Jérémy Ménez non era un giocatore qualunque: colpi di genio, giocate spettacolari, dribbling in velocità che lasciavano gli avversari immobili. Un talento naturale, capace di accendere una partita con un solo gesto tecnico. Il soprannome, ispirato al celebre illusionista Harry Houdini, calzava a pennello per il francese, che sembrava capace di sfuggire ai difensori come per magia così come di inventarsi un gol come un mago tira fuori il coniglio dal cilindro.
Quel soprannome però, oltre a celebrare le sue doti tecniche, nascondeva una sfumatura ironica. Ménez, infatti, non era famoso solo per “sparire” dai radar degli avversari, ma anche, frequentemente, dal gioco stesso. Partite intere in cui sembrava non esserci, lampi di classe alternati a lunghi momenti di anonimato. Una dualità che è stata una costante della sua carriera.
Aspettative, grandi serate e delusione
Classe 1987, Jérémy Ménez emerse giovanissimo nel Sochaux, dove divenne il più giovane di sempre a segnare una tripletta in Ligue 1 – in appena 7 minuti, contro il Bordeaux, nel 2005. Il talento era cristallino, tanto da attirare subito l’interesse dei grandi club, in particolare quelli della Premier League, con Arsenal e Manchester United in testa. Nonostante questo, dopo un due stagioni al Monaco, dove si impose come una delle promesse più luminose del calcio francese, ad accaparrarsi il suo cartellino nell’estate del 2008 fu la Roma, che lo pagò circa 12 milioni di euro.
Classe, velocità e un controllo di palla fuori dal comune avevano fatto parlare di lui come di un talento destinato a grandi palcoscenici e, quando il club giallorosso decise di puntare sul ventunenne francese, fu subito forte la sensazione di aver portato a segno un colpo da maestro, assicurandosi un campione per il successivo decennio o comunque una plusvalenza monstre.
Impiegato da trequartista o da ala offensiva, nonostante le aspettative altissime, l’avventura di Jérémy Ménez alla Roma fu un’altalena di emozioni. Le sue stagioni in giallorosso misero in evidenza tutte le sfumature del suo talento, ma anche la fragilità caratteriale che ne condizionerà la carriera.
Quando era in giornata, Ménez era capace di incantare con giocate fuori dal comune, e si poteva capire inequivocabilmente già dalla prima palla toccata se lo sarebbe stato: se gli riusciva la prima giocata o il primo dribbling della partita sarebbe stato il migliore in campo, in caso contrario la sua partita sarebbe scivolata pian piano verso l’anonimato.
Tra i suoi momenti più memorabili nella Capitale c’è certamente la prodezza contro il Chievo nella stagione 2008/2009: assist “scucchiaiato” di Totti e tiro al volo da beach soccer, appena entrato in area da posizione decentrata. O ancora, il gol contro il Cagliari nella stessa annata: riceve palla sulla trequarti, si invola verso la porta, serie di finte ubriacanti, portiere seduto e palla in rete.
Si potrebbero menzionare diverse partite in cui fece grandi gol o grandi prestazioni, ma ce n’è una che forse meglio di tutte racconta cosa Jérémy Ménez era capace di fare: quella contro l’Udinese, il 21 novembre 2010.
In quella gara Ménez fu semplicemente devastante: partendo largo sulla fascia, seminò continuamente il panico tra i difensori friulani con la sua velocità, i suoi dribbling imprevedibili e una tecnica sopraffina. Sempre al centro di ogni azione offensiva, ogni pallone che arrivava tra i suoi piedi era destinato ad una magia personale o ad un passaggio illuminante per qualche suo compagno.
E poi il gol, quello che sbloccò la partita, quello dell’1-0 che definirlo una magia sarebbe riduttivo: Ménez si invola in area partendo dalla trequarti, decentrato sulla sinistra con due uomini addosso. Il primo lo salta in velocità, il secondo con una finta secca verso destra, passa in mezzo ai due, e trovatosi così da solo al centro dell’area di rigore, con una palla precisa sul secondo palo trafigge Samir Handanovič.
Purtroppo, come sempre, quella prestazione rimase un’eccezione in una stagione fatta di alti e bassi, ma quel Ménez, in quella serata, sembrava davvero poter aver segnato un punto di svolta nella sua carriera.
