Manchester City

Il Manchester City non è nato nel 2008

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«Ciò che conta è la storia, la tradizione». Quante volte abbiamo sentito questa affermazione quando si parla di club con un passato glorioso alle spalle? Certo, essere dominanti e vincenti per lunghi periodi di tempo è estremamente difficile e vanno dati i giusti meriti a chi ci è riuscito, ma quando finisce il “passato”? Quanto è labile il confine tra “passato remoto” e “passato prossimo”? Da un lato quindici anni possono rappresentare un’intera carriera, ma dall’altro possono esser percepiti come pochi.

Quando si paragonano le due metà calcistiche di Manchester, ad esempio, il City viene costantemente visto come “il fratello minore”, costretto a vivere nell’ombra del ben più blasonato United. I Red Devils sono una società che la storia l’ha scritta per davvero, ma che dall’addio al calcio di Sir Alex Ferguson vive una crisi di identità raramente esperita nel suo bicentenario passato; agli Sky Blues viene invece additata spesso l’assenza di un background storico che molti fanno risalire al più al 2008, anno in cui lo sceicco emiratino Manṣūr acquisisce il club e lo trasforma nel corso degli anni – anche attraverso la successiva nascita del modello City Football Group – nel club che conosciamo oggi.

Ma se in realtà la vastità dell’impero odierno dei Citizens stesse semplicemente oscurando ciò che la parte azzurra di Manchester è stata nei suoi 128 precedenti anni di storia? Il Manchester City non era la super potenza che è diventato oggi, ma anche prima del 2008 era un club importante del calcio anglosassone, e in questo articolo ripercorreremo i momenti più significativi della sua sua storia pre-sceicchi.


Near the church

È nel quartiere di West Gorton, contea di Greater Manchester, che nasce il Manchester City – o meglio il St. Mark’s Church –, grazie al lavoro di Arthur Connell, eletto reverendo della chiesa di St. Mark i primi giorni del dicembre 1865 e primo storico allenatore del club, e di sua figlia Anne, a cui alla fine del 1880 viene l’idea di creare una squadra di calcio per sopperire all’impossibilità di giocare a cricket nei mesi invernali. Il 13 novembre 1880 il St. Mark’s West Gorton gioca la sua prima partita ufficiale contro la chiesa battista di Macclesfield – in un insolito scontro 12 contro 12 – e perde 1-2.

Dopo diversi anni di amichevoli con delle rappresentative locali, nel 1887 il St Mark’s Church si sposta all’Hyde Road Stadium: la collocazione dello stadio nel quartiere di Ardwick porta la squadra a cambiare nome in Ardwick AFC. Nel giro di cinque anni, la squadra mancuniana riesce ad entrare tra i professionisti e nella Football Alliance, campionato di calcio parallelo alla Football League. La successiva fusione di questi due tornei porta alla nascita del campionato di Second Division, e nella primissima edizione del 1892 l’Ardwick riesce a posizionarsi al quinto posto su dodici. Nel giro di un paio d’anni la società fallisce, ed è dunque nel 1894 che la maggioranza del comitato di Ardwick crea il Manchester City Football Club, nel tentativo di formare una squadra che rappresentasse la città e che tutti i cittadini di Manchester potessero tifare.

Fa la storia nel 1899, quando vince il campionato di Second Division, diventando – assieme al Glossop North End secondo – la prima squadra di sempre a guadagnarsi la promozione diretta in First Division. Gli Sky Blues retrocedono tre stagioni dopo, ma i 30 gol in campionato di Billie Gillespie riportano l’anno successivo gli azzurri in First Division – lo scozzese è uno dei primi pilastri della storia Citizens: con 132 reti segnate nell’arco di otto stagioni, fa ancora parte della Top 10 dei marcatori all-time del club.

La prima magica annata del Man City fu la 1903/1904: capitanati da Billy Meredith, arriva secondo in First Division dietro allo Sheffield Wednesday, e vince il primo trofeo della propria storia. Conquistano infatti la FA Cup battendo in finale il Bolton per 1-0, proprio con un gol di capitan Meredith.

