Suárez morsi

Storia dei morsi di Luis Suárez

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Luis Suárez è, senza ombra di dubbio, uno degli attaccanti più forti della sua generazione, e non solo. Ha segnato caterve di gol in tutto il mondo con le squadre di club nelle quali ha militato e con la Nazionale uruguagia – della quale detiene il record di miglior marcatore di sempre. Ma il Pistolero non è passato alla storia solo per le sue prodezze: tra polemiche, squalifiche e – naturalmente – i famosi morsi, si può affermare che Suárez sia anche stato un personaggio molto controverso.

Il principale difetto che lo ha frenato parecchio nella prima fase della sua carriera, infatti, non riguarda il gioco, ma i suoi comportamenti, sia in campo che fuori. Di vicende spinose e delicate ce ne sono state davvero tante, ma in questo senso è soprattutto noto per aver praticamente fatto del morso un suo marchio di fabbrica. Di seguito, tutte le vittime che si sono viste addentate dal nativo di Salto.


I morsi di Suárez: Otman Bakkal (2010)
Suárez morsi

Molti non conoscono questo episodio. Il primissimo morso di Luis Suárez risale a una partita di Eredivisie contro il PSV Eindhoven, quando il sudamericano giocava nell’Ajax. A subire questo gesto degno di Nosferatu fu il trequartista Otman Bakkal, morso sulla spalla. Nonostante l’episodio fosse avvenuto davanti all’arbitro, il direttore di gara non si accorse di nulla e non prese provvedimenti, anche dopo la segnalazione del calciatore di origini marocchine.

La vicenda non passò però inosservata nei giorni seguenti: l’Ajax sospese Suárez per due gare e lo multò, prima che la Federazione calcistica olandese intervenisse con una squalifica di sette turni. Suárez si scusò, giustificandosi allo stesso tempo in modo non molto convincente, con un: «In quel momento senti solo il cuore battere forte e non pensi a cosa fare».

I morsi di Suárez: Branislav Ivanović (2013)
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Trasferitosi al Liverpool, Suárez ha voluto lasciare la sua speciale “firma” anche in Premier League. Questa volta la vittima è Branislav Ivanović, difensore serbo del Chelsea, addentato durante una partita di campionato contro i Reds. Nonostante l’episodio, Suárez riuscì a scamparla sul campo, giocando l’intera partita e segnando addirittura il gol del pareggio al 97’.

Per ovvie ragioni, il caso suscitò molta più risonanza mediatica: persino l’allora primo ministro britannico, David Cameron, chiese alla Federazione calcistica inglese di infliggere una punizione esemplare. La decisione finale fu una squalifica di dieci giornate e una multa il cui ammontare, secondo alcune fonti, si aggirava intorno alle 50.000 sterline. Suárez si scusò anche in questo caso, ma anche questa volta non completamente, ritenendo eccessiva una squalifica superiore alle tre giornate canoniche normalmente applicate ai gesti antisportivi. Da quel momento, inoltre, iniziò a incrinarsi il suo rapporto con il Liverpool, che si sarebbe concluso l’anno seguente.

I morsi di Suárez: Giorgio Chiellini (2014)
Suárez morsi

Il suo più famoso e, al momento – ma ci auguriamo per sempre –, ultimo morso, è quello stampato sulla spalla di Giorgio Chiellini durante la gara dei gironi dei Mondiali 2014 tra Italia e Uruguay. Come nei due precedenti episodi, Suárez ha terminato la partita, contribuendo all’eliminazione dell’Italia – in quella che, tristemente, è ancora oggi l’ultima partita azzurra ai Campionati del Mondo – e al passaggio dei suoi agli ottavi di finale.

Nei giorni successivi, il giocatore si è difeso ancora una volta in maniera poco credibile: «Dopo un contatto ho perso l’equilibrio, il mio corpo è diventato instabile e sono caduto addosso al mio avversario». La FIFA non ha ovviamente ritenuto attendibile questa versione e, vista la recidività e la mancanza di rimorso, ha inflitto una punizione severissima: l’uruguaiano è stato squalificato per nove gare internazionali – la squalifica più lunga nella storia dei Mondiali, superando le otto giornate date a Mauro Tassotti a USA ’94 per aver rotto il naso a Luis Enrique con una gomitata –, multato di 100.000 franchi svizzeri e gli venne vietato di partecipare a qualsiasi attività calcistica – anche da spettatore – per i successivi quattro mesi.

Questa pena così dura scatenò numerose polemiche in Uruguay, coinvolgendo Federazione, compagni di squadra, stampa locale e perfino l’ex presidente Pepe Mujica, che ha definito la sanzione «fascista» e la FIFA «un gruppo di vecchi figli di p*ttana». Solo dopo qualche giorno Suárez si è scusato con Chiellini, e solo dopo qualche anno ha ammesso che le sue giustificazioni erano una negazione della realtà.


Gli altri morsi di Suárez

I tre casi raccontati sono quelli accertati e sotto gli occhi di tutti, ma a quanto pare potrebbero essercene altri. Si parla di un sospetto tentativo di morso ai danni di Martín Demichelis in una partita di Champions League del 2015 tra Barcellona e Manchester City, anche se potrebbe semplicemente trattarsi di un contatto casuale frainteso, alimentato da una buona dose di pregiudizio.

Secondo il Daily Star, invece, potrebbero esserci altri episodi risalenti al passato: si parla addirittura di cinque morsi che Suárez avrebbe dato quando ancora giocava in Sud America. Questa circostanza, sempre secondo il tabloid inglese, potrebbe aver influito sulla severità della squalifica inflitta dalla FIFA, che sarebbe stata influenzata anche da queste presunte prove, apparentemente nascoste per anni dalla Federazione calcistica uruguaiana. Il portavoce della FIFA, interrogato sull’argomento all’epoca, non confermò né smentì l’indiscrezione, ma è giusto precisare che vi erano ancora in corso le procedure di giudizio, dato che l’Uruguay aveva presentato ricorso. Va quindi mantenuto un estremo garantismo, visto che queste accuse non sono mai state né confermate né provate, e anche perché, molto spesso, i tabloid britannici si dimostrano poco affidabili.

La terapia e la svolta

Dopo la maxi squalifica inflittagli dalla FIFA, l’uruguaiano si ritrova davanti a un bivio: continuare a negare l’evidenza, come fatto in passato, oppure affrontare i propri demoni. Ed è proprio in quel momento che inizia un percorso di terapia, volto a gestire la rabbia, l’impulsività e le reazioni estreme che troppo spesso avevano accompagnato la sua carriera. Non si tratta di un cambiamento immediato, ma lento, progressivo, maturato nell’ombra. Suárez smette di cercare giustificazioni, ammette gli sbagli, ne riconosce la gravità, accoglie l’aiuto. «Non accettavo la realtà, quando mia moglie mi chiedeva cosa era successo le dicevo che ci eravamo solo scontrati. Mi sono rivolto agli psicologi e questo mi ha aiutato molto ad accettare gli errori e a crescere», ha dichiarato nel giugno del 2019.

Oggi, a distanza di tanti anni, quei morsi sono ancora un marchio indelebile sulla sua carriera, ma non la definiscono più. Sono stati il sintomo di un problema profondo, che Suárez ha pagato, affrontato e superato. Ed è proprio grazie a quel passo difficile, a quella scelta tanto coraggiosa quanto necessaria, che è riuscito a dare una svolta definitiva alla propria carriera, diventando il campione che era destinato a essere.

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