La storia di Giovanni Di Lorenzo dimostra che la strada più lunga può portare più lontano. Il percorso è maggiormente tortuoso, e non di poco: c’è da conquistare ciò che ad altri è dovuto, avere una forza d’animo incrollabile e magari la fortuna di trovarsi nel posto giusto al momento giusto, ma arrivati a destinazione la gratificazione è senza alcun dubbio superiore.
La lunga strada verso la Serie A
Giovanni nasce a Castelnuovo di Garfagnana, in provincia di Lucca, e muove i primi passi nel calcio dei grandi con la squadra cittadina, la Lucchese, con cui esordisce in Serie D a soli 15 anni. Lì incontra il direttore sportivo Paolo Giovannini, che lo scopre e lo tratta come un figlio.
A 16 anni lascia casa per trasferirsi a Reggio Calabria, dove si unisce alla Reggina. È lì che inizia a intravedersi la duttilità che lo accompagnerà per tutta la carriera: nella stagione 2010/2011 gioca 24 partite nel campionato Primavera di Serie C, 4 nel Torneo di Viareggio e 1 in Serie B – debutta a 17 anni nella sconfitta per 3-2 contro il Sassuolo –, ricoprendo vari ruoli: braccetto in una difesa a tre, terzino destro ed esterno di centrocampo.
Dopo un prestito al Cuneo nel 2012 e il ritorno alla prima squadra della Reggina, la società fallisce. Sprovvisto di procuratore, Di Lorenzo si ritrova svincolato. È qui che torna utile l’amicizia con Giovannini, che crede nelle sue potenzialità e lo aiuta a cercare una squadra ambiziosa in Serie C.
Il 19 agosto 2015 firma con il Matera, dove in poco più di due anni si impone come esterno difensivo destro, collezionando 70 presenze, condite da 4 gol e 6 assist. Le buone prestazioni attirano l’attenzione di una grande della Serie B, l’Empoli di Pietro Accardi, che nel 2017 lo riporta in Toscana per 600.000 euro.
Il trasferimento rappresenta un punto di svolta. Con l’Empoli, guidato da Aurelio Andreazzoli, vince subito la Serie B e approda nel massimo campionato italiano a 25 anni, non più giovanissimo. Nonostante l’Empoli saluti la categoria all’ultima giornata, la sua prima stagione in Serie A è da incorniciare: la continuità e la qualità delle prestazioni messe in mostra, giocando con grande intensità sulla fascia destra, sia in fase difensiva che offensiva, lo rendono una delle principali rivelazioni di quel campionato, durante il quale mette anche a referto 5 gol e 3 assist. Curiosamente, la rete più pesante e prestigiosa della sua annata la segna contro la squadra che lo vedrà diventare grande.
La svolta azzurra
Il suo campionato non passa inosservato: un giocatore simile non può tornare in cadetteria. Ad approfittarne è Cristiano Giuntoli, direttore sportivo del Napoli, che lo porta all’ombra del Vesuvio nel luglio del 2019, per poco meno di 10 milioni di euro.
Prima dell’arrivo della pandemia che avrebbe colpito il mondo e il calcio di conseguenza, Di Lorenzo ha il tempo di imporsi come titolare imprescindibile nello scacchiere dell’allora tecnico azzurro Carlo Ancelotti, sia in campionato che in Champions League.
In questa escalation di conquiste personali, sale un ulteriore gradino quando il nuovo CT della Nazionale italiana Roberto Mancini lo convoca per le qualificazioni ai successivi Europei, e lo fa debuttare nella gara vinta per 5-0 contro il contro il Liechtenstein, nella quale mette a referto anche un assist per il gol allo scadere di Andrea Belotti.
Al di là delle soddisfazioni personali, però, quella stagione è parecchio travagliata per il Napoli, e culmina nel famoso “ammutinamento” post-Salisburgo. Solo l’approdo in panchina di Gennaro Gattuso riesce a rimettere in sesto la squadra, che clamorosamente, per come si era messa la stagione, arriva addirittura a conquistare un trofeo: gli azzurri vincono la Coppa Italia ai rigori contro la Juventus dell’ex Maurizio Sarri. Di Lorenzo gioca, naturalmente, ogni minuto della competizione, conquistando il primo trofeo di massimo livello della sua carriera.
