Napoli-Inter 1-1

Napoli-Inter 1-1, la foga e la prudenza

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La sfida tra Napoli e Inter si presentava come una dai potenziali risvolti segnanti, forse i più decisivi nell’economia complessiva del campionato: da una parte la prospettiva di un controsorpasso partenopeo, dall’altra di una mini-fuga dei meneghini. Il pareggio a sorpresa – o forse non così tanto, visti gli ultimi risultati – dell’Atalanta contro il Venezia sembrava restringere di nuovo il nostro campo visivo su un duello rusticano per lo scudetto, accentuando il senso di un confronto tra due pretendenti più staccate, più realmente attrezzate per giocarsi il titolo.

Ma la partita ha detto altro. Ha confermato la percezione di due squadre non nelle loro versioni migliori, in una fase dove le certezze sembrano paradossalmente diminuire rispetto a qualche settimana o mese fa, che comunque però si trovavano ad affrontare hic et nunc una prova pesantissima dove perdere poteva rappresentare una botta dura più per il morale che non per la distanza di punti.

Non l’hanno affrontata allo stesso modo: c’è stato un Napoli impreciso e intenso e c’è stata un’Inter cinica e remissiva, e in definitiva un pareggio che sembra dare più convinzioni al primo e più interrogativi alla seconda.


Napoli-Inter 1-1 – Il primo tempo

Di base, dal punto di vista dello schieramento, Inzaghi ha puntato sulla certezza, Conte sul contenimento: così entrambi sono partiti su un 3-5-2 che inevitabilmente poneva la lente d’ingrandimento sulla sfida uomo su uomo, naturalmente sia in fase di marcatura che di creazione delle occasioni.

In realtà però il Napoli ha confermato quella fluidità di assetto che ha in buona parte permesso finora la riuscita delle idee contiane in un contesto che sulla carta ne era agli antipodi: la costruzione si sviluppava con un 4-3-3 attraverso il diverso posizionamento degli esterni Spinazzola e Politano: l’umbro si abbassava da terzino al pari di Di Lorenzo, mentre il romano si innalzava da ala a formare un tridente con Lukaku e Raspadori.

L’Inter ha in realtà potuto marcare così quasi spontaneamente l’impostazione azzurra a uomo: Lautaro e Thuram su Rrahmani e Buongiorno, Dumfries e Dimarco su Spinazzola e Di Lorenzo e tre contro tre a centrocampo. A questo possibile blocco rispondeva l’inserimento alle spalle della linea di pressione di McTominay, più vicino a Lukaku che non a Gilmour e Lobotka.

Da qui è possibile notare sia la posizione di Spinazzola, più o meno sulla stessa verticale di Di Lorenzo, che il posizionamento molto avanzato di McTominay

Gli ospiti cercavano di impostare dal canto loro con la premiata ditta Bastoni-Dimarco, utilizzando il palleggio nello stretto nei momenti di pressione alta e poi cercando Thuram che appunto muoveva sul centro-sinistra per avere uno sbocco più avanzato.

Ma in generale, per il primo tempo il ricorrere al pallone diretto sugli attaccanti è stato un leitmotiv per entrambe le squadre, tanto più per il Napoli con la nota propensione di Lukaku a svolgere il suo lavoro spalle alla porta; la pressione alta, subita da entrambe soprattutto sui primi controlli, portava a cercare vie sicure di mantenere il possesso in zone alte, possibilmente portando fuori un marcatore e aprendo spazi da attaccare sui lati o al centro con i centrocampisti in inserimento.

L’obiettivo non è riuscito quasi mai a nessuna delle due, a dire il vero: l’attenzione dei difensori in anticipo e una propensione al fallo per spezzare il ritmo hanno reso i primi venti minuti piuttosto poveri di vere occasioni, fatta eccezione per un taglio in area di McTominay a concludere una buona azione di Raspadori e Lukaku, col primo trovato tra le linee da Politano.

