Uno dei maggiori fattori d’attrattiva che il calcio possiede è l’incertezza. L’umana curiosità costringe gli appassionati a interminabili mesi di impaziente attesa, che mantiene costante e vivo l’interesse nei confronti di una competizione sportiva. In Italia, però, Luciano Spalletti è riuscito, in questa stagione, a scalfire uno dei luoghi comuni più noti e vicini al reale del folklore nazionale: la scaramanzia dei napoletani. Questo Napoli è così bello, perfetto e privo di rivali lontanamente all’altezza, da far circolare, senza troppi patemi, la parola Scudetto con largo anticipo tra le vie partenopee.
Se il Napoli ha dunque estinto ogni ragionevole dubbio su chi sarà a vincere la Serie A 2022/2023, gli italiani possono soddisfare la loro sete di curiosità in un’insperata, quanto massiccia, presenza italiana nelle coppe europee.
Dall’11 aprile infatti, quando riprenderanno le competizioni del Vecchio Continente, avremo rispettivamente Inter, Milan e lo stesso Napoli impegnate nei quarti di finale di Champions; Juventus e Roma in quelli di Europa League; e la Fiorentina nei quarti di Conference. Sei delle sette squadre italiane che l’anno scorso hanno ottenuto il piazzamento europeo in campionato, sono oggi ancora in corsa nella competizione di riferimento. Un dato pazzesco, inimmaginabile ai nastri di partenza, soprattutto se si considera che tre di queste fanno parte delle migliori otto squadre d’Europa, una frase quasi difficile da pronunciare, che non ci sembra vera.
Un’italiana può davvero vincere la Champions League?
La situazione in Champions League è resa ancora più interessante dall’allineamento di pianeti che ha interceduto con i sorteggi. Dapprima l’Inter, dopo aver superato un girone estremamente ostico, eliminando il Barcellona, è stata premiata dal sorteggio con il Porto, forse l’avversaria più auspicabile fra le sei vincitrici dei gironi. Il Milan, anch’essa giunta seconda nel suo girone, in cui ha più morbidamente battagliato contro Salisburgo e Dinamo Zagabria per questo piazzamento, ha incrociato agli ottavi il Tottenham di Antonio Conte, non l’avversaria più pericolosa su piazza, come ampiamente dimostrato dalla doppia sfida tra le due compagini. Dal canto suo, il Napoli, dopo aver dominato un girone all’apparenza ostico contro Liverpool, Ajax e Rangers, ha eliminato l’Eintracht Francoforte campione in carica dell’Europa League, a cui difficilmente si poteva chiedere di meglio, se non nel comportamento dei suoi tifosi.
Ma il meglio, a quel punto, doveva ancora venire. Ai quarti l’Inter pesca un’altra portoghese, il Benfica, squadra capace di eliminare la Juventus ai gironi e giocare alla pari col PSG, costringendolo al secondo posto, incantando la scena con trame e talenti di notevole qualità. Malgrado tutte queste incontestabili verità, le alternative non erano però delle più allettanti. In rapporto a Manchester City, Bayern Monaco e Real Madrid, i portoghesi sono – quasi – un affare. Milan e Napoli, invece, si pescano a vicenda, evitando cinicamente tutti quegli spaventosi colossi del calcio attuale ancora in corsa, e garantendo all’Italia un posto nella semifinale, comunque vadano le cose. Ma perché fermarsi qui? Contro ogni probabilità, il sorteggio ha poi incrociato le vincenti di queste due sfide nella semifinale, alzando notevolmente le possibilità di vedere un’italiana in finale, un evento che nel nostro Paese ha ormai un che di utopistico, quando non di mitologico.
Non bisogna però dimenticarsi, presi dall’ebrezza del momento, che una seconda parte di tabellone esiste ancora, e che all’auspicato derby in semifinale, seguirà necessariamente una finale. Ora sta a noi valutare la nostra autostima e determinazione. Bisogna domandarsi con quale spirito approcceremmo l’eventuale finale: guerra o gita di piacere?
Naturalmente il Napoli è il candidato più indicato per arrivare fino in fondo. In patria domina non solo perché più forte in senso assoluto – anche se sulla carta ci sarebbero squadre che vi potrebbero competere –, ma perché banalmente nessuno gioca come i campani. Il problema è che con un Manchester City o un Bayern Monaco gli azzurri si ritroverebbero a dover fronteggiare avversari con principi altrettanto validi, e con delle rose superiori – come ha tenuto a sottolineare lo stesso Spalletti, in risposta ai complimenti di Guardiola. È un Napoli esaltante, che merita di sognare e che potrebbe seriamente riuscire in questa storica impresa, ma chi prende a modello il suo strapotere interno per giustificare una superiorità partenopea in Europa, sopravvaluta il campionato italiano, e non considera che, ad esclusione del Chelsea, c’è davvero poco da invidiare al Napoli dall’altro lato del tabellone.
