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Cinque calciatori con il dono dell’ubiquità

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Nel calcio di oggi siamo abituati a vedere sempre più partite in sempre meno tempo: se fino a qualche anno fa solo poche squadre erano costrette ad affrontare una gara ogni tre giorni, oggi molti più calciatori devono fare i conti con calendari congestionati tra impegni con i club e la nazionale, senza contare gli allenamenti, le sessioni di tattica e i viaggi per le trasferte.

Il prezzo da pagare è ovviamente salatissimo: infortuni come la lesione al bicipite femorale e la rottura del crociato sono diventati all’ordine del giorno, e anche quando qualche calciatore riesce a “sopravvivere” a questi ritmi forsennati, ne paga le conseguenze con il tempo. Eclatante in questo senso è il caso Pedri, che nella stagione 2020/2021 ha collezionato 73 presenze tra Barcellona e Nazionale spagnola, salvo poi dover fare i conti con una lista infinita di guai fisici che ne stanno condizionando le prestazioni a soli 21 anni.

Ci sono però calciatori che, un po’ per amore del gioco e un po’ per puro masochismo, hanno avuto la malsana idea di giocare due partite in un giorno, entrando per certi versi nella storia di questo sport.


Juninho Pernambucano

Considerato uno tra i migliori tiratori di punizioni di tutti i tempi, Juninho Pernambucano è un’icona degli anni Novanta e Duemila che ha legato la sua immagine a due squadre su tutte: Olympique Lione e Vasco da Gama.

Ben prima di vincere sette Ligue 1 consecutive, all’età di 24 anni, Juninho è uno dei centrocampisti migliori della Série A brasiliana e conta all’attivo già un campionato e una Copa Libertadores nel palmarès.

Il 7 settembre 1999 è impegnato con la Nazionale brasiliana in un’amichevole contro gli storici rivali dell’Argentina: fa la sua terza presenza con la maglia della Seleção sostituendo Zé Roberto al 71′, subito dopo il 3-1 di Rivaldo. Gioca appena una ventina di minuti, poi vola 800 chilometri a sud di Porto Alegre per prendere parte, al Gran Parque Central di Montevideo, al secondo tempo della sfida di Copa Mercosur – antenata della Copa Sudamericana – tra il Nacional e il suo Vasco da Gama.

Non basta però l’arrivo di Juninho ai brasiliani per vincere la partita: arriva infatti una sonora sconfitta per 3-0, con il Vasco che viene eliminato dalla competizione il mese successivo, chiudendo il girone al terzo posto proprio dietro al Nacional.

Mark Hughes

Probabilmente l’esempio più celebre della lista, Mark Hughes ha speso tutta la vita nel mondo del calcio: da calciatore, il gallese classe 1963 ha vestito le maglie di Manchester United, Bayern Monaco, Chelsea e Barcellona su tutte; dopo diversi anni in cui ha vestito i panni di calciatore-allenatore del Galles, alla soglia dei 40 anni, Hughes diventa tecnico a tempo pieno, passando per piazze importanti come Manchester City, Fulham e Stoke City.

L’11 novembre 1987 Hughes dimostra a tutti la sua grande professionalità. Si gioca l’ultima gara del girone di qualificazione per Euro 1988: al Letná di Praga la Cecoslovacchia ospita il Galles, che vincendo accederebbe alla fase finale degli Europei. Nonostante il dominio gallese, i gol di Ivo Knoflíček e Michal Bílek portano la vittoria alla squadra di Josef Masopust e condannano i britannici.

Hughes ha però poco tempo per smaltire l’amara sconfitta, dato che a partita appena finita vola con un jet privato a Monaco di Baviera, per aiutare il suo Bayern nel replay del secondo turno di DFB-Pokal contro il Borussia Mönchengladbach. La squadra di Jupp Heynckes, dopo il pareggio 2-2 del mese precedente, si ritrova sotto di un gol dopo un’ora di gioco. Al 63’ entra Hughes, alla sua seconda apparizione con i bavaresi, e la squadra sembra rinvigorita: dopo dieci minuti Lothar Matthäus pareggia i conti, portando la partita ai supplementari. Al 93’ Michael Rummenigge porta avanti i padroni di casa, che dopo essere stati ripresi al 110’, rimettono subito la testa avanti, vincendo l’incontro 3-2 grazie alla doppietta del fratello di Karl-Heinz.

Jorge Campos

Il messicano Jorge Campos è stato un calciatore sui generis: portiere goleador – che in carriera conta anche una parentesi come prima punta – dai soli 170 centimetri d’altezza, vestitore di maglie da calcio appariscenti e iconiche. Non ci sorprende di certo che entri in questa lista.

Il 16 giugno 1996, al Rose Bowl Stadium di Pasadena, a quasi due anni di distanza dalla finale del Mondiale tra Italia e Brasile, Campos sta disputando l’incontro di Major League Soccer tra i suoi LA Galaxy e i Tampa Bay Mutiny di Carlos Valderrama. La partita, finita 2-2 nei tempi regolamentari, venne decisa dagli shootout, introdotti proprio quell’anno al posto dei tradizionali calci di rigore. I Galaxy di Campos – uscito anzitempo dal terreno di gioco – vinsero quell’incontro di fronte ai 92.000 spettatori presenti.

