Il 10 luglio 2018 Cristiano Ronaldo diventa ufficialmente un giocatore della Juventus. Dopo giornate infinite e surreali, la telenovela che aveva sconvolto il calciomercato si chiude con il miglior epilogo possibile per i tifosi bianconeri.
Il fuoriclasse portoghese approda in Italia per 117 milioni di euro – cifra record per la Serie A – dopo nove stagioni al Real Madrid, dove si è consacrato come uno dei calciatori più forti di sempre, segnando 450 gol in 438 partite, vincendo ogni trofeo e riscrivendo una lunga serie di primati. Quello che, in quel momento, era considerato il miglior giocatore al mondo – vincitore di quattro degli ultimi cinque Palloni d’Oro – si trasferisce in Italia. Un evento senza precedenti nella storia del nostro calcio.
Il sogno dell’esordio
Dal 10 luglio al 18 agosto, Torino vive in uno stato di febbrile attesa. L’esordio ufficiale di Cristiano Ronaldo con la Juventus è fissato per la prima giornata del campionato 2018/2019, sul campo del Chievo Verona. I bianconeri sono guidati da Massimiliano Allegri, al suo ultimo anno del primo ciclo sulla panchina dei pluricampioni d’Italia.
Qualcuno ipotizza addirittura una partenza dalla panchina per CR7, vista la nota prudenza di Allegri nell’inserire i nuovi acquisti. Ma la verità è che, in quel momento, nessuno può permettersi una scelta simile: Ronaldo scende in campo dal primo minuto.
Quel caldo pomeriggio d’estate ha un sapore diverso: oltre alla consueta attesa per il ritorno del campionato, c’è la voglia incontenibile di vedere Cristiano Ronaldo giocare in Italia.
I bianconeri escono vincitori dalla trasferta veronese, ma il nuovo numero 7 non trova il gol, pur cercandolo in ogni modo. La partita si apre con la rete di Sami Khedira, poi il Chievo ribalta il risultato con Mariusz Stępiński e il rigore dell’ex Emanuele Giaccherini. Un’autorete di Bani ristabilisce la parità, e nel finale Federico Bernardeschi firma il definitivo 2-3.
Ronaldo si rende pericoloso a più riprese, ma trova sulla sua strada un super Stefano Sorrentino, che gli nega il primo gol in Serie A. La festa è solo rimandata, e non di poco. Per esultare in bianconero, Ronaldo dovrà aspettare ancora un po’.
Dalla doppietta al Sassuolo all’espulsione di Valencia
Dopo l’esordio di Verona, la Juventus ospita la Lazio nella prima sfida interna del fenomeno di Madeira. I bianconeri vincono per 2-0 e Ronaldo sfiora il primo gol con una clamorosa occasione nel secondo tempo: Thomas Strakosha devia il pallone quel tanto che basta per impedirgli il controllo davanti alla porta, ma sulla ribattuta arriva Mario Mandžukić che chiude i conti. Anche nella trasferta di Parma, vinta 2-1, il gol continua a non arrivare. Ma il 16 settembre 2018, alla quarta giornata, CR7 si sblocca con una doppietta contro il Sassuolo di Roberto De Zerbi.
Il primo gol è tutto tranne che spettacolare: su un calcio d’angolo battuto da Dybala, Bonucci devia in mezzo all’area e Ferrari, in maniera decisamente goffa, tenta di servire di testa il proprio portiere. Il pallone colpisce il palo e finisce tra i piedi di Ronaldo, che da due passi firma in tap-in il primo gol in bianconero. È una delle reti più brutte della sua carriera, ma lo Stadium può finalmente urlare per il suo fenomeno. Il secondo, invece, è più coerente con il suo repertorio: contropiede, scatto sulla sinistra, controllo e sinistro a incrociare. La Juventus vince 2-1 e può finalmente concentrarsi sull’esordio in Champions League.
Al Mestalla, contro il Valencia, il portoghese parte con entusiasmo, servendo un potenziale assist a Mandžukić e mostandosi volenteroso. Ma al 29’ arriva l’episodio che segna la serata: al suo debutto in Champions con la Juventus, Cristiano Ronaldo viene espulso. Dopo un contrasto con l’ex Inter Jeison Murillo, Ronaldo si avvicina al difensore e gli poggia una mano in testa, come a volergli tirare i capelli. Ne nasce un rapido faccia a faccia, sedato dai compagni. L’arbitro, su segnalazione del guardalinee, decide per un cartellino rosso particolarmente discutibile.
Colpisce la reazione del fuoriclasse lusitano, che lascia il campo in lacrime. CR7, già vincitore di cinque Champions League e con uno status raggiunto da pochissimi nella storia del calcio, si lascia andare a un pianto disperato per una semplice partita della fase a gironi. Un gesto che racconta più di tante parole la sua fame, la sua ossessione per la competizione e la sua voglia di lasciare il segno anche in maglia bianconera.
La Juve resta in dieci, ma porta comunque a casa il match grazie a una doppietta di Miralem Pjanić su rigore. Il terzo penalty della serata, calciato da Dani Parejo, sbatte invece sul muro di Wojciech Szczęsny.