In questa sostanziale calma, l’Inter ha trovato con astuzia e grande qualità individuale la chiave per sbloccare il lucchetto al minuto 20: Napoli in ripiegamento, Bastoni tutto solo ha tempo e piede per lanciare Dimarco in profondità alle spalle di un Politano che perde la prima di diverse volte in marcatura il suo dirimpettaio, il quale dal fondo crossa per l’altro quinto Dumfries dando vita a un attacco mal gestito dalla difesa azzurra che si conclude con un fallo di Gilmour su Mhkitaryan; da lì la punizione capolavoro del numero 32 e vantaggio nerazzurro.

Napoli che corre all’indietro, Bastoni viene attaccato troppo tardi da Gilmour, che nel mentre Dimarco ha attaccato lo spazio alle spalle di Politano, mentre Di Lorenzo deve pensare a Thuram

Dal capolavoro di Dimarco in poi, la partita ha assunto una dimensione estremamente monotematica. Il Napoli ha reagito subito in maniera veemente, alzando il baricentro soprattutto con gli esterni e insistendo ulteriormente sulla già battuta fascia destra con Di Lorenzo e Politano, ma la maggiore pericolosità arrivava a dire il vero sfruttando i movimenti in profondità delle due punte, alle spalle di una linea interista non impeccabile: prima Lukaku con un tiro di poco fuori, poi Raspadori con un gran taglio sperperato da un brutto controllo avevano dato a Conte motivi per rimuginare.

Ma l’Inter è apparsa abbastanza in difficoltà nel contrastare il ritorno del Napoli, non tentando quasi mai di costruire dal basso e faticando a contrastare il palleggio avversario per via anche della posizione avanzata di McTominay e degli esterni, che tenevano occupati nel contenimento i tre di centrocampo lasciando a Gilmour e soprattutto Lobotka lo spazio e i secondi per ragionare e avanzare; la mobilità di Raspadori, poi, rendeva ulteriormente vivace e difficilmente contenibile la manovra.

I campioni d’Italia in carica hanno così cinto le loro mura aumentando la soglia dell’attenzione, resistendo alla carica ricevuta. Ma superare indenni allo stesso modo il secondo tempo si prefigurava un piano alquanto ottimistico.


Napoli-Inter 1-1 – Il secondo tempo

Il Napoli non ha incontrato parecchia resistenza nel prendere di nuovo le redini della gara, ha anzi accentuato la sua spregiudicatezza con l’ormai ampia libertà posizionale data al suo capitano, che da braccetto/terzino in avvio si è trasformato in mezzala di accompagnamento alla fase offensiva. Tutto sommato, quest’ultima continuava ad affidarsi al lato destro e alla ricerca verticale degli attaccanti, specie dal piede di Rrahmani, ma il vero e proprio fattore di pericolosità per gli azzurri era dato dalla capacità di mantenersi alti in pressing schiacciando l’Inter.

Se si vuole avere un’idea di quale sia l’atteggiamento del Napoli in termini di pressing durante le partite, generalmente basta osservare Lobotka, vero e proprio barometro dei suoi per come detta i tempi della riaggressione o del ripiegamento, specie se si pone da ultimo uomo prima dei difensori o persino sulla loro stessa linea; lo slovacco si alzava più di quanto i suoi routinari compiti di costruzione gli richiedano, testimoniando della crescente difficoltà interista ad uscire della propria metacampo.

Inzaghi nel frattempo ha avuto da sbrigare una certa confusione interna, dovuta all’uscita anzitempo dell’acciaccato autore del gol, sostituito da Pavard per mancanza sia di Zalewski che di Carlos Augusto. L’ingresso del transalpino implicava lo spostamento a sinistra di Dumfries, il quale però non è sembrato esattamente convinto del trasloco, come espresso verbalmente al suo allenatore; a un certo punto, pareva che l’Inter fosse passata a un 4-4-2, con terzini Bastoni e Pavard, l’olandese esterno a destra e Mhkitaryan sul lato mancino.

Non si è ben capito se il tutto fosse stato effettivamente chiesto da Inzaghi, visto che alla fine i suoi si sono risistemati a 3/5, con buona pace di Dumfries costretto a stare a sinistra; in ogni caso, la sistemazione a 4 avrebbe potuto indebolire troppo il centrocampo ospite, in minoranza di un uomo e quindi ancora più in difficoltà nell’uscita dalla pressione.

