Duncan Edwards

Duncan Edwards, il Tank stroncato dal fato

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Neve, freddo polare, impossibile vedere a qualche metro di distanza. Chissà cosa deve aver pensato Duncan Edwards in quegli attimi. Lui, che ad appena vent’anni era già il capitano dei Campioni d’Inghilterra. Lui, che a vent’anni aveva già disputato da protagonista una semifinale di Coppa dei Campioni. Lui, che a vent’anni era già salito sul podio del Pallone d’Oro. Lui, che si apprestava a guidare la Nazionale dei Tre Leoni ai Mondiali del 1958 in Svezia. Lui, che solo quindici giorni dopo si spegnerà a seguito di una delle più grandi tragedie sportive di sempre.


La rapida ascesa verso l’élite

Duncan Edwards nasce nella contea del Worcestershire, il primo ottobre del 1936. Dotato di un fisico imponente, divide la sua infanzia tra le sue due grandi passioni: il calcio e il Morris dance, un ballo popolare inglese. A quattordici anni opta però definitivamente per il football, e inizia ad attirare l’interesse di grandi club come il vicino Wolverhampton e il grande Manchester United. Alla fine saranno proprio i Red Devils ad avere la meglio, decidendo di investirci fortemente.

Il giovanissimo Duncan, ancora minorenne, viene aggregato nel 1952 alla squadra giovanile con la quale vince subito la prima edizione della FA Youth Cup, nella finale contro quel Wolverhampton che non era riuscito ad aggiudicarselo, scatenando l’ira di mister Stan Cullis. Il tecnico dello United, lo scozzese Matt Busby, gli permette fin da subito di debuttare – a 16 anni e 185 giorni, il più giovane di sempre in quel momento, un record mantenuto per oltre cinquant’anni – e giocare qualche gara con la prima squadra, dando così l’inizio al primo grande ciclo di giovani dei Red Devils, quarant’anni prima della famosissima Class of 1992. Infatti, costituisce assieme a Dennis Viollet e Danny Blanchflower il primo nucleo dei cosiddetti Busby Babes.

Durante l’anno successivo bazzica stabilmente nel giro della prima squadra, raccogliendo a soli diciotto anni ben 24 presenze. Se la stagione è però avara di successi e soddisfazioni, lo stesso non si può dire per la squadra giovanile, la quale bissa il successo nella FA Youth Cup. L’annata 1954/1955 è quella della svolta per Edwards, gioca 36 partite con il Manchester, nelle quali trova addirittura 6 gol, bottino da paura per un mediano. Nel frattempo arriva anche il primo cap con la maglia dell’Inghilterra, nel derby contro la Scozia. Nonostante l’ormai praticamente fissa presenza in prima squadra, disputa ancora una volta la finale di FA Youth Cup, trovando il terzo successo in altrettanti anni – arriveranno a cinque titoli consecutivi, nessuno ha mai fatto meglio nella storia della competizione.

La stagione seguente è quella della consacrazione, nonostante un’assenza di due mesi dai campi, contribuisce al netto successo dei Diavoli Rossi in campionato, vinto con ben 11 punti di distacco sul Blackburn Rovers. L’annata non è proficua come quella precedente in termine di reti, ma il suo rendimento è in netta crescita. Ad appena vent’anni è già diventato il pilastro di una delle squadre più importante al mondo.

Vincendo il campionato, lo United si qualifica di diritto alla seconda edizione della Coppa dei Campioni, competizione nella quale Duncan gioca da protagonista sette partite, comprese le due semifinali contro i fenomeni e campioni in carica del Real Madrid di Paco Gento e Alfredo Di Stéfano – ai quali devono arrendersi con un risultato complessivo di 5-3. La stagione si apre con la vittoria nel Charity Shield contro i rivali cittadini del City e prosegue con il secondo successo consecutivo in First Division, ma termina con la sconfitta per 2-1 contro l’Aston Villa nella finale di FA Cup.

Intanto Edwards ha trovato anche il primo gol con la maglia della Nazionale, nella convincente vittoria per 3-1 in casa della Germania. Davanti ai 95.000 spettatori dell’Olympiastadion di Berlino, recupera una palla vagante dopo un contrasto, passa in mezzo a due avversari mostrando uno strapotere atletico impressionante, salta con un tocco rapido il difensore in uscita e scarica un interno destro preciso alla spalle di Fritz Herkenrath. È un gol che racconta tanto del suo talento.