Rimane la macchia dell’espulsione, che da un lato aggiunge epicità alla vittoria della Juventus, ma dall’altro priva i bianconeri di Ronaldo nel debutto casalingo contro gli svizzeri dello Young Boys.
All’ombra della stella
La Juventus e Ronaldo viaggiano a vele spiegate, soprattutto dopo che il numero 7 si è sbloccato in campionato. Il rosso diretto rimediato al Mestalla sembra non pesare: il portoghese entra presto in condizione e inaugura un periodo costante di gol e assist.
In Serie A, i bianconeri restano imbattuti per 28 giornate, fino alla trasferta contro il Genoa del 20 marzo 2019, a cui Ronaldo non prende parte. I pochi pareggi arrivano proprio contro i rossoblù di Genova all’andata, contro l’Atalanta a Bergamo nel singolare Boxing Day italiano e in casa contro il Parma.
In Champions League, a mettersi in luce è Paulo Dybala, autore di una tripletta contro lo Young Boys, decisivo a Old Trafford contro il Manchester United e in gol anche a Berna nell’ultima partita del girone. Le sue prestazioni, però, diventano oggetto di discussione, così come il suo rapporto tecnico con Ronaldo. Alla base di tutto ci sono le scelte tattiche di Allegri, che chiede all’argentino di abbassarsi per collegare centrocampo e attacco. Ne consegue una minore presenza in zona gol, almeno in campionato. Tra i due non emergono però incomprensioni, e anzi, nella gara di ritorno contro il Frosinone segnano entrambi e celebrano le reti mescolando le loro esultanze, come a voler zittire queste voci.
Nel frattempo, un altro argentino vive un momento ben diverso. Gonzalo Higuaín, ceduto al Milan per ragioni economiche e numeriche, mostra evidenti segnali di insofferenza, culminati proprio nella sfida contro la Vecchia Signora. A San Siro finisce 2-0 per la squadra di Allegri, con gol di Mandžukić e Ronaldo. Higuaín, desideroso di dimostrare di essere stato lasciato andare troppo presto, sbaglia un rigore e poi si fa espellere per proteste. È una scena triste per i tifosi bianconeri, che avevano amato il Pipita. Ronaldo prova a calmarlo, ma viene respinto bruscamente: Higuaín sembra in qualche modo attribuirgli parte della responsabilità per la sua situazione. La scena si chiude con Blaise Matuidi che lo accompagna fuori dal campo, cercando di consolarlo.
Non tutti, però, faticano ad adattarsi a CR7. Il croato Mario Mandžukić, ad esempio, vive una prima parte di stagione eccezionale, segnando spesso nei big match. I due si cercano spesso e si dividono gol e assist, in un’intesa che sorprende per efficacia. Il sacrificio dell’ex Bayern Monaco è fondamentale per Allegri, che può così compensare la scarsa propensione difensiva di Ronaldo. Il problema è la sua fragilità fisica: da gennaio in poi comincia a saltare diverse partite, perdendo brillantezza e continuità.
Al di là degli equilibri offensivi, resta una criticità strutturale: il centrocampo. La Juve può contare solo su Miralem Pjanić, Sami Khedira, Blaise Matuidi, Emre Can e un giovanissimo Rodrigo Bentancur. La coperta appare troppo corta per affrontare la fase decisiva della stagione, una criticità che a posteriori, come molte altre, verrà accostata da molti a CR7 per via dell’enorme costo che ha avuto l’operazione per portarlo in Italia.
Inferno e paradiso: Atlético Madrid, andata e ritorno
Il primo girone di Champions League di Cristiano Ronaldo con la Juventus è stato strano, imprevedibile. Dopo i fatti del Mestalla, torna a disposizione di Allegri per la sfida all’Old Trafford, ed è proprio contro il suo Manchester United che segna il primo gol europeo in bianconero, ma non in Inghilterra: lo fa al ritorno, allo Stadium. La rete è stupenda: Bonucci lo lancia con un pallone perfetto, Ronaldo sfugge alle spalle della difesa e calcia al volo di destro, rilasciando un missile sul primo palo, con David de Gea immobile, poi esulta mostrando gli addominali. La partita viene poi rimontata negli ultimissimi minuti dalla squadra di Mourinho, ma il girone lo vincono comunque i bianconeri.
Nonostante questo, a Nyon, l’urna è impietosa: agli ottavi c’è l’Atlético Madrid di Diego Pablo Simone, uno degli avversari peggiori per chi ha chiuso il proprio gruppo al primo posto e vecchia conoscenza del portoghese.
Nella gara d’andata, a Madrid, l’atmosfera è bollente. I tifosi colchoneros non dimenticano le battaglie contro CR7 in maglia Real e lo prendono di mira. La tensione è palpabile. La Juve non punge mai, anzi soffre. Szczęsny tiene in piedi la baracca per un po’, ma nella ripresa arrivano i gol: prima José Giménez, poi Diego Godín. Due reti fotocopia: calci piazzati, rimpalli, zampate difensive. La Juve esce dal campo con le ossa rotte. Al fischio finale, Ronaldo se ne va provocando: «Io cinque Champions, loro zero». Alla domanda sul passaggio del turno risponde: «Vedremo», ma si capisce benissimo che è già carico per il ritorno.
