Cruijff Puma

Johan Cruijff, la Puma e i calciatori businessman

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L’atmosfera che si respira quel 7 luglio 1974 all’interno dell’Olympiastadion di Monaco di Baviera è una di quelle particolari, una di quelle che si percepiscono solo nelle grandi occasioni. La posta in palio è alta, ci si sta per giocare la finale del Mondiale, ma molti rivolgono l’attenzione ad un piccolo dettaglio, all’apparenza insignificante, ma che rivoluzionerà per sempre una parte importante dell’essere calciatore professionista negli anni a venire.

A scambiarsi i gagliardetti in quella particolare giornata sono due tra i più forti e influenti calciatori di sempre, Johan Cruijff da una parte e Franz Beckenbauer dall’altra, capitani rispettivamente di Olanda e Germania Ovest. Il personaggio su cui si concentrano gli occhi di tutti però è il primo, il Profeta del gol, giunto al primo vero grande esame con la Nazionale Orange, che fino a quel momento aveva stupito tutti, tanto da essere artefice della nascita del cosiddetto calcio totale, che aveva proprio nel Principe di Amsterdam il suo ispiratore.



Al triplice fischio i tedeschi si imporranno per 2-1, ma il risultato di quella gara lo conosciamo tutti. È quel piccolo dettaglio rivoluzionario che magari è sfuggito a qualcuno. Facendo attenzione alle immagini di quella partita, risalta subito all’occhio come la divisa di Cruijff sia leggermente diversa rispetto a quella dei suoi compagni: a differenza delle tradizionali tre strisce verticali nere – su fondo arancione – che contraddistinguono lo sponsor tecnico della Nazionale olandese in quel Mondiale, ovvero Adidas, si può notare come nella maglia del fuoriclasse con la 14 manchi una striscia.

Per spiegare questo fatto insolito è giusto fare un piccolo passo indietro, per prendere in esame la storia di due fratelli: Adolf e Rudolf Dassler. Entrambi contribuirono alla nascita del celebre marchio Adidas, e rimarranno uniti fino al secondo dopoguerra, quando Rudolf, più incentrato sul lato espansivo e commerciale dell’azienda, decide di separarsi dal fratello e di creare un’impresa tutta sua, che dopo una serie di anni diverrà quella che oggi conosciamo come Puma. Chiaramente la rivalità tra le due aziende si è sempre più accentuata con il passare degli anni, e uno dei punti di rottura più eclatanti viene raggiunto proprio il giorno della finale del Mondiale 1974.

Chiarito il contesto attorno a cui ruota quella discussa giornata di luglio, non resta che spiegare il motivo di quella divisa così diversa di Cruijff: entrambe le nazionali finaliste sono sponsorizzate dall’Adidas in quegli anni, mentre la casa rivale Puma aveva deciso di affacciarsi al mondo delle prime sponsorizzazioni individuali, investendo sul migliore di tutti, colui che per tre volte in quegli anni vinse il Pallone d’Oro, che firmò con loro un contratto faraonico. Celebri sono gli scatti che inquadrano Cruijff alla consegna del Pallone d’Oro del 1971, vestito con una ben visibile giacca firmata Puma, così come gli scarpini o le tute che sfoggiava in ogni partita o allenamento.

In un’epoca in cui i calciatori non avevano molto potere decisionale, ed erano mossi come pedine da presidenti e società, il semplice quanto geniale gesto di Cruijff, che per via del suo contratto con Puma scucì una delle tre strisce dalla maglia, e coprì con del nastro adesivo arancione il caratteristico fiore che distingueva il marchio Adidas, ha segnato forse indelebilmente l’inizio di un processo evolutivo che ci ha portato al calcio che oggi tutti conosciamo, con molti calciatori che, grazie agli sponsor, guadagnano quasi quanto le società per le quali giocano – e in alcuni casi anche di più.

In tutto questo c’è sicuramente molto di Cruijff, uno dei personaggi più carismatici e determinanti che si siano mai visti nella storia di questo sport, che rappresenta un vero e proprio spartiacque tra l’antico e il moderno, in campo, in panchina e anche nel business.

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