È il 4 maggio 2021, quando la Roma spiazza tutti: José Mourinho sarà il nuovo allenatore dei giallorossi. Un fulmine a ciel sereno, un segnale forte in mezzo alle nebbie dell’ennesima stagione anonima. È un annuncio che sa di svolta, di ambizione. Con la stagione ancora in corso, i Friedkin comunicano al mondo che il presente è già passato: il futuro ha un nome e un volto, quello dello Special One.
Ma in quell’annata con Paulo Fonseca in panchina, a quel punto già compromessa sia in Italia che in Europa, all’ultima giornata arriva comunque un traguardo destinato a rivelarsi importante per il successore e connazionale del lusitano. Il pareggio esterno contro lo Spezia di Vincenzo Italiano, infatti, basta per assicurarsi il settimo posto – a pari punti con il Sassuolo di Roberto De Zerbi, ma con una migliore differenza reti. Un risultato che vale alla Roma la qualificazione alla prima, storica edizione del nuovo torneo ideato dalla UEFA: la Conference League.
L’inizio del percorso
L’annata 2021/2022 parte con entusiasmo. La Roma conquista l’accesso alla fase a gironi della Conference League superando nel preliminare i turchi del Trabzonspor con un complessivo 5-1 – 1-2 in Turchia, con gol di capitan Pellegrini ed Eldor Shomurodov; 3-0 in casa, grazie alle reti di Cristante, El Shaarawy e Zaniolo, quest’ultimo tornato al gol dopo la seconda rottura del crociato – e vince le prime tre gare di campionato.
Lo Scudetto resta un sogno lontano, ma quella nuova coppa europea, con Mourinho in panchina, può sembrare alla portata. I tifosi iniziano a crederci, stanchi di un digiuno di trofei che dura dalla Coppa Italia del 2008, ben oltre un decennio.
Nel Girone C, l’esordio è da sogno: 5-1 al CSKA Sofia. I giallorossi vanno sotto al decimo minuto, con un gran gol di Graham Carey, ma già nel primo tempo la ribaltano con due reti altrettanto belle di Pellegrini ed El Shaarawy. Nella ripresa il capitano romanista firma la sua doppietta personale su assist di un giovanissimo Riccardo Calafiori, e poi ci pensano Gianluca Mancini e Tammy Abraham – il nuovo centravanti arrivato dal mercato, chiamato all’arduo compito di sostituire Edin Džeko – a completare la goleada. È la sesta vittoria su sei stagionali per Mourinho.
Alla seconda giornata, i giallorossi vincono 3-0 in casa degli ucraini dello Zorya Luhansk: apre ancora El Shaarawy, poi gli inglesi Smalling e Abraham chiudono definitivamente la pratica. Quattro vittorie su quattro in Conference per la Roma, considerando anche i preliminari. Tutto sembra perfetto.
La notte di Bodo e la paura giallorossa
Poi arriva la gelida notte norvegese di Bodo. Sotto il cielo artico, la Roma incassa un umiliante 6-1. Un percorso fino a quel momento perfetto viene macchiato da una partita che riporta alla mente ombre del passato recente. Il contesto nel quale i giallorossi hanno giocato è evidentemente particolare, ma il risultato è troppo roboante per dare spazio a degli alibi. Mourinho, profondamente deluso dalle riserve, è netto nelle dichiarazioni e nelle scelte: «D’ora in poi giocheranno sempre i titolari». Quattro di quei giocatori lasceranno il club già a gennaio, per altri iniziano lunghe esclusioni.
La possibile rivincita immediata contro il Bodo/Glimt, stavolta tra le mura amiche, viene peraltro steccata: finisce 2-2. La Roma va due volte sotto, ma pareggia. Dopo il doppio confronto con i norvegesi, i giallorossi sono secondi nel girone e lasciano ancora dubbi sulle reali possibilità di arrivare fino in fondo.
A scacciare le paure ci pensano le due vittorie successive: 4-0 allo Zorya – Carles Pérez, Zaniolo e doppietta di Abraham – e 3-2 in casa del CSKA Sofia – altra doppietta di Abraham, inframezzata dall’ultima rete in giallorosso di Borja Mayoral. La Roma chiude il girone al primo posto, da testa di serie, e agli ottavi dovrà affrontare gli olandesi del Vitesse.
Brividi, vendette e sogni di gloria
In Olanda, nella gara d’andata contro il Vitesse, la Roma vince con un 1-0 sofferto, firmato da Sérgio Oliveira sul finire del primo tempo. Un buon risultato in vista della gara di ritorno, ma all’Olimpico la partita rischia di diventare un incubo: al 62’, il tedesco Maximilian Wittek segna un eurogol al volo da fuori area.
Sembra di vedere la solita, tragica Roma europea… ma non lo è. Al 90’, quando lo spettro dei supplementari incombeva con sempre più prepotenza, un cross di El Shaarawy dalla sinistra trova Karsdorp sul secondo palo, che con una sponda in mezzo serve Abraham: è gol-qualificazione. I ragazzi di Mourinho volano ai quarti.