Per i tifosi juventini, i giorni che separano quella gara del 20 febbraio dal ritorno del 12 marzo scorrono lenti. Le partite di campionato nel mezzo sono contorno, tutti aspettano la notte dello Stadium.
La Vecchia Signora deve fare un’impresa. Deve mettere in campo la prestazione perfetta e vincere con un minimo di tre gol di scarto. Circa un anno prima, i bianconeri si erano trovati in una situazione simile, al Santiago Bernabéu contro il Real Madrid. Fu proprio Ronaldo a mettere la parola fine sul sogno dei ragazzi di Allegri, segnando un rigore pesantissimo nel recupero del secondo tempo. Adesso il fenomeno con la 7 è a Torino, e dovrà guidare la rimonta.
Massimiliano Allegri cambia con coraggio il volto della squadra, piazza Emre Can in un ruolo ibrido tra difesa e centrocampo, facendolo scivolare lungo la linea dei centrocampisti e sull’esterno, e lancia Bernardeschi titolare al posto di Dybala, oltre a Leonardo Spinazzola che prende il posto dell’assente Alex Sandro.
L’approccio della Juve è quello giusto fin dalle prime battute, è una squadra in missione. Il gol della speranza arriva prima della mezz’ora, su un cross di Federico Bernardeschi, che pennella sul secondo palo trovando proprio Ronaldo. Il portoghese giganteggia di testa su Juanfran e sigla l’1-0.
La ripresa si apre con un altro colpo di testa, stavolta su cross del connazionale João Cancelo dalla destra. Il campione di Madeira, inseritosi tra i centrali uruguaiani, anticipa tutti, ma Jan Oblak toglie il pallone dalla porta con un miracolo. Sono istanti di ansia, nessuno è certo del fatto che il pallone abbia sorpassato o meno la linea, finché l’arbitro olandese Björn Kuipers non indica l’orologio della Goal Line Technology. Lo Stadium libera l’urlo inizialmente represso e l’equilibrio infranto al Metropolitano viene restaurato: ora può succedere qualsiasi cosa.
Un giovane Moise Kean viene lanciato in profondità da capitan Giorgio Chiellini e spreca l’occasione della rimonta. Con il senno del poi, sembra tutto apparecchiato per la tripletta dell’uomo più atteso, perché non può che finire così.
E infatti, a pochi minuti dal novantesimo, Bernardeschi parte palla al piede, entra in area e viene steso da Ángel Correa: è calcio di rigore. Cristiano prende il pallone, incrocia con rasoterra potente, Oblak va dall’altra parte. È tripletta, è 3-0, è rimonta. I minuti finali svaniscono nella memoria collettiva, inghiottiti dall’euforia. Impresa compiuta.
Nei giorni successivi si parla solo della rimonta bianconera e l’ex bianconero Patrice Evra pubblica sui social la foto della chat con Ronaldo dopo l’incontro di Madrid. Il portoghese aveva rassicurato l’ex compagno: «Home we smash them». Ha mantenuto la parola.
Il solito finale di stagione
La Juventus può ancora sognare la Champions League, ma deve fare i conti con il primo infortunio di Cristiano Ronaldo in maglia bianconera. Durante la pausa per le nazionali di marzo, il portoghese si ferma per un problema alla coscia e la sua presenza nei quarti di finale diventa un rebus. Visto l’andamento del campionato, lo staff di Allegri punta tutto sul recupero del numero 7 in vista del doppio confronto con l’Ajax di Erik ten Hag, fresco di impresa contro il Real Madrid. Nel frattempo, mentre CR7 è ai box, si prende la scena Moise Kean, autore di una sorprendente striscia di gol in Serie A. Ma contro gli olandesi serve il simbolo della rimonta contro l’Atlético. E alla fine, Ronaldo c’è.
Ad Amsterdam, la sfida è equilibrata: le occasioni non mancano, ma a rompere l’equilibrio è, ancora una volta, la capacità del campione di Madeira di capitalizzare ogni pallone. Allo scadere del primo tempo, Cancelo disegna un cross morbido che Cristiano colpisce di testa in tuffo, portando avanti i suoi. Al rientro dagli spogliatoi, però, lo stesso Cancelo sbaglia lo stop su un pallone insidioso e lo regala a David Neres, che parte in slalom, entra in area e pareggia con un destro a giro sul palo lontano. Il secondo tempo è meno acceso, ma lascia un’immagine vivida: la percussione devastante di Douglas Costa, che salta mezza difesa e colpisce il palo con un mancino potente. Finisce 1-1, tutto rimandato al ritorno.
Il 16 aprile, allo Stadium, la Juventus ha bisogno di vincere. Gli ospiti sprecano la prima palla gol, ma la Juve risponde con una conclusione di Dybala bloccata da André Onana. Al 28’, da un corner di Pjanić, spunta ancora Cristiano: parte da dietro, si libera tra due avversari e schiaccia in rete di testa. La Juve è di nuovo avanti, ha segnato nuovamente il suo fenomeno.
L’1-0 del portoghese è però soltanto una breve illusione, perché i lancieri stanno evidentemente meglio dei bianconeri. Dopo pochi minuti, infatti, un tiro deviato dell’Ajax termina sui piedi di Donny van de Beek, che davanti a Szczęsny non sbaglia. Da lì in poi, inizia un’altra partita.
