Giovinco Toronto

Sebastian Giovinco, re-born in the USA

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«Siamo nel 2021 e un ormai trentaquattrenne Sebastian Giovinco, capitano e numero dieci della Juventus e della Nazionale italiana, dopo anni ricchi di successi a livello individuale e collettivo, sta per lasciare la squadra che ha sempre tifato e rappresentato con onore per affrontare una nuova avventura». Altro che Toronto, se le previsioni e le speranze dei tifosi si avverassero così facilmente, questo sarebbe dovuto essere il destino di Sebastian Giovinco.

A leggere queste primissime righe sarete già scoppiati a ridere, ma tra il 2005 e il 2006, anni in cui con le giovanili dei bianconeri vince il Torneo di Viareggio e il Campionato Primavera, incantando tutti tra appassionati e addetti ai lavori, molti lo pensarono davvero. Ma le cose non vanno sempre come si vuole, e la storia come ben sappiamo è andata diversamente. Giovinco ci ha provato più volte, ma nonostante qualche lampo non è mai riuscito ad imporsi con la maglia della Juventus. Tuttavia, può dirsi soddisfatto della sua carriera. Non sarà diventato una leggenda della Vecchia Signora, ma la Formica Atomica può dire di essere stato il Re della fredda Toronto, comunque una soddisfazione.



Stagione 2014/2015, gennaio. La primissima Juve di Max Allegri è una macchina quasi perfetta, che dopo qualche esperimento trova in Carlos Tévez e Álvaro Morata la coppia d’attacco ideale, con Fernando Llorente pronto ad entrare dalla panchina nel momento del bisogno. A farne le spese – dopo Quagliarella e Vučinić in estate – è proprio Sebastian Giovinco, il quale racimola solo pochi scampoli di partita dall’inizio della stagione e che gradirebbe cambiare aria. Dopo una doppietta in Coppa Italia al malcapitato Hellas Verona, arriva una notizia a sorpresa: Giovinco firma per il Toronto FC. L’annuncio arriva attraverso un video di presentazione peculiare, con un titubante inglese che lascia spazio ad un più convinto italiano. Nonostante l’iniziale accordo prevedesse che il torinese si sarebbe trasferito in Canada al termine della stagione di calcio europeo, dopo qualche giorno l’attaccante rescinde il contratto con la Juventus e vola subito dall’altra parte dell’Oceano, pronto ad iniziare la stagione a marzo.

Dopo un’accoglienza trionfale in aeroporto, Sebastian si trova catapultato in una realtà totalmente diversa da quella a cui era abituato in Europa, è infatti finalmente libero di esprimere il proprio talento e le proprie capacità al 100%, questo anche grazie al tecnico Greg Vanney, che decide di cucire il gioco della squadra attorno a lui, evitando di inserirlo in complicati tatticismi: palla a Giovinco e vediamo che succede. In un campionato come quello statunitense, sicuramente in crescita negli ultimi anni ma ancora parecchio indietro rispetto al livello dei massimi campionati d’Europa, è facile intuire che un calciatore con la tecnica di Giovinco può fare la differenza quasi ad occhi chiusi, e a beneficiarne è la franchigia canadese che finalmente diventa competitiva.

Il primo gol arriva in aprile nella sconfitta esterna per 3-2 in casa del Chicago Fire ed è probabilmente il gol più brutto della sua carriera. Palla allargata a sinistra verso Morgan che avanza e la mette al centro rasoterra – per intenderci, la classica azione del Barcellona con Jordi Alba –, Giovinco controlla e calcia male ma il pallone va sotto le gambe del difensore e poi il portiere fa il resto. È il gol del pareggio ma il numero dieci quasi non esulta, come a chiedersi dove sia finito, e perché.

Scherzi a parte, da quel momento in poi Giovinco è letteralmente ingiocabile. Nonostante i grandi campioni che hanno giocato in MLS, per la prima volta si assiste ad un calciatore che sembra praticare un altro sport e ad una velocità raddoppiata, e i numeri a fine stagione sono impressionanti: considerando la sola regular season Giovinco mette a referto 22 gol e 13 assist – mai nessuno nella storia della MLS aveva partecipato direttamente alla rete così tante volte.

Con la vittoria casalinga contro i NY Red Bulls, decisa ovviamente da un suo gol, Toronto si piazza al sesto posto nella Eastern Conference e ottiene di diritto l’accesso ai play-off, la prima volta in assoluto per i Reds, che perderanno poi al primo turno nel derby contro Montréal. Gli uomini di Vanney, tuttavia, si rendono conto di poter puntare in alto le stagioni a venire grazie al loro giocatore di riferimento, il quale fa incetta di trofei individuali nella sua prima annata nordamericana: 3 volte giocatore della settimana, 2 volte giocatore del mese della MLS, MLS Golden Boot e miglior assist-man – primo giocatore di sempre a ricevere entrambi i trofei –, miglior esordiente della stagione e vincitore del Landon Donovan MVP Award, assegnato al miglior giocatore dell’anno.




