Dire che Inter-Juventus 4-4 non sia stata la partita attesa alla vigilia pare un eufemismo di un eufemismo: da tanto tempo, forse mai, si erano visti i nerazzurri e i bianconeri affrontarsi in una gara tanto piena di ribaltamenti di campo e di punteggio, di lacune difensive e scintille offensive, in generale di avvenimenti impattanti sul risultato finale.
Si è discusso, si discute e si discuterà forse per sempre in Italia sulla qualità effettiva di partite dai punteggi roboanti come questa, con molti che criticano la fragilità difensiva delle due sfidanti o il loro poco equilibrio nella gestione dei momenti, con altrettanti altri che invece lodano l’indiscutibile divertimento che un tabellino del genere ha causato.
I più critici probabilmente rivendicheranno la mancanza di accorgimenti tattici da parte di Simone Inzaghi e Thiago Motta per rendere più placida la gara, ma la verità sembra essere piuttosto discordante da questo parere: anche un 4-4, forse persino più di uno 0-0, può fare da raffigurazione delle idee di gioco degli allenatori, della loro volontà di arrivare al gol – che ricordiamo, banalmente, è ancora l’elemento del giuoco del pallone che permette di vincere – e di svelare le fragilità – nascoste o meno fino ad oggi – dell’avversario.
Inter-Juventus 4-4 – Il primo tempo
I più recenti risultati di Inter e Juventus in Champions erano stati opposti, ma la condizione generale con cui le due si sono avvicinate al derby d’Italia differiva meno di quanto potesse sembrare; per ragioni diverse, i meccanismi di entrambe sono finora tutt’altro che perfettamente oliati, ma l’impressione complessiva è di due squadre con grandi qualità già assodate – per l’Inter – o pronte a sbocciare – per la Juventus.
Dal punto di vista del sistema di gioco, per lo meno, i dubbi erano pochi: 3-5-2 ultra-codificato di Inzaghi, 4-2-3-1 ormai prediletto di Motta. Ovviamente però le posizioni ricoperte dai venti uomini di movimento variavano fin dall’inizio da questi numeri: la Juventus impostava su un 2-3-5 dove Kalulu e Danilo, fronteggiati da Lautaro e Thuram, scaricavano lateralmente su Cabal e Cambiaso posti sulla stessa linea di Locatelli, a loro volta presi dai tre di centrocampo nerazzurri che puntavano a isolare il play ex-Milan.
Dovendo andare sui terzini, la Juventus cercava allora di uscire per vie esterne con la traccia diretta su McKennie o Fagioli, alzati oltre quella linea di pressione posta da Barella, Mkhitaryan e Zieliński. Talvolta, la palla sulle mezzali partiva direttamente da Danilo o Kalulu, quando non pressati e dunque col tempo di imbucare tra le linee.
Nell’immagine a sinistra, Lautaro e Thuram stretti su Locatelli, palla scaricata su Cambiaso e McKennie che si muove sulla stessa verticale per ricevere oltre la pressione. Nell’immagine a destra, Danilo vede Zieliński e Mkhitaryan un po’ aperti e ha tempo e spazio di trovare sempre McKennie.
Inzaghi ha optato per Zieliński come play davanti alla difesa, ruolo ricoperto in nazionale che liberava Barella dei compiti di impostazione dove non aveva brillato a Roma e a Berna; contro la costruzione nerazzurra la Juve andava su un 4-1-4-1, che già con Motta avevamo visto a Bologna, con Locatelli solo a contenere solitamente i movimenti in arretramento di Lautaro.
Con la Juve che si concedeva fasi di difesa posizionale bassa, l’Inter cercava i soliti scambi a tre tra mezzala, punta che arretra ed esterno che va sul fondo, insistendo insolitamente più a destra dove convergeva Barella e Dumfries scattava alle spalle di Cabal o Weah, talvolta sostituito da Pavard che si sganciava spesso da terzino facendo saltare le marcature. È arrivato esattamente così il rigore procurato da Thuram per l’1-0, con il francese che appoggia per Dumfries e poi si lancia in profondità, prende il tempo su Weah e viene imbeccato da Barella, poi appoggia su Thuram che anticipa nettamente Danilo.
