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Salernitana 2021/2022, il miracolo del 7%

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A Salerno si vive di pallone. Il calcio è il motore delle giornate dei salernitani. Dal rione Mariconda a Mercatello, da Fratte a Pastena tutti, a lavoro o durante la pausa pranzo, a scuola o al parco, a cena o a letto, dedicano almeno dieci minuti della propria giornata alla Bersagliera. Quello salernitano è uno dei contesti più belli dove appassionarsi al calcio, ma allo stesso tempo tra i più delicati. Un evento infausto, una sconfitta o un periodo negativo della Salernitana sono capaci di condizionare un’intera settimana a livello di umore e prestazioni, specie in una città che negli ultimi vent’anni ha passato dei momenti difficili e non ha nemmeno potuto godere al meglio della recente promozione in A a causa della pandemia.

Il tifo salernitano, incarnato dagli ultrà della curva Siberiano, si è affermato negli anni come uno dei più affiatati e originali dell’intera penisola. A Salerno si tifa e si supporta soprattutto nei momenti di difficoltà, con un uso massiccio di coreografie spettacolari, cori, canzoni e un unico grande colore a fare da padrone in casa e persino nei settori ospiti degli altri stadi, dove spesso il tifo granata sovrasta quello di impianti grandi e pieni.


Stamm in Serie A, sta Salernitana è proprio nu squadrone

L’ultima partecipazione della Salernitana al massimo campionato calcistico italiano risale al 1998. L’anno prima, la squadra allenata da Delio Rossi, la Serie B l’aveva proprio macinata come fa un rullo compressore grazie ai gol 21 di un giovane Marco Di Vaio e ai 12 di Ciccio Artistico 12. Oltre ai due bomber, i granata potevano contare su Sciabulella Ciro De Cesare, i fratelli Giovanni e Giacomo Tedesco, il ceco Václav Koloušek e vere e proprie leggende come il capitano Roberto Breda, Ciro Ferrara – anch’egli napoletano, ma solo omonimo del difensore di Napoli e Juventus – e Luca Fusco – ancora oggi recordman di presenze dei campani. Quella squadra, su 38 partite, ne vinse 19, ne pareggiò 15 e ne perse soltanto 4. Una vera e propria corazzata che spinse il cantante comico Luigi Ciavarola, in arte Gigione, a dedicare all’impresa una canzone-parodia sulle note di Barbie Girl, da cui è preso il titolo di questo paragrafo.

«Simm’ e meglio», sì, però l’anno dopo i granata ritornano in B. Da quella retrocessione hanno vissuto tanti momenti duri e tumultuosi, in particolare il fallimento del 2005 con conseguente retrocessione e perdita dei simboli tipici del club.

I tentativi di ripartenza saranno numerosi, purtroppo contornati da altrettanti insuccessi e da tanta sfortuna. L’anno peggiore è il 2010, quando la Salernitana è in una condizione economica critica e rischia di cadere nel baratro da cui è appena risalita. In questo momento tragico la Salernitana è vittima ante litteram di quello che potremmo definire Mapi-effetto – con chiaro riferimento a quanto successe al Parma nel 2015. Il Mapi-effetto è un evento che si verifica solo se certe condizioni sono rispettate in partenza: situazione drammatica, mancanza totale di stimoli e forze per reagire, resa incondizionata. E proprio mentre la Bersagliera era nel momento più oscuro ecco arrivare un salvatore, un deus ex machina pronto a salvare tutto e a rimettere a posto i conti: Joseph Cala, un imprenditore italo-americano presentatosi a Salerno con un look discutibile – fedora e vecchia giacca marrone scamosciata.

Cala promise di tutto: ritornare in B e poi in A, rinnovare l’Arechi, costruire strutture d’allenamento e strutturare il settore giovanile. Nel giro di quindici giorni Cala rilasciò il doppio delle interviste e si rese protagonista anche e soprattutto perché diede lezioni tattiche improbabili all’allora mister Breda. Alla fine si scoprì che le basi economiche dell’italo-americano erano veramente inaffidabili e tutto tornò in mano al presidente Antonio Lombardi. La Salernitana fu multata per 5 milioni per la questione marchio, fu penalizzata ulteriormente e a fine stagione fallì nuovamente, ripartendo dalla Serie D.


Sai qual è la squadra del mio cuore? Sì che lo so, è la Salernitana!