L’annata seguente è quella che porta al Mondiale che presenterà poi al mondo il talento infinito di Pelé. Duncan ovviamente farà parte della Selezione e molto probabilmente erediterà anche i gradi di capitano dal braccio di Billy Wright, storico leader del magico Wolverhampton degli anni Cinquanta. Su di lui si sta creando l’interesse di numerose squadre italiane ed europee, che sono pronte a prelevarlo dallo United. In campionato i Busby Babes – tra i quali figura anche Bobby Charlton – sono lanciati verso il terzo campionato di fila, con Duncan che in 26 partite ha già segnato 6 reti.

L’attenzione di Edwards e della squadra è però tutta sul ritorno dei quarti di finale di Coppa dei Campioni, partita nella quale lo United deve difendere il vantaggio ottenuto all’andata contro la Stella Rossa. Si gioca al Marakàna di Belgrado, è il 5 febbraio 1958. Al triplice fischio il tabellino dice 3-3, il Manchester per il secondo anno di fila è tra le migliori quattro squadre europee.


La tragedia dei Busby Babes

Il giorno successivo alla gara contro gli jugoslavi, la squadra si appresta a fare ritorno nel Lancashire. Dopo un’ora, come programmato, l’aereo fa sosta a Monaco di Baviera per fare rifornimento. Le condizioni meteorologiche avverse rendono difficoltoso il decollo, tentato per ben tre volte dal pilota. Il terzo tentativo è quello fatale: l’insufficiente potenza dei motori, unito allo strato di neve presente sulla pista, porta il velivolo a schiantarsi contro una recinzione e due capannoni, causando un enorme incendio.

Sono le 15:04, e la storia del calcio inglese è per sempre cambiata. Chissà cosa deve aver pensato Matt Busby, così vicino alla realizzazione del suo sogno di trionfare in Europa con i suoi ragazzi. Chissà cosa deve aver pensato Bobby Charlton, ancora ignaro del fatto che la sua vita cambierà per sempre. E chissà cosa ha pensato lui, Duncan, un ragazzo di appena 21 anni, in rampa di lancio per diventare il miglior calciatore inglese di sempre e guidare la Nazionale a numerosi successi internazionali.

I Busby Babes si sono appena sfasciati. Ne muoiono otto, tra i sopravvissuti si ricordano Viollet e Blanchflower, eterni compagni di Duncan, Bobby Charlton e Bill Foulkes, che guideranno assieme a George Best lo United verso la prima Coppa dei Campioni della propria storia. Si salva infine Matt Busby, il mister di quella squadra.

Momentaneamente resta in vita anche Duncan, che viene trasportato d’urgenza in ospedale. Qui è cosciente, riceve la visita di compagni ed allenatori e ingenuamente chiede anche di poter giocare, ma si deve arrendere ad un’insufficienza renale acuta. Duncan Edwards si spegne il 21 febbraio, quindici giorni dopo il disastro aereo.

L’Inghilterra è sotto shock: più che una squadra di calcio hanno perso la vita otto giovanissimi ragazzi, che stavano facendo sognare un intero paese. La morte di Duncan Edwards lascia un vuoto enorme dietro di sé: per Bobby Charlton, Pallone d’Oro nel 1966, egli è stato l’unico calciatore capace di farlo sentire nettamente inferiore. Era un centrocampista difensivo dal fisico imponente, che gli permetteva spesso e volentieri di svariare nei ruoli tra difesa e attacco, viste le sue grandi capacità nell’uso di entrambi i piedi per eseguire lanci lunghi o passaggi corti calibrati al millimetro. Duncan Edwards avrebbe vinto sicuramente qualche Pallone d’Oro, secondo Docherty avrebbe forse addirittura oscurato il mito di Pelé e Maradona, molto più probabilmente avrebbe alzato lui da capitano la Coppa Rimet nel 1966 al posto di Bobby Moore.

Con The Tank la storia del calcio sarebbe probabilmente cambiata in modi che possiamo solo immaginare, ma il fato ha voluto toglierci questo privilegio. Il privilegio di poter vedere tutto il talento di un ragazzo capace di segnare 5 gol in 18 presenze con la Nazionale e 21 in 177 con il Manchester United, interpretando come mai nessuno fino ad allora il ruolo di centrocampista difensivo. Un ragazzo spentosi troppo presto, ma che resterà per sempre nella storia del calcio.

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