geografia calcio europeo

Guida alla nuova geografia del calcio europeo

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Non è assolutamente semplice riuscire a paragonare due diversi campionati europei e decidere quale dei due sia più competitivo; dipende dal criterio che si decide di adottare. Ad esempio, il campionato sammarinese può essere più competitivo di quello francese, se si sceglie di contare quante squadre abbiano sulla carta possibilità di vincere il titolo. Ma, ovviamente, se per competitività intendiamo il livello assoluto del campionato o competitività a livello internazionale, il campionato francese è immensamente più competitivo di quello sammarinese. Per lo stesso ragionamento, il solo Paris Saint-Germain è capace di rendere la Ligue 1 un torneo di livello molto più elevato di quanto non lo era una decina di anni fa. Guardando alla sola Champions League, di fatto, la Francia presenta ogni anno una squadra costruita nell’ossessiva convinzione di vittoria finale, mentre l’Italia può considerare un successo portare due squadre ai quarti di finale. D’altro canto, qualsiasi altra squadra francese fatica enormemente a imporsi persino in Conference.

Come evidente, dunque, la scelta di un criterio oggettivo è molto complessa. Quindi seguiremo la logica del Ranking UEFA, basandoci sui risultati e su quanto mostrato in campo in queste prime giornate di coppa, per rispondere a due domande: chi si pone immediatamente dietro le leghe “top five” e chi può addirittura lottare per una vittoria finale?

La geografia del calcio europeo sembra ricalcare quella dell’Europa stessa, laddove la contrapposizione fra “aree più sviluppate” e “aree meno sviluppate” esiste sia fra regioni di uno stesso Stato, che fra Stati diversi considerati nel loro complesso: l’Italia viene rappresentata in Champions da Inter e Juventus, ma anche dal Bologna; la Francia dal PSG, ma anche dallo Staide Reims e così via. Magari, in futuro, torneremo sulle differenze interne, e analizzeremo il percorso europeo di queste cenerentole senza speranze, ma emerse dai vertici del calcio europeo.

Naturalmente Portogallo e Olanda, presentando squadre dal valore complessivo – stando a Transfermarket – di circa 300 milioni di euro, esulano da questo discorso. Squadre come Porto, Benfica e Ajax hanno il dovere di ben figurare in Champions e di provare a vincere le altre competizioni europee, dove partono spesso tra le favorite. Queste squadre sono, da decenni, il primo baluardo di resistenza allo strapotere inglese, spagnolo, tedesco e italiano. A dire il vero, negli ultimi anni hanno ottenuto risultati infinitamente migliori delle squadre francesi stesse, che se non fosse per il PSG, oggi parleremmo di “top four” campionati europei, sebbene gli stessi parigini non abbiano ancora coronato con un trofeo europeo la loro trasformazione.

Mi permetto di considerare il calcio turco sulla carta anche più competitivo, ma ancora estremamente immaturo per competere ad alti livelli. Un campionato capace di attrarre calciatori come Icardi, Džeko, Mertens, Osimhen e tanti altri, non può più considerarsi un campionato di seconda o terza fascia, né i pessimi risultati a livello europeo che colleziona sono più giustificabili. Il Galatasaray, che ha pareggiato 2-2 a Riga, dovrebbe quantomeno rispecchiare i livelli del Gala di Fatih Terim che ha alzato l’ultimo trofeo continentale vinto da una squadra turca, ormai 24 anni fa. Il processo trasformativo del calcio turco in un campionato di alto livello ha invece paradossalmente reso sempre più marcati i suoi limiti. Il bellissimo europeo della Turchia di Montella potrebbe essere un punto di svolta, ma i primi vagiti delle coppe europee di quest’anno hanno mostrato molta incertezza e mediocrità. Esemplare l’inizio del Beşiktaş di Immobile, annichilito dal 4-0 dell’Ajax e dal 3-1 in casa contro l’Eintracht. È quindi ancora da capire se qualcosa sta davvero cambiando o la Super Lig non è che un cimitero degli elefanti.

Una menzione doverosa bisogna inoltre riservarla al calcio russo, impossibile da valutare, in quanto da anni fuori dalle coppe europee a causa della guerra in Ucraina. Come al calcio ucraino stesso, chiaramente devastato e ridimensionato dagli anni di guerra.


Champions League

Naturalmente, ogni competizione presenta un livello completamente diverso e il rischio è di sovrastimare o sottovalutare il potenziale di una squadra in esame, senza relativizzare la sua prestazione all’avversario. L’invenzione della fase campionato viene però in nostro soccorso, in quanto è abbastanza inevitabile per ogni squadra giocare almeno due partite europee contro squadre di livello simile, e inoltre l’abolizione delle retrocessioni semplifica notevolmente le variabili. In Champions League sono tre le squadre degne di menzione: lo Sparta Praga, il Club Brugge e il Salisburgo.

