioni create: il Manchester City è campione d’Europa per la prima volta nella propria storia. Il trionfo degli Sky Blues non permette agli uomini di Guardiola di vincere “solo” la Coppa dalle Grandi Orecchie, ma anche di completare e conquistare il tanto agognato Triplete, che cementifica il loro nome nella storia del calcio.
Arrivare al top è sempre difficile, ma ancor più arduo è sicuramente restare in cima: dopo una stagione in cui si è vinto tutto ciò che c’era da vincere, tornare in azione significa vedere le aspettative generali salire ad un livello mai visto prima. Contemporaneamente, anche la fatica e il senso di appagamento aggiungono un ulteriore grado di difficoltà.
Haaland però non sembra curarsi di tutto ciò: dopo aver perso il Community Shield contro il Chelsea e vinto ai rigori la Supercoppa europea contro il Siviglia, segna una doppietta alla prima di campionato contro il Burnley e ricomincia a macinare i soliti numeri da capogiro: 14 gol e 3 assist nelle prime 15 di campionato, poi 5 reti e 1 assist in 5 gare di Champions League.
La stagione del norvegese si complica però a causa di un infortunio tra la fine del 2023 e l’inizio del 2024, che lo tiene fuori per una decina di partite e ne limita la condizione fisica. Anche per questo motivo i risultati di squadra sono meno entusiasmanti rispetto alla perfezione dell’anno precedente, con il City eliminato ai quarti di Champions e sconfitto in finale di FA Cup, ma lo scandinavo riesce comunque ad essere decisivo in Premier League: 13 gol nelle ultime 18 di campionato sono fondamentali al City nella corsa al titolo contro l’Arsenal, che culmina nella vittoria del quarto campionato consecutivo – mai nessuno ci era riuscito prima del City –, il secondo per Erling Haaland, nonché il decimo nella storia del club.
Nonostante le sole 31 partite giocate, grazie alle sue 27 reti Haaland vince per il secondo anno consecutivo il titolo di capocannoniere della Premier, concludendo la stagione 2023/2024 con un totale di 38 reti e 5 assist in 45 partite. Quella che per la quasi totalità degli attaccanti sarebbe la stagione della vita, per Haaland diventa quasi una stagione sottotono. Come si diceva per la sua ultima stagione a Dortmund, questo testimonia quanto siano folli i numeri del ragazzo.
Con rinnovati obiettivi da raggiungere e record da demolire, Haaland si prende la rivincita nel Community Shield contro lo United – sesto trofeo in maglia sky-blue – e avvia il suo campionato con 10 reti nelle prime 5 gare – diventando il primo calciatore ad andare in doppia cifra in Premier League in così poco tempo, migliorando il suo precedente record di 10 reti in 6 gare.
Il gol segnato nello scontro diretto del 22 settembre contro l’Arsenal lo rende protagonista di un altro record a dir poco impressionante: Erling Haaland eguaglia Cristiano Ronaldo come calciatore ad aver segnato 100 reti con un club nel minor numero di partite, appena 105. Se anche i numeri apparentemente irraggiungibili di CR7 al Real Madrid vengono eguagliati, allora c’è da preoccuparsi seriamente.
Idolo nazionale e il sogno di una nuova era
La Norvegia non è uno dei primi paesi che vengono in mente quando si pensa a quali siano le nazioni con più importanza nella storia del calcio. L’ultima apparizione della Nazionale scandinava ad un Mondiale risale a quelli di Francia 1998, per gli Europei l’unica partecipazione risale a EURO 2000.
Qualcosa però si sta muovendo, sempre più giovani talenti norvegesi stanno iniziando ad affermarsi nei principali palcoscenici europei, e Haaland è chiaramente il principale rappresentate di questa nuova generazione in cerca di gloria.
Fino ad ora, però, Erling e compagni hanno fallito gli appuntamenti con la storia, in maniera anche abbastanza inaspettata: è stata pesante da digerire la mancata qualificazione al Mondiale 2022, con il terzo posto nel girone alle spalle della Turchia, ma soprattutto quella ad EURO 2024, con un altro terzo posto nel raggruppamento, questa volta dietro alla Scozia.
In questo incubo apparentemente senza fine per la Norvegia, Erling Haaland rappresenta il faro di speranza principale per il sogno nazionale, non avendo peraltro mai fatto mancare la sua classica mole di reti. In attesa della svolta tecnico-tattica della squadra, infatti, è diventato a soli 24 anni il miglior marcatore nella storia della Nazionale norvegese, un record che apparteneva da quasi novant’anni a Jorgen Juve, centravanti degli anni Venti e Trenta del Novecento.
Ha scalato molto velocemente le gerarchie dei connazionali più prolifici di sempre, fino ad arrivare in cima il 10 ottobre del 2024, grazie alla doppietta segnata nella gara di Nations League contro la Slovacchia, che gli ha permesso di raggiungere quota 34 reti in 36 presenze con la Norvegia. Vinta la sfida interna, può partire l’inseguimento a tutti gli altri come miglior marcatore con le nazionali, considerando anche che tra chi ha segnato almeno 30 gol in gare internazionali è nettamente il più giovane.
Chiudiamo questo articolo in cui abbiamo sciorinato i numeri e i principali record della già galattica carriera di Erling Haaland con la consapevolezza di doverlo aggiornare in maniera costante. Basterà infatti molto poco per rendere il tutto obsoleto, dato che il robot norvegese non sembra mai esser sazio di incutere timore nelle difese avversarie e scaraventare palloni in fondo alla rete.
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