La Champions League, per la maggior parte degli appassionati di calcio, rappresenta il massimo di questo sport: per quanto sia emozionante giocare in campionato contro i rivali nazionali, nulla può competere con l’adrenalina di una notte di Coppa dei Campioni della propria squadra del cuore. Oltre alle sfide che siamo abituati a seguire ogni martedì e mercoledì, sono molti interessanti anche le origini di questa competizione. Per raccontare la curiosa storia della nascita della Champions League, però, bisogna tornare indietro di parecchi anni, precisamente all’inverno del 1954, quando il Wolverhampton, fresco vincitore del primo campionato inglese della sua storia, decise di organizzare una serie di amichevoli casalinghe contro squadre provenienti da tutto il mondo, con l’obiettivo di finanziare i lavori di ristrutturazione del suo storico stadio, il Molineux.
Il trionfo del Wolverhampton
Oltre all’obiettivo meramente economico, la presenza della Honvéd rese questa serie di amichevoli anche l’occasione perfetta per un riscatto del calcio albionico. I “maestri” inglesi, infatti, erano stati umiliati pochi mesi prima dalla Grande Ungheria vicecampione mondiale con un roboante 3-6 a Londra e un ancor più pesante 7-1 a Budapest – ancora oggi la sconfitta con il passivo più pesante nella storia della Nazionale inglese.
La Honvéd era, sotto molti aspetti, una squadra leggendaria, con alcuni dei migliori giocatori dell’epoca tra le sue fila: Sándor Kocsis, Zoltán Czibor e il mitico Ferenc Puskás. Anche il Wolverhampton era una squadra degna di nota, con una formazione di tutto rispetto, capitanata dal grande Billy Wright e guidata in panchina dal geniale Stan Cullis.
Il 13 dicembre 1954 è una data storica per il mondo del calcio. L’attesa è snervante, la pressione sui giocatori in campo è altissima. La partita è giocata a viso aperto da entrambe le squadre, ma, come spesso accadeva in quegli anni, sono i magiari a colpire per primi: un fallo di mano di Ron Flowers causa una punizione dal limite dell’area, che il mancino di Puskás trasforma magistralmente in un assist per la testa del letale Kocsis. Roy Swinbourne ha l’occasione per pareggiare, ma Lajos Faragó si oppone con un grande intervento. Il gioco spumeggiante della Honvéd prosegue: Kocsis libera Ferenc Machos, che a tu per tu con Bert Williams non sbaglia. Il portiere dei Wolves è più volte costretto al miracolo per evitare che gli ungheresi dilaghino.
Il primo tempo si chiude dunque sul 2-0 per gli ospiti, e all’intervallo Cullis ha una delle sue intuizioni geniali: convince i giardinieri a innaffiare ulteriormente il terreno di gioco, in modo da contrastare la rapidità delle giocate ungheresi e favorire il gioco inglese, meno tecnico e più fisico.
La tattica porta da subito i suoi frutti. La Honvéd fatica a imporre il proprio ritmo e subisce il dominio del Wolverhampton. Agli inglesi viene assegnato un rigore piuttosto generoso, trasformato con freddezza da Johnny Hancocks, che riaccende le speranze. Poco dopo, è il bomber Swinbourne a trovare il gol del pareggio con un colpo di testa, colpevolmente lasciato solo dalla retroguardia avversaria. I magiari vanno completamente in confusione e, appena due minuti dopo, subiscono anche la rete del definitivo 3-2, ancora firmata da Swinbourne.
Finisce così, con il Wolverhampton che ottiene una delle vittorie più prestigiose della sua storia. Il giorno seguente, i giornali inglesi la incoronano come «squadra campione del mondo». A eccezione della partita contro il Rapid Vienna, infatti, i Wolves avevano vinto tutte le amichevoli organizzate.
L’idea di Gabriel Hanot
L’auto-proclamazione degli inglesi non passò inosservata nel resto d’Europa e fu particolarmente malvista in particolare da Gabriel Hanot, giornalista francese dell’Équipe, che in un articolo mise fortemente in discussione il valore del Wolverhampton. Secondo Hanot, la squadra delle West Midlands era inferiore ad altri club europei dell’epoca, come il Real Madrid di Alfredo Di Stéfano e il Milan di Gunnar Nordahl.
Nei mesi successivi fu proprio Hanot a farsi promotore dell’idea di una vera competizione europea che potesse davvero decretare la squadra più forte del continente. Convincere l’UEFA e le varie federazioni nazionali non fu per nulla semplice, ma alla fine il progetto prese forma: il 4 settembre 1955, quasi un anno dopo la sfida tra Honvéd e Wolves, si giocò la prima partita della nuova competizione, tra lo Sporting Lisbona e il Partizan Belgrado. Fu l’inizio ufficiale di un torneo destinato a cambiare per sempre la storia del calcio: è la nascita della allora Coppa dei Campioni, oggi conosciuta come Champions League.
Gli inglesi scelsero di non partecipare alla prima edizione, ma di fronte al successo immediato della competizione, aderirono già alla seconda. Per assistere al primo trionfo di una squadra inglese in Champions League bisognerà attendere ben tredici anni dalla sua nascita, e altri dieci per il secondo. Una dimostrazione che Gabriel Hanot, oltre ad aver dato vita alla regina delle coppe europee, aveva probabilmente anche ragione.
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- La nascita della Champions League: Xavier Sanz | CC BY-ND 2.0 Generic