La Vecchia Signora fatica, arretra, soffre. Szczęsny tiene a galla la squadra con parate decisive, finché non arriva la resa definitiva: Matthijs de Ligt svetta su tutti e firma il 2-1. A quel punto alla Juve servirebbero due gol per ribaltarla, ma nessuno, nemmeno sugli spalti, ha davvero la sensazione che possa succedere. Il match si spegne. E con esso, il sogno.
Cristiano Ronaldo ci ha provato in tutti i modi, nonostante fosse appena rientrato da un infortunio. Ha segnato in entrambe le partite e ha lottato fino alla fine, ma non è bastato.
La rimonta all’Atlético appartiene già al passato. La Juventus si è arresa a un gruppo di ragazzini terribili e al suo destino avverso, incassando l’ennesima delusione europea, addolcita solo parzialmente dall’ottavo scudetto consecutivo, conquistato nella gara successiva contro la Fiorentina.
Dopo la vittoria del campionato arriva la conferma della permanenza di CR7 in bianconero, mentre a partire sarà il tecnico Massimiliano Allegri. Si chiude così un ciclo durato cinque anni, costellato di successi, ma con grandi rimpianti legati proprio all’ultima stagione.
CR7 chiude la sua prima annata sotto la Mole con due trofei e 43 presenze, condite da 28 gol – 21 in Serie A, 6 in Champions League e uno in Supercoppa, decisivo per la vittoria contro il Milan – e 11 assist. Il bilancio del numero 7 è sicuramente positivo, poiché, al di là dell’entusiasmo che ha circondato il suo arrivo, le prestazioni e le marcature non sono assolutamente mancate, soprattutto nei momenti difficili e più importanti.
Vista dalla prospettiva juventina, la stagione 2018/2019 è stata decisamente particolare, piena di meraviglia e rinnovato interesse. L’arrivo di Ronaldo ha rappresentato una novità per tutto il campionato italiano, questo è innegabile. Ciò che è rimasto uguale è stato però il finale: per Cristiano, considerata la sua carriera, quasi strano, improbabile e sorprendente; per i tifosi bianconeri normale, scontato e prevedibile.
La sfida Sarri
L’era di Massimiliano Allegri termina con l’arrivo di Maurizio Sarri, chiamato a Torino dopo un anno di pausa dal campionato italiano. L’ex tecnico del Napoli è reduce dalla vittoria dell’Europa League con il Chelsea e la Vecchia Signora punta su di lui nella speranza di compiere quel salto in avanti qualitativo che la società ritiene necessario per vincere finalmente la Champions League.
L’interesse attorno alla scelta di puntare su Sarri, però, si concentra soprattutto su Ronaldo e sul ruolo che ricoprirà in fase offensiva. La speranza è quella di costruire un gioco collettivo e organizzato, capace di coinvolgere tutti, cosa spesso mancata nella gestione Allegri. L’idea è che, con Sarri, Cristiano possa essere esaltato nelle sue doti balistiche, magari trovando un’intesa più stabile con Dybala e con il rientrante Higuaín, pupillo dell’allenatore.
I bianconeri ripartono dalla trasferta di Parma e l’esordio, convincente, si chiude con una vittoria firmata da Chiellini. Mentre il primo big match arriva già alla seconda giornata, proprio con l’ex squadra di cui Sarri era diventato un simbolo, il Napoli. La Juventus vince in maniera rocambolesca per 4-3 e Ronaldo segna il suo primo gol stagionale, ma il modo in cui gli azzurri di Carlo Ancelotti riescono a recuperare tre gol preoccupa. All’inizio si parla di calo fisico e di condizione ancora lontana dal top, anche a causa del caldo estivo, ma col tempo diventa evidente che le rimonte subite saranno un rebus irrisolto del brevissimo ciclo Sarri.
Problemi fisici e avvio lento
La Vecchia Signora non sembra avere grandi difficoltà nel vincere le partite: in Serie A resta imbattuta fino alla trasferta dell’Olimpico contro la Lazio e nel girone di Champions non perde mai, pareggiando solo la prima contro l’Atlético Madrid. Insieme agli spagnoli, la Juve viene sorteggiata con il Bayer Leverkusen e la Lokomotiv Mosca. Stranamente, CR7 non va a segno contro i suoi acerrimi rivali e trova il gol soltanto contro i tedeschi, sia all’andata che nell’ultima partita del girone.
In campionato, a parte i pareggi contro Fiorentina, Lecce e Sassuolo, la Juventus vince tutte le gare fino a dicembre. In quei mesi, però, Cristiano non brilla e la squadra fatica a costruire un’identità precisa. All’inizio, Sarri sembra voler rinunciare al tridente con Ronaldo, Dybala e Higuaín, preferendo Bernardeschi come trequartista, ma l’azzurro non convince. I risultati arrivano comunque, anche se senza l’apporto costante in zona gol del fenomeno di Madeira.
Dietro alla scarsa brillantezza del portoghese ci sono anche dei problemi fisici che lo costringono a saltare diverse partite: non viene convocato contro Brescia, Lecce e Atalanta, e prima della gara di Bergamo gioca solo 55 minuti nella sfida interna con il Milan.
