Luciano Vassallo

Luciano Vassallo, l’unico italiano ad aver vinto la Coppa d’Africa

I Personaggi PSS Slider

Luciano Vassallo è il calciatore più rappresentativo della storia del calcio etiope, capitano e simbolo di una Nazionale in cui ha giocato ben 104 partite, segnando 47 reti – ancora oggi recordman di apparizioni e di gol. Numeri che gli valsero l’appellativo di ‘Di Stefano d’Africa‘ e la nomina nella Top 50 dei calciatori africani più forti di tutti i tempi stilata dalla CAF.


Figlio di due popoli, figlio di nessun popolo

La storia di Vassallo è chiaramente legata al calcio, ma trasversalmente racconta anche una pagina di quella italiana, ambientata nel Corno d’Africa. L’Eritrea dal 1882 è una colonia del Regno d’Italia, e sotto il regime di Benito Mussolini il Paese diventa un avamposto per la conquista dell’Etiopia. In pochi anni la capitale cresce a dismisura e insieme ad essa anche il numero degli italiani nel territorio: Asmara prenderà così il nome di Piccola Roma. I tanti italiani che hanno scelto l’Eritrea come proprio lido fortunato trovano l’amore in colonia: un amore momentaneo, un amore di circostanza. Da una di queste unioni di madamato nasce Luciano Vassallo, figlio del bersagliere di Fiesole Vittorio e dell’indigena Mebrak.

L’infanzia non è facile per il piccolo Luciano: il padre, trasferito ad Addis Abeba, lo abbandona quando aveva circa due anni, e lui lascia subito la scuola per i continui attacchi razzisti nei suoi confronti. Un meticcio, figlio dell’Italia e dell’Eritrea, bersaglio preferito del razzismo e del disprezzo dei neri locali e, al tempo stesso, perseguitato dalla follia delle leggi razziali italiane. Un ragazzo destinato all’inferno e tuttavia diventato eroe.


Il percorso verso la gloria

Crescendo per strada, il piccolo Luciano entra subito in contatto con il pallone da calcio. La sua carriera inizia a quindici anni con la Stella Asmarina, squadra della Serie C eritrea composta solo da calciatori meticci, che non a caso vestiva la maglia bianconera.

Nella sua biografia ‘Mamma ecco i soldi‘ Vassallo ricorda gli insulti che accompagnavano ogni gara della squadra: parole che non hanno fatto altro che temprare il carattere del ragazzo. Dapprima come terzino e poi come difensore centrale, Vassallo impressionava sui campi terrosi, e nel 1952 arriva il salto di categoria con la maglia dei Ferrovieri Asmara.

Con il passare degli anni Vassallo avanza sempre di più il suo raggio d’azione, vestendo i ruoli del regista di centrocampo. Nel 1953 viene acquistato dal Gruppo Sportivo Gaggiret e, a soli diciassette anni, arriva la prima convocazione per la Nazionale dell’Etiopia – l’Eritrea, proprio in quegli anni, era stata federata all’Etiopia con la Risoluzione 350 A della Nazioni Unite.

Gli anni Sessanta sono l’apice della carriera di Luciano Vassallo, che parallelamente alla professione di calciatore, svolgeva quella di meccanico sia per le ferrovie eritree che privatamente nell’officina Volkswagen di Addis Abeba. Passato dall’Asmara al Cotton FC, squadra di Dire Dawa dove giocava anche il fratello Italo, Vassallo vince quattro campionati in cinque stagioni a cavallo tra il 1960 e il 1965, raggiungendo anche la semifinale della Coppa dei Campioni africana, e conquistando la Coppa d’Africa del 1962, da capitano.

Sotto la guida di Vassallo, protagonista con una doppietta, l’Etiopia vince la semifinale contro la Tunisia per 4-2. Nell’altra semifinale la Repubblica Araba Unita – l’attuale Egitto – supera agevolmente l’Uganda. Etiopia-Egitto è la finale che va di scena allo Stadio Selassié di Addis Abeba il 21 gennaio del 1962. La gara è già una classica: le due rappresentative si sono affrontate nelle due precedenti edizioni della Coppa d’Africa e gli etiopi sono sempre usciti sconfitti. E anche in quell’occasione pare essere questo il destino, dato che sono gli egiziani a passare per ben due volte in vantaggio con Abdel-Fattah, ma Kidane prima e Vassallo poi completano la rimonta, mandando la gara ai supplementari.

Nell’extra-time Italo Vassallo e Mengistu Worku mettono la parola fine sulla gara: Luciano, con la fascia da capitano al braccio sinistro, riceve dalle mani dell’imperatore Hailé Selassié il trofeo. Vassallo è ora un uomo realizzato in tutto: a 27 anni, da tempo capitano della Nazionale etiope, è riuscito a zittire tutte le critiche che venivano dai piani alti della Federazione calcistica del Paese.