Dopo il primo svantaggio, l’atteggiamento variabile della Juventus in non possesso, alternando contenimento e pressione, è rimasto tale, mentre con la palla tra i piedi si insisteva a palleggiare su un lato per provocare il tilting dei marcatori interisti e andare dunque sul versante più scoperto. Il gol di Vlahović arriva dopo che almeno quattro uomini della Juventus si posizionano a destra per scambiare, lasciando che Cabal tagli verso l’interno libero di attenzioni e possa imbeccare il taglio di McKennie, perso da una retroguardia troppo statica e delicatissimo nel tocco per il serbo.
Sul lato destro per la Juve ci sono Fagioli, Conceição, McKennie, Locatelli e Cambiaso, il quale va in orizzontale per Cabal, molto preciso nel cross al centro per l’ex-Schalke
Se i bianconeri non si erano scomposti dopo l’1-0, un pari così ben costruito non poteva che mettere ulteriore benzina nel motore dei ragazzi di Motta, che hanno continuato ad attaccare con i movimenti alternati di ali e mezzali per non dare riferimenti e ricercando il cambio gioco sul lato debole. Per altro, se l’Inter attaccava poco da sinistra con il più che collaudato asse Bastoni-Dimarco era perché si palesava di fronte un’arma forse sottovalutata nella preparazione da Inzaghi: Francisco Conceição, spina nel fianco principale per la partita dell’Inter, che ne ha estenuato – anche grazie alle sovrapposizioni di McKennie o Cambiaso – la difesa a suon di cambi di passo, finte e scatti brucianti.
A maggior ragione la pericolosità del nativo di Coimbra cresceva quando poteva essere imbeccato in transizione a palla scoperta, come accaduto nell’1-2 dei bianconeri, nel non-possesso molto attivo voluto dal loro allenatore: sul solito arretramento di Lautaro, Danilo compie sicuramente la giocata migliore della sua brutta partita, anticipandolo nettamente e avviando un’azione rapida in cui il portoghese è marcato alla bisogna da Mkhitaryan con Dimarco in ritardo, salta facilmente l’armeno e mette al centro per Weah, bravissimo a tagliare in mezzo da sinistra, ma perso da un de Vrij già colpevole sul gol precedente, che in questo caso preferisce chiudere su Cambiaso anziché su uno dei quattro figli d’arte della partita.
La forza di ribattere colpo su colpo l’ha mostrata anche l’Inter, reagendo istantaneamente all’uno-due fulmineo della Juventus. Nella difficoltà del palleggio laterale, sono stati gli scambi nello stretto a restituire pericolosità ai padroni di casa, uniti al movimento delle punte per fare da sponda come fatto da Thuram, stella solitaria dell’attacco nella serata un po’ spenta di Lautaro, nella seconda triangolazione – la prima con Pavard, mal letta da McKennie – di Mkhitaryan, bravissimo a eludere l’intervento di tre uomini e a bucare con un tiro basso e veloce Di Gregorio.
Mentre l’Inter addormenta la Juventus con il palleggio, Zieliński trova Pavard attaccato tardi da Locatelli; il francese appoggia per l’ex-United, la cui pericolosità è sottovalutata dal texano. Tabela del francese e destro-sinistro dell’armeno che può col mancino trovare il 2-2.
In una gara clamorosamente condizionata da folate di inerzia, è bastato ancora una volta un pizzico di convinzione in più a cambiare il tabellino: nuovo calcio d’inizio della Juventus, palla che arriva a Weah su cui esce perfettamente in pressing Dumfries, sfera che passa da Lautaro a Barella e poi dal sardo a Thuram, che con un’imbucata fortunosamente riuscita trova Dumfries, abbattuto con un’ennesima imprecisione difensiva, stavolta di Kalulu, per il rigore ritrasformato da uno Zieliński in formato glaciale, alla maniera di Çalhanoğlu che aveva l’onere di sostituire.
Inter-Juventus 4-4 – Il secondo tempo
Quella che era stata una sfida equilibratissima per i primi quarantacinque, è sembrata assumere una fisionomia parecchio diversa in principio di seconda frazione. I bianconeri avevano ribattuto con verve anche al terzo gol subito, sfiorando il 3-3 con un gran destro da fuori di Weah, ma al rientro dagli spogliatoi l’Inter è parsa entrare in campo con la ferrea volontà di mettere fine al caos di una partita pazza ammansendola definitivamente.