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Il City sfiora ancora il titolo nel 1905, mancandolo di soli 2 punti, ma dopo il quinto posto dell’anno successivo la squadra viene decimata nella stagione 1906/1907 a causa di una maxi squalifica da parte della FA per irregolarità finanziarie nei conti societari, che portò alla squalifica di 17 calciatori. Il Manchester City fu costretto a scendere in campo con undici uomini contati, ma riuscì miracolosamente a centrare la salvezza. Nel frattempo, pur di continuare a giocare, il gruppo di professionisti squalificati si trasferì in massa al Manchester United, portando in poco tempo i primi titoli nazionali nella bacheca dei Red Devils.

Seguono annate molto contrastanti per gli Sky Blues – forse un preavviso di quello che saranno i decenni successivi, fatti di improvvise gioie e altrettanto improvvise delusioni. Nel giro di pochi anni i mancuniani passano dal secondo posto in First Division alla retrocessione, poi di nuovo la risalita in massima serie, anni di bassa classifica e un improvviso quinto posto.

Dopo la fine della Grande Guerra, nella stagione 1920/1921, arriva un altro secondo posto in First Division e la successiva decisione di allargare i propri orizzonti con la costruzione del Maine Road – anche a causa di un incendio del 1920 che distrusse la tribuna principale di Hyde Road –, stadio che dal 1923 al 2003 sarà la casa dei Citizens.


La prima golden age

I primi anni del Man City nel neonato Maine Road sono quelli di una squadra di medio/bassa classifica: diversi piazzamenti nella parte destra del tabellone, la retrocessione nel 1925/1926 e il successivo quarto titolo di Second Division della propria storia, nel 1927/1928.

Gli anni Trenta, al contrario, sono considerabili come la prima epoca d’oro del City. Conquistano due finali di Coppa consecutive nel 1933 e nel 1934, nella prima si devono arrendere all’Everton, mentre nella successiva riescono a vincere la loro seconda FA Cup, battendo 2-1 il Portsmouth grazie alla doppietta di Fred Tilson. Ma la soddisfazione più grande è data dalla vittoria della First Division nella stagione 1936/1937: in un’annata in cui a giocarsi il titolo per la maggior parte dell’anno sono Arsenal, Derby County e Portsmouth, i Citizens di Wilf Wild restano a metà classifica fin quando non inanellano una serie di vittorie e risultati utili che gli permettono di conquistare il titolo con una giornata di anticipo. Nello stesso anno arriva peraltro la retrocessione dei cugini del Manchester United, che in quel periodo non se la passano molto bene.

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Da campione d’Inghilterra in carica, il City riesce a vincere anche il Charity Shield – la Supercoppa inglese –, ma la premessa positiva a quell’annata è parecchio illusoria. La stagione alla quale i mancuniani si affacciano è infatti ricordata come «la più folle di sempre»: i Citizens chiudono il proprio campionato con il miglior attacco – 80 gol fatti –, ma anche peggior difesa – 77 gol subiti. Il risultato di questo paradosso porta al primo e unico caso nel calcio inglese di retrocessione dei campioni in carica.

La Seconda Guerra Mondiale sospende tutti i campionati, ma alla ripartenza – nel 1945/1946 – il City vince il suo quinto titolo di Second Division e torna ancora una volta in massima serie.


Il City delle leggende

Gli anni Cinquanta vengono ricordati con gioia dai tifosi del Manchester City, soprattutto grazie alla presenza in squadra di due figure iconiche e leggendarie.

La prima è quella del portiere tedesco Bert Trautmann, protagonista di 545 partite che ancora oggi lo rendono lo straniero con più gettoni nella storia del club, e il quarto in generale. Dopo aver combattuto in guerra, Trautmann viene arrestato in Inghilterra per tre anni. Uscito dal carcere, inizia a giocare a calcio, rivelandosi un ottimo portiere e venendo ingaggiato dal City nel 1949, come sostituto del grande Frank Swift. Inizialmente fischiato dai tifosi per via del suo passato bellico, riuscì a conquistare la loro fiducia a suon di parate decisive. Il tedesco passerà inoltre alla storia per essere il primo sportivo in Gran Bretagna a portare con sé uno sponsor, vestendo Adidas grazie all’amicizia con Adolf Dassler.