Con l’arrivo di dicembre e i problemi fisici finalmente alle spalle, però, la stagione di Ronaldo cambia sensibilmente: il campione portoghese torna a segnare senza sosta.
Ultimi giorni di un calcio passato
La rete che dà il via all’incredibile striscia di 11 partite consecutive in Serie A con almeno un gol arriva su rigore, nella sfida interna con il Sassuolo. Così facendo, CR7 eguaglia il record di Gabriel Omar Batistuta e Fabio Quagliarella, ma segnando più reti: il portoghese segna infatti 16 gol, contro i 13 e 14 degli altri due bomber, nello stesso arco di gare consecutive.
Da gennaio, Sarri decide di cambiare qualcosa: schiera stabilmente il tridente Dybala-Ronaldo-Higuaín, nel tentativo di rendere la squadra più pericolosa. A tratti, le giocate offensive convincono. Cristiano si esalta e regala momenti iconici: il gol di testa contro la Sampdoria, con un’elevazione fuori dal comune, e la prima tripletta in Serie A, realizzata il giorno dell’Epifania contro il Cagliari. Sono le ultime emozioni del calcio prima della pandemia di COVID-19, che avrebbe travolto tutto il mondo, compreso quello calcistico.
Si avvicina intanto l’andata degli ottavi di Champions League, con la Juventus attesa a Lione per affrontare la squadra di Rudi Garcia. Le ultime prestazioni dei bianconeri non sono esaltanti: dopo cinque vittorie in campionato, i successi in Coppa Italia contro Udinese e Roma e il pari in semifinale contro il Milan, arrivano le sconfitte contro Napoli e Verona.
Le vittorie con Brescia e SPAL restituiscono un po’ di fiducia in vista della trasferta in terra francese. Ma a Lione sono i padroni di casa a partire meglio, e il gol di Lucas Tousart è il giusto premio. La Juve reagisce e sfiora il pareggio, ma non riesce a rimettere la gara in equilibrio. Ancora una volta, l’obiettivo diventa ribaltare il risultato al ritorno, ma si ha la sensazione che la stagione bianconera sia finita lì.
Il clima che si respira in Europa è pesante. E in un certo senso, il 2019/2020 si chiude davvero quella sera di fine febbraio, a Lione. La successiva giornata di Serie A viene infatti rinviata parzialmente, mentre l’emergenza sanitaria avanza. L’8 e il 9 marzo 2020 restano le date dell’ultimo sussulto del calcio pre-COVID. La penultima partita giocata è Juventus-Inter, vinta dai bianconeri per 2-0. In quel posticipo domenicale, CR7 interrompe anche la sua incredibile striscia di partite con almeno un gol.
La gara è surreale: lo stadio è vuoto, i suoni provengono solo dal campo e dalle panchine. Per i telespettatori, già turbati dagli eventi mondiali, il calcio inizia a sembrare qualcosa di distante, quasi irreale. Ripartirà solo mesi dopo, con regole nuove, contesti diversi, e un silenzio che nel frattempo si è fatto spazio ovunque, persino negli stadi.
La solitudine del numero uno
La Juventus torna in campo per disputare la semifinale di ritorno di Coppa Italia, interrotta a marzo sul pareggio di San Siro contro il Milan. Lo 0-0 dello Stadium basta per accedere alla finale di Roma, dove ad attenderla c’è il Napoli. Ancora un pareggio senza reti porta la sfida ai rigori, che premiano i partenopei: Ronaldo non arriva neppure a tirare, dopo gli errori di Dybala e Danilo.
Archiviata l’amarezza della Coppa, è tempo di tornare in Serie A. Il 22 giugno, a Bologna, la Juve disputa la sua prima partita post-lockdown, vince 2-0 e Cristiano torna subito al gol. Da quel momento, CR7 ricomincia a segnare con continuità e dà vita a un’altra striscia di gare consecutive con almeno un gol all’attivo. La sequenza è più breve rispetto alla precedente, ma decisiva per blindare il nono scudetto consecutivo.
Sul piano personale, Ronaldo punta alla classifica marcatori, ma Ciro Immobile è inarrestabile. Il campano eguaglia il record di gol in Serie A di Higuaín (36 reti), mentre il portoghese chiude con 31 centri. Suo è anche il gol che decide la sfida scudetto contro la Sampdoria.
Per la Juventus resta soltanto la Champions League, che dai quarti in poi si disputerà in gara secca a Lisbona. Alcune squadre sono già qualificate, ma altre – tra cui i bianconeri – devono ancora giocare il ritorno degli ottavi. La Juve è chiamata a ribaltare l’1-0 dell’andata contro il Lione, ma il piano di Sarri salta quasi subito per un rigore dubbio concesso ai francesi, che Memphis Depay trasforma con un cucchiaio beffardo.
Alla Juve servono tre gol per passare. Un altro rigore, anche stavolta piuttosto generoso, consente a Ronaldo di pareggiare la sfida dello Stadium. La Juve riempie l’area di cross, nel tentativo di sfruttare il gioco aereo di CR7, ma è lo stesso Ronaldo a doversi allargare per creare superiorità. E il gol del 2-1 arriva proprio da una sua iniziativa. Parte da destra, si accentra e lascia partire un sinistro potente e preciso, siglando la sua doppietta personale.