La Salernitana, con il nome Salerno Calcio, viene acquistata da Gianni Mezzaroma, padre di Marco e suocero di Claudio Lotito, grazie all’intercessione di Mara Carfagna, ministra per le pari opportunità del tempo e moglie di Marco Mezzaroma. Anche il logo del club subì un cambiamento, essendo l’Ippocampo tipico di proprietà ancora dell’ex presidente Lombardi. Guidato da Carlo Perrone, il neonato Salerno Calcio vinse il girone G di Serie D venendo promosso nell’allora Lega Pro Seconda Divisione.

«Da quando non ci sei… non è più domenica!» recitava uno striscione del 2012 esposto nel centro di Salerno, citando ‘Marmellata #25‘ di Cesare Cremonini, il quale rispose sui social con parole di ammirazione e apprezzamento. Questo evento, unito all’enorme corteo organizzato dai tifosi il 19 giugno 2012 in occasione del 93º anniversario della nascita del club, portò Vincenzo De Luca a intervenire affinché nome e simboli della Salernitana tornassero al proprio posto.

In estate il club ritrovò dunque il proprio nome – Unione Sportiva Salernitana 1919 – e i propri simboli, e a fine stagione, vincendo anche la Supercoppa di Lega di Seconda Divisione, venne promosso nuovamente, stavolta in Lega Pro Prima Divisione.


Vattene amore

Nonostante la doppia promozione, la Salernitana riuscì a tornare in Serie B soltanto nel 2015, dando origine all’ennesimo periodo di limbo. I granata, infatti, sembravano destinati a giocare solo il campionato cadetto senza ambire a nulla di più. Una serie di decimi posti e di stagioni deludenti portarono i tifosi a prendere di mira progressivamente Lotito, proprietario della Lazio e quindi impossibilitato a gestire entrambe le squadre nella stessa divisione.

Furono indetti numerosi comitati ed esposti più striscioni in cui si metteva in discussione l’etica della multiproprietà che, secondo i tifosi granata, portava i club ritenuti minori a essere schiacciati e visti solo e soltanto come mere attività imprenditoriali collaterali. «Lotito il tempo è finito… fai come vuoi, o te ne vai o ti cacciamo noi!!!», recitava uno dei tanti striscioni esposti dagli ultras granata, sempre più spazientiti.

Nel 2020 a Salerno, però, un vecchio amico torna sulla panchina del club; un salvatore, stavolta lontano dal Mapi-effetto: Fabrizio Castori, simbolo del calcio di provincia e storico condottiero del Carpi che raggiunse la Serie A nel 2015. La Salernitana, pur senza vincere mai gli scontri con le dirette concorrenti, rimase stabilmente tra le prime quattro squadre della classifica. I calciatori, oramai nettamente stretti attorno alla figura quasi paterna di Castori, fecero dell’orgoglio la loro arma principale. Con l’addio di Alessandro Rosina e di Alessio Cerci, arrivarono in maglia granata Gennaro Tutino dal Napoli, Norbert Gyömbér dal Perugia, Mamadou Coulibaly dall’Udinese e Sofian Kiyine dalla Lazio. Oltre ai neoacquisti, Castori poteva contare sull’esperienza di capitan Francesco Di Tacchio, su Tomasz Kupisz, Cedric Gondo – celebre per aver partecipato a ‘MTV Calciatori – Giovani speranze‘, quando indossava la maglia della Primavera della Fiorentina –, Luka Bogdan e Milan Djurić.

La vittoria contro il Pordenone alla 36ª giornata portò i granata al secondo posto in classifica, quella successiva contro l’Empoli già promosso stabilì che il verdetto sarebbe arrivato all’ultima giornata. Contro il Pescara, all’Adriatico, la Salernitana fa il suo, mentre il Monza crolla a sorpresa in casa contro il Brescia. A 22 anni di distanza dall’ultima volta, sempre per magia il 10 maggio, la Salernitana viene promossa in Serie A. Il cielo sereno sopra Salerno, però, pare essere destinato a durare ancora per poco.


Vada come vada

La Lega aveva fissato il 25 giugno come termine perentorio per la cessione aziendale per ovviare alla situazione della comproprietà, ma Lotito pareva essere tutt’altro che intenzionato a vendere, scatenando l’ira dei tifosi granata oramai in campo aperto contro il presidente della Lazio, il quale decide di proporre un trust.