Il 2016 è un anno di gioie e dolori per Giovinco e per i tifosi di Toronto. In campo nazionale la squadra vince il quinto Canadian Champioship della propria storia battendo Vancouver nel doppio confronto, ma anche in campionato riescono a far bene, classificandosi terzi nella propria conference e guadagnandosi l’accesso ai play-off per il secondo anno di fila, con Seba capace mettere a segno 17 gol e 14 assist in sole 28 partite. Sembra l’anno buono per Toronto visto che i canadesi riescono a replicare quanto di buono fatto in regular season anche nella fase finale della stagione, soprattutto ai quarti di finale contro NYFC in cui si impongono con un complessivo di 7-0, 5 nella gara di ritorno nella Grande Mela in cui Giovinco piazza il terzo hat-trick della stagione. In finale però, contro una delle corazzate della MLS quali i Sounders di Seattle, Toronto si arrende ai calci di rigore. Una caduta fragorosa che fa però da base per la brillante stagione successiva.

L’anno seguente, infatti, è l’anno più importante della storia di Toronto e chiaramente Giovinco è colui che si mette la squadra sulle spalle. The Atomica Ant segnerà “solo” 20 gol stagionali, complici anche diversi infortuni, ma gioca al servizio della squadra diventando punto di riferimento non solo a livello tecnico ma anche carismatico, innescando nei compagni la mentalità vincente acquisita in Italia – soprattutto sotto la guida di Antonio Conte. Quando è in campo Giovinco dà l’impressione di fare ciò che vuole quando lo vuole, è praticamente il Tony Soprano del calcio nordamericano, con Altidore e Víctor Vázquez a fare i Paulie e Silvio della situazione, il capitano Michael Bradley fa la legna a centrocampo come farebbe Furio Giunta: con gente così, la vittoria è assicurata. Il primo titolo della stagione è il Canadian Champhionship vinto in finale contro il Montréal Impact di Matteo Mancosu e Blerim Džemaili. La gara di andata contro le onze montréalais termina 1-1, ma al ritorno TFC vince in rimonta 2-1 grazie ad una doppietta del suo numero dieci che decide la sfida a tempo ormai scaduto, scatenando il delirio all’ombra della CN Tower.

In regular season la marcia dei rossi è implacabile. Toronto vince la conference con 69 punti e 20 vittorie, record assoluto nella storia del calcio nordamericano, ottenendo così l’MLS Supporters’ Shield – il trofeo assegnato alla squadra della Major League Soccer che ottiene il maggior numero di punti nella classifica generale della stagione regolare, ovvero alla formazione che vincerebbe il campionato se la MLS fosse organizzata con lo stesso formato dei principali campionati di calcio europei. Ai play-off non c’è storia. Toronto si impone sia sui Red Bulls che su Columbus, arrivando alla partita decisiva dove incontra nuovamente Seattle. Questa volta però il finale della storia è a lieto fine: al BMO Field Toronto si impone 2-0 con i gol di Altidore, su assist di Giovinco, e Vázquez, e vince la sua prima MLS Cup – primo club canadese a riuscirci – e conquista il Treble – finora l’unica squadra ad esserci riuscita.

Sebastian Giovinco è passato nel giro di due anni dall’essere un talento poco apprezzato in Italia ad una semidio in quel di Toronto: tutti sono pazzi di lui. Per la prima volta in città l’affetto verso la squadra di calcio è paragonabile a quello per i Raptors della pallacanestro e dei Maple Leafs dell’hockey, questo anche perché buona parte della popolazione ha origini italiane e stravede ancor di più per il piccolo grande talento torinese.



La stagione 2018 è avara di successi e termina con la sconfitta in finale di CONCACAF Champions League contro Guadalajara – in cui comunque Giovinco segna due gol e viene nominato miglior giocatore del torneo –, ma poco importa. Giovinco ha vissuto una seconda giovinezza a Toronto, l’essenza più pura dell’american dream che spinse migliaia di italiani a trasferirsi in Canada e USA decenni prima, risultando uno dei calciatori più decisivi e rappresentativi della storia della MLS.

Sebastian disputa la sua ultima partita con il TFC il 28 ottobre 2018 contro Atlanta – lasciando ovviamente il segno con un gol e un assist –, in seguito alla decisione di non rinnovare il contratto con i canadesi per una serie di divergenze con la dirigenza, trasferendosi all’Al-Hilal, in Arabia Saudita. A testimonianza di quello che Sebastian ha rappresentato per questa squadra, queste sono state le parole del presidente del club Bill Maning, dopo il suo addio: «Vorremmo ringraziare Seba per tutto ciò che ha fatto per il Toronto FC. Ha regalato ai nostri tifosi molti momenti emozionanti durante i suoi quattro anni. Ci lascia il miglior giocatore della nostra storia»; un giocatore da 83 gol e 51 assist in 142 presenze complessive.

La MLS è sicuramente ancora molto lontana dall’essere tra i campionati più provanti al mondo, ma negli ultimi anni, soprattutto grazie a calciatori come Giovinco, l’asticella si è alzata notevolmente. Non è più solamente il campionato delle vecchie glorie e degli shootout, ma una lega che nell’ultimo quinquennio ha visto diversi giocatori importanti tra le rose delle proprie squadre, per non parlare di giovani che partendo dalla MLS hanno saputo ritagliarsi uno spazio in Europa quali Zack Steffen, Miguel Almirón, Gianluca Busio e ovviamente Alphonso Davies.

Giovinco ha scelto di affrontare questa strana e interessante avventura nel pieno della sua carriera, decidendo di mettersi in gioco e di provare a scrivere la storia in un paese nuovo e a lui sconosciuto. Sebastian ce l’ha fatta, pur non essendo entrato nella leggenda della sua squadra del cuore, leggenda lo è diventato altrove, dimostrandoci che alle volte non si deve per forza diventare re di Torino o del mondo intero, quando si può essere, a pieno titolo, re di Toronto.

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