Il sorteggio è una sentenza: la Roma dovrà ancora vedersela con il Bodo/Glimt. Sembra quasi che il fato voglia mettere i giallorossi alla prova: o ti schianti contro le tue storiche difficoltà, rappresentate simbolicamente in questa stagione dal Bodo, o riesci finalmente ad andare oltre quest’ostacolo più mentale che calcistico. Per scrivere la storia, è necessario fare pace con i propri demoni.
Sta di fatto che in Norvegia arriva un’altra sconfitta, questa volta per 2-1. È la terza non vittoria su tre confronti, non può essere un caso. Forse il Bodo è davvero una realtà temibile, forse il loro allenatore sta scrivendo una favola destinata a durare, sta di fatto che l’incubo prende sempre più forma.
Ma come in un sogno lucido, la Roma si accorge di avere la possibilità di determinare il proprio destino, di avere il destino nelle proprie mani, e nella gara di ritorno all’Olimpico torna ad essere una squadra feroce e spettacolare. Al quinto minuto i capitolini sono già avanti grazie al solito Abraham, che insacca l’1-0. Poi sale in cattedra Nicolò Zaniolo, con una tripletta da sogno. Finisce 4-0, la Roma è in semifinale. È la notte della rivincita, della liberazione. Il tabù è infranto, l’Europa comincia ad accorgersi di questa Roma.
Per proseguire il proprio percorso, la Roma deve affrontare in semifinale il Leicester City di Brendan Rodgers. All’andata, in Inghilterra, i giallorossi partono forte e vanno in vantaggio con il mancino di Pellegrini a battere Kasper Schmeichel, su assist geniale di Nicola Zalewski. Nella ripresa un’autorete sfortunata di Mancini, complice l’azione del futuro atalantino Ademola Lookman, fissa il punteggio sul definitivo 1-1. Si deciderà tutto all’Olimpico.
Nella bolgia della Capitale, la Roma parte ancor più forte che all’andata, con un paio di occasioni che precedono il nono gol in Conference di Tammy Abraham, che svetta di testa su corner e fa 1-0 – per l’inglese si tratta della venticinquesima rete stagionale, saranno 27 in totale alla fine dell’annata. La squadra romana cerca in più occasioni il raddoppio, che però non arriva. Poco male, perché agli inglesi non concedono alcuna occasione pericolosa, e la gara termina così. La Roma torna a disputare una finale europea 31 anni dopo l’ultima volta, quando perse all’atto conclusivo la Coppa UEFA 1990/1991 contro l’Inter. «Abbiamo giocato 14 partite per arrivare qui, ora vogliamo vincere», dichiara lo Special One.
Il trionfo, ben oltre il trofeo
La Roma gioca la finale della primissima edizione della Conference League il 25 maggio del 2022, all’Arena Kombëtare, contro il Feyenoord di Arne Slot.
I voli per l’Albania sono esauriti, le strade di Tirana invase dai tifosi giallorossi. La Roma e i suoi tifosi arrivano a questa sfida con grande entusiasmo e sicurezza nei propri mezzi, non solo per il livello della propria squadra, ma anche per la mentalità che José Mourinho le ha dato, in tutte le sfumature che questa parola comprende: la capacità di dar spettacolo e divertirsi, ma anche quella di saper soffrire, di rialzarsi dopo uno schiaffone che poteva mandarti KO.
C’è qualcosa di diverso nei volti della Roma, c’è la consapevolezza che questa è la loro notte. È una consapevolezza che rimane anche quando uno dei giocatori più importanti della squadra, Henrikh Mkhitaryan, si fa male dopo pochissimi minuti. È una consapevolezza che si fortifica quando al 32’, da un lancio lungo di Mancini, Zaniolo controlla in area con il sinistro e con un tocco morbido scavalca l’estremo difensore olandese Justin Bijlow, facendo 1-0. Mourinho esulta e predica calma, Zaniolo urla, lo stadio esplode. La Roma è avanti.
Nel secondo tempo il Feyenoord parte fortissimo, prende due pali e Rui Patrício compie altrettanti miracoli, mantenendo la porta inviolata. Pellegrini ha la palla per chiudere la partita, ma questa volta Bijlow risponde presente. Gli ultimi minuti, con il Feyenoord che spinge e attacca a testa bassa, sono sofferenza pura per il popolo giallorosso, ma i capitolini resistono. Al fischio finale, è un tripudio di gioia incommensurabile: la Roma vince la prima edizione della Conference League!
Mourinho lo ha fatto ancora, è il primo e ancora oggi unico allenatore nella storia ad aver vinto tutte le tre competizioni UEFA, e lo ricorda a tutti facendo il segno “5” con la mano, come il numero dei suoi trofei europei conquistati, prima di scoppiare in lacrime per l’emozione.
La Roma ha vinto. Ha rotto il digiuno. Ha scritto la storia. I tifosi giallorossi sanno bene che la Conference non è una coppa prestigiosa come Champions ed Europa League, ma questo trionfo è molto più di una semplice coppa. È un simbolo. Di riscatto, di appartenenza, di passione. Perché ogni trofeo alzato al cielo con quei colori, ogni notte di gloria e ogni lacrima di gioia versata ha un valore che non si può calcolare. Si sente. Si vive. E non si dimentica.
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