Reggina Mazzarri

La Reggina di Mazzarri, il miracolo amaranto

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«Non credo nei miracoli, ne ho visti troppi» diceva Oscar Wilde nel 1891, quando redigeva il testo drammatico Salomè. Chissà se tra i miracoli di cui parlava c’era anche quello della Reggina di Walter Mazzarri, avvenuto più di cent’anni dopo.



«Campioni del mondo! Abbracciamoci forte e vogliamoci tanto bene!», è il 9 luglio del 2006 e Fabio Caressa sta raccontando in quell’iconica telecronaca la gioia del popolo italiano. La Nazionale azzurra ha appena battuto la Francia ai rigori nella finale dei Mondiali, salendo così sul tetto del mondo.

Il cielo è azzurro sopra Berlino e tutta Italia è in festa, ma da quel momento nel nostro Paese si sarebbe abbattuto un uragano di dimensioni bibliche – del quale si era già percepito qualcosa prima della rassegna iridata – che percosse l’intero movimento calcistico italiano: Calciopoli. Uno scandalo che colpì grandi club come la Juventus, retrocessa in Serie B, e Milan, Fiorentina e Lazio, che vennero colpite dalle sanzioni del processo con vari punti di penalità da scontare nella stagione successiva. Una sorte di questo genere capitò pure alla piccola Reggina. La società calabrese, che veniva da quattro salvezze consecutive in Serie A, subì una penalizzazione di 15 punti per illeciti sportivi riconducibili al presidente Foti nella stagione 2004/2005. Una pena comminata per il campionato di Serie A 2006/2007.

Ai nastri di partenza la società calabrese pareva quindi già schiacciata da una pietra tombale, poiché 15 punti da recuperare per una squadra che insegue la salvezza sono tanti, forse troppi.

Walter Mazzarri, allora tecnico emergente, iniziava la terza annata alla guida della panchina reggina. Il livornese, che sapeva di non poter disporre di mezzi economici importanti, durante il calciomercato estivo è costretto a salutare alcuni pilastri della sua formazione: da capitan Ciccio Cozza, che sarebbe poi rientrato l’anno successivo, al portiere Nicola Pavarini e al difensore Gaetano De Rosa, mentre a centrocampo sarebbero stati ceduti il giovane Davide Biondini e il paraguaiano Carlos Humberto Paredes. In poco tempo la Reggina dovette correre ai ripari e alla corte di Mazzarri sarebbero arrivati il centrale difensivo Salvatore Aronica, che diventerà nel tempo un fedelissimo del mister toscano, il centrocampista Daniele Amerini e il trequartista honduregno Julio César de León.

Insomma, rosa rivoluzionata, ma ancorata al 3-5-2 di impronta mazzarriana. Ivan Pelizzoli in porta; l’arcigna linea difensiva composta dal neo capitano Alessandro Lucarelli, Maurizio Lanzaro e Salvatore Aronica; a centrocampo il fluidificante di destra è Giandomenico Mesto e a sinistra c’è Francesco Modesto, mentre il regista è Daniele Amerini con Simone Missiroli e Giacomo Tedesco come mezz’ali di inserimento; davanti il bomber d’esperienza Nick Amoruso e Rolando Bianchi, giovane in rampa di lancio, che nell’annata precedente disputò solo nove presenze e che non doveva far rimpiangere Cozza.



È una mission impossible per la Reggina, tutti la danno per spacciata, ad ogni modo il segnale premonitore che potesse essere un’annata storica per la città di Reggio Calabria era arrivato in estate: nell’amichevole del 3 agosto nel ritiro austriaco di Graz, gli amaranto tennero testa ai Galacticos del Real Madrid e persero solamente 1-0. Gli addetti ai lavori non fecero caso a quella partita, ma forse nella testa dei giocatori di Mazzarri qualcosa scattò.

Nel frattempo inizia la stagione post-vittoria Mondiale e post-Calciopoli, tra retrocessioni e penalizzazioni sarà un campionato strano. Per la Reggina alla terza giornata arriva la delusione nel derby dello Stretto: se lo aggiudica il Messina grazie alla doppietta di Riganò, ma la squadra calabrese si riprende tre settimane più tardi nella vittoria casalinga contro la Roma, grazie alla rete di Amoruso.

Con il 2-2 contro il Livorno nel derby amaranto della tredicesima giornata, a Reggio Calabria si registra il primo segno più in classifica: la Reggina ha annullato la penalizzazione di 15 punti sul campo. Ma non è l’unica buona notizia: pochi giorni dopo la Corte Federale riduce i punti di penalità per la società calabrese da 15 a 11.

