Gasperini Roma

L’arrivo di Gasperini a Roma ci ha già insegnato qualcosa

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Come si può definire la vita? Forse è ciò che ti accade mentre sei impegnato a far accadere altro. Una sorta di serendipità continua, una linea curva interrotta da brevi tratti rettilinei, che alla fine ti conduce dove non pensavi di andare, ma forse proprio dove dovevi arrivare. Magari non all’obiettivo iniziale, ma a quello che ti meriti. Quello che ti mette in pace con l’universo, con il tuo passato, con ciò che sei diventato.

Una persona che detestavi che diventa parte della tua quotidianità. Un lavoro mai cercato che ti accompagna per tutta la vita. Un hobby scoperto tardi che si trasforma in qualcosa di più. Anche il calcio non sfugge a questa logica, e anzi, ne è forse la metafora più precisa.

Ecco perché la storia di Gian Piero Gasperini alla Roma potrebbe non essere poi così assurda. Odio, fastidio, rivalità, antipatia: emozioni forti che, nel tempo, il calcio sa ribaltare e trasformare in amore, speranza, ottimismo.


Genialità e conflitto

Gian Piero Gasperini è un allenatore divisivo. Un uomo di campo, di idee, di principi tattici e lavorativi non negoziabili. Uno che ha costruito una carriera solida andando spesso controvento, e che a Bergamo ha trovato il luogo perfetto per esprimere la propria visione di calcio.

Dopo aver fatto benissimo con Crotone e Genoa, Gasperini ha compiuto un’autentica impresa all’Atalanta, dando vita a una delle storie più sorprendenti e brillanti del calcio italiano recente. Con un gioco verticale, coraggioso e riconoscibile, ha trasformato la Dea in una big del nostro calcio, ottenendo cinque qualificazioni in Champions League, giocando tre finali di Coppa Italia e, soprattutto, vincendo l’Europa League nel 2024. Un trofeo che mancava in Italia dai tempi del Parma di Malesani, e che ha dato sostanza a un ciclo che aveva già fatto la storia.

Ma Gasperini non è solo tattica e risultati. È anche linguaggio, polemica, frizione. Perché Gasperini non ha mai cercato il consenso: dice sempre ciò che pensa, anche a costo di risultare scomodo. È diretto, a volte ruvido, spesso insofferente verso le domande che ritiene banali o provocatorie. Non cerca la diplomazia, preferisce la coerenza.

Lo stesso vale nei rapporti con la squadra: pretende disciplina, dedizione, disponibilità totale alla causa. Non tutti riescono a stargli dietro, e non tutti accettano il suo modo di gestire il gruppo. Ma chi ci riesce, spesso raggiunge livelli che prima sembravano impensabili.

È in questa tensione continua, tra genialità e rigidità, che si è costruito il personaggio Gasperini. Un allenatore che divide, ma non lascia mai indifferenti.

Lookman è solo l’ultimo giocatore con cui ha avuto dei problemi, per via di una dichiarazione pubblica



Dal conflitto all’identità

Per anni, Gasperini è stato in un certo qual modo il volto dell’anti-romanismo. Per stile di gioco, per comunicazione, per antipatie manifeste. Alcune sue dichiarazioni sono ancora vive nella memoria dei tifosi giallorossi.

Tra le più ricordate e discusse c’è sicuramente quella sul “codice giallo” di Evan N’Dicka, nel maggio 2024. Dopo il malore fatale di Joe Barone prima di Atalanta-Fiorentina, partita poi di fatto rinviata, Gasperini commentò freddamente in risposta all’allora mister giallorosso Daniele De Rossi, che aveva sostenuto come quel rinvio avrebbe falsato tutto il campionato, facendo riferimento all’episodio che aveva visto protagonista N’Dicka. La partita era stata interrotta a una dozzina di minuti dal fischio finale a causa del malore del giocatore ivoriano, che sembrava un infarto in corso, ma che per fortuna si rivelò meno grave. Gasperini disse: «Non è colpa nostra se non si conosce la data del recupero con la Fiorentina. Questa situazione ci ha penalizzato, avremmo giocato prima ma non era possibile. Purtroppo, in quella circostanza, è successo un qualcosa di drammatico e bisogna rendersi conto che non era un codice giallo». Una scelta di parole decisamente mal digerita a Roma.

Pochi mesi prima, nel gennaio 2024, un altro episodio accese le polemiche: durante una partita contro la Roma, dopo un fallo di Matteo Ruggeri su Rick Karsdorp inizialmente non fischiato ma poi sanzionato con un rigore grazie all’intervento del VAR, Gasperini si infuriò mentre Paulo Dybala si sistemava il pallone sul dischetto e Koopmeiners lo spostava per innervosirlo. Il tecnico atalantino uscì dalla sua area tecnica e, rivolgendosi al quarto uomo Daniele Doveri, urlò: «Ma lo hai visto? Siamo alle comiche». I tifosi della Roma se ne accorsero, lo fischiarono, e l’episodio rimase impresso nella memoria collettiva romanista.

Tornando ancora indietro, nel settembre 2022, Gasperini commentò con sarcasmo le dichiarazioni dell’allora tecnico giallorosso José Mourinho, secondo cui la Roma avrebbe dominato la partita contro la sua Atalanta. Il tecnico piemontese rispose, con fare sornione e provocatorio: «Hanno dominato? Ma se non hanno vinto allora è una brutta botta».

A questi episodi si può aggiungere il rifiuto alla Roma nel 2019, quando scelse di restare a Bergamo. Ma anche qui – come con Mourinho all’Inter, che prendeva in giro gli «zero tituli», o con Fabio Capello, mai troppo simpatico ma vincente – il tempo cambia tutto. E ciò che da fuori sembra arroganza, da dentro può diventare identità, forza, spinta.

Ci sono figure che, quando le hai contro, le detesti con ogni fibra. Ma quando passano dalla tua parte, diventano orgoglio puro. E questo cambio di percezione sembra già coinvolgere il tecnico piemontese.


L’inizio di una nuova storia

Il finale di questa storia non lo conosciamo, ma la storia di Gasperini alla Roma ci ha già insegnato qualcosa: il calcio è, alla fine, un grande paradosso emotivo, che cambia forma a seconda di dove ti trovi. Ciò che odiavi, oggi lo chiami casa. Ciò che ti sembrava lontano, improvvisamente diventa tuo.

Gian Piero Gasperini alla Roma rappresenta l’ennesimo esempio di come la storia, nel calcio, non sia mai una linea retta. È piuttosto una curva che si piega verso ciò che serve, non verso ciò che ti aspettavi. E allora non importa se un tempo le sue parole graffiavano, se il suo volto era quello di un avversario da fischiare: da oggi è quello di un condottiero da seguire. Con diffidenza, magari, ma anche con la curiosità di chi, proprio mentre pensava di vivere un’altra storia, si accorge che forse sta per iniziare quella giusta.

Gasperini e la Roma non si sono scelti a cuor leggero. Si sono scelti perché è una sfida, una vetta, una fine e un inizio. E la Roma, che di anime complesse e ribelli se ne intende, potrebbe esserne il teatro perfetto.

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