Ocampos

Lucas Ocampos, el Mole

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È il 16 agosto 2011, il River Plate ospita il Chacarita Juniors nella prima storica giornata della sua prima storica stagione nella Primera B Nacional. In panchina el pelado Almeyda, in campo qualche giocatore interessante, ed una partita scialba, conclusa 1-0 con gol di Diaz, di testa, una partita non memorabilissima, fino al debutto di un ragazzino della cantera dei borrachas, tale Lucas Ariel Ocampos. Il ragazzino ha appena 17 anni, sembra troppo gracilino anche solo per asciugare il sudore di uno di quegli 11 malviventi vestiti di rojoblanco, eppure quella figura così inadatta a quel luogo si piazza sulla fascia e qualche pallone lo tocca, anzi, per meglio dire, con il pallone, quel ragazzino, ci danza. Alla partita non dà grande apporto, ma dimostra il cipiglio giusto, ci mette convinzione, prova a fare ciò che pensa, che considerati i difensori argentini, è qualcosa di lodevole.

Nelle partite successive quel ragazzino inizia a giocare in maniera costante, inizia a prendere coraggio, inizia ad impadronirsi della fascia, infiamma una tifoseria con un bisogno morboso di eroi e miti. Al suo fianco ha gente come Trezeguet, Cavenaghi, el Chori Dominguez, Cristian Ledesma; gente che può darti molto, ma se capisce che stai danneggiando il River con ciò che fai, è sempre capace di rimetterti in riga. E non dimentichiamoci che in panca ha uno come Almeyda, mica l’ultimo arrivato.

Termina la stagione, il River Plate torna in Primera División, la sua parte, Lucas, l’aveva fatta, segnando 7 gol. Niente male come bottino, ma alla porta del River si affaccia il Monaco: 3 milioni di euro per il club e un contratto ben più cospicuo per il giocatore, il Principato è la sua nuova casa.




Arriva alla corte di Claudio Ranieri, che capisce di avere un bell’elemento per le mani, e lo piazza sulla fascia, con direttive che gli vengono continuamente aggiornate ed el Mole, come viene soprannominato in terra natia, cresce e si vede, quando iniziano a fioccare i dribbling, gli assist e anche i gol, per non farci mancare nulla: Istres, Arles, Niortais e Clermont le prime vittime. Il Monaco sale di categoria, lui diventa un classico “profilo da scout” con i conseguenti rumor di squadre più o meno vicine, ma Lucas resta a Monaco, si evolve, inizia a definirsi come giocatore e la stagione successiva la squadra monegasca si ritrova in casa un esterno d’attacco abile con entrambi i piedi, che predilige giocare a sinistra, accentrarsi e scoccare potentissimi tiri, ma che può adattarsi dall’altro lato, e crossare senza difficoltà.

L’intesa con Kurzawa, in una fascia sinistra a trazione anteriore, è buonissima, gli assist per el Tigre Falcao non mancano e la stagione 2013/2014 lo vede affiancato da gente come James Rodríguez, Moutinho, Toulalan e Kondogbia. Insomma, mica bruscolini per uno che ha a malapena 20 anni, ma che quella stagione raccoglie 39 presenze e 7 gol.

Ad annata finita i titoli di giornale si sprecano, le squadre che si interessano a lui sono una moltitudine, i paragoni con Trezeguet – dovuti solamente al percorso simile fino a quel momento – si fanno insistenti e lui sembra destinato a muoversi di lì a poche ore, ma Lucas rimane, per due principali motivi: perché si dice che sia testardo, e quel secondo posto in Ligue 1 non lo manda giù, e perché la situazione societaria inizia a farsi poco chiara e le cose entrano in stallo. Il ragazzo ricomincia la stagione allo Stade Louis II e ritorna sempre più presente nelle formazioni titolari, anche con il cambio al timone della squadra, che passa da Ranieri al lusitano Jardim.

Il Monaco non riesce a mantenere il livello dell’anno precedente, ha perso diversi pezzi e il clima societario è diventato praticamente insostenibile, talmente insostenibile che Lucas mette da parte anche la sua testardaggine e chiede la cessione nel mercato invernale.



