Hamsik

Marek Hamšík è stato molto più di un simbolo

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La piazza napoletana è da sempre una delle più esigenti e ambiziose di tutto il panorama calcistico italiano: tanti campioni sono passati, alcuni hanno diviso mentre altri hanno conquistato il cuore di tutti i tifosi azzurri. La vittoria dello Scudetto, trentatré anni dopo l’ultima volta, ha fatto passare in sordina i malumori e le preoccupazioni che hanno accompagnato la campagna acquisti dell’estate 2022 quando i beniamini di un’intera generazione di napoletani – su tutti Koulibaly, Mertens e Insigne – hanno lasciato spazio ad incognite e scommesse come Kim Min-Jae e Kvicha Kvaratskhelia. Allo stesso modo, e sotto la stessa pioggia di critiche, il 28 giugno 2007 vengono presentati due calciatori che lasceranno un segno indelebile nella storia del Napoli: Ezequiel Lavezzi e, soprattutto, Marek Hamšík.


Bruciare le tappe

Classe 1987, Marek tira i primi calci al pallone nella scuola calcio della Jupie Podlavice – acquistata nel 2014 dallo stesso Hamšík. Una volta capito di avere tra le mani un talento generazionale – nella stagione 1998/1999 segna 111 gol in 38 partite tra competizioni regionali e nazionali –, nel 2002 il giovane Hamšík passa allo Slovan Bratislava.

Nel 2003, dopo essersi aggregato alle giovanili del club della capitale, Hamšík partecipa all’Europeo Under-17 e viene notato da Maurizio Micheli – al tempo scout del Brescia – sia per la capigliatura peculiare, sia per le innate capacità di inserimento e transizione in fase offensiva. Marek ha giusto il tempo di esordire in prima squadra a 16 anni e di siglare il primo gol tra i professionisti un paio di settimane dopo: nell’estate del 2004 viene acquistato dal Brescia per 60.000 euro.

Gioca tutta l’annata 2004/2005 con la Primavera, ma ha modo di esordire in Serie A. Quell’anno il Brescia finisce però penultimo e retrocede in cadetteria, categoria nella quale Hamšík guadagna un posto nelle rotazioni delle Rondinelle.

Il punto di svolta della carriera di Marek arriva nella stagione successiva: quell’anno Juventus e Napoli dominano la cadetteria, Hamšík diventa titolare inamovibile e sigla 10 gol in 40 presenze, portando i lombardi al sesto posto. Le buone prestazioni gli permettono inoltre di esordire con la Slovacchia.

Marek non lo sa, ma nella notte del 19 dicembre 2006 segna solo il primo di una lunga serie di gol al San Paolo di Napoli, nella gara vinta dai partenopei per 3-1. La sua grande stagione lo porta infatti ad accasarsi nell’estate successiva alla corte di Aurelio De Laurentiis, che sborsa 5,5 milioni di euro per il suo cartellino, assicurandosi un talentuoso interno di centrocampo dalle spiccate doti offensive.



È arrivato Marekiaro

Come detto, Hamšík viene presentato tra lo scetticismo dei tifosi assieme ad un’altra intuizione del DG Pierpaolo Marino, Ezequiel Lavezzi. Entrambi danno però da subito una buona impressione nella gara di Ferragosto che inaugura la stagione azzurra, il primo turno di Coppa Italia contro il Cesena: al 40’ il Pocho serve lo slovacco, che insacca il suo primo gol con la maglia azzurra. Per il primo gol in campionato c’è da attendere il mese successivo, quando in collaborazione con Zalayeta batte il portiere della Sampdoria per il 2-0 finale.

La stagione 2007/08 regala tante soddisfazioni alla neo-promossa Napoli: nel giro di una settimana tiene testa alla Roma di Luciano Spalletti con uno spettacolare pareggio per 4-4 – in cui Marek mette a segno il momentaneo 2-2 – e batte la Juventus di Claudio Ranieri grazie alla doppietta su rigore di Maurizio Domizzi. Tutte le grandi inciampano almeno una volta contro i ragazzi di Edy Reja, e proprio in una di queste gare Hamšík regala al popolo partenopeo uno dei suoi gol più spettacolari.

Si tratta della partita contro il Milan di Carlo Ancelotti, nella quale, alla mezz’ora di gioco, lo slovacco recupera palla dalla trequarti azzurra e parte da solo in velocità, arrivando al limite dell’area rossonera, dove supera Kakha Kaladze con una finta per poi scaraventare il destro alle spalle di Željko Kalac.

