«Mister, mi faccia giocare, sono pronto», «No Rom, non lo sei», «Mi dia spazio in squadra e glielo dimostrerò», «Va bene, ma voglio venticinque gol entro Natale, altrimenti sei fuori», «Sarà fatto, ma se ci riesco lei cucinerà pancakes per un anno a tutta la squadra».
A fine novembre erano tutti già sazi…
Sono più o meno queste le parole – ovviamente pronunciate in francese, o in olandese – scambiate fra Romelu Lukaku e l’allora tecnico della primavera dell’Anderlecht. Da quel momento inizia una parabola ascendente che lo vedrà imporsi ai massimi livelli del calcio europeo.
Promosso in prima squadra, partecipa attivamente a 39 gol – 29 segnati da lui, 10 assist – in 43 partite complessive – considerando quindi il minutaggio – nel campionato belga, la maggior parte segnati da minorenne. Mette a referto anche le prime presenze e i primi gol in campo europeo, è infatti ancora oggi il quarto più giovane marcatore della storia dell’Europa League – il primo da quando il secondo trofeo europeo porta questo nome – con il suo gol segnato all’Ajax nel 2009 a 16 anni, 7 mesi e 4 giorni. E quella stessa sera, all’Ajax, di gol ne fece due.
Appena maggiorenne la Jupiler Pro League gli sta già stretta, non è più un campionato che rispetta quelli che sono i suoi standard calcistici e soprattutto atletici, decisamente troppo alti, e nel 2011 passa infatti al Chelsea, che con una trattativa lampo se lo assicura per dodici milioni di euro.
Lukaku però, a detta dei piani alti blues, passa da un estremo all’altro: è vero che il campionato belga era poco per lui, ma per una realtà come il Chelsea non è ancora all’altezza. He has to cut his teeth, direbbero in territorio britannico, per questo dopo un breve e tortuoso periodo di permanenza venne ceduto in prestito al West Bromwich.
I Baggies non si fanno questo tipo di problemi, il giocatore può essere in prestito, di proprietà, svincolato e anche decrepito, ma se merita gioca comunque. È sicuramente il caso di Lukaku, che nelle West Midlands partecipa attivamente a 24 gol – 17 segnati da lui, 7 assist – in 22 partite complessive – considerando il minutaggio – e trascina il West Brom all’ottavo posto in campionato – miglior risultato di sempre in Premier League del WBA.
La sua migliore gara con la maglia dell’Albion è probabilmente quella disputata contro il Manchester United, che rappresenta la sua ultima partita con i Throstles ma anche e soprattutto l’ultima partita di Sir Alex Ferguson sulla panchina dei Red Devils. Il titolo era già stato vinto, quella partita rappresentava solo la festa per lo storico tecnico scozzese, festa però parzialmente rovinata dalla tripletta che il belga mette a segno in 45 minuti.
Dopo queste ottime prestazioni viene richiamato nella capitale, ma al primo appuntamento stagionale entra in gioco la cattiva sorte: nella finale di Supercoppa europea dell’estate 2013 contro il Bayern è lui l’uomo decisivo della serata, ma in negativo. Il suo penalty sbagliato regala ai bavaresi la coppa e fa storcere il naso ai tifosi del Chelsea – sei anni dopo succederà la stessa cosa a Tammy Abraham, ma questa è un’altra storia.
Unlucky, forse anche troppo, anche perché alla guida dei londinesi c’è lo Special One, ed è risaputo che il rapporto fra il portoghese e i giocatori giovani non è di certo fra i più rosei – in qualsiasi caso, ma in particolare se uno di questi gli fa perdere un titolo. Dopo quell’errore dal dischetto gioca appena 40 minuti in Premier League, Mourinho glielo fa capire chiaramente: deve cambiare aria.
Alla porta del Chelsea si affaccia la Juventus, l’ex tecnico dei bianconeri Antonio Conte desidera il belga per il suo attacco, ma la Vecchia Signora non riesce a chiudere la trattativa. Chi invece riesce a farlo è l’Everton, che sarà la casa di Lukaku per le successive quattro stagioni.