Iniziando il secondo tempo con una forte pressione sull’impostazione bassa juventina, l’Inter voleva indurla a perdere certezze e lanciare di più il pallone, come effettivamente è iniziato a succedere, mentre però veniva anch’essa attaccata in alcuni momenti in alto, portando Sommer a cercare lo scarico lungo sulle due punte, specialmente su Thuram che attaccava la profondità, come successo al 52′ sulla palla che costringe Danilo a fare fallo e prendersi il giallo.
Principalmente però il fattore di dominio nerazzurro era diventato il palleggio nello stretto, unito alla solita fluidità e agli interscambi offensivi che permettevano percussioni centrali non sempre lette dalla difesa; una di queste, condotta ancora da Mkhitaryan e unita a un puntuale gegenpressing, ha indotto Cambiaso all’errore di portarsi il pallone in calcio d’angolo, da cui poi Dumfries ha punito una marcatura a zona della Juve più di una volta imprecisa nel seguire le posizioni del saltatori.
A questo punto il pensiero della stragrande maggioranza degli spettatori era che l’Inter fosse riuscita nel suo piano di domare la Juventus: galvanizzati dal rientro straripante, in un contesto gara che adesso prometteva di trovare tanto campo in ripartenza, i nerazzurri si difendevano talvolta su un 4-4-2 con Dumfries sulla stessa linea di Mhkytarian, trasformando Pavard in un terzino destro, con la volontà presumibilmente di avere due uomini per lato a coprire.
Così facendo l’Inter sembrava contenere meglio le accelerazioni di Conceição, mentre la continuità del pressing alto favoriva gli errori in impostazione di Kalulu e Danilo non proprio in serata.
Da tre situazioni da corner sono arrivate altrettante grandi occasioni per il 5-2, dapprima con Barella, poi con De Vrij e infine con Lautaro, e l’incapacità di dare il KO poteva manifestarsi come presagio di un finale incredibile.
Al 62′ Motta aveva inserito Yildiz al posto di Weah, cercando una mezzapunta capace di inserirsi di più in mezzo al campo per scambiare nello stretto. Nel momento di massima fiducia della squadra di Inzaghi, il turco ha finalizzato un’ottima uscita dal pressing arrivata ancora con la convergenza di uomini sul lato – a destra – che apre campo sull’altro – a sinistra.
Si è trattato forse dell’evento più in contro-tendenza della gara, con la Juventus da diversi minuti in sofferenza difensivamente, ed è di fatto stato quello capace di stravolgere ancora l’andamento della partita. A cambiarlo però è stato anche il coraggio di Motta, che ha rinunciato a una punta di ruolo sostituendo Vlahović con Mbangoula, nell’idea di privare di riferimenti i già imprecisi centrali nerazzurri, peraltro rimasti privi della protezione del play designato avendo Inzaghi tolto Zieliński per Frattesi, puntando sulle possibilità di andare in campo aperto.
Con la partita molto più aperta di quanto non avesse voluto, il tecnico piacentino non è riuscito a trovare la chiave per ridare stabilità dietro ai suoi, già graziati al 79’da un taglio in area sempre di Yildiz mal seguito da Dumfries e il neo-entrato Bisseck. I suoi cambi ruolo per ruolo non hanno aggiustato un’Inter frustrata e sfilacciata, che sull’azione del 4-4 consente a Locatelli un tracciante su Cabal che taglia il centrocampo e porta allo scarico esterno su Conceição, ancora fondamentale nel crossare sul secondo palo su Yildiz perso totalmente nella scalata difensiva.
Inter aperta centralmente, su Cabal non esce nessuno perché Dumfires deve già tenere Yildiz su quel lato. Il colombiano conduce al centro, appoggia da Cambiaso che a sua volta va su Conceição, che trova al centro il turco che può fare doppietta.
Il finale, dopo l’overdose di gol e ribaltamenti di cui siamo stati testimoni, ha scelto di chiudersi con una progressiva accettazione del risultato per entrambe le squadre. È stata una partita ricchissima di argomenti, per la quale non basta lo slogan di «difese da Serie D» per giustificare il punteggio. Sia Inzaghi che Motta hanno profuso il loro massimo sforzo tattico per non perdere o per vincere a seconda delle svariate ondate, e il risultato ne è stato un confronto avvincentissimo in cui tanto quanto gli errori sono emerse le qualità importanti dei giocatori in campo. Insomma, nella valanga di 0-0, 1-0 e 1-1 a cui ci hanno abituato i big match del nostro campionato, un 4-4 come questo non può fare mai male.
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