Inter e Milan sono invece squadre incomprensibili. Azzardare previsioni avrebbe poco senso. Non sono mai state spettacolari negli ottavi, ma ciniche e compatte, non subendo mai goal dagli avversari. In campionato a stento vivono questa sfida a distanza fra chi riesca a incappare in meno inciampi e prestazioni incolore, mantenendo aperta la lotta Champions più a rilento della nostra storia recente. Le prestazioni sono state così altalenanti che è anche complesso trovare una favorita fra le due. Entrambe affrontano nei quarti un squadra più organizzata, più continua e più performante, ma non per questo tanto più forte da risultare imbattibile. Se il caso, poi, le vorrà una contro l’altra in semifinale, le uniche indicazioni a nostra disposizione vengono dai due recenti derby di Supercoppa e di campionato, in cui l’Inter ha surclassato i cugini sotto ogni punto di vista, ma è impossibile prevedere quale vestito i nerazzurri indosseranno per l’occasione. Per quanto riguarda dunque la strada verso la finale, in certi casi letteralmente, le uniche avversarie delle italiane, sono le italiane.
I gironi forniscono inoltre un’ottima rappresentazione delle reali possibilità di successo finale delle due squadre. Bayern Monaco e Chelsea hanno annichilito senza sforzo la milanese di loro competenza sia all’andata che al ritorno. E purtroppo si tratta di due squadre ancora in corsa nella competizione.
Riusciremo a portare per la prima volta l’Europa League in Italia?
L’ultima italiana a conquistare l’Europa League, quando era ancora conosciuta come Coppa UEFA, fu il Parma nella stagione 1998/1999. Da quando presenta il nome attuale nessuna squadra nostrana l’ha mai vinta, e quella di quest’anno sembra una ghiotta occasione. Non saranno infatti d’accordo i tifosi juventini, ma patriotticamente è stato quasi un bene l’eliminazione dei torinesi dalla massima competizione europea. Dopo aver battuto con grande dimostrazione di forza e superiorità Nantes e Friburgo, è chiaro che la Juventus sia tra le favorite per la vittoria dell’Europa League.
Se tutte le vicissitudini stagionali avrebbero reso molto complicato un percorso di successo in Champions, in questa competizione, specialmente dopo l’uscita dell’Arsenal, i bianconeri sono i più indicati per arrivare fino in fondo insieme al Manchester United. Lo Sporting Lisbona, killer dei Gunners e avversario dei quarti, è tecnicamente sopraffabile, ma non va sottovalutato. La speranza è che contemporaneamente, un Siviglia quattordicesimo in Liga elimini i Red Devils, altrimenti sarà necessaria una partita che giustifichi lo scoramento per essere stati estromessi dalla Champions.
Dall’altro lato, invece, la Roma affronterà un Feyenoord già battuto in finale di Conference l’anno scorso, ma anche già capace di eliminare la Lazio dalla competizione. Gli olandesi, sebbene riabilitati nelle loro chances dalla goleada con la quale hanno costretto lo Shakhtar Donetsk all’eliminazione, appaiono un avversario più soft rispetto a ciò che attende la Juventus. La Roma ha poi inoltre la prospettiva di una semifinale contro la vincente fra Royale Union Saint-Gilloise e Bayer Leverkusen. Non proprio una passeggiata di salute, ma dopo le esaltanti vittorie contro Salisburgo e Real Sociedad, è lecito credere che la Roma sia meglio attrezzata di tutte e tre le altre quadre situate dalla sua parte di tabellone.
C’è voluto che José Mourinho tornasse in Italia affinché capissimo che forse il segreto per vincere una competizione è innanzitutto provare a farlo. Dopo aver vinto la Conference, il portoghese, già vincitore di due Europa League, ha condotto i giallorossi fino ai quarti di finale dimostrando tenacia e volontà, prima ancora della superiorità tecnica. E sotto questo punto di vista, una forte e dura cesura con il recente passato delle nostre squadre in questa competizione sarebbe una finale tutta italiana, simbolicamente la prova che lo snobismo nei confronti dell’Europa League è finalmente superato.
La Conference può rimanere nel Bel Paese?