Con il trust, Lotito affida dei beni ad un trustee affinché questo li amministri secondo le regole dettate nell’atto, il tutto nell’interesse di uno o più beneficiari, ovvero per il perseguimento di uno scopo specifico, in questo caso il mantenimento della categoria e la sopravvivenza della Salernitana.

La Lega accetta, ma impone di reperire entro il 31 dicembre 2021 un nuovo proprietario. L’amministratore della Salernitana diventa Ugo Marchetti, generale della Guardia di Finanza.

Confermato Castori sulla panchina, il mercato della Salernitana non è entusiasmante e la rosa appare distante dalla qualità delle concorrenti per la salvezza. Tutino saluta e arrivano l’ex Inter e Chievo Joel Obi, l’esterno Wajdi Kechrida e il difensore Stefan Strandberg. Dall’Atalanta arrivano in prestito Matteo Ruggeri e Nadir Zortea per le fasce, Riccardo Gagliolo dal Parma e Luca Ranieri dalla SPAL. Per il centrocampo desta interesse l’arrivo di Lassana Coulibaly, prospetto interessante, mentre in attacco Federico Bonazzoli e Grīgorīs Kastanos. I colpi, però, sono Nwankwo Simy, bomber che nonostante i 20 gol della passata stagione non era riuscito a salvare il Crotone, ma soprattutto il sorprendente arrivo di Franck Ribéry dalla Fiorentina. L’ex Bayern Monaco viene presentato all’Arechi davanti a uno stadio gremito di tifosi increduli e sognanti.

La stagione comincia, ma è subito in salita per la Salernitana. Nelle prime 7 giornate la squadra raccoglie solo 7 punti, pareggiando contro l’Hellas e vincendo la prima partita alla settima giornata per 1-0 contro il Genoa. La gara successiva, persa contro lo Spezia in trasferta, è decisiva: oltre a una rosa non all’altezza per la categoria, il gioco di Castori appare lento e vecchio, figlio di un calcio oramai andato e capace di fare la differenza solo in categorie minori, motivo per il quale il tecnico marchigiano viene esonerato. Non c’è più tempo per ringraziamenti e dipendenze affettive, e il liberatore della Salernitana dal purgatorio lotitiano fa le spese un po’ per tutti, lasciando il posto a Stefano Colantuono.

I cambiamenti, però, non sembrano fruttare. La scelta di Colantuono, un po’ per gli stessi motivi che hanno portato all’esonero di Castori, non ripaga, e a complicare le cose c’è la paura di un’esclusione dalla Serie A. Salerno in quei giorni dovrebbe essere in festa, sotto Natale e addobbata delle tipiche “luci d’artista”, ma il cuore dei salernitani vive con la paura che il passato, quello doloroso e nemmeno tropo distante, possa tornare per scelte scellerate di presidenti indifferenti e megalomani.

A poche ore dallo scadere del termine per la presentazione delle offerte, però, un altro salvatore si fa avanti. Il 31 dicembre del 2021 l’imprenditore Danilo Iervolino promette un futuro a Salerno e alla Salernitana. All’inizio del 2022 è scongiurato anche l’effetto Cala, con il neopresidente che rileva il club per 10 milioni di euro. Salerno è in festa, la speranza di un futuro fatto di calcio serio e sano è viva, ma c’è da fare i conti con il campo.

La situazione continua a essere stantia e la società ha bisogno di uomini esperti e figure forti e decisive. Qui Iervolino cala l’asso, una delle mosse migliori degli ultimi vent’anni di calcio italiano, forse la più importante della storia della Bersagliera: il 14 gennaio 2022, con il cambio societario, viene nominato direttore sportivo della Salernitana Walter Sabatini, che in conferenza stampa farà subito capire di che pasta è fatto. Convinto dalla personalità del presidente Iervolino, Sabatini si sbilancia subito dicendo: «Non sono mai retrocesso nella mia carriera, mi ucciderebbe. Non voglio retrocedere. Sono venuto qui per conquistare la salvezza». Definisce la situazione della Salernitana «una tempesta», e per le tempeste ci vogliono prima uomini e guerrieri e poi calciatori.

Il condottiero è sul cavallo pronto a guidare la rivoluzione. E la rivoluzione arriva. Fuori Aya, Bogdan, Cavion, Gondo e soprattutto Simy; dentro Luigi Sepe come portiere, in difesa i giovani Radu Drăgușin e Pasquale Mazzocchi, e l’esperto Federico Fazio dalla Roma, a cui viene affidata la fascia da capitano. A centrocampo arrivano Emil Bohinen ed Éderson, che sembrano l’uno l’opposto dell’altro. Il primo norvegese freddo e deciso, il secondo brasiliano fantasioso. A loro seguono Lys Mousset e Mikael, gli unici due flop di questa campagna acquisti, Diego Perotti e soprattutto Simone Verdi, definito da Sabatini «un talento da coltivare e coccolare».