Con il passaggio di consegne sulla panchina azzurra, da Ancelotti a Gattuso, sono cambiate tante cose per il Napoli, ma l’unica certezza assoluta è rimasta Giovanni Di Lorenzo. Il suo posto da titolare sulla fascia destra non è mai stato in discussione e il ragazzo di Castelnuovo lo ha mantenuto con dei ritmi da stacanovista, una qualità che ha confermato anche negli anni a venire, con tutti gli allenatori successivi. Da quando è sbarcato in Campania, ha trascorso 23.870 minuti in campo nelle 278 gare in cui era a disposizione, una media superiore agli 85 minuti per partita. In sei stagioni ha saltato, tra infortuni e squalifiche, soltanto 10 gare totali.
Ma oltre alla continuità, un aspetto da non sottovalutare del nativo della Garfagnana è la sua spiccata incidenza offensiva: 18 gol e 39 assist in maglia azzurra. In altre parole, segna o fa segnare un gol ogni circa 4 partite. Numeri molto importanti per un difensore.
Molto probabilmente, il più bello dei suoi gol
Sul tetto d’Europa
Il 2021 è l’anno che lo mette sotto le luci della ribalta anche in campo internazionale: il Napoli all’ultima giornata non riesce a conquistare la Champions, ma per Di Lorenzo la stagione non è finita, perché in estate c’è da giocare l’Europeo con l’Italia.
Nelle gerarchie di mister Mancini, il toscano parte dietro Alessandro Florenzi, che però si fa male nella partita d’apertura contro la Turchia, costringendo l’ingresso del laterale dei partenopei al 45′. Da quel momento in poi Di Lorenzo diventa un punto fermo della squadra, mettendo in mostra prestazioni di altissimo livello e mantenendo la titolarità fino al termine della competizione, anche quando Florenzi torna perfettamente arruolabile.
Un torneo giocato al limite della perfezione rischia di sbriciolarsi però in mille pezzi quando Luke Shaw, al secondo minuto della finale contro l’Inghilterra, gli scivola alle spalle e fulmina Gigio Donnarumma, mettendo a segno il gol più veloce della storia di una finale europea. In quell’istante a Di Lorenzo potrebbe crollare il mondo addosso, ha appena commesso una di quelle leggerezze che può marchiare per sempre una carriera. Ma l’azzurro non si spezza. Resta in piedi, cresce con il passare dei minuti, recupera sicurezza e insieme ai compagni costruisce una rimonta di nervi, testa e cuore. L’Italia pareggia con Leonardo Bonucci, resiste fino ai rigori e porta a casa la Coppa, trionfando nella competizione per la seconda volta nella propria storia. Di Lorenzo, che aveva iniziato da rincalzo, chiude da titolare e protagonista, dopo aver retto l’urto della pressione più grande della sua vita.
Un giorno all’improvviso
La consacrazione definitiva per il terzino lucchese arriva nell’estate del 2022, in un momento di grandi cambiamenti per il Napoli. Dopo le dolorose partenze di diversi senatori, la squadra si trova a dover ricostruire non solo l’assetto tecnico, ma soprattutto il proprio spirito e la propria identità. In questo scenario di transizione, un po’ a sorpresa, Giovanni Di Lorenzo viene eletto nuovo capitano del Napoli. Una scelta non scontata, visto che per anzianità la fascia sarebbe spettata a Piotr Zieliński o Mário Rui, ma lo spogliatoio lo riconosce come guida e punto di riferimento ideale, colui che meglio di chiunque altro incarna i valori di impegno, dedizione e umiltà necessari per guidare una squadra ambiziosa.
La risposta è straordinaria: il Napoli, sotto la brillante guida di Luciano Spalletti, domina il campionato con una continuità impressionante, conquistando vittorie roboanti e proponendo un calcio spettacolare che incanta anche l’Europa. Il trionfo arriva il 4 maggio 2023, a Udine: il Napoli è campione d’Italia, 33 anni dopo l’ultima volta. Il tutto culmina nella totale estasi il 4 maggio 2023, quando a Udine il Napoli si laurea matematicamente campione d’Italia, trentatré anni dopo l’ultima volta. La sua capacità di guidare un gruppo eterogeneo è un fattore decisivo nel successo degli azzurri, che lo rende il secondo capitano della storia partenopea a sollevare lo scudetto, dopo Diego Armando Maradona.