Il secondo nome – ma non per importanza – è quello di Donald Georgie Revie, per tutti Don. Il nativo di Middlesbrough veste la maglia sky blue nell’ottobre 1951 e in 163 presenze rivoluziona il calcio inglese, diventando protagonista del cosiddetto Revie Plan. La poca mobilità dell’inglese lo isolava spesso dal gioco, ma una volta guadagnatosi il posto da titolare occupa in pianta stabile il ruolo di centravanti arretrato – un falso nueve ante litteram. In questo modo, Revie era in grado di fare da collante con il centrocampo e servire gli attaccanti grazie alle sue eccellenti doti di passaggio, cogliendo spesso di sorpresa le difese avversarie. Questo schema di gioco rende il City estremamente competitivo, permettendogli di raggiungere altre due finali di coppa consecutive – 1955 e 1956 – e di rientrare nella lotta per il titolo.

Nel 1955 arriva la sconfitta per 3-1 in finale contro il Newcastle, ma l’anno successivo i mancuniani conquistano la loro terza FA Cup, battendo 3-1 il Birmingham nel segno proprio di Revie e Trautmann. Dopo le giocate decisive del numero nove, abile nel propiziare due dei tre gol segnati dai suoi, al 73’ Murphy supera Ewing in velocità, trovandosi solo davanti a Trautmann. Il tedesco si fionda sul pallone, ma nel farlo riceve una ginocchiata violentissima che gli fa perdere i sensi. Al tempo le sostituzioni non erano previste, motivo per il quale i Citizens avrebbero dovuto giocare con un uomo in meno e un giocatore adattato in porta, ma prima che Roy Little si riesca a posizionare tra i pali torna in campo Trautmann, che riesce incredibilmente a chiudere la gara in campo. Solo qualche giorno dopo si verrà a sapere che Trautmann ha difeso la porta del Man City con un osso del collo rotto. Il suo encomiabile coraggio gli permise di guadagnarsi il rispetto di tutto il Paese, oltre che di tutta la tifoseria.


Good old glory days

Il quinto posto della stagione 1957/1958 è una delle poche note positive successive alla storica vittoria in FA Cup, dato che di lì a poco gli Sky Blues iniziarono una parabola discendente che culmina nel 1963, quando arriva la retrocessione in Second Division.

Il City sembra destinato a sprofondare nella mediocrità: nei due anni successivi è incapace di tornare nella massima serie e per questo decide nell’estate del 1965 di affidarsi all’esperienza di Joe Mercer, ex leggendario difensore di Everton e Arsenal, che come prima cosa sceglie di assumere Malcolm Allison in qualità di vice. Quella coppia era semplicemente perfetta: Allison era giovane, spavaldo e in grado di risultare una grande fonte di ispirazione per i giovani; Mercer, d’altro canto, riusciva a dosare l’audacia del vice e possedeva un acume tattico senza precedenti.

Al primo anno con la nuova guida tecnica la squadra vince il titolo di Second Division, anche grazie all’arrivo di Colin Bell: Nijinsky giocherà per tredici lunghi anni con addosso i colori del Manchester City, diventandone una leggenda. Non è un caso che, dal 2004, la tribuna ovest del City of Manchester Stadium porti il suo nome.

Dopo un’annata di assestamento in First Division, nel 1967/1968 il City torna a fare sul serio. Il tridente Francis Lee-Colin Bell-Mike Summerbee se la gioca ad armi pari con la controparte dello United George Best-Bobby Charlton-Denis Law. Lo United vince a Maine Road 2-1, ma al ritorno ad Old Trafford sono gli Sky Blues ad imporsi per 3-1. Le due metà di Manchester si contendono il titolo fino all’ultima giornata.