Nell’ultima mezz’ora, la Juve ha una sola vera occasione: un colpo di testa sbagliato da Ronaldo, pesante per dinamica e contesto. Ma il problema va oltre quel singolo errore. La sensazione è però, ancora una volta, quella di una totale dipendenza dal campione portoghese. L’unica speranza è che CR7 si accenda, altrimenti non sembrano esserci idee. Rispetto alla rimonta contro l’Atlético dell’anno prima, manca il coraggio, manca la partecipazione collettiva. Ronaldo domina la scena, ma il resto della squadra sembra bloccato, poco coinvolto, quasi spettatore. Il risultato totale è di 2-2, ma il Lione passa per la regola dei gol in trasferta.
Lo scudetto è già dimenticato e l’amarezza dell’eliminazione agli ottavi di Champions League prende il sopravvento. In un contesto così particolare, sarebbe bastato poco per arrivare lontano, come dimostra il percorso dell’Atalanta, eliminata a fatica dal PSG, ma la Juve non arriva nemmeno a sognare quelle partite. La stagione finisce qui, e con essa anche l’avventura di Sarri: il giorno dopo l’eliminazione viene sollevato dall’incarico.
A pesare sulla decisione, oltre ai risultati sportivi, è soprattutto il feeling mai davvero sbocciato con uno spogliatoio poco incline ad accettare le richieste metodiche e rigide dell’allenatore toscano. Lo stesso Cristiano, pur vivendo la stagione numericamente più prolifica della sua avventura bianconera – 37 gol in 46 partite – attraversa momenti di forte attrito con Sarri, con l’apice toccato probabilmente in occasione di Juventus-Milan, quando, dopo essere stato sostituito, il portoghese non solo rifiuta di sedersi in panchina, ma abbandona addirittura lo stadio prima del triplice fischio.
La scommessa Pirlo
Il nuovo allenatore della Juventus sarà Andrea Pirlo, che era stato annunciato una settimana prima come tecnico dell’Under-23, e che non ha alcuna esperienza in panchina. La decisione di Agnelli non rappresenta un salto nel vuoto, ma qualcosa di ancor più radicale.
Circa un mese prima dell’esordio stagionale, il portoghese pubblica sui social un lungo messaggio: le sue parole sanno di ultimo anno. L’obiettivo personale è chiaro, vincere il titolo di capocannoniere della Serie A, mentre quello collettivo appare più sfumato. Cosa vuole davvero la Juventus? Sollevare il decimo scudetto consecutivo? Puntare finalmente alla Champions League? Con CR7 in rosa, entrare nel novero delle favorite è quasi un obbligo. Ma in società gli intenti sembrano tutt’altro che chiari.
Il Ronaldo Furioso
Il campionato della Vecchia Signora prende il via il 20 settembre con la sfida interna contro la Sampdoria, nella quale Cristiano firma il gol del definitivo 3-0. Per la prima volta da quando è a Torino, trova la rete all’esordio stagionale. Subito dopo, i bianconeri sono attesi da un big match: la trasferta dell’Olimpico contro la Roma si chiude con un pareggio, grazie a una doppietta di Ronaldo. La prima marcatura arriva su rigore, la seconda con uno dei suoi classici, irraggiungibili stacchi di testa. Le primissime uscite di Pirlo mostrano una squadra con due volti: sa essere pericolosa in attacco, ma appare tremendamente fragile dietro.
Durante la sosta per le nazionali, la Juventus perde il suo uomo migliore: Cristiano Ronaldo risulta positivo al COVID-19 e fatica a negativizzarsi. In Serie A è costretto a saltare le sfide con Crotone e Verona, mentre in Champions deve rinunciare all’esordio contro la Dinamo Kiev e, soprattutto, al big match con il Barcellona a Torino.
Senza il portoghese, la Juventus pareggia in campionato e perde con i catalani, vincendo solo in Ucraina.
Quando finalmente smaltisce il virus e la rabbia per le occasioni mancate, Ronaldo torna in campo e sembra persino più affamato di prima. Contro lo Spezia, entra a gara in corso con il punteggio bloccato sull’1-1 e segna subito: salta Provedel e riporta avanti la Juve. Poco dopo, il neo-arrivato Federico Chiesa viene steso in area e Ronaldo trasforma il rigore con un cucchiaio, firmando il definitivo 4-1. Ma il campione di Madeira non si ferma: segna anche contro la Lazio, rifila una doppietta al Cagliari e colpisce in Europa sia contro il Ferencváros che nella gara di ritorno contro la Dinamo Kiev.
Dal capolavoro di Barcellona alla vigilia col Porto
Tra le sfide interne con Cagliari e Dinamo Kiev, Ronaldo salta il pareggio di Benevento, ma torna a disposizione per l’ultima partita del girone di Champions. Dopo la sconfitta per 2-0 dell’andata, i bianconeri devono vincere con almeno tre gol di scarto per chiudere al primo posto nel gruppo.
