Mercato bloccato per la Lazio: è questa la notizia che ha gelato i tifosi biancocelesti, a pochi giorni dal ritorno di Maurizio Sarri, che sembrava aver riacceso l’entusiasmo in un ambiente scottato da due stagioni deludenti, segnate da promesse disattese e amarezza crescente. Ma come è stato possibile tutto ciò, in una società il cui presidente – e la cui dirigenza in generale – millanta da anni la solidità patrimoniale ed economico-finanziaria come fiore all’occhiello della gestione? Analizziamo questa situazione.
Mercato bloccato Lazio: come si è arrivati a questa situazione?
Attorno alla metà di giugno, iniziava a trapelare la notizia secondo cui la Lazio non avesse rispettato l’indice di liquidità – in questo articolo avevamo spiegato cos’è e come funziona –, ancora decisivo per operare sul mercato secondo le regole FIGC. Come spesso è accaduto nelle ultime stagioni, quindi, la Lazio avrebbe potuto fare operazioni in entrata solamente secondo la logica “esce uno, entra uno”, ossia utilizzando i soldi derivanti da risparmi su stipendi e ammortamenti, e quelli derivanti dalle cessioni dei giocatori.
È bene ricordare che questa sarà l’ultima estate in cui il celeberrimo indicatore di liquidità sarà vincolante per operare sul mercato. Dal primo settembre, infatti, verrà sostituito dall’indicatore di costo della rosa allargato, uno strumento sicuramente più utile per valutare la solidità economica di un’azienda.
Questo nuovo indicatore viene calcolato attraverso il rapporto dei costi per l’intero personale, compresi gli ammortamenti dei calciatori – se non vi è familiare il concetto di ammortamento, vi rimandiamo al nostro articolo sulle plusvalenze –, e tutti i ricavi della società in questione.
Come da comunicato FIGC, e in ottemperanza con i nuovi regolamenti UEFA, l’indicatore di costo della rosa allargato presenterà un valore soglia vincolante, fissato dapprima a 0.8, e successivamente a 0.7 a partire dalle sessioni del 2026/2027.
Nonostante questo indicatore diverrà vincolante a partire da gennaio 2026, le sue regole hanno ripercussioni anche sul calciomercato estivo di quest’anno.
Difatti, nelle NOIF (Normative Organizzative Interne della FIGC), ossia l’insieme delle norme che regolano i comportamenti delle società calcistiche italiane, è disposto che «in caso di mancato rispetto da parte delle società della misura minima dell’indicatore di Liquidità al 31 marzo o al 30 settembre e di entrambi i valori soglia dei relativi indicatori di Indebitamento e di Costo del Lavoro Allargato, la Co.Vi.So.C. – la commissione per la vigilanza sulle società di calcio professionistiche – dispone la non ammissione ad operazioni di acquisizione del diritto alle prestazioni dei calciatori rispettivamente per la sessione estiva e per la sessione invernale, i cui termini sono definiti annualmente dalla FIGC».
In parole povere, se delle società non rispettano l’indicatore di liquidità, l’indicatore di costo del lavoro allargato e l’indicatore di indebitamento – rapporto tra debiti e ricavi delle società –, queste squadre si trovano con il mercato bloccato – in questo caso fino a gennaio, quando entrerà in vigore la nuova normativa.
Ad oggi, la Lazio è l’unica delle 20 squadre di Serie A a non rispettare contemporaneamente questi tre indicatori, e a trovarsi quindi sostanzialmente bloccata nel il mercato in entrata – che sarebbe stato fondamentale quest’anno, dovendo inserire giocatori funzionali alle idee di Sarri.
A rendere la situazione ancor più spinosa vi è il fatto che questo deficit – di cui non si conoscono le stime esatte, ma stando ai dati del bilancio di dicembre dovrebbe essere di almeno 80 milioni di euro – può essere ripianato sostanzialmente solo con aumenti di capitale, o con immissione di liquidità e versamenti da parte degli azionisti. Difatti, avendo sforato l’indicatore a marzo, la cessione di giocatori in questa sessione di mercato non dovrebbe aiutare a ripianare il deficit – avrebbe potuto far fede, eventualmente, una cessione nel mercato di gennaio.
Le NOIF dispongono che può essere utilizzata la liquidità derivante da cessione di crediti commerciali non ancora riscossi – ad esempio, l’intero importo di pagamenti dilazionati per acquisti di calciatori –, che però devono essere stati contabilizzati – quindi, registrati – nelle situazioni patrimoniali intermedie di riferimento – quindi, 31 marzo o 30 settembre.
Una seconda via sarebbe quella di utilizzare i crediti commerciali non ancora riscossi da competizioni UEFA – ad esempio, pagamenti da partecipazione che arrivano più avanti durante le competizioni europee –, ma anche qui la Lazio ha le mani legate, avendo mancato la qualificazione alle coppe europee per la prima volta negli ultimi 10 anni.
Qual è l’ultima strada? Come detto, l’unico modo per ripianare questo disastro è quello di immettere liquidità direttamente attingendo al portafoglio di Lotito, che però dal 2004, tra versamenti, aumenti di capitale e acquisto di azioni, ha immesso appena 36 milioni di euro in totale. Risulta difficile pensare che possa spenderne più del doppio in una volta sola.
Una gestione al capolinea
La strada sembra senza via di uscita, così come la risoluzione di tutti i problemi strutturali che una visione miope e inadatta ha generato negli ultimi anni.
La Lazio è ultima per ricavi da sponsor in Serie A, ha un player trading e un settore di scouting sostanzialmente inesistenti – la plusvalenza maggiore dell’era Lotito è stata di circa 40 milioni di euro, con la cessione di Sergej Milinković-Savić in Arabia Saudita a un anno dalla scadenza del contratto – nell’ultima stagione è stata terz’ultima in Serie A per età media della rosa – e nelle precedenti due stagioni era penultima –, è totalmente incapace di diversificare e aumentare i ricavi, ed ora, come zenith della gestione corrente, il mercato in entrata è stato bloccato squarciando il velo di Maya sull’ennesima bugia di questa gestione: la solidità del bilancio.
Con buona pace delle recenti dichiarazioni del direttore sportivo Angelo Fabiani – un «errore» in sede di bilancio «che ci può stare» – e dello stesso presidente Claudio Lotito – «Al massimo acquistiamo a gennaio, non abbiamo necessità né di vendere i big né di acquistare» e «Sarri sa che la Lazio è una società sana» –, la Lazio è una società la cui gestione è già da tempo arrivata al capolinea. La speranza per i tifosi biancocelesti è che se ne accorgano presto i principali responsabili, dato che chi ne è vittima se ne è reso conto già da tempo.
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