Ménez divenne un simbolo di una Roma sempre a metà strada tra il sogno e la disillusione, incapace di trovare una costanza che ne facesse una reale protagonista. L’arrivo di Claudio Ranieri sulla panchina giallorossa sembrava poter rappresentare una svolta, ma alla fine il francese non riuscì mai a compiere quel salto di qualità definitivo. Con Montella in panchina, invece, arrivò la rottura definitiva e il successivo addio.
Le due migliori stagioni della sua carriera
Dopo tre stagioni romane in cui non ha rispettato le aspettative, a 24 anni Ménez torna in Francia. A credere in lui è il primo Paris Saint-Germain di Nasser Al-Khelaïfi, e chi meglio di un talento parigino può dare il via al nuovo, ricchissimo progetto dello sceicco qatariota?
La sua prima stagione, la 2011/2012, pur conclusa senza la vittoria del titolo, è semplicemente eccezionale: all’ombra della Tour Eiffel mette a referto 9 reti ma soprattutto ben 22 assist per i compagni – record della sua carriera. Il titolo arriverà nei successivi due anni, ma minutaggio e rendimento caleranno vistosamente, data anche la tanta concorrenza creata dai nuovi innesti arrivati dal mercato.
Per trovare spazio e rilanciare ulteriormente la sua carriera, Ménez prova il ritorno in Italia, questa volta a volerlo è il Milan, che ne acquista il cartellino a titolo gratuito. I rossoneri, campioni d’Italia solo tre anni prima, sono entrati prepotentemente – e forse inconsapevolmente – in banter era nella stagione precedente, con la luce che tornerà a vedersi nitidamente solo anni dopo. Quel periodo è stato pieno di umiliazioni, sofferenza e giocatori non al livello del blasone del club sette volte campione d’Europa, ma la stagione 2014/2015 di Jérémy Ménez è senz’altro uno dei pochissimi ricordi positivi. Forse la migliore della sua intera carriera, sicuramente la migliore dal punto di vista realizzativo: 16 gol in 2.698 minuti, uno ogni 169. Il picco è senz’altro rappresentato dalla doppietta nella folle notte di Parma, che presenta quello che probabilmente è il gol più spettacolare mai segnato dal francese.
Ma nulla da fare, anche qui la continuità è mancata, questa volta non per motivi caratteriali o calcistici però: è vero che l’annata 2014/2015 è macchiata dall’espulsione contro il Genoa e le conseguenti proteste che gli costeranno addirittura quattro giornate di squalifica, ma a interrompere il suo percorso rossonero sono stati i problemi all’anca dell’anno successivo, che lo hanno tenuto ai box per quasi tutto il campionato.
Il rapidissimo declino
Un po’ per via delle sue scelte, un po’ per gli infortuni, la carriera di Ménez da quel momento ha un declino grande e repentino. Torna ancora in Francia, al Bordeaux, ma non riesce a incidere come un tempo. Alla soglia dei trent’anni, decide dunque di abbracciare delle sfide più esotiche, prima un semestre da dimenticare in Turchia, all’Antalyaspor, poi tre stagioni in Messico, all’América, dove ha vari problemi fisici, tra cui la rottura del legamento crociato anteriore.
Stufo di stare in giro per il mondo, torna ancora a casa, a Parigi, ma nel Paris FC, in Ligue 2. Quello che era uno dei diamanti del calcio transalpino finito in cadetteria. Ma il richiamo dell’Italia si fa sentire ancora, e allora ecco che torna nel Bel Paese per l’ultima volta, accasandosi alla Reggina neopromossa in Serie B. Nei suoi tre anni calabresi lascia un bel ricordo, ma dopo il fallimento della squadra di Reggio Calabria è costretto a cambiare casacca. L’ultima sua avventura calcistica è ancora in una grande piazza del sud, Bari, ma un ulteriore rottura del legamento crociato porrà di fatto fine alla sua carriera.
Forse Ménez resterà uno dei più grandi “What if…?” del calcio moderno. Un talento sicuro ma inespresso, un’illusione meravigliosa, un bagliore improvviso che accendeva gli occhi dei tifosi per poi spegnersi senza preavviso. Magari non è diventato il campione che molti sognavano, ma chi l’ha visto danzare sul pallone, anche solo per una sera, difficilmente lo dimenticherà.
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