L’estremo difensore messicano torna però in campo dal primo minuto poco dopo: viene infatti schierato titolare nell’ultima giornata della USA Cup, un quadrangolare internazionale che contava la partecipazione di Messico, Stati Uniti, Repubblica d’Irlanda e Bolivia. In campo contro gli Stati Uniti, il Messico pareggia 2-2 ma si assicura la vittoria finale del torneo.


Cole Palmer

Wonderkid scuola Manchester City, Cole Palmer è uno dei prospetti inglesi più interessanti in circolazione. Tra le tante soddisfazioni che il classe 2002 si è già tolto nella sua finora breve carriera, c’è anche quella di essere uno dei pochi calciatori ad aver partecipato attivamente a due partite nella stessa giornata.

Alle ore 16:00 del 16 ottobre 2021, Palmer è in panchina con la prima squadra, quando all’Etihad il City scende in campo contro il Burnley per l’ottava giornata di Premier League. Sul risultato di 2-0 e con la partita ampiamente in ghiaccio, Pep Guardiola chiama il giovane dalla panchina e gli concede il suo secondo spezzone in Premier League, facendolo subentrare al posto di Bernardo Silva.

Palmer è però al tempo stesso anche parte integrante della squadra Under-23 dei Citizens, tant’è che alle 20:30, al vicino Joie Stadium, parte titolare nella sfida di campionato contro il Leicester Under-23. Che quella per il ragazzo di Manchester sia un giorno speciale, lo si capisce già al 19′ quando, lanciato verso la porta da Roméo Lavia – oggi suo compagno di squadra al Chelsea –, mette a segno il primo gol della serata. Sul finire della prima frazione di gioco, raccoglie al limite dell’area un pallone respinto dalla difesa, per poi insaccare di potenza il gol del 2-0. A sugellare la grande prestazione del mancuniano ci pensa la sua tripletta all’85′. Sul risultato di 4-0 per i padroni di casa, Sam Robinson serve Palmer sul lato destro della trequarti: il numero otto controlla, si gira e con il mancino la mette all’incrocio. Una giornata davvero memorabile per Palmer, che quell’anno vincerà la sua seconda Premier League 2 consecutiva.


Soren Lerby

Il Bayern Monaco entra per la seconda volta in questa speciale lista per un motivo ben preciso: a differenza di quel che avviene oggi, almeno per quanto riguarda il club più titolato di Germania, la dirigenza era apertamente disponibile a cedere i propri calciatori per le partite delle nazionali.

È questo il caso di Soren Lerby, centrocampista danese classe 1958 che ha legato la propria carriera ai colori bianco e rosso, dati i quindici anni di attività tra Ajax, Monaco, PSV, Bayern e Nazionale danese. E il 13 novembre 1985, Lerby si rende protagonista sia con la Danimarca che con i bavaresi.

In occasione dell’ultima partita del girone di qualificazione ai Mondiali messicani del 1986, Lerby parte titolare nella gara delle 15:00 contro l’Irlanda, giocata al vecchio Landsdowne Road di Dublino. Sul risultato di 1-3 e con la partita in ghiaccio grazie ai gol di Preben Elkjaer Larsen, Michael Laudrup e John Sivebaek, all’ora di gioco Sepp Piontek sostituisce Lerby che in fretta e furia si cambia e prende il primo volo per Düsseldorf, l’aeroporto più vicino alla città di Bochum, dove alle 20:00 il suo Bayern sfida i biancoazzurri padroni di casa in occasione dell’ottavo di finale di DFB-Pokal. Lerby entra nel secondo tempo sul risultato di 0-1 per i bavaresi, che però si fanno recuperare dal Bochum. Non bastano i tempi supplementari per decretare il vincitore della sfida, che quindi viene rigiocata un mese dopo all’Olympiastadion di Monaco. Qui Lerby – decisamente più riposato – chiude l’incontro siglando il gol del definitivo 2-0 e contribuendo alla vittoria finale del torneo.

Bonus: Can Bartu

Ci sono calciatori che però sono di un’altra pasta. Calciatori talmente talentuosi da poter esprimere le proprie abilità non solo in due partite ravvicinate, ma in due sport completamente differenti.

Leggenda del Fenerbahçe che negli anni ha vestito le maglie della Nazionale turca e di Fiorentina, Lazio e Venezia negli anni Sessanta, a Can Bartu non bastava infatti giocare a calcio. L’ex centrocampista iniziò la propria carriera sportiva nel basket, rappresentando contemporaneamente anche in questa occasione Fenerbahçe e Turchia, per poi darsi definitivamente al calcio verso la metà degli anni Cinquanta.

Signor Bartu, come veniva soprannominato per l’eleganza palla al piede, il 25 gennaio 1957 scrive la storia quando al pomeriggio gioca con la squadra di calcio del Fenerbahçe segnando una doppietta, e la sera sigla 10 punti nella gara di basket vinta dalla rappresentativa gialloblù 44-43.

La figura di Bartu nell’immaginario sportivo turco è di primissimo livello. Dopo la sua morte, al parco Yoğurtçu di Kadiköy – distretto di Istanbul nei pressi dello stadio dei Canarini – è stata eretta in suo onore una statua che lo rappresenta con indosso la maglia del suo Fenerbahçe, un pallone da basket in mano e un pallone da calcio sotto i piedi.

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