La Spagna è campione d’Europa, e nonostante le premesse iniziali, che non la vedevano fra le primissime favorite, dopo la finale è sembrato quasi ovvio che a vincere fossero gli iberici. Perché una volta eliminata la Germania ai quarti di finale, praticamente una finale anticipata, la Spagna è rimasta l’unica squadra di tutto il torneo a proporre un gioco rapido, moderno, divertente, banalmente bello da vedere. Che oggi siano gli spagnoli a governare la direzione che questo sport prenderà non era certo mistero. Sotto l’influsso di Pep Guardiola, e nell’eredità di Vicente del Bosque e Luis Aragonés, il calcio spagnolo è divenuto un modello tattico globale e il lavoro di Luis de la Fuente, allenatore federale, mostra come si tratti di un percorso identitario che accompagna la vita di un giocatore spagnolo dalle giovanili al ritiro.
A stupire quindi non è tanto la vittoria spagnola, ma la mediocrità di gioco e risultati espressa da tutte le altre big, eccetto appunto la Germania, il cui movimento calcistico ha comunque prodotto l’alternativa migliore, al momento, al guardiolismo. L’Europeo 2024 ha confermato come Guardiola e Klopp abbiano dato un indirizzo preciso a questo sport: chi non si adegua, fa fatica.
La vera sorpresa di questo Europeo è stata l’assenza di sorprese. In un contesto dove le grandi nazionali sulla carta zoppicano così vistosamente, diveniva lecito quasi aspettarsi che fosse l’outsider di turno a superare lo scontro diretto, eppure questo non è di fatto mai successo: la squadra favorita ha sempre vinto. Una situazione così lineare da far temere che forse la vittoria della Roja non fosse così scontata contro la teoricamente meglio attrezzata Inghilterra.
Anche volendo considerare la vittoria svizzera sull’Italia come un’eccezione, il livello di calcio espresso dagli italiani è stato di una tale pochezza che il percorso azzurro meriterebbe un capitolo a parte.
L’Inghilterra, baciata dal ritrovarsi nella parte di tabellone più morbida, ha comunque dovuto avere la meglio sulla Slovacchia solo ai supplementari, della Svizzera ai rigori e dell’Olanda grazie a un goal estemporaneo di Ollie Watkins dopo un secondo tempo praticamente non disputato. Ed ecco gli albionici in finale, senza sapere né perché, né come, vicini alla capitolazione praticamente in ogni secondo della fase a eliminazione diretta e dopo un girone horror, chiuso in testa grazie al fatto di essere stati l’unica squadra capace di vincere almeno una partita.
La Francia non ha segnato un goal su azione che non fosse un autogol fino al colpo di testa di Kolo Muani all’alba del match contro la Spagna, quindi già in semifinale. I francesi hanno disputato un Europeo senza lode e senza infamia, ma quantomeno, a differenza degli inglesi, non hanno mai permesso agli avversari di fare tanto meglio di loro. La Spagna, però, è riuscita a far saltare i meccanismi difensivi dei francesi e una volta trovatasi in svantaggio, i transalpini non sono riusciti a reagire, lasciando che la seconda frazione gli scivolasse dalle mani senza occasioni per pareggiare la partita.
Portogallo e Olanda, storicamente un gradino sotto le altre, quest’anno godevano di una rosa molto interessante. E l’Olanda ha anche dovuto disputare il torneo privata del suo centrocampo titolare, vista la contemporanea indisponibilità di Koopmeiners, de Jong e de Roon. Queste due formazioni hanno sicuramente espresso qualcosa un pelo più interessante delle squadre analizzate in precedenza, ma volendo cinicamente dipingere un quadro complessivo dei loro cammini, entrambe si sono limitate al minimo indispensabile: l’Olanda è riuscita ad arrivare terza nel suo girone, avere la meglio di Romania e Turchia, e in quest’ultimo caso per un pelo e soprattutto grazie all’evidente dispendio di forze fisiche dei turchi, giunti stremati all’ultima mezz’ora del match, per poi capitolare contro una brutta Inghilterra, senza neanche provare, se non timidamente, ad approfittarne per vincere. Esattamente come il Portogallo ha portato la Francia ai rigori, non arrischiando il passo più lungo della gamba, e dopo aver perso contro la Georgia nel girone e pareggiato 0-0 contro la Slovenia, in una partita che, sebbene abbia dimostrato come anche uno 0-0 potrà essere ricordato come la partita più bella, o almeno emozionante e drammatica, di questo torneo, ci dice anche come il Portogallo sia arrivata ai quarti in modo molto più complesso di quanto ci si aspettasse.