I Citizens sono di scena a Newcastle, mentre i cugini ospitano il Sunderland. Nel primo tempo il City passa due volte in vantaggio, venendo recuperato in entrambe le occasioni, mentre ad Old Trafford il Sunderland è sorprendentemente avanti 2-1. Nella ripresa gli uomini di Matt Busby non riescono a ribaltare il risultato, mentre a St. James’ Park Lee e Neil Young mettono in ghiaccio la partita che, nonostante il 4-3 del Newcastle, decreta il Manchester City campione d’Inghilterra per la seconda volta nella sua storia.

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Nonostante il tredicesimo posto della stagione successiva, il City di Mercer e Allison si concentra sulle coppe e conquista il Double: in estate travolge il West Bromwich 6-1, vincendo il suo secondo Charity Shield; mentre in FA Cup torna al successo dopo dodici anni, battendo nell’ordine Tottenham, Everton e Leicester per 1-0. Gli Sky Blues partecipano anche per la prima volta nella storia alla Coppa dei Campioni, ma escono di scena già al primo turno nel doppio confronto contro i turchi del Fenerbahçe.

All’alba degli anni Settanta, come nell’annata precedente, il City sembra più interessato alle coppe che al campionato: in Coppa di Lega i mancuniani superano Liverpool, Everton e QPR prima di affrontare il Manchester United in semifinale. Il rigore di Lee a due minuti dal termine fa prevalere per 2-1 gli Sky Blues all’andata, mentre al ritorno ad Old Trafford è sufficiente il 2-2 per raggiungere la finale. A Wembley il West Bromwich parte forte e va in vantaggio al sesto minuto con Jeff Astle, ma all’ora di gioco il tiro di Mike Doyle risulta vincente e porta la gara sull’1-1. I tempi regolamentari non bastano per decretare il vincitore, ma saranno sufficienti i supplementari: Glyn Pardoe sigla per il City il gol del definitivo 2-1 e porta al Maine Road la prima Football League Cup della storia.

Il successo nella precedente FA Cup permise inoltre ai mancuniani di accedere alla Coppa delle Coppe, e anche in questo caso gli uomini di Mercer scrivono la storia. Battuti agilmente Athletic Bilbao e Lierse, gli inglesi affrontano i portoghesi dell’Académica de Coimbra ai quarti di finale. Dopo lo 0-0 in terra lusitana, al Maine Road non bastano i tempi regolamentari. La gara sembra destinata al replay – all’epoca non erano ancora previsti i rigori –, ma al 119’ il gol di Tony Towers decide l’incontro in favore degli inglesi. In semifinale il City vola a Gelsenkirchen e perde 1-0 l’andata con lo Schalke 04, ma al ritorno dominano 5-1 e accedono alla finale, stavolta contro i polacchi del Górnik Zabrze, capaci di eliminare la Roma di Helenio Herrera grazie al lancio della monetina – poiché sia il doppio confronto che il replay finirono in perfetta parità.

Nella piovosa finale del Praterstadion di Vienna, le reti nel primo tempo di Neil Young e Francis Lee sono decisive per la vittoria finale: il Manchester City conquista il suo primo trofeo internazionale, diventando peraltro la prima squadra inglese a vincere un trofeo nazionale e uno internazionale nella stessa stagione.



L’inizio della fine

L’anno seguente il giocattolo si rompe. Il litigio tra Mercer e Allison porta alla fine della loro partnership, con quest’ultimo che il 7 ottobre 1971 prende le redini della squadra come aveva sempre sognato. Il City, campione in carica, riesce comunque ad arrivare in semifinale di Coppa delle Coppe, ma deve arrendersi ai connazionali e futuri campioni del Chelsea.

Il vero dramma si consuma però nella stagione 1971/1972. Con l’indubbio vantaggio di potersi concentrare solo sul campionato, il City si trova in testa a +5 ad otto giornate dal termine. Nel tentativo di rafforzare ulteriormente la squadra, viene acquistato Rodney Marsh, che però risulta una figura troppo ingombrante causando il collasso della squadra. Il City vince solo quattro delle sue ultime otto partite e arriva quarto in classifica, in un finale folle che vede prevalere il Derby County di Brian Clough.

