Quella di Mauro Zarate è una storia particolare, una carriera contraddistinta da numerosi trasferimenti e pochi sussulti. Un talento sprecato secondo molti, un grande abbaglio secondo altri. E d’altronde la scelta di andare via dal Vélez in direzione Qatar a soli vent’anni, lasciava ampiamente a desiderare circa le ambizioni del ragazzo. Eppure c’è stato un momento, un solo momento, in cui tutta Italia si ritrovò ai piedi del giocatore argentino.
C’è un nuovo talento in quel di Roma
È l’estate del 2008 e il torrido caldo italiano fa da contorno al periodo più agonizzante per ogni tifoso: il calciomercato. La Lazio, tra le altre, ha il bisogno e la necessità di migliorare il piazzamento dell’anno precedente – un deludentissimo dodicesimo posto in campionato – e decide quindi di fare affidamento su un nuovo attaccante argentino: Mauro Matías Zarate. Mauro veniva da una stagione passata tra l’Al-Sadd – con cui mise a segno 4 reti in 6 presenze – e il Birmingham – anche qui con 4 gol messi a referto, che non bastarono per salvare la squadra dalla retrocessione in Championship. La formula dell’acquisto è quella di un prestito oneroso da 3,5 milioni di euro e un diritto di riscatto fissato a 20 milioni. Un investimento importante, ancora oggi il più costoso dell’era Claudio Lotito.
Veloce e abile nello stretto, venne acquistato per sfruttare al meglio il suo dribbling e rappresentare la seconda punta perfetta da affiancare a Goran Pandev nel 4-4-1-1 di mister Delio Rossi. Nonostante avesse solo 21 anni, in patria veniva considerato come un campioncino dal futuro già scritto. In Italia si sapeva ancora poco di lui, ma la conquista del Mondiale Under-20 prima – decidendo con un suo gol anche la finale, giocando alle spalle di Sergio Agüero – e del titolo di capocannoniere del Torneo di Apertura dopo – vinto con 12 reti a pari merito con Rodrigo Palacio – cominciarono a suscitare non poca curiosità nell’ambiente biancoceleste. Maurito era solito occupare la parte sinistra del campo: superare l’uomo e andare alla conclusione con il destro – suo piede naturale – era il suo cavallo di battaglia, l’accelerazione nel primo controllo lo rendeva imprevedibile.
La miglior stagione della sua carriera
La stagione d’esordio in Italia del nuovo numero dieci biancoceleste sarà la migliore di tutta la sua carriera, l’impatto con la Serie A è stato prepotente e rilevante fin da subito.
La prima giornata di campionato 2008/2009 vide la Lazio fare visita al Cagliari di Massimiliano Allegri. Se la partenza di Zarate e compagni è deludente nel corso della prima frazione di gioco – chiusa in svantaggio con il gol di un altro argentino, il Bati Larrivey –, la storia cambia nel corso della ripresa. A stupire è soprattutto l’asso sudamericano, che bagna il suo esordio con una doppietta decisiva per la vittoria finale. Il primo gol arriva su calcio di rigore, spiazzando il futuro laziale Marchetti nonostante scivoli al momento del tiro; il secondo è invece un gioiellino: controllo volante e pallonetto.
Passano solo due settimane e la storia si ripete. L’esordio all’Olimpico, contro la Sampdoria di Walter Mazzarri, ha segnato l’inizio della passionale e tormentata storia d’amore tra Maurito e la tifoseria biancoceleste. È il settimo minuto e, sotto il cocente sole di inizio settembre, la giocata del diez lascia tutti di sasso: da fermo e spalle alla porta si libera di due uomini e lascia partire un sinistro a girare che si infila sotto l’incrocio dei pali. È l’apoteosi, finalmente anche la Lazio sembrava avere la sua stella. Una partenza romanzesca, seguita da un’altra rete nella sconfitta contro il Milan la settimana seguente e un’altra doppietta contro il Torino due partite dopo. Maurito aveva conquistato tutti, adulti e bambini.
Zarate aveva la pasta del campione, dimostrando di avere qualcosa in più rispetto alla concorrenza. Non erano solo le giocate in campo, l’elettrica personalità dell’argentino – la stessa che lo porterà a perdersi nelle annate successive – aveva fatto breccia nei cuori biancocelesti. È un pomeriggio di metà novembre quando la Lazio ospita il Siena all’Olimpico e Zarate sfila dal cilindro uno dei gol più belli della sua avventura romana. Rimangono tutti a bocca aperta dopo una punizione «degna del miglior Del Piero», come scrisse la Gazzetta l’indomani. Una perla, tra la corsa sotto la curva e l’euforia dei presenti.