A lynx in the body of a giant, si dice a Liverpool: Lukaku oltre ad essere un vero gigante è anche molto agile, e soprattutto riscalda il Goodison Park a suon di gol. Sinistro, destro, testa, segna sempre ed in qualunque modo. Nel 2015, alla seconda stagione con l’Everton, diventa il quinto giocatore nella storia ad arrivare a quota 50 gol prima di compiere 23 anni, dopo Fowler, Owen, Rooney e Cristiano Ronaldo. Alla fine della sua avventura con i Toffees il suo score realizzativo sarà impressionante: 87 gol, 1 ogni 160 minuti di gioco – in pratica 2 partite su 3 iniziavano dall’1-0 – accompagnati da 29 assist per i compagni.
Nell’estate del 2017 la sua avventura con i Blues di Liverpool è giunta al crepuscolo, Lukaku vuole provare a fare nuovamente il grande salto. A contenderselo c’è il Chelsea – guarda caso con Antonio Conte in panchina – e a sorpresa il Manchester United di José Mourinho. E saranno proprio i Red Devils ad aggiudicarselo alla cifra monstre di circa ottantacinque milioni di euro.
Mentre da una parte inizia il distacco fra Conte e Abramovich, dall’altra si assiste a una riconciliazione, proprio fra Big Rom e il coach che non era riuscito ad apprezzarlo diversi anni prima.
Padre prodigo, si direbbe, e la pace fra i due si trasforma di conseguenza in un successo ciclico, quasi apeironico: la stagione del belga è di livello ottimo, trova dieci realizzazioni nelle prime nove presenze – meglio anche di Sir Bobby Charlton – e diventa il giocatore più giovane della storia a raggiungere quota 100 gol segnati nel massimo campionato inglese. È spettacolare in qualsiasi ambito, brilliant, direbbero in Gran Bretagna: segna e fa segnare, è fondamentale per il gioco corale e soprattutto molto altruista, sa perfettamente quando è il momento di mettere prima il team, perché he’s a giant with a good heart, un gigante dal cuore buono.
Non la pensa però allo stesso modo Ole Gunnar Solskjær, che – subentrato a Mourinho durante la stagione successiva – gli antepone Rashford nelle gerarchie. Lukaku in un Manchester prima con poche idee e poi con assenza di fiducia nei suoi confronti inanella diverse gare sottotono, è preso di mira dai propri tifosi ed è visto quasi come capro espiatorio della stagione fallimentare dello United.
Nella stagione peggiore della sua carriera mette a segno 15 gol e serve 4 assist, partecipando dunque a 19 gol in 33 partite complessive.
Chi non si dice mai di essere deluso da lui sono i tifosi belgi, a 16 anni è già nel giro della Nazionale maggiore, a 24 anni diventa il miglior marcatore della storia del Belgio, record che detiene ancora oggi con più di 50 gol segnati. Ad oggi ha già giocato 1 europeo e 2 mondiali, l’ultimo in Russia nel 2018 nel quale, insieme ai compagni, ha conseguito il terzo posto che rappresenta il miglior risultato in un Mondiale nella storia del Belgio.
Iniziata la nuova stagione Big Rom capisce che non è aria, e grazie al lavoro di Beppe Marotta, Piero Ausilio e dell’agente Federico Pastorello, passa all’Inter, diventando il calciatore più pagato della storia dei nerazzurri, richiesto, per l’ennesima volta, dal nuovo mister del Biscione Antonio Conte, che finalmente vede realizzarsi la sua richiesta.
Destinazione Milano, sponda nerazzurra, dove la voglia di riscatto è tanta quanto la forza di volontà e la voglia di vivere un ambiente diverso dalla fredda Inghilterra.
All’Inter deve sostituire quello che per anni è stato il numero 9 nerazzurro, Mauro Icardi, dal quale eredita il numero e il ruolo di prima punta, ed infatti è accolto dai dubbi e dalle perplessità di critica e tifosi, ma con i suoi gol e il suo gioco di sacrificio messo a disposizione di mister Conte e della squadra sta riuscendo a farsi apprezzare dai più. Insieme al compagno d’attacco Lautaro sta trascinando a suon di gol l’Inter nella lotta al titolo che ai nerazzurri manca da quasi 10 anni, ha già messo a segno oltre 20 reti e non sembra intenzionato a fermarsi.
La motivazione, abbinata alle proprie qualità fisiche e tecniche, porta a grandi traguardi. Se questo è il caso di Lukaku, lo vedremo, ma in parte possiamo dire che lo stiamo già vedendo.
- Romelu Lukaku, il gigante di Anversa: Дмитрий Садовников, via Wikimedia Commons | CC BY-SA 3.0 Unported