Nell’estate del 1972 Derby e Leeds si rifiutano di giocare il Charity Shield, dando così modo a Man City e Aston Villa – vincitrice della Third Division – di disputare un’insolita finale che vide gli Sky Blues alzare al cielo la terza Supercoppa inglese della loro storia. È però l’unica nota positiva della stagione: con Mercer lontano dai giochi, Allison non è più in grado di motivare la squadra e per questo motivo rassegna le dimissioni nel marzo del 1973. Con John Hart la squadra arriva quattordicesima in campionato, sancendo la fine dell’epoca d’oro del City, ma non prima di giocare uno dei derby di Manchester più memorabili di sempre.

Nella penultima partita di First Division del campionato 1973/1974, il City già salvo è ospite dello United che, dopo la fine dell’era Busby, è sull’orlo della retrocessione. A dieci minuti dalla fine, Francis Lee entra nell’area di rigore dei Red Devils e serve lo storico ex Denis Law che, spalle alla porta, colpisce la palla di tacco e segna il gol vittoria, prima di essere sostituito. Nel giorno della sua ultima partita in First Division, Law contribuisce alla retrocessione del suo Manchester United, quasi quarant’anni dopo l’ultima.

Per il City, invece, ci furono timidi segnali di ripresa sul finire degli anni Settanta, quando nel giro di tre anni vince la seconda Coppa di Lega della sua storia contro il Newcastle (1975/1976) e chiude i due successivi campionati rispettivamente al secondo e al quarto posto, salvo poi terminare il decennio con un quindicesimo e un diciassettesimo posto in First Division.


Un continuo saliscendi

Della stagione 1980/1981 non si ricorda tanto il percorso in campionato – concluso con il dodicesimo posto finale –, quanto più il raggiungimento della semifinale di Coppa di Lega e soprattutto della finale di FA Cup contro il Tottenham, la prima per gli Sky Blues dopo dodici anni.

Nella partita d’andata il protagonista assoluto è il centrocampista Thomas Hutchinson, che al 30’ porta in vantaggio i Citizens ma poi pareggia i conti con un autogol a dieci minuti dallo scadere, rinviando qualsiasi giudizio al 14 maggio 1981, data del ritorno. La seconda gara si apre con un gol al 7’ di Ricky Villa, ma la stupenda volée di Steve MacKenzie annulla il vantaggio dei londinesi. Il rigore al 50’ trasformato da Kevin Reeves porta il City avanti nella contesa, ma nella fase finale della partita prima Gary Crooks e poi la serpentina di uno scatenato Villa indirizzano la coppa verso la capitale. I mancuniani dovranno aspettare oltre trent’anni per raggiungere un’altra volta la finale di Coppa inglese.

L’apice del decennio mancuniano viene raggiunto il 28 dicembre 1981, quando il City batte 2-1 il Wolverhampton e vola in testa al campionato. Peccato che, come direbbero gli inglesi in questi frangenti, “they bottled the league“: chiuderanno il campionato al decimo posto. Questa fu solo la quiete prima della tempesta, dato che dalla stagione 1982/1983 inizia un’epoca fatta di instabilità in cui il City perde lo status di partecipante fissa alla First Division. Nello scontro diretto dell’ultima giornata contro il Luton, il gol allo scadere di Radomir Antić condanna il Manchester City alla retrocessione, davanti ad un incredulo Maine Road.

I Citizens tornano in First Division solo nella stagione 1985/1986, piazzandosi a fine corsa al quindicesimo posto. In compenso, in quell’annata arrivano in finale di Full Members’ Cup – torneo creato a seguito dell’estromissione delle squadre inglesi dalle coppe europee, arrivata dopo la tragedia dell’Heysel –, perdendo tuttavia 5-4 contro il Chelsea davanti ai 70.000 di Wembley.