Al Camp Nou va in scena uno degli ultimi grandi capitoli della rivalità tra Messi e CR7. Alla vigilia, la rimonta sembra improbabile, ma Pirlo prepara la partita in modo impeccabile. Il palcoscenico se lo prende la Juventus, e in particolare Cristiano, che firma una doppietta su calcio di rigore. Anche Buffon, all’ultimo anno in bianconero, offre una prestazione monumentale. La gara non vale l’eliminazione diretta, ma vincere 3-0 al Camp Nou ha un valore simbolico enorme e dà nuova linfa a una squadra apparsa in difficoltà nelle ultime uscite di campionato.
Nel prosieguo della stagione, la Juventus alterna buone prestazioni a bruschi cali, come dimostrano i tonfi contro la Fiorentina e l’Inter dell’ex Antonio Conte, quest’ultima lanciatissima verso lo scudetto. Ronaldo si accende a intermittenza, ma quando lo fa resta incontenibile: colleziona quasi solo doppiette – contro Genoa, Parma, Udinese, Crotone – più qualche singolo gol sparso.
Nel frattempo, arriva il primo trofeo della stagione: a gennaio la Juventus batte il Napoli in Supercoppa, con Cristiano decisivo grazie a un gol in mischia. Poi, in Coppa Italia, il portoghese trascina i bianconeri con l’ennesima doppietta nella semifinale d’andata contro l’Inter, decisa a San Siro. Il ritorno a Torino finisce 0-0 e vale l’accesso alla finale.
Ancora gli ottavi
Intanto, l’urna di Nyon ha già fatto il suo dovere: sarà il Porto di Sérgio Conceição l’avversario della Juventus negli ottavi di Champions League. La prima delle due sfide si gioca il 17 febbraio 2021 all’Estadio do Dragão. Per Ronaldo è un ritorno in patria e la tensione è altissima, complice la precedente eliminazione agli ottavi contro un’avversaria ritenuta inferiore, nonostante la vittoria nel girone.
La gara d’andata si apre con un disastro targato Bentancur e Szczęsny. Dopo neanche un minuto, il portiere riceve palla da Chiellini e la serve al centrocampista, che la riappoggia malamente all’indietro. Mehdi Taremi ne approfitta, vince il contrasto con Szczęsny e segna: il Porto è già in vantaggio. Il raddoppio arriva nei primi secondi della ripresa, con Moussa Marega che buca la difesa juventina su percussione laterale e insacca da distanza ravvicinata. La Juventus appare assente. E con lei Ronaldo.
L’unico lampo arriva nel finale: è Chiesa a firmare il 2-1 che riaccende la speranza in vista del ritorno. Poco dopo, Ronaldo viene atterrato in area, ma per l’arbitro si può proseguire e il VAR non interviene. Il risultato non cambia.
Il 9 marzo, allo Stadium, va in scena il ritorno. Il copione ricorda quello dell’anno prima contro il Lione, ma con una differenza fondamentale: stavolta la Juve ha segnato fuori casa. Basta vincere 1-0 per passare, a meno di subire gol. In quel caso, servirebbero due reti di scarto.
Il match si apre con un’occasione per parte, poi il déjà vu: al minuto 19, l’arbitro fischia rigore contro la Juventus, come già accaduto l’anno prima. Sérgio Oliveira dal dischetto non sbaglia, complicando la rimonta.
Nella ripresa, però, la Juve reagisce. È ancora Chiesa a scuotere i suoi con un destro meraviglioso sotto l’incrocio, su assist involontario di Ronaldo. Poco dopo, Taremi si fa espellere per doppia ammonizione, lasciando il Porto in dieci. Chiesa, indiavolato, sfiora la doppietta colpendo il palo dopo aver saltato il portiere, ma poi si riscatta: stacco di testa su cross perfetto di Cuadrado e 2-1. La Juventus è viva, e anzi rischia di vincerla nel recupero dei tempi regolamentari, con Cuadrado ancora protagonista, che centra la traversa. Il match va ai supplementari.
Al 114’ arriva il colpo di scena: fallo ingenuo di Rabiot e punizione dalla trequarti. Oliveira calcia rasoterra, la barriera salta, il pallone passa sotto e sorprende Szczęsny, poco reattivo nonostante il tocco sul palo. La colpa, però, è collettiva: la barriera è posizionata male e Ronaldo si gira, aprendo il varco.
La Juve si ritrova a un passo dall’eliminazione. Rabiot la riapre subito con un colpo di testa, ma serve un altro gol. L’assalto finale è confuso, disperato. Il fischio dell’arbitro decreta la fine.
Il 3-2 della serata non basta. Finisce con un 4-4 complessivo, ma il Porto passa grazie alle reti segnate in trasferta. Nella notte più importante dell’anno, brilla la stella di Federico Chiesa. Quella di Cristiano Ronaldo, solitamente luminosa nei momenti decisivi, resta spenta. Capita anche ai migliori, ma stavolta pesa come un macigno.
CR7 capocannoniere
La stagione prosegue, e alla Vecchia Signora non resta che concentrarsi sugli ultimi due obiettivi: qualificarsi in Champions League e provare a vincere la finale di Coppa Italia, dove affronterà l’Atalanta di Gasperini. Li otterrà entrambi, con Ronaldo grande protagonista – in finale non farà gol, ma dimostrerà una maturità incredibile, fornendo una prestazione da giocatore esperto e completo, svariando molto per il campo e togliendo tanti punti di riferimento alla difesa atalantina.