Il fondo, di nuovo, poi la luce più accecante
Quando tocchi il cielo con un dito, partendo dal basso, ti sembra impossibile pensare di poter tornare giù. C’è voluto tantissimo lavoro per ben oltre un decennio a Giovanni Di Lorenzo per passare dalla Serie D allo scudetto da capitano con il Napoli, ma è bastata una stagione per tornare sul fondo.
È un destino comune a quello del Napoli, che dopo la gioia più grande si ritrova a essere incapace di trovare una propria identità. Tre allenatori si susseguono in panchina senza riuscire a dare continuità, gioco né stabilità. La squadra scivola lentamente, inarrestabile, verso una classifica impietosa: decimo posto finale e addio alle coppe europee dopo 14 stagioni consecutive. Un tracollo tecnico, emotivo e ambientale.
Di Lorenzo non riesce a gestire lo tsunami, e anche lui viene travolto. Le sue prestazioni calano, la leadership appare offuscata, il clima intorno a lui si fa pesante. Le critiche aumentano, e l’ambiente partenopeo, che fino a pochi mesi prima lo venerava come capitano dello scudetto, comincia a metterlo in forte discussione.
È con questo spirito e umore che arriva all’Europeo 2024, quello in cui l’Italia deve difendere il titolo, con in panchina proprio l’allenatore dello scudetto napoletano, Luciano Spalletti. Ma il torneo azzurro si trasforma presto in un incubo. Dopo la vittoria al debutto contro l’Albania, la Spagna travolge l’Italia: Nico Williams domina la fascia e mette ripetutamente in difficoltà proprio Di Lorenzo, che esce dal campo come uno dei peggiori. Il passaggio del girone arriva solo grazie a un gol all’ultimo secondo di Zaccagni contro la Croazia, ma agli ottavi la Svizzera impartisce una lezione di calcio. L’Italia esce male, con una prestazione opaca e senza reazione. In quel disastroso europeo si salvano capitan Donnarumma e pochi altri, deludono enormemente Scamacca e Chiesa, ma il più bersagliato dalle critiche è sicuramente Giovanni Di Lorenzo, autore di un torneo parecchio negativo.
Il calciatore stimato e apprezzato a livello nazionale ed europeo, mediatamente, non esiste più. Di Lorenzo è diventato un giocatore incapace, “raccomandato” e non al livello del Napoli e della Nazionale con la velocità classica con cui l’opinione pubblica italiana riesce a mangiarti e sputarti via.
Appare spaesato in campo, in grande difficoltà, e scosso dal clima negativo attorno a sé e desideroso di voltare pagina, pensa anche all’addio al Napoli. Tutto cambia però quando il nuovo tecnico azzurro, Antonio Conte, prende in mano la situazione. Lo chiama, lo ascolta, e gli offre un ruolo centrale nel nuovo progetto tecnico. Di Lorenzo accetta, decide di restare, ma con una condizione ben chiara: tornare a essere se stesso, tornare a essere leader.
Tornare tra le stelle, se hai toccato il fondo, è più semplice per chi dal fondo ci è partito. La stagione che segue è una risposta netta, potente, quasi rabbiosa. Da terzino o da braccetto nella difesa a tre, Di Lorenzo si rimette al centro del campo e della squadra. Torna a macinare chilometri, a dettare tempi, a coprire, spingere, comandare. Ritrova solidità, entusiasmo e quella continuità che lo aveva reso uno degli esterni più completi del calcio italiano. Il resto lo dice la classifica: il Napoli, guidato da Conte e trascinato dal suo capitano ritrovato, conquista il quarto Scudetto della sua storia, il secondo del triennio.
Dopo una lunga gavetta passata attraverso la partecipazione a tutte le categorie – professionistiche e in parte non – del calcio italiano, Giovanni Di Lorenzo è riuscito a raggiungere dei traguardi impensabili fino a qualche anno prima. Le sue qualità calcistiche sono state naturalmente fondamentali, ma la tenacia con la quale ha creduto in sé stesso e coltivato il suo sogno è stata ancor più importante.
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