Ora, immaginate uno scuro ufficio, attaccato ad un campo sportivo di Marsiglia, con un uomo poco sopra i 50, che al chiaro di luna si arrovella per trovare un profilo adatto alla sua squadra. L’uomo in questione, stanco dopo una giornata di lavoro, accende il televisore che ha in ufficio, e trova la replica degli highlights del campionato, stanno passando le immagini, e non presta troppa attenzione, assorto dai suoi pensieri, fin quando non vede un ragazzo con il 15 sulle spalle, che dribbla in maniera secca, quasi arrogante, un avversario, affonda nella trequarti e viene fermato dal sacrificio di un difensore che per fermarlo ha dovuto sputare un polmone. Nasce così l’amore di Bielsa per Ocampos, o almeno, a noi piace immaginarlo così.

El Loco punta il ragazzo, e l’OM lo accontenta senza troppe storie: il passaggio al macchiavellico calcio di Bielsa è complicato per Ocampos, nonostante collezioni 14 presenze e venga addestrato – perchè con Bielsa non ti alleni e basta – anche al ruolo di punta centrale, migliorando anche nel gioco aereo; dati alla mano, i primi 6 mesi di Ocampos al Marsiglia sono i peggiori della sua carriera con solo un misero 0,12 gol per partita, ma si vede anche un aumento nella partecipazione del gioco, molto più movimento – non più uno scatto negli ultimi 30 metri, a imbeccare o a provare la conclusione –, e più tentativi di presentarsi come un diez, un accentratore di gioco, qualcosa che forse lo riporta ai tempi del River, dove Almeyda lo metteva più al centro dell’azione, viste le sue qualità. Allontanarsi dalla figura di CR7 e avvicinarsi a quella di Sneijder non è semplice per el favorito de Quilmes, ma la cura Bielsa, nella stagione successiva, lo riporta a statistiche e prestazioni migliori, come la prima da professionista, facendoci capire che il tecnico rosarino ha sì lavorato sul giocatore, ma anche sull’uomo Ocampos, facendolo anche giocare di meno, sia per averlo sempre al top, sia per dargli meno ansie, è pur sempre un 21enne.

Poi sappiamo tutti com’è finita a Marsiglia: el Loco se n’è andato, la squadra ha terminato la stagione ad uno scialbo 13esimo posto, è stata sbattuta fuori dall’Europa League ai sedicesimi e Ocampos si trova di nuovo con le valige in mano, dopo una stagione decisamente no.

Il più deciso a puntare su di lui è Enrico Preziosi, presidente del Genoa, quando i più non lo consideravano, forse anche abbagliati dalla luce prodotta da un suo ‘fratellino’ calcistico Florian Thauvin. Trattativa lampo, senza un eccessivo esborso di soldi, e l’argentino approda all’ombra della Lanterna.

Preziosi porta a casa una moderna ala sinistra, che può giocare anche a specchio, adattabile a punta centrale o con un buon rendimento da trequartista; abile con entrambi i piedi, buono nei fondamentali del ruolo che deve ricoprire e con addosso la mano di Bielsa: si vede la creatividad della terra dell’asado, e si vede la garra di chi deve dimostrare al mondo quanto vale.



Nelle prime due giornate di Serie A – e nel terzo turno di Coppa Italia – el Mole ha mostrato un lento ma progressivo miglioramento: se contro il Lecce ha giocato a destra, tentando di adattarsi, contro Cagliari e Crotone è stato posizionato a sinistra, raccogliendo 6 tiri, 2 falli subiti ed un 33% delle volte in cui ha toccato palla ha prodotto azioni offensive, con un 22% di tentativi personali e un 11% al servizio della squadra, con particolare attenzione, o meglio attrazione, nell’orbitare attorno al centravanti – l’altrettanto giovane Giovanni Simeone. La stagione di Ocampos prosegue bene, arrivano i primi gol e riesce ad avere anche una modesta continuità, nonostante la traballante panchina di Jurić.