I cechi hanno spazzato via proprio il Salisburgo con un secco 3-0, per poi bloccare lo Stoccarda in Germania sull’1-1. I segnali che il calcio ceco fosse in crescita c’erano da tempo. Lo stesso Sparta Praga ha prodotto e rifinito il profilo di Ladislav Krejčí, uno dei difensori più promettenti del calcio europeo, oggi al Girona, e la Repubblica Ceca ha disputato un europeo sicuramente dignitoso. Quello che colpisce, è che il valore complessivo di tutto lo Sparta è di circa 85 milioni di euro, con un età media di 26 anni. Questa squadra presenta pregi e limiti molto simili a quelli dello Slavia Praga, del Viktoria Plzeň e della Nazionale, lasciando pensare che vi sia una crescita convergente di tutto il movimento: grande organizzazione tattica, pressing sul modello tedesco, ma carenza tecnica e grosse lacune difensive. Fra i giocatori più interessanti possiamo citare il centrale in ascesa Martin Vitík, considerato dal capitano della squadra, Panák, «il miglior difensore del campionato ceco»; l’esterno ecuadoregno Angelo Preciado, velocissimo; lo slovacco Lukas Haraslin, giocatore con grandi doti balistiche; e il centrocampista finlandese Kaan Kairinen, autore già di due gol.

Il Bruges non è, invece, sicuramente una sorpresa, già capace di raggiungere gli ottavi di finale dopo un gran girone un paio di anni fa ed eliminata dalla Fiorentina di Vincenzo Italiano ad un passo dalla finale di Conference l’anno scorso. Si conferma una squadra molto difficile da battere, nonostante i quattro gol subiti dal Borussia Dortmund nella prima giornata, che ha però fatto grande fatica a sbloccare quel match. Nella seconda i belgi hanno, invece, vinto a Graz, grazie al goal di Chrīstos Tzolīs.

Il Salisburgo sorprende, invece, per la pochezza finora espressa, segnando forse il declassamento del calcio austriaco rispetto ad altre realtà. Sullo Sturm Graz non c’erano grosse aspettative, ma vedere il Salisburgo venire surclassato da avversari alla portata come Sparta Praga e Reims ha causato sicuramente stupore. Il Salisburgo, vincitore seriale dei campionati austriaci, ha portato per anni sulle spalle il peso del suo campionato in territorio europeo. Con un livello del genere, la squadra del gruppo Red Bull, trascina inevitabilmente sul fondo le speranze di tutto il movimento calcistico austriaco di ottenere buoni risultati in campo continentale.

Ad ogni modo, si tratta di discorsi validi solo per la fase campionato. Mi sbilancio nel dire che, a prescindere dalle buone o pessime prestazioni fin qui mostrate, né Sparta Praga, né Bruges, né tantomeno il Salisburgo, supererebbero gli ottavi di finale se capaci di aggirare lo scoglio qualificazione in questa fase e, se del caso, nei play-off. La risposta alla seconda domanda è quindi molto semplice: nessuno.


Europa League

Con l’Europa League il discorso è ovviamente più sfumato. Le squadre migliori sono comunque alla portata, in senso lato, di quasi tutte le squadre della competizione, e in una gara secca può succedere di tutto. Le squadre che hanno meglio figurato, a conferma di quanto visto in Champions League, con Bruges e Sparta Praga, sono Anderlecht e Slavia Praga.

La squadra di Bruxelles riprova il positivo stato di salute del calcio belga fornendo, più di tutto, una prova monumentale in casa della Real Sociedad, vincendo 2-1. A impressionare, è stata la capacità di imporre il proprio gioco agli avversari e di costruire occasioni da goal nitide, scambi rapidi, pressing, giocate di altissimo livello e attenzione difensiva: un capolavoro tattico del giovanissimo allenatore belga, David Hubert. Per citare solo uno dei protagonisti, l’ex Midtjylland Anders Dreyer, ala destra danese, sembra un giocatore da segnare sul taccuino.

Lo Slavia Praga è addirittura considerata dai bookmakers fra le favorite per la vittoria finale, a dimostrazione di come questa crescita stia iniziando a balzare all’occhio. I biancorossi hanno cominciato vincendo 2-0 a Razgrad, contro il Ludogorets, per poi bloccare l’Ajax sull’1-1. Partita che, onestamente, ha mostrato differenze di potenziale molto più sottili che in passato. Con giocatori principalmente autoctoni o provenienti da luoghi limitrofi, come lo slovacco Ivan Schranz, altro giocatore molto interessante, lo Slavia rappresenta perfettamente uno stile di fare calcio in tendenza contraria rispetto a tanti altri campionati di livello simile che tentano di darsi una dignità europea iniettando nelle loro rose ingenti quantità di calciatori sudamericani o africani.