Il secondo tempo è stato qualcosa di poco diverso da un assedio, con un Napoli spinto da un infuocato Maradona che ha lasciato meno delle briciole in termini di spazi da attaccare all’Inter, man mano provando nuove vie per trovare il pareggio, come l’ingresso continuo dei centrocampisti in area, imbeccati dal lavoro di sponda di Lukaku – esemplare l’occasione ancora per McTominay al 65′ – che ha se possibile palesato maggiormente la mancanza totale di riferimento data da Lautaro e Thuram, veri e propri assenti ingiustificati di questo big match, incapaci – anche per l’ottima prestazione di Rrahmani e Buongiorno – di dare respiro ai compagni. L’ultimissimo pericolo creato dall’Inter arriva al 70° da uno dei pochi palloni ben lavorati da Lautaro e una straordinaria giocata di Barella che col mancino al volo ha servito lo scatto di Dumfries, contrastato da un’ottima uscita di Meret.

Rinunciando ad ogni velleità di palleggio e in una disperata ricerca di muscoli mentre il cronometro scorreva inesorabile, Conte ha tolto Gilmour per Billing, ancora molto poco inserito nelle rotazioni fino ad oggi; il materialismo del cambio contiano si è rivelato la scelta azzeccata per abbattere il sempre più crepato castello difensivo interista, e a pochi minuti dal novantesimo un ottimo scambio tra Lobotka e McTominay, unito a una resistenza insufficiente, ha permesso al primo di imbucare per Billing tutto solo davanti all’incolpevole Martínez, per un meritato gol made in centrocampo che ha fissato in parità definitiva l’incontro.

Lobotka chiude il dai e vai con McTominay e nessuno dei difensori interisti ha il tempismo per uscire a contrastarlo. Nel frattempo, Billing attacca alla perfezione il lacunoso spazio tra Acerbi e Dumfries


Napoli-Inter 1-1 – I messaggi per la volata finale

Cominciano ad essere diverse le volte in questa stagione in cui l’Inter pare appoggiarsi troppo sugli allori del risultato, abbassando vertiginosamente il baricentro più per carenza di idee che non per scelta. È evidente che il triplo impegno abbia le sue tare sulla brillantezza della squadra, ma non può spiegarsi solo come un calo atletico l’impossibilità di sfuggire alla pressione usando il palleggio e la fluidità dei movimenti, tirando fuori i marcatori per aprirsi campo, quegli elementi in pratica che spesso avevano reso l’Inter spietata nei big match dell’anno scorso, senza bisogno di dominare nel possesso palla.

Ciò che si è confermato problematicamente evidente è la mancanza di vere alternative a delle giornate storte della “Thula”, mentre è stata abbastanza insolita anche la confusione generale al momento dell’uscita di Dimarco, per quanto chiaramente legata alla contingente situazione degli infortuni.

Lato Napoli, Conte può in primis gloriarsi di una risposta emotiva ed atletica notevole dei suoi allo svantaggio, con un gegenpressing e una occupazione degli spazi offensivi tali da azzerare i rischi in transizione dopo lo svantaggio. Rimangono dei dubbi sul cinismo offensivo, soprattutto quando Lukaku è costretto a lavorare di reparto, ma se non altro Raspadori sembra essere un’arma decisamente più sfruttabile rispetto a qualche mese fa, grazie allo sfruttamento delle sue doti da seconda punta piuttosto che da ala di un tridente.

In soldoni, il grande messaggio che il big match del Maradona ci lascia è che probabilmente fino alla fine non ci saranno fuggitivi né rincorse disperate, ma un complesso botta e risposta che non risparmierà inciampi sorprendenti. È avvisata l’Atalanta, che avrà adesso tanti impegni tosti ma è di fatto ancora lì, e sono avvisate soprattutto Inter e Napoli: per vincere questa Serie A sarà fondamentale non sottovalutare nessuna partita, ridurre a zero le brutte sorprese.

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