Può un capitano di una squadra di calcio risultare divisivo? A Roma si credeva fosse impossibile. Da sempre i capitani giallorossi, quasi tutti romani e romanisti, incarnano l’essenza del romanismo e sono spesso considerati più eroi che calciatori. Basti pensare ad autentiche leggende giallorosse come Agostino Di Bartolomei, Bruno Conti, Giuseppe Giannini, Francesco Totti e Daniele De Rossi. Eppure Lorenzo Pellegrini ha sovvertito questa narrativa e, nonostante le grandi aspettative iniziali, il suo percorso ha diviso profondamente la tifoseria della Roma come mai accaduto prima.
Da Cinecittà alla numero sette, passando per Sassuolo
Lorenzo Pellegrini nasce in un quartiere periferico di Roma, Cinecittà, e sin dall’età di 9 anni veste la casacca giallorossa, che indosserà per un decennio, attraversando tutte le squadra giovanili fino a fregiarsi del debutto in Serie A, il 22 marzo del 2015, nella trasferta di Cesena.
Nello stesso anno viene ceduto al Sassuolo a titolo definitivo per poco più di un milione di euro, con la Roma che però mantiene il diritto di recompra per 10 milioni. Il biennio neroverde è particolarmente positivo: non solo raggiunge due salvezze consecutive, ma al primo anno ottiene la prima storica e finora unica qualificazione del Sassuolo in Europa League.
Viste le sue grandi capacità di inserimento, di tirare dalla distanza e di trovare il varco giusto grazie a un’ottima visione di gioco, sotto la guida di Eusebio Di Francesco gioca da mezz’ala offensiva, realizzando 11 gol e 7 assist e dimostrando qualità tecniche che convincono la Roma a riportarlo a casa nel 2017 e Gian Piero Ventura a convocarlo per la prima volta in Nazionale.
Il ritorno di Pellegrini a Roma
Il ritorno nella capitale è promettente. Con il numero sette di Bruno Conti, Pellegrini alterna buone prestazioni a momenti di difficoltà, complice la giovane età e il peso di giocare per la squadra del cuore.
Nonostante il rendimento altalenante, il suo talento lo rende sempre più una pedina inamovibile della squadra. Nella prima stagione gioca spesso, ma non sempre da titolare, mentre dalla seconda annata conquista centralità e fiducia da compagni e tifosi, e lo fa soprattutto dopo la vittoria nel derby del 29 settembre 2018, nel quale, tra le altre cose, segna l’1-0 con uno splendido colpo di tacco. Un romanista che segna in un derby, per giunta di tacco: fu l’apoteosi.
Da quella gara, in cui si rese protagonista anche nel gol 3-1 con un assist perfetto per Fazio, fu un susseguirsi di lodi sperticate nei confronti del giovane calciatore da parte di stampa e tifosi che, non senza forzature, vedevano in lui un nuovo figlio di Roma pronto a seguire le orme dei suoi illustri predecessori, quasi come in possesso di un diritto atavico e acquisito. Aspettative lusinghiere, che però nel corso del tempo gli si ritorceranno contro.
L’apice, le aspettative, le responsabilità
Negli anni successivi non mancarono le prestazioni di altissimo livello, con l’apice che viene raggiunto nella prima Roma di José Mourinho, senza dubbio la miglior stagione della sua carriera. In quell’annata segna ben 14 gol e serve 8 assist ai suoi compagni, e soprattutto alza al cielo il suo primo trofeo, nonché il primo trofeo vinto dalla Roma dopo oltre un decennio di astinenza: la Conference League conquistata a Tirana il 25 maggio 2022.
La stagione 2021/2022 è anche la prima che inizia da capitano della squadra, nominato ufficialmente come tale nel gennaio dell’annata precedente, dopo lo scoramento tra l’allora tecnico Paulo Fonseca e l’allora capitano Edin Džeko. Tutto è in linea con il destino che gli hanno cucito addosso fin da ragazzino, e la stagione vincente non può che alimentare questa narrazione, ma da quel momento Pellegrini si trova al centro di crescenti aspettative e responsabilità, soprattutto dopo il rinnovo contrattuale da 4 milioni di euro netti annui, che lo rese uno dei calciatori più costosi della rosa. L’alternanza tra momenti di classe e lunghi periodi di invisibilità degli anni successivi lo esporrà a critiche sempre più aspre, e il suo ruolo da capitano gli vedrà affibbiate le responsabilità per le decisioni impopolari della società.