È la molla, la scossa necessaria che mancava agli uomini di Mazzarri, i quali, aggrappandosi al tandem d’attacco Amoruso-Bianchi, iniziano a risalire la china. Al giro di boa di metà gennaio la Reggina ha conquistato 23 punti totali, che le valgono 12 lunghezze in classifica. Aveva scavalcato l’Ascoli, fanalino di coda, e si trovava al penultimo posto a pari merito con il Parma, 4 punti indietro rispetto al Messina.

Comincia il girone di ritorno e la Reggina di Mazzarri può usufruire di un’arma in più: il direttore generale Alberto Bigon aveva acquistato dalla Lazio il folletto Pasquale Foggia, che col suo talento si rivelerà preziosissimo per l’obiettivo dei calabresi.

Alla ventiduesima giornata, in un Granillo in visibilio, la Reggina si rivendica del Messina nel derby di ritorno vincendo per 3-1 e scavalcando gli stessi peloritani, portandosi per la prima volta in campionato fuori dalla zona retrocessione. Un autentico miraggio immaginarlo a settembre. Da lì il team della Calabria, accompagnato da un pubblico sempre più numeroso e speranzoso, mette fieno in cascina per una bagarre salvezza che aveva ormai tagliato fuori Ascoli e Messina, vedendo coinvolte però altre otto squadre.

A quattro partite dal termine arriva il successo al Del Duca di Ascoli, un 3-2 esterno vitale, con Foggia che mette la firma sulla vittoria. Poi tre pareggi consecutivi e all’ultima giornata Reggina-Milan: davanti agli oltre 20.000 spettatori del Granillo era arrivata la squadra che aveva appena vinto la Champions League ad Atene, battendo 2-1 il Liverpool. A Reggio Calabria non si giocava da anni una partita di tal valore storico e sportivo.

Infatti, non era ancora stata decisa l’ultima condannata a retrocedere in Serie B e a 90 minuti dal termine la classifica recitava: Reggina e Siena terzultime a pari merito a 37 punti, Catania a 38, Chievo e Parma a 39. Un vero finale thrilling, con il Siena che giocava in casa con la Lazio, il Parma al Tardini contro l’Empoli e lo “spareggio della morte” Catania-Chievo al neutro di Bologna – il Cibali di Catania era chiuso in seguito agli incidenti che portarono alla morte dell’ispettore Raciti. Un finale emozionante ed elettrizzante, con la Reggina che non poteva permettersi di fare calcoli e aveva un solo risultato a disposizione: la vittoria.

La squadra di Mazzarri passa subito in vantaggio con un grande gol di Nicola Amoruso all’ottavo minuto, e sarà proprio l’attaccante pugliese il trascinatore degli amaranto, rischiando più volte di raddoppiare. Sul finale di primo tempo il Milan ci prova ma Campagnolo – diventato titolare dopo il trasferimento di Pelizzoli al Lokomotiv Mosca – si fa trovare pronto. Nella ripresa la Reggina spinge e prova a chiudere la gara contro un Milan forse sazio dalla vittoria di Atene, e ci riesce al sessantasettesimo con il gol di Daniele Amerini, inserito da poco in campo da Mazzarri. I calabresi resistono stoicamente negli ultimi venti minuti e ottengono quello che a inizio stagione sembrava impossibile: il Chievo, infatti, perse contro il Catania, e l’intero Granillo può festeggiare un’insperata salvezza che sa di miracolo.

Partita da -15 in classifica, la Reggina riuscì a salvarsi concludendo il campionato al quattordicesimo posto con 40 punti – 51 senza gli 11 di penalizzazione. Una città intera ai piedi di tutti i giocatori amaranto, diventati autentici eroi, ma soprattutto dei due centravanti killer Amoruso e Bianchi – che in totale realizzarono 35 dei 52 gol stagionali, il 66%, un dato clamoroso – e di mister Walter Mazzarri. Il tecnico e tutti i giocatori entreranno nella storia del club e verranno ricordati per sempre, tanto che furono insigniti della cittadinanza onoraria della città di Reggio Calabria. Il 27 maggio 2007, giorno della vittoria salvezza contro il Milan, i tifosi della Reggina festeggiarono per le strade e nelle piazze, forse ancor di più rispetto al 9 luglio 2006, poiché furono testimoni del miracolo amaranto.

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