Nella stagione 1986/1987 arriva l’ennesima retrocessione in Second Division, salvo poi tornare in cima alla piramide calcistica inglese due anni dopo. Gli 8 gol di David White e i 10 di Darren Allen permettono agli Sky Blues di salvarsi nella stagione 1989/1990, anche grazie ad una buona seconda metà di campionato con l’approdo sulla panchina di Howard Kendall.

L’anno successivo, nonostante un grande inizio di campionato, Kendall lascia il City in corsa per l’amore incondizionato del manager nei confronti dell’Everton. L’inglese accetta infatti il compito di salvare il suo vecchio club dalla retrocessione, riuscendoci alla grande. Il suo posto viene preso da Peter Reid, che nelle vesti di allenatore-giocatore trascina i suoi al quinto posto, anche grazie ai 21 gol stagionali di Niall Quinn.


Hitting rock bottom

Nel 1991/1992 arriva un altro quinto posto, e ai nastri di partenza della neonata Premier League il Manchester City di Reid è una squadra competitiva e offensiva. Nessuno sa che però quello è l’inizio del periodo più buio della storia sky blue, che peraltro va di pari passo con l’era più florida dei rivali cittadini dello United.

Il confronto tra le due metà di Manchester è a dir poco impietoso. Mentre i Red Devils vincono sei Premier League, tre FA Cup, quattro Charity Shield, una Champions League e una Coppa Intercontinentale, il Manchester City entra in una spirale di risultati sciagurati in cui si alternano in panchina ben sette allenatori nel giro di quattro stagioni. Per due anni la squadra rischia ma si salva, poi nel 1995/1996 retrocede per via della differenza reti. Nel 1996/1997 i Citizens finiscono a metà classifica a causa di un pessimo inizio di stagione, salvo poi toccare il fondo l’anno seguente: il Manchester City retrocede in terza serie per la prima volta nella sua storia.

La squadra della Second Division è tuttavia entrata nel cuore di tutti i tifosi degli Sky Blues. Giunti al terzo posto nella regular season, i ragazzi di Joe Royle affrontano e battono nella semifinale play-off il Wigan.

La finale contro il Gillingham, davanti ai 77.000 di Wembley, è semplicemente al cardiopalma: negli ultimi dieci minuti della gara, che era ferma sullo 0-0, i Gills segnano due reti in rapida successione, vedendo ad un passo la prima promozione in First Division della loro storia. Sembra tutto finito, ma Kevin Horlock accorcia le distanze allo scoccare del novantesimo, e dopo cinque minuti di recupero, con l’ultimo pallone a disposizione, Paul Dickov scaraventa la sfera alle spalle del portiere, facendo esplodere di gioia i Citizens e portando la finale ai supplementari. I minuti aggiuntivi non bastano però, ed è la lotteria dei rigori a decidere le sorti delle due squadre. Il protagonista assoluto, questa volta, è Nicky Weaver, che dopo aver ottenuto il primato del club per il maggior numero di porte inviolate mantenute in una singola stagione (26), para due penalty e completa una rimonta leggendaria.

La striscia di 11 risultati utili consecutive tra marzo e aprile 2000 e i 23 gol in campionato di Shaun Goater danno poi modo al Manchester City, nella stagione 1999/2000, di guadagnare il secondo posto in First Division ed eseguire il doppio salto di categoria, tornando dopo due anni di inferno in Premier League.


Il City of Manchester e la proprietà Shinawatra

I primi anni del ventunesimo secolo per il Manchester City hanno come volto rappresentativo quello di Kevin Keegan. Dopo la retrocessione alla penultima giornata della Premier League 2000/2001, la leggenda inglese arriva e vince al primo anno la First Division – per la settima volta nella storia del club, record nazionale pareggiato successivamente dal Leicester –, portando stabilità nello spogliatoio mancuniano.