Il suo consenso subisce un calo vertiginoso da gennaio 2023, incolpato dell’allontanamento di José Mourinho, allenatore adorato dalla quasi totalità della piazza romanista. La cosa si ripete meno di un anno dopo, quando l’esonero colpisce Daniele De Rossi, che aveva sostituito proprio il portoghese sulla panchina della Roma e aveva parzialmente riabilitato Pellegrini sotto il punto di vista prestazionale.
Al di là di accuse infondate e smentite, a Pellegrini si può imputare di non aver avuto la personalità e un potere decisionale che un capitano dovrebbe avere. Le sue mancanze in questo senso, i suoi silenzi in momenti delicati e le sue prestazioni via via sempre più anonime, hanno portato a una rottura quasi insanabile con la tifoseria.
Il futuro di Pellegrini
La stagione in corso è senza dubbio la peggiore della sua carriera, con prestazioni estremamente negative, un contratto in scadenza a giugno 2026 e numerose contestazioni ed esortazioni ad abbandonare la Capitale da parte dei tifosi. Nemmeno un grandissimo gol nel derby del 5 gennaio, unica nota di colore della sua stagione grigia, ha potuto sistemare le cose. Nemmeno uno come Claudio Ranieri, che come pochi conosce la piazza romanista e che in maniera insperata ha rimesso in piedi una stagione che sembrava proiettarsi verso destini infausti, ha potuto fare qualcosa.
I problemi del capitano giallorosso sembrano essere in primis caratteriali. Non è stato in grado in alcun modo di tirarsi fuori dalle sabbie mobili quando la situazione si è fatta prima calcisticamente e poi emotivamente complessa, ma non ci è riuscito nemmeno quando le acque si sono rasserenate, quando il peggio è stato messo alle spalle.
Ma ridurre tutto agli aspetti emotivi sarebbe sbagliato, per quanto siano primari. Pellegrini ha mostrato i suoi limiti anche dal punto di vista calcistico, soprattutto quando si alza il livello dell’avversario, e ha mostrato anche delle problematiche sul piano fisico. Anno dopo anno, il trequartista romano appare sempre più spento atleticamente, incapace di raggiungere velocità che lo rendano davvero pericoloso. Fatica a sostenere contrasti fisici, a vincerli con decisione, a superare l’avversario nell’uno contro uno e a creare quella superiorità numerica che un centrocampista del suo calibro dovrebbe garantire. Anche il calo nella capacità di decidere le partite con assist da corner, suo cavallo di battaglia fino a un paio d’anni fa, accentuano la percezione di un giocatore in enorme difficoltà.
L’impressione è che, dopo oltre 300 presenze in giallorosso, l’avventura di Lorenzo Pellegrini a Roma sia giunta al capolinea: sicuramente per sue responsabilità ma anche di una piazza che ormai non è disposta a perdonargli più nulla. Conviene alla Roma tenere un giocatore che, anche a detta del suo allenatore, soffre i suoi tifosi e che guadagna da top player pur non essendolo? Conviene a Pellegrini restare invischiato in una storia d’amore che sembra finita da tempo e che sembra andare avanti solo per abitudine?
Per Pellegrini sarebbe con ogni probabilità sbagliato pensare anche alla possibilità di rimanere a Roma con un ruolo ridimensionato, privandosi della fascia e adeguandosi l’ingaggio. È evidentemente arrivato il momento di cercare un nuovo inizio altrove, da protagonista in una piazza più piccola e meno esigente, o al massimo da alternativa se ha intenzione di restare ad alti livelli. Pellegrini potrebbe ritrovare serenità e rilanciare la sua carriera, lontano dai riflettori di una città che ormai gli è ostile, che non è riuscito ad accettarlo per ciò che è: un simbolo imperfetto.
Non è in discussione il fatto che Pellegrini sia un giocatore di buon livello, ma per lasciarsi alle spalle le difficoltà servono decisione, carattere e la volontà di reinventarsi. Riuscirà a farlo?
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