Nonostante i nuovi arrivi, la Salernitana fatica a riprendersi. Tra gennaio e metà febbraio i punti raccolti sono solo 5. Sabatini leggerà su internet una grafica che dà la Salernitana come spacciata. 93% è la percentuale di retrocessione che viene assegnata, con solo il 7% di possibilità di salvezza. Quel 7% sarà il fuoco con cui Sabatini, un genio a livello comunicativo, alimenterà tutto il finale di stagione. Punterà difatti sull’orgoglio di uomini e professionisti, sopito però da una guida tecnica obsoleta e da una mancanza di stimoli importanti. La salvezza non viene più vissuta come un obiettivo, ma come un’opzione. E qui Sabatini deciderà di porre la sua mano.


Sconfitte stupide, giorni difficili, tristezze ed euforie

Con un misero bottino di 9 punti conquistati in 15 partite, Colantuono viene esonerato. La situazione è disastrosa, e per risollevare l’intera piazza serve un colpo di scena, qualcosa o qualcuno che rialzi non solo l’entusiasmo, ma che si immoli per la causa come simbolo e come condottiero.

Iniziano a girare vari nomi e quello in pole position sembra essere Andrea Pirlo. Il neotecnico bresciano, reduce dall’annata sulla panchina della Juventus, sarebbe un nome sicuramente in controtendenza con le guide tecniche di Castori e Colantuono, ma i dubbi sono comunque numerosi vista la poca esperienza.

Alla fine a spuntarla è un allenatore il cui lavoro e una numerosa serie di missioni impossibili portate a termine fanno da presentazione. Si tratta di Davide Nicola, colui che ha salvato, in quest’ordine, un Crotone assolutamente inferiore al livello della Serie A, un Genoa praticamente spacciato e un Torino svuotato di qualunque stimolo dopo la gestione Giampaolo.

Nicola è un grande uomo, temprato dalle difficoltà della vita e, da sportivo, abituato a vivere i momenti di difficoltà con una mentalità quadrata e puntuale. A Salerno sono sicuri: è l’uomo il giusto, il miracolo del 7% si può fare. Ci si fida di Iervolino che, vada come vada, la Salernitana l’ha già salvata da destini ben peggiori; ci si fida di Sabatini, uomo abituato a vivere la vita a tutti i livelli e in maniera estrema, affascinato dal modo in cui a Salerno si vive il calcio; e ci si fida di Nicola, l’uomo dei miracoli e delle salvezze impossibili.

Il nuovo allenatore esordisce all’Arechi contro il Milan il 19 febbraio. La partita parte subito in salita, con il gol di Messias che porta in vantaggio i rossoneri. I granata però non demordono e, con un atteggiamento nuovo e un’energia mai vista prima, pareggiano i conti con la rovesciata di Federico Bonazzoli. La gara sembra cambiare completamente inerzia e, alla fine, è Milan Djurić a portare in vantaggio i padroni di casa. Gli uomini di Nicola non riescono a portare a casa la vittoria perché Ante Rebić decide di rovinare la festa, ma i primi segnali sono positivi.

Nel match successivo arriva un altro punto, contro il Bologna, e dopo la sconfitta per 5-0 contro l’Inter, sono ancora Bonazzoli e Djurić a strappare un punto contro il Sassuolo di Alessio Dionisi.

È vero, i granata sembrano essersi ripresi per gioco e umore, ma i punti faticano ad arrivare, anche perché a queste gare seguono tre sconfitte consecutive contro Juventus, Torino e Roma – quest’ultima in rimonta, con molte polemiche. La Bersagliera è ultima in classifica con 16 punti, a -9 dalla zona salvezza.

Alla 33ª giornata si vola Genova per affrontare la Sampdoria. I granata partono fortissimo: aprono le danze con un colpo di testa di Federico Fazio e le chiudono, dopo due minuti, con il mancino di Éderson. Per la Samp riapre i giochi Caputo, ma il fischio finale sancisce la prima vittoria dell’era Nicola. Qualche ora prima il Cagliari aveva però battuto 1-0 il Sassuolo, e la distanza dalla salvezza rimane immutata.