Sfortunatamente, durante la sessione invernale del calciomercato, viene dato in prestito all’instabile Milan di Vincenzo Montella, dove raccoglie mestamente 11 presenze – più della metà spezzoni – e 0 gol, concludendo sottotono la stagione. Il Milan non lo riscatta, il Genoa prende la medesima decisione, e Lucas torna lì dove era stato compreso al meglio, quella Marsiglia che lo aveva amato e se lo coccolava.

Disputa, sotto la guida di Rudi Garcia, la prima stagione del ritorno in Région Sud ad altissimi livelli: segna 16 gol ed è uno dei protagonisti della cavalcata dell’OM verso la finale di Europa League, che viene però stravinta dall’Atletico del Cholo Simeone. L’anno successivo, con Garcia arrivato a fine ciclo, mette a segno 5 gol e fornisce 8 assist, numeri inferiori rispetto a quelli della stagione precedente, ma comunque positivi per un’annata altalenante come quella disputata dal Marsiglia.




Per questa stagione Ocampos ha scelto di navigare ancora verso altri lidi, ora per l’argentino è iniziata una nuova avventura al Siviglia, agli ordini di un allenatore voglioso di riscatto come Lopetegui. Sotto la guida dell’ex tecnico della Nazionale spagnola, el Mole è definitivamente esploso, diventando uno degli uomini copertina del nuovo progetto messo in atto all’ombra del Sánchez Pizjuán.

Ocampos raggiunge finalmente il ruolo di giocatore decisivo e che davvero sposta gli equilibri di una squadra comunque ricca di talento come il Siviglia di quest’anno – Vazquez, Suso, Munir, Rony Lopes, Banega; solo per fare qualche nome – nella quale sfrutta alla perfezione una spasmodica ricerca di gioco sugli esterni architettata da Lopetegui, che fa viaggiare spesso i due terzini in sovrapposizione, utilizzando tutta l’ampiezza del campo e creando così spazio per l’estro e la fantasia degli esterni d’attacco, ruolo prediletto dell’ex Marsiglia. In questo sistema di gioco si aggiunge un grande utilizzo del palleggio e degli scambi ravvicinati tra centrocampo e attacco e anche in questa soluzione Ocampos si è inserito perfettamente, grazie alla sua innata spensieratezza con il pallone tra i piedi.

Oltre al feeling positivo con i nuovi dettami tattici, quel che ha dato lo sprint decisivo alla stagione e di conseguenza alla carriera di Ocampos, è stata la continuità del suo rendimento sul terreno di gioco. In questo suo anno da rookie in Liga sono tredici, per ora, le reti segnate dal nativo di Quilmes, miglior realizzatore del Siviglia in campionato e quinta posizione nella classifica che incoronerà a fine stagione il titolo di Pichichi.

A questa importante cifra realizzativa, Ocampos aggiunge tre assist e delle prestazioni estremamente positive, che testimoniano il grande lavoro di crescita del ragazzo, finalmente pronto al tanto atteso turning point della sua vita calcistica. Non sorprende a tal riguardo anche un miglioramento dal punto di vista difensivo, dove si intravede una maggior combattività, sia nei contrasti che nei recuperi palla, segnali di un agonismo – mai messo in discussione fin dai suoi esordi – ritrovato e di una voglia sfrenata di incidere in ogni istante della partita.

In stagione, oltre ad essere il trascinatore del Siviglia dal punto di vista offensivo, ha anche fatto il portiere. Nella gara contro l’Eibar, infatti, decisa tra l’altro da un suo gol, negli ultimi minuti di gioco ha indossato guantoni e maglia da portiere a causa dell’infortunio di Vaclík a cambi terminati, ed è anche risultato decisivo, facendo una parata che ha salvato il risultato.

Il Siviglia ha fissato una clausola di 60 milioni per lasciarlo partire e su Ocampos si iniziano già a creare i primi rumors di mercato. Chissà se tutto il bene che da anni si dice su di lui, alla fine diverrà definitiva consacrazione: nel frattempo le grandi di Europa si sono sedute al tavolo del bel calcio affamate di talento, solo il tempo dirà se la classe del Mole avrà saputo deliziare i loro palati.

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