Dopo un avvio fuori da ogni logica, che aveva trascinato la Lazio al quarto posto, Maurito si prende una pausa. Una delle tante. Nonostante un digiuno durato mesi e le prime critiche, Zarate dimostra, forse per l’ultima volta, di cosa sia capace di fare con il pallone tra i piedi. Una doppietta al Bologna a fine febbraio fa respirare l’argentino, e sul finire del campionato deciderà gran parte delle sfide biancocelesti. Impossibile non citare l’eurogol siglato nel derby contro la Roma – finta a rientrare sul destro e pallone sotto l’incrocio dei pali – e l’altrettanto capolavoro siglato nella semifinale di ritorno di Coppa Italia contro la Juventus – stop elegante e destro a giro, quasi da fermo, sul quale Buffon non può arrivare.
L’ultimo atto della Coppa Italia 2008/2009, contro la Sampdoria di Cassano e Pazzini, sarà probabilmente il punto più alto della sua avventura laziale. Dopo quattro minuti sblocca la gara con una prodezza a giro dal centro-sinistra, e poi realizza con freddezza il rigore della lotteria finale, regalando alla Lazio il primo trofeo della gestione Lotito. Un successo che manda in estasi il popolo biancoceleste, consapevole di avere finalmente il proprio campione.
Cosa è andato storto?
Il campionato appena concluso ha di fatto lanciato Zarate tra i grandi nomi del calciomercato estivo, e la preoccupazione di un eventuale e prematuro addio dell’asso argentino scuote gli animi dei tifosi biancocelesti. Il personale bottino fruttato alla sua prima stagione in Italia – 16 gol e 8 assist da seconda punta – lo rende uno dei migliori esordienti degli ultimi campionati, oltre che il capocannoniere della squadra. A soli 22 anni Maurito è l’oggetto del desiderio di molti club, ma la società – che aveva esercitato il diritto di riscatto ancor prima della fine della stagione – riesce a trattenerlo nella Capitale.
L’irrefrenabile gioia di quella notte di maggio – e della Supercoppa vinta in estate contro l’Inter di José Mourinho – ha forse però fatto adagiare sugli allori fin troppo l’ex Vélez. Sarà stato questo, la corte dei grandi club o la presunzione di chi credeva di meritarsi altri palcoscenici, sta di fatto che il Maurito della prima stagione diventerà ben presto un lontano ricordo.
Le giocate, i gol e le corse sotto la curva sembrano appartenere ad un’altra vita e la sua seconda stagione è un clamoroso flop. In Serie A, in particolare, il rendimento è disastroso: solo 3 gol segnati, numerosi diverbi con il nuovo tecnico Edy Reja – che sostituì in corsa Davide Ballardini dopo una prima metà di campionato shock – e una Lazio che riesce a evitare una clamorosa retrocessione solo a poche giornate dal termine.
Riesce a rialzarsi, almeno parzialmente, l’anno successivo. I numeri sono più che discreti – 9 reti e 2 assist – e il talento sembra non essere svanito del tutto. Ma non basta a compensare i troppi atteggiamenti sopra le righe, in campo e fuori. La sua avventura laziale termina definitivamente nell’estate del 2011, salutando i suoi vecchi tifosi con un clamoroso rigore sbagliato nello scontro diretto per la Champions con l’Udinese di Francesco Guidolin.
Il temperamento irrequieto dell’argentino ha fatto sì che la sua storia con la Lazio si sgretolasse con la stessa velocità con la quale si era costruita. L’esultanza polemica dopo il più classico dei gol dell’ex in un Lazio-Fiorentina del dicembre 2016 ha rappresentato solo lo strappo di una crepa iniziata già anni prima. Il rapporto con la società e i suoi ex tifosi era infatti ai minimi storici da diverso tempo: nel corso della stagione 2012/2013 – annata in cui fece da comparsa, totalmente fuori forma, tornato dal prestito all’Inter – la Curva Nord si espose con un memorabile striscione a lui dedicato: «Il campione vero è umile, raccoglie i palloni in allenamento della Primavera, non piange su Twitter e si riduce l’ingaggio… non rivendica un contratto mal valutato, Zarate vattene!».
Nonostante tutto, però, è impossibile non riconoscere il valore che Mauro Zarate ha avuto per i tifosi laziali, soprattutto per quelli cresciuti durante la ricostruzione post-Cragnotti. Maurito è stato una favola senza lieto fine; breve, ma di quelle che non si scordano. L’idolo di una generazione senza idoli, un talento delizioso coperto da un velo di malinconia e rimpianto.
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