Anche il Viktoria Plzeň merita una menzione in questo senso, capace di recuperare da 3-1 a 3-3 contro il più quotato Eintracht di Francoforte. Questa sequela di risultati positivi non può essere solo un caso.

Come detto, per l’Europa League il discorso è più complicato, quindi non potendo citare uno a uno ogni caso, segnaliamo gli exploit della Steaua Bucarest, reduce da due successi in due partite, nonostante fosse data già per spacciata, un po’ come il calcio rumeno in generale, evidentemente ancora dotato di qualche cartuccia da sparare. Il Midtjylland, che colleziona quattro punti, bloccando l’Hoffenheim sull’1-1 in Danimarca; l’Elfsborg che batte la Roma 1-0; il calcio relazionale del Malmö, che ha condotto gli svedesi a vincere 2-1 sul difficile campo degli azeri del Qarabag, altra squadra che sembra sempre a un passo dal salto di qualità, dotata di un potenziale tecnico ben al di là di quanto le si riconosca sulla carta, per poi incappare in sconfitte come questa. Anche l’Olympiakos vincendo 3-0 contro il Braga, dopo aver soprattutto vinto l’ultima Conference League, ha rilanciato prepotentemente ambizioni e valore del calcio greco, dopo che l’anno scorso, le eliminazioni ai gironi di Europa League di AEK, Panathinaikos e, appunto, Olympiakos avevano abbastanza deluso, date soprattutto le aspettative che gli eredi del Pana di Postecoglou e l’AEK di Almeida si trascinavano dietro. E, naturalmente, il Bodo Glimt, squadra del nord della Norvegia che da anni stupisce tutti per i suoi risultati impensabili, un calcio semplice e diretto e tanta, tanta voglia di non sfigurare mai e contro nessuno, attributi che le sono valsi la vittoria per 3-2 contro il Porto.

In ultima analisi, almeno fra Champions ed Europa League, la bilancia sembra pendere verso il Nord Europa, mentre arretrano l’Europa balcanica ed orientale. Quella mediterranea, a parte che per l’Olympiakos, è sparita dalle mappe. È ancora difficile credere che qualcuna di queste squadre lotterà per la vittoria finale, ma appurato quanto sia divenuto tremendamente difficile fare risultato pieno sui gelidi campi scandinavi e come le differenze generali si stiano pian piano assottigliando, personalmente non darei nulla per scontato, con la lente puntata soprattutto su Anderlecht e Slavia Praga.


Conference League

La Conference segue logiche troppo diverse dalle altre due competizioni, a cominciare proprio dai criteri di qualificazione, che premiano, a livello quantitativo, chi occupa le posizioni più basse del Ranking. Non può pertanto costituire un banco di prova appropriato per seguire un filo narrativo, meritando un discorso a parte. L’esempio plastico è la presenza dei cechi del Mladá Boleslav, incappati nella sconfitta esterna per 2-0 in casa degli armeni del Noah. Si tratta di un livello troppo differente rispetto alle connazionali impegnate nelle altre competizioni, diverso al punto da non poter fare statistica.

Può essere sufficiente segnalare l’exploit del calcio polacco, non solo per la vittoria del Legia Varsavia contro gli spagnoli del Real Betis, ma soprattutto per l’incredibile successo esterno del piccolo Jagiellonia in casa del Copenaghen, una delle squadre favorite per la vittoria finale. Oltre che la vittoria per 6-2 del Cercle Brugge contro il San Gallo, che costringe a guardare con molta attenzione non solo a questa squadra, ma anche al capocannoniere della scorsa Jupiler Premier League, il togolese Kévin Denkey.

A rendere la Conference così particolare è proprio la composizione geografica del torneo. Se il Chelsea appare uno scoglio insormontabile, non è che un’oasi in un deserto. Sono tantissime le squadre che potrebbero raggiungere almeno le semifinali, che in Europa League avrebbero faticato a passare il girone, ma come l’Olympiakos ha dimostrato l’anno scorso, questa competizione non è solo il pollaio per le volpi dei top five campionati.

Ad ogni modo, Copenaghen e Panathinaikos sono forse le uniche squadre, però, che realisticamente potrebbero lontanamente impensierire Chelsea, Fiorentina, Real Betis e Heidenheim, già fra loro caratterizzate da differenze di livello abissali. Per il resto, non ci rimane che goderci questa bagarre di squadre islandesi, armene, cipriote, bosniache e addirittura gallesi e nordirlandesi, come in passato ne abbiamo viste una faroense e una di Gibilterra, senza porci troppe domande, senza provare a rinvenire segnali in un risultato piuttosto che un altro, che saranno prontamente smentiti da quello dopo ancora e così via. Ed è forse questo il bello della Conference: dieci o quindici secondi di immagini che passano veloci davanti allo schermo per partita, da cui provare freneticamente a farsi un’idea del calcio europeo nel suo complesso.