Il match successivo è contro l’Udinese, per il recupero di una partita fissata il 20 dicembre che era stata rinviata a causa di alcuni giocatori granata positivi al Covid-19. La Salernitana era stata inizialmente penalizzata con la sconfitta a tavolino, in quel caos che era diventata la Serie A durante la pandemia, ma dopo vari ricorsi ha ottenuto la possibilità di giocare la gara.

La Bersagliera arriva a questa partita con l’obbligo di non sbagliare. Il match contro la squadra di Gabriele Cioffi è combattuto ma non si schioda dallo 0-0, e quando tutto sembrava apparecchiato per un pareggio a reti bianche, in pieno recupero, l’ormai gigante del centrocampo granata Éderson serve Simone Verdi, che riesce a beffare Silvestri in uscita bassa e insaccare in porta il pallone dell’1-0. A fine partita Nicola corre in mezzo al campo dai suoi e li abbraccia con forza uno ad uno, perché sa che il gol siglato dall’esterno ex Bologna e Napoli riaccende tutte le speranze per la salvezza. Adesso i granata ci credono sul serio, a cinque giornate dal termine del campionato si trovano a -6 dal Cagliari.

Quattro giorni dopo, in un Arechi pieno ed entusiasta, la Salernitana affronta la Fiorentina di Vincenzo Italiano. La Viola, dopo alcune stagioni difficili, si giocano il ritorno in Europa guidati dal tecnico siciliano. È quindi una sfida nella sfida per entrambe le squadre, ma i granata sanno che oramai gli avversari e il rispettivo valore significano poco, e che bisogna portare a casa ogni punto possibile. Detto, fatto! Sono ancora una volta loro, Djurić e Bonazzoli, a regalare un’altra vittoria alla Salernitana. Per la Fiorentina segna Saponara, ma il gol non basta. Emblematica l’immagine di Ribéry a difendere palla verso la bandierina in prossimità del fischio finale. A fine partita il pubblico esplode di gioia e Nicola esultare con foga con il suo staff e con i suoi calciatori. Salerno ci crede, l’impresa impossibile è sempre più vicina, ma c’è ancora qualche ostacolo da superare: è l’Atalanta di Gian Piero Gasperini.

Il 2 maggio, a Bergamo, sta per andare in scena l’impossibile. Ancora una volta Éderson – ancora su una sponda di Milan Djurić – porta in vantaggio la Salernitana che, con le unghie e con i denti, prova a difendere il risultato di vantaggio fino alla fine, ma è Mario Pašalić all’88′ a impedire quella che sarebbe stata la terza vittoria consecutiva per i campani. Uscire da Bergamo con un punto è comunque importante e Nicola lo sa bene, così come è consapevole che la salvezza si deciderà nelle ultime giornate, con un calendario abbordabile: Venezia – anche questa gara da recuperare dopo le positività di inizio 2022 –, Cagliari e Udinese in casa, Empoli in trasferta.

In un Arechi gremito, la Salernitana non sbaglia nemmeno contro il Venezia, oramai spacciato per la retrocessione. Bonazzoli su rigore nei primi minuti di gioco viene raggiunto dal gol di Henry al 57′, ma è ancora una volta il sinistro di Simone Verdi a fare la differenza. Il risultato finale dice 2-1 per i granata, che superano il Cagliari ed escono per la prima volta dalla zona rossa della classifica, grazie alle 4 vittorie ottenute nelle ultime 5 partite.

L’8 maggio 2022, all’Arechi, oramai un presidio stracolmo di sostenitori granata, arrivano proprio i sardi rossoblù, che nelle ultime 5, invece, di punti ne hanno raccolti soltanto 3, tanto da esonerare mister Walter Mazzarri. Il nuovo allenatore è Alessandro Agostini, tecnico della Primavera, che ha una missione complicata da completare in una stagione che sembra essere maledetta.

Dopo un primo tempo con poche occasioni, la Salernitana si porta in vantaggio al 68′ con un rigore trasformato di destro dal solito Simone Verdi, ma non riesce a raddoppiare. La vittoria regalerebbe praticamente la salvezza alla Salernitana e tutto sembra andare verso questo scenario quando, dopo un lungo check, viene negato un rigore ai sardi al 95′. Quando tutto sembrava ormai indirizzato verso la festa, una spizzata di Giorgio Altare al 99′ pareggia clamorosamente i conti. È una botta tremenda. «Sarebbe stato troppo bello e troppo facile, ma per noi nulla è mai stato facile e i ragazzi lo sanno che il nostro sogno si deciderà all’ultima giornata», dichiarerà Nicola a fine partita.



