Álvaro Morata è ufficialmente un nuovo giocatore del Milan. Lo spagnolo aggiunge una nuova tappa importante a una carriera che lo ha visto militare in alcune delle squadre più prestigiose al mondo. Si tratta della sua terza avventura in Italia, la prima che lo vedrà vestire una maglia che accanto al nero non accompagna il bianco ma quel rosso che gli ha portato tanta fortuna nelle ultime settimane. Ma non solo. Morata che va al Milan a 31 anni è un evento che fa riflettere la generazione juventina nata a cavallo tra gli anni Novanta e il Duemila, inesorabilmente cresciuta come lui e insieme a lui.
Ebbene sì, che ci crediate o meno sono passati dieci anni dal primo approdo di Álvaro in Italia, il tempo di fare due giorni di ritiro con Antonio Conte, infortunarsi e ritrovarsi poi Max Allegri sulla panchina al posto di chi lo aveva voluto a Torino. Quando Morata è arrivato alla Juventus, Conte era ancora l’allenatore dei bianconeri, lo ripeto per chi non avesse capito. E voi che cosa stavate facendo?
Sono passati dieci anni e sembra passata una vita, da quando quel ragazzo di belle speranze proveniente dal Real Madrid iniziò a imporsi e a far sognare i tifosi juventini a suon di gol in Champions League. Giovane, come giovani erano i ragazzini tra cui il sottoscritto a cui brillavano gli occhi per quello che ammiravano di lui in campo: gol, rapidità e intelligenza calcistica, ma anche quegli errori di gioventù che in fondo non ha mai limato e che lo rendono dannatamente umano e per questo, forse, così amato anche da chi non lo ha mai avuto in squadra.
Chi vi scrive era appena entrato in prima liceo nell’estate del 2014, con il cuore gonfio di speranze, ambizioni e paure. Per quel ragazzetto Morata sarà sempre il calciatore che scandiva la settimana scendendo in campo la domenica dopo giorni di compiti in classe, risate all’intervallo e mancati approcci con quella ragazza con cui forse avrebbe potuto anche avere una chance fosse stato meno impacciato. Morata era lì con me, con noi, e con il passare degli anni siamo cresciuti insieme attraversando fasi più e meno belle, vittorie e sconfitte, sogni realizzati e altri purtroppo chiusi in un cassetto ormai impossibile da aprire.
La carriera di Morata parla per sé: Real Madrid, Juventus, Chelsea, Atlético Madrid e ora Milan, a cui bisogna aggiungere 80 presenze e 36 reti con la Nazionale spagnola – quarto miglior marcatore di sempre –, con la quale ha appena vinto un Europeo da protagonista mostrando al mondo doti di leadership che prima non aveva e che si pensava non sarebbe mai stato in grado di maturare.
Calcisticamente parlando il nuovo numero sette rossonero è una seconda punta dal valore assoluto e riconosciuto, non tanto dal pubblico quanto da addetti ai lavori e allenatori che hanno sempre dimostrato di puntare su di lui indipendentemente dal proprio stile di gioco. Perché Morata c’è sempre, e darà tutto sé stesso per non deludere chi ha creduto in lui, perché cadrà svariate volte ma senza mai tirarsi indietro per aiutare la propria squadra. La sua abnegazione è accompagnata da un bagaglio tecnico e atletico di assoluto livello, che lo rendono importante nonostante non abbia mai affinato quel killer instinct che lo avrebbe reso un attaccante da 30 gol a stagione. Álvaro, che comunque i suoi oltre 200 centri in carriera li ha messi a referto, è un attaccante che fa segnare i suoi compagni scattando in profondità, attirando le pressioni avversarie o riuscendo a servirli con la scelta giusta, ma per arrivare a questo livello di maturazione ha dovuto faticare e non poco, in primis con la propria persona.
Parlavamo di un calciatore molto umano proprio perché Morata con il passare del tempo non è mai stato in grado di liberarsi di quei limiti che lo hanno reso affine ad ognuno di noi, crescendo e convivendo con essi, fino a migliorarsi grazie alla sua determinazione. Non è un superuomo, ma non bisogna esserlo per poter provare a fare qualcosa di grande.
Morata c’era, Morata era sempre lì quando cambiavamo videogiochi da provare o quando la bicicletta veniva pian piano accantonata in garage per far spazio a quei dannati quiz della patente, quando i compiti in classe diventavano sempre di più e sempre più pesanti in maniera direttamente proporzionale ai dubbi sul proprio percorso di vita. Sto facendo la scelta giusta per il mio futuro? Avrei dovuto chiarire con quella persona? Stasera c’è il derby di Madrid, vediamo se Morata gioca.
E più aumentavano i dubbi più quell’eroe che inizialmente dava solo speranze e belle sensazioni iniziava a diventare così simile a noi, fragile nella sua tenacia. Gol sbagliati e treni mancati, incomprensioni in campo e litigi con le persone a noi care per le cose più inutili, ma il niño sta ormai diventando grande. Morata è diventato quel giocatore che quando le cose andavano male dal punto di vista personale era in grado di sbagliare un rigore importante, perché se si soffre insieme si soffre di meno, oppure di far ricredere tutti con un gol stupendo in una notte di Champions League in contemporanea al superamento di un esame che sembrava impossibile da dare, perché se si gioisce insieme si gioisce di più.
Passano gli anni, passano per tutti, e Álvarito diventa il simbolo dello scorrere del tempo. Il liceo diventa università e poi lavoro, conosci nuova gente, hai le tue prime relazioni e devi iniziare a farti i conti in tasca. Lui nel mentre gioca ancora, segna ancora, sbaglia ancora ed è sempre lì, con gli occhi di chi non vuole crescere ma con la consapevolezza che è arrivato il momento di dimostrare ancora di più, talento e condanna.
Siamo nel 2024, Álvaro Morata ha ormai 31 anni ed è un nuovo giocatore del Milan. Io sono qui davanti al computer cercando di combattere il caldo afoso con un ventilatore che ho dai tempi di quando giocava al Castilla. Quella bella ragazza della prima liceo ora è chissà dove e con chissà chi, la bicicletta è rimasta in garage sporca di polvere perché tanto prima o poi la riprendo in mano, gli amici di sempre, come me, studiano o lavorano e non possiamo più vederci tutti i giorni a tutte le ore. Gli anni non sono più 14 ma 24, e dopo un pomeriggio passato a navigare nella nostalgia mi rendo conto che in fondo è giusto così, e che tanto Morata segnerà ancora e continuerà inesorabilmente a scandire lo scorrere del tempo. Kids degli MGMT continua a risuonare in sottofondo.
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