È per questo che l’assenza di sorprese lascia sbigottiti. La Slovenia di Matjaž Kek, dopo una partita stoica, si infrange sulle mani e sul corpo di Diogo Costa. Squadre come Slovenia, Slovacchia, Svizzera, Turchia, Austria, ognuno con un gioco più o meno bello o più o meno efficace, non hanno sfruttato la grande occasione di insediarsi sull’Olimpo del calcio europeo, ma eliminarle è costato davvero tanto sudore, e spesso tanta noia per chi guardava le partite.
In sintesi, se a distanza di pochi giorni, il Portogallo passa il turno battendo la Slovenia ai rigori, ed esce ai quarti dopo aver segnato l’ultimo goal alla seconda del girone, se la Francia ha la meglio del Portogallo nello stesso modo, e se l’Inghilterra è costretta dalla Slovacchia ai supplementari, raggiunti allo scadere da una rovesciata di Bellingham, e della Svizzera solo ai rigori, che qualcosa non sia andato come previsto, nonostante i risultati finali, è evidente.
Anche le prove dei singoli sono state molto al di sotto delle aspettative. Emblematico come il capocannoniere sia stato l’autogol, esattamente come i migliori giocatori siano stati quelli spagnoli: Rodri, Yamal, Nico Williams, sono andati anche oltre le aspettative, permettendoci di sottolineare l’importanza del contesto. Senza improvvisarsi indovini, l’Europeo sottotono di Kane, Foden, Bellingham, Barella, Thuram e soprattutto Mbappé, mai decisivo, è inevitabilmente spiegabile anche con la mediocrità espressa dalle squadre nelle quali giocavano. Il calcio è uno sport sempre più corale, il dribbling sempre più uno strappo, una variazione sul tema. Vincere una partita da solo, giocare bene quando la tua squadra non gira, è un’impresa sempre più complicata, soprattutto quando non ti chiami Cristiano Ronaldo o Lionel Messi. Questo Europeo rimette un po’ tutti con i piedi per terra, la strada è ancora lunga prima di poter azzardare paragoni di questo tipo.
Quello del 2024 è stato dunque un Europeo abbastanza noioso e povero di spunti romantici. Non c’è stata l’Islanda che batte l’Inghilterra, il Galles che asfalta il Belgio e così via. Ci sono state tante occasioni sprecate, tante imprese decapitate, proprio quando sembravano così ovvie. Ma, se vogliamo lanciare una provocazione, è stato un Europeo noioso soprattutto per chi, cosa sempre più frequente, alza lo sguardo dal cellulare quando il telecronista alza la voce. Per chi ama la tattica e analizzare meticolosamente ogni aspetto di una partita, anche solo chiedersi perché la Francia o l’Inghilterra giochino così male è uno spunto d’interesse. Certo, i secondi tempi delle semifinali e qualche quarto hanno raggiunto livelli soporiferi da mettere a dura prova anche i fan più accaniti, ma il calcio è anche questo. Il calcio è anche pause, è 0-0, è spesso brutto e lento. A volte è quasi un senso del dovere, una specie di lavoro. Se un programma televisivo è brutto cambi canale, se una partita è brutta la finisci comunque, ti sentiresti troppo in colpa a lasciarla a metà. Lo spettacolo, la sorpresa e il bel gioco sono sempre graditi e preferiti, ma è anche per questo lato meno glamour che amiamo questo sport, e non lo cambieremmo per niente al mondo.
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