Nel 2002/2003 arrivano nomi di spessore quali Peter Schmeichel, Robbie Fowler e soprattutto Nicolas Anelka, i cui 14 gol in 38 partite garantiscono al City il nono posto in Premier e l’accesso alla Coppa UEFA. Quell’annata è tuttavia ricordata poiché è l’ultima giocata al Maine Road: la costruzione del City of Manchester Stadium, in occasione dei Giochi del Commonwealth, porta i Citizens a cambiare stadio dopo ottant’anni. L’ultimo gol nel leggendario Maine Road fu segnato nella gara vinta per 3-0 contro il Sunderland del 21 aprile 2003 da Marc-Vivien Foé, centrocampista camerunense di gran talento scomparso tragicamente pochi mesi dopo a causa di un arresto cardiaco, durante le semifinali di Confederations Cup. In suo onore, il Manchester City decise di ritirare la maglia numero 23.

Il primo anno nel City of Manchester vede la squadra salvarsi per il rotto della cuffia nonostante l’arrivo dal Real Madrid di Steve McManaman e un Anelka in grande spolvero con 16 gol in campionato, con la vittoria sui cugini dello United per 4-1 come punto più alto della stagione. Nel 2004/2005 Kevin Keegan lascia il club e al suo posto arriva Stuart Pearce, che nell’ultima giornata di campionato è protagonista di un disperato azzardo tattico. Il City ha bisogno di battere il Middlesbrough per superarlo e approdare in Coppa UEFA, per questo motivo “Psycho” Pearce pensa bene di sostituire Reyna con il secondo portiere Weaver, per far sì che David James possa uscire dai pali e fare coppia d’attacco con Fowler. Una follia che non riesce: il City finisce fuori dalla zona Europa.

Con Pearce arrivano un quattordicesimo e un quindicesimo posto nelle due stagioni successive, ma tutto cambia per l’annata 2007/2008, quando l’ex primo ministro thailandese Thaksin Shinawatra acquista il club – nonostante le accuse di corruzione in patria avessero portato ad un suo esilio a Londra. Con la nuova proprietà thailandese, sulla panchina sky blue arriva Sven-Göran Eriksson, mentre dal mercato vengono ufficializzati acquisti importanti tra cui quelli di Elano, Valeri Bojinov e Rolando Bianchi. Nonostante l’ottimo nono posto con conseguente record di punti per l’epoca (55), ciò che si ricorda di quella stagione sono l’imbarcata presa contro il Chelsea – 6-0 – e soprattutto l’imbarazzante sconfitta per 8-1 in casa del Middlesbrough.

La stagione 2008/2009 è molto turbolenta dal punto di vista finanziario: la posizione di Shinawatra viene messa sempre più in discussione, fino a quando sul conto in banca dell’ex primo ministro thailandese non vengono congelati oltre 800 milioni di dollari. È così che il “ricco” uomo d’affari thailandese cerca un acquirente, trovando nello sceicco Manṣūr l’uomo ideale. Nell’ultimo giorno di mercato, con l’acquisto di Robinho dal Real Madrid per l’allora cifra record per il calcio inglese di 43 milioni di euro, ha inizio la nuova era del Manchester City, che in pochi anni porterà gli Sky Blues in cima alla piramide calcistica inglese e mondiale.

È chiaro a tutti che l’ultimo quindicennio di vita del City è la parte di “storia” più nota al pubblico e ricca di trofei, e molto probabilmente se non fosse stato per il takeover emiratino in questo momento molti non assocerebbero neanche quei colori alla città di Manchester, ma d’altro canto è impossibile ignorare la passione che i tifosi dei Citizens hanno mostrato anche nei momenti peggiori. E quale miglior modo per omaggiare la storica tifoseria mancuniana, se non con le battute finali del celebre film del 2000 Jimmy Grimble?

«Jimmy, vieni qua! Ascolta! Purtroppo c’è un solo posto disponibile per quest’anno e quindi… ci verresti a giocare per il Manchester United?» – chiede lo scout dei Red Devils –, «È gentile da parte sua, ma ho appena ricevuto un’offerta migliore!» – risponde il ragazzino –, «Cosa può esserci di meglio dello United?», «Il Manchester City!».

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