Puzzo di pesce, ma che ci posso fare se puzzo di pesce

Il 14 maggio, in occasione della penultima giornata, si gioca al Castellani di Empoli. I granata spingono forte sull’acceleratore, ci provano più volte, ma Gugliemo Vicario, uno dei migliori portieri e sorpresa della stagione, dice di no con miracoli e interventi prodigiosi. Cutrone porta addirittura in vantaggio i toscani e la Salernitana riesce a pareggiare sull’unico errore della partita di Vicario che, uscito su calcio d’angolo, perde la palla e permette a Bonazzoli di realizzare in rovesciata il suo decimo gol in campionato.

Il pareggio, però, serve a poco e la Salernitana vuole evitare un dramma all’ultima giornata quando ad affrontarsi saranno il Cagliari e un Venezia già retrocesso. All’84’ la Bersagliera riesce a guadagnare un calcio di rigore con uno degli eroi della salvezza, Mamadou Coulibaly, che era entrato al posto di Verdi. Sul dischetto ci va Diego Perotti, apparso fino a quel momento fuori forma e forse non più adatto al calcio di quei livelli, ma che è riconosciuto come uno specialista dei calci di rigore e fino a quel momento in carriera ne ha segnati 25 su 27.

È il momento giusto per riscattare una stagione deludente e portare in paradiso la propria squadra. Perotti calcia col destro un rigore angolato ma lento, che Vicario riesce a respingere. Nel finale di gara la Salernitana rischia di perderla, ma la partita finisce 1-1. Un altro season-point gettato via e tutto è rinviato beffardamente all’ultima giornata contro l’Udinese. La Salernitana è a +2 dal Cagliari, e deve vincere l’ultima per essere certa della salvezza.

È domenica 22 maggio l’appuntamento con il destino. Genoa e Venezia sono già aritmeticamente retrocesse, l’ultimo pass per l’inferno spetta a una tra Salernitana e Cagliari. L’Arechi è gremito di tifosi, la curva si rende protagonista, ancora una volta, di un atto d’amore senza eguali: la coreografia «LA STORIA CONTINUA» è da brividi e pare essere il modo giusto per dare la carica agli uomini di Nicola.

La squadra, però, non scendono in campo. La Salernitana convinta, decisa e unita pare essere scomparsa dopo il doppio schiaffo ricevuto nelle ultime due giornate, e l’Udinese travolge i granata con un netto 4-0, con le prime tre reti maturate già nella prima frazione di gioco. L’Arechi è ammutolito e a Salerno, così come sugli spalti, cellulari, PC e televisori cambiano canale e si sintonizzano su Venezia-Cagliari. La sfida è sullo 0-0 e il destino della stagione della Bersagliera è tornato beffardamente nelle mani di qualcun altro. Gli uomini di Agostini provano insistentemente a cercare il gol del vantaggio, ma a impedirlo sono prima Mattia Caldara e Michael Svoboda con un doppio intervento difensivo, e poi un ottimo Niki Mäenpää che compie un miracolo sul colpo di testa del giovane Bellanova. Para poi nel finale il tiro da lontano di Gastón Pereiro, e João Pedro non riesce a respingere in porta per l’eccelso intervento difensivo di Ceccaroni. Il Cagliari sente l’ansia, prova fino alla fine a trovare il gol del vantaggio che, però, non arriva. La Salernitana è salva, per la prima volta nella propria storia.

Quando la notizia del pareggio arriva a Salerno la partita è già finita e la festa esplode. Il pubblico, tra urla e commozione, la fa da padrone. Uno stanco Sabatini osserva soddisfatto e serioso il tutto dagli spalti, mentre Davide Nicola corre saltando e urlando di gioia per l’intero perimetro del campo dell’Arechi: ce l’ha fatta di nuovo.

Una salvezza insperata e meritata, arrivata con impegno e dedizione, sacrificio e lavoro, dopo aver passato vent’anni di storia tra fallimenti, retrocessioni e occasioni perse. Una salvezza agguantata nella disperazione pura che il calcio rappresenta, come direbbe proprio Walter Sabatini. Una salvezza leggendaria, che rimarrà per sempre scolpita nel cuore del pubblico salernitano e tra le pagine di storia del calcio italiano.

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