I dirigenti della Federazione etiope erano infatti consapevoli di avere una squadra forte e capace di vincere la terza Coppa d’Africa della storia, ma molti di loro consideravano disdicevole che, in caso di vittoria, la coppa potesse essere sollevata da un meticcio, oltre tutto dal cognome italiano.

Il razzismo colpiva, ancora una volta, il calciatore italo-etiope: in un primo momento fu chiesto a Vassallo di cambiare il nome e il cognome a favore di uno più “esotico”, affinché a rappresentare la Nazionale fosse un etiope “vero”. Il nativo di Asmara minacciò di lasciare la Nazionale, ma la doccia fredda arrivò prima del fischio d’inizio della competizione: Tessema, dirigente della federazione, e Slavko Milošević, commissario tecnico della Nazionale, avevano deciso di togliere la fascia da capitano al ragazzo di origini italiane.

Lo spogliatoio si rivoltò contro i vertici federali, in particolare Mengistu Worku, grande amico di Vassallo, e altro leader carismatico del gruppo, si oppose alla decisione di Tessema e Milošević. Alla fine i due dovettero cedere. Un meticcio che rappresenta l’intera Etiopia: una rivincita per tutti i meticci d’Africa.


La carriera da allenatore, nel segno dell’ostracismo

Nel 1968 Luciano Vassallo viene premiato con il Premio Stella d’Africa, assegnato al miglior calciatore africano dell’anno, e seppur continuando a giocare, dà il via alla sua carriera da allenatore sempre tra le file del Cotton FC. Sul finire degli anni Sessanta è invitato anche a Coverciano, sede del Centro Tecnico Federale della FIGC, per seguire un corso da allenatore.

Tornato in Etiopia, Vassallo introduce nuovi metodi di lavoro appresi in Italia, pretendendo applicazione e disciplina dai giocatori del Cotton: tutto ciò gli vale la chiamata sulla panchina della Nazionale etiope nel 1969. Ma in Nazionale non furono rose e fiori: nessuno aveva dimenticato i “problemi” che avevano accompagnato la vittoria della Coppa d’Africa. Ai vertici federali non andavano giù il tanto tempo dedicato da Vassallo alla formazione tecnico-tattica e i nuovi metodi di allenamento portati in Africa dall’Europa.

Dopo pochi mesi sulla panchina dei Walia Ibex, infatti, arriva il tecnico tedesco Peter Schnittger e Vassallo viene retrocesso al ruolo di assistente tecnico. Il rifiuto di Vassallo apre una crociata nei suoi confronti, che gli costa anche l’esonero dal Cotton FC. Gli anni successi furono caratterizzati da rapidi passaggi sulle panchine di St. George, Airforce FC e EEPCO FC, prima del ritorno sulla panchina dell’Etiopia ancora per pochi mesi. Finisce così la carriera in panchina di Luciano Vassallo: una decina d’anni di esperienze brevi e ostracizzate.


La denuncia, l’arresto, la fuga verso l’Italia

Una volta esonerato, Vassallo rivelò che durante la gestione di Peter Schnittger alcuni giocatori avrebbero fatto uso del Captagon, una sostanza dopante. La questione porta alla rottura definitiva con la Federazione etiope. Inoltre, con la salita al potere nel 1974 di Menghistu Hailé Mariàm in Etiopia – ed Eritrea –, Vassallo fu accusato di connivenza con il vecchio regime dell’imperatore Selassié e venne arrestato: la memoria di quel successo conquistato con la maglia dell’Etiopia verrà ben presto cancellata.

Soltanto grazie alla collaborazione di un militare, suo estimatore, riesce a scappare dalle grinfie della polizia locale, incamminandosi a piedi verso le montagne al confine con il Gibuti, dove si aggrega ai rifugiati. Arrivato in Egitto, riesce a lasciare l’Africa il 13 maggio del 1978 su un aereo diretto a Roma, ricongiungendosi così con la famiglia in Italia. Ottenuto il passaporto italiano, Vassallo apre un’officina e una scuola calcio ad Ostia, dove ha vissuto fino alla sua morte, arrivata nel settembre del 2022.

Del tutto ignorato dal calcio nostrano, Vassallo ha impresso la sua firma a suon di gol sul calcio etiope e su una delle più grandi imprese nella storia del calcio africano, la vittoria del torneo continentale da parte della nazionale di Addis Abeba. Vassallo lascia il ricordo di un uomo che non si è mai piegato davanti al razzismo e all’ostracismo dell’Eritrea, dell’Etiopia e della stessa Italia, un uomo che con un pallone tra i piedi si è opposto ad ogni tipo di pregiudizio e che grazie alla sua forza di volontà ha portato sul tetto d’Africa l’Etiopia, in un territorio che ancora oggi, dopo oltre sessant’anni, aspetta il suo nuovo Vassallo.

Leggi anche: Delio Onnis, l’italiano sul tetto di Francia