Domati con delle grandissime prove i portoghesi dello Sporting Braga e i turchi del Sivasspor, la Fiorentina dovrà cercare di eliminare i polacchi del Lech Poznan per accedere alla semifinale in Conference. Il livello di questa competizione è più variabile e i criteri di qualificazione largamente sbilanciati verso il basso. Ciò ha fatto sì, con le eliminazioni di Villarreal e Lazio, e la non esaltante stagione del West Ham, che i viola si siano improvvisamente ritrovati addosso la pressione dei favoriti. È legittimo pensare, con un po’ di sano orgoglio patriottico, che squadre belghe come Gent e Anderlecht, svizzere come il Basilea e, appunto, polacche come il Lech, abbiano poco da contestare a una squadra italiana a questo punto di una competizione europea. Naturalmente Nizza e West Ham sono le maggiori insidie sulla strada verso Praga. Resta da valutare, inoltre, quale sia il reale valore dell’AZ, vista la scarsa capacità della Lazio di riuscire a conferire realmente interesse in quanto stava facendo.
Sia nella sua esperienza in Europa League, che in quella in Conference, la squadra di Sarri è infatti apparsa un po’ come la pecora nera della famiglia, irritando anche i tifosi neutrali. La sensazione è che un maggiore impegno avrebbe permesso un en plein da capogiro. E fa quasi sorridere vedere certi allenatori lamentare mancate qualificazioni in Champions League, per poi uscire malamente da competizioni anni luce meno competitive, contro avversari altrettanto alla portata.
Cosa significa questa stagione per quelle future?
Sicuramente non può essere ignorato il ruolo della fortuna in quest’idilliaco scenario. Per quanto riguarda la Champions, senza maggiori investimenti sia economici che tecnici, quello di quest’anno potrebbe restare un caso isolato, facendo ripiombare il nostro Paese nella mediocrità calcistica ormai endemica dei nostri percorsi europei.
Lo stesso Napoli potrebbe restare una luce nel buio, se al suo exploit non dovesse seguire una spinta imitativa che costringa a rivedere le obsolete scelte stilistiche del nostro calcio. Senza un adeguato rimodernamento e livellamento al calcio europeo, la Serie A potrebbe divenire anno dopo anno sempre meno competitiva, oltre che noiosa da guardare.
Non è stato questo, paradossalmente, l’anno adeguato a carpire le reali possibilità delle italiane in questa competizione. Il Napoli ha per ora dovuto affrontare squadre blasonate ma non nel loro miglior momento storico o compagini comunque inferiori – anche se, c’è da dirlo, lo ha fatto in maniera talmente dominante che non si può che avere prospettive idilliache per questa squadra. E sulle gesta di Inter e Milan di fronte a Bayern e Chelsea ci siamo già espressi. Restano, in ogni caso, le due partite contro il Barcellona dei nerazzurri. I blaugrana sono primi in solitaria nel loro campionato, ben distanti dal Real Madrid. Sarà che la sfida contro l’Inter è arrivata a inizio stagione, ma comunque si tratta di una delle migliori squadre dell’anno, al netto delle eliminazioni europee. Eppure, l’Inter ha regalato due prestazioni, fra cui una vincente, inspiegabili se valutate nella cornice complessiva dell’annata. Questo può in qualche modo far ben sperare, evidentemente esiste qualcosa di sopito nell’Inter, che in partite come quelle contro il Benfica, potrebbe tornare prepotentemente alla luce. E un ragionamento simile, in fondo, può essere applicato anche al Milan.
Sarà interessante capire inoltre come cambierà la Champions con il nuovo format, e soprattutto quante squadre inglesi ingloberà. Presumibilmente, infatti, l’Inghilterra manda in Europa League ogni anno due delle sue big six, ma dopo di loro, se c’è impegno e passione per la competizione, vengono le italiane. A maggior ragione la Conference, già vinta dalla Roma, può divenire un feudo per le nostre squadre.
La Serie A è infatti caratterizzata da una peculiarità che rende l’Italia la nazione potenzialmente più competitiva fra Europa e Conference League, forse soltanto dopo l’Inghilterra. Mentre in Francia, Germania e Spagna ci sono delle big inarrivabili e poche squadre di livello medio o medio-alto, in Italia negli ultimi anni mancano le prime – almeno fino all’exploit del Napoli di Spalletti, che potrebbe imporsi come big –, ma è pieno delle seconde. Senza motivazione però sarà impossibile interrompere il trend di questi anni, dove nonostante tutto, le nostre concorrenti, soprattutto quelle spagnole, hanno giocato un altro sport.
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