In campionato, subito dopo la delusione europea, arriva la trasferta di Cagliari. Ronaldo risponde con una tripletta devastante, la seconda in Serie A e, ancora una volta, contro i sardi. L’obiettivo di vincere la classifica marcatori torna a farsi concreto.
Nonostante alcuni passi falsi della squadra, i gol di Cristiano continuano ad arrivare. Ne segna sei nelle dieci partite successive, e sono reti pesanti, spesso decisive, realizzate contro avversari tosti o in momenti cruciali. Colpisce nel derby con il Toro, apre le marcature nel recupero contro il Napoli, firma una doppietta a Udine ribaltando il risultato, sigla il 2-0 contro il Sassuolo e va a segno anche contro l’Inter, alla penultima giornata di campionato. Quel gol contro l’Inter, il numero 29, gli vale il titolo di capocannoniere. Ne segna meno rispetto all’anno precedente, ma è sufficiente per chiudere davanti a tutti.
La rete contro i nerazzurri già campioni d’Italia, arrivato dalla respinta di un rigore parato da Samir Handanovič, è inoltre l’ultima marcatura con la maglia bianconera. L’ultima gioia personale in un ciclo che lascia un retrogusto amaro. Un epilogo che sembra una metafora perfetta della sua avventura in Italia: intensa, emozionante, ma incompiuta. Come un tiro dagli undici metri respinto, che solo per orgoglio finisce comunque in rete.
La lunghissima estate bianconera
A fine stagione la Juventus cambia ancora tecnico, riportando Max Allegri sulla panchina bianconera. Dal suo arrivo a Torino, CR7 non ha mai vissuto più di una stagione consecutiva con lo stesso allenatore. A testimonianza dei gravi errori gestionali e progettuali fatti dalla società juventina in quel periodo.
La questione permanenza viene solo rimandata al post-Europeo, ma che Ronaldo voglia andare via lo sanno ormai anche i muri. Dopo l’eliminazione agli ottavi contro il Belgio, il portoghese rientra dalle vacanze e si aggrega gradualmente al lavoro del vecchio-nuovo mister Allegri.
La prima di campionato si gioca a Udine. A sorpresa, Ronaldo parte dalla panchina. Ma la Juventus sembra non risentirne: parte fortissimo e va avanti 2-0. Poi, ci pensa Szczęsny a riaprire la partita. Prima causa un rigore, poi perde un pallone sanguinoso in area, regalando il 2-2 all’Udinese.
CR7 entra all’ora di gioco. Nel finale, gli ospiti provano a rimettere la sfida sui binari torinesi. Al 94′, Chiesa si defila a destra, rientra sul sinistro e mette un cross sul secondo palo. Manca poco alla fine e il destinatario è proprio lui: Cristiano Ronaldo. Colpo di testa perfetto, palla in rete, corsa verso la bandierina ed esultanza a torso nudo. È un’immagine potente: Cristiano è ancora lì, pronto, dentro la partita, come se tutto il resto non esistesse. Ma esiste il VAR. E dopo un lunghissimo controllo, il gol viene annullato per fuorigioco millimetrico. La partita finisce in parità. E, di fatto, finisce anche l’avventura di Ronaldo alla Juventus.
Non viene nemmeno convocato per l’esordio allo Stadium, contro l’Empoli. Pochi giorni dopo, arriva l’ufficialità: Cristiano lascia Torino e torna al Manchester United. Rimane l’istantanea di quel gol fantasma a Udine. Un’esultanza accesa e sospesa nel vuoto, che oggi ha il sapore amaro del rimpianto.
Un gol che non esiste, ma che – nel bene o nel male – entra comunque nella storia della Juventus.
Un triennio irripetibile
Nel suo triennio alla Juve, Cristiano Ronaldo ha collezionato 134 presenze, con 101 gol e 22 assist. In pratica, con lui in campo, la Juventus è quasi sempre partita sull’1-0. Il suo contributo è stato decisivo nella conquista dell’ottavo e del nono scudetto consecutivi, oltre a una Coppa Italia e due Supercoppe italiane.
Giudicare la sua avventura bianconera non è semplice. È un percorso che divide, e che continuerà a farlo. Di sicuro, rimane una parentesi unica nella storia recente del club: straordinaria nei numeri, controversa negli esiti. L’investimento è stato colossale, l’eco mediatica senza precedenti, ma i risultati collettivi non sono stati all’altezza delle aspettative. Come sempre CR7 ha segnato, ha infranto record, ha alzato trofei, ma non è riuscito a cambiare il destino della squadra in Champions League, obiettivo dichiarato dell’intera operazione.
Con l’arrivo di Ronaldo, la Vecchia Signora – forse per la prima volta dall’inizio dell’era Agnelli – diede l’impressione di potersi sedere al tavolo del mercato delle grandi d’Europa. L’operazione resta il simbolo di un’ambizione nuova, forse troppo grande o mal gestita, che è terminata con Juve meno solida sia dal punto di vista economico che da quello calcistico.
Ma il triennio di Cristiano Ronaldo alla Juventus è stato, più di ogni altra cosa, profondamente emozionante, a prescindere da quale sia il sentimento provato. Un’esperienza che, nel bene e nel male, ha segnato un prima e un dopo nella storia bianconera.
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