I dieci gol stagionali di Hamšík, uniti alle doppie cifre dei compagni Domizzi (11) e Lavezzi (11), portano il Napoli all’ottavo posto con ben 50 punti, diventando in quel momento la terza neopromossa con più punti conquistati nella Serie A a venti squadre, e conquistando l’accesso all’ultima edizione della Coppa Intertoto.

E proprio l’Intertoto fa iniziare presto la stagione successiva agli Azzurri, che a luglio si sbarazzano dei greci del Paniōnios vincendo 1-0 sia all’andata che al ritorno – al San Paolo la decide Hamšík, segnando il suo primo gol in una competizione internazionale – e accedono ai preliminari di Coppa UEFA – dove però devono arrendersi al Benfica, che al da Luz ribalta la vittoria azzurra del San Paolo.

Nonostante la prematura uscita dalle coppe, la squadra in campionato vola: Marekiaro – soprannome affibbiatogli dai tifosi per via della somiglianza tra il suo nome e quello del quartiere Marechiaro a Posillipo – trascina i suoi siglando 7 gol e 4 assist nella prima metà del torneo, ma all’improvviso qualcosa si rompe. Alla prima di ritorno contro il Chievo, al 53’ e con il risultato sull’1-1, Lavezzi cade al limite dell’area ma per l’arbitro Farina non c’è nulla. Hamšík è su tutte le furie e il direttore di gara gli mostra il rosso diretto per proteste. Il Napoli, senza lo slovacco, perde la partita del Bentegodi e dà inizio ad una crisi di risultati che dura oltre tre mesi e che, acuita da una netta spaccatura nello spogliatoio, porta all’esonero di Reja e all’assunzione ad-interim di Donadoni. Il girone di ritorno del Napoli è il secondo peggiore del campionato – solo 11 punti in 19 gare – e gli Azzurri passano dal sogno Champions al finire nella parte destra della classifica.


L’imposizione con Mazzarri

Hamšík si dimostra vero trascinatore e si riconferma su altissimi livelli anche nei periodi difficili: nelle prime sette giornate della stagione 2009/2010 lo slovacco contribuisce a 6 dei 9 gol totali segnati dal Napoli, che nel frattempo dati i risultati altalenanti esonera Donadoni per chiamare Walter Mazzarri. Il toscano, proveniente dalla Sampdoria, entra sin da subito nel cuore dei tifosi azzurri grazie a partite spettacolari e al cardiopalma: nelle sue prime quattro gare sulla panchina partenopea la squadra guadagna ben 10 punti tra vittorie all’ultimo respiro – si pensi alla partita d’esordio con il Bologna vinta al 91′ con gol di Quagliarella, o la trasferta di Firenze vinta con una rete di Maggio – e rimonte al limite dell’impossibile – come contro il Milan, andato in vantaggio di due reti dopo cinque minuti e poi recuperato da Cigarini e Denis in extremis, e soprattutto come la partita di Torino con la Juventus, ribaltata da 2-0 a 2-3 grazie ad una doppietta di Hamšík e al gol di Datolo.

Nella prima annata del ciclo mazzarriano Marekiaro è in stato di grazia, si conferma top scorer dei partenopei con l’impressionante bottino di 12 reti e trascina la squadra ad un sesto posto che significa Europa League, quattro punti avanti rispetto agli storici rivali della Juventus, costretti ai preliminari. Nella stessa annata raggiunge e supera le 100 presenze con il Napoli, e diventa il più giovane capitano della storia degli Azzurri, spodestando Juliano, a soli 22 anni e 229 giorni.

Ma il capitano Hamšík lo fa anche nella Slovacchia, con la quale raggiunge una storica prima – e al momento unica – qualificazione al Mondiale, quello sudafricano del 2010. Quell’anno gli uomini di Weiss stupiscono tutti, ottenendo anche il pass per gli ottavi di finale dopo aver battuto i campioni in carica dell’Italia per 3-2 nell’ultima gara del girone. Nel turno successivo devono arrendersi all’entusiasmante Olanda di Robben e Sneijder, che poi arriverà in finale.

Nella stagione successiva, l’avanzamento di Hamšík sulla linea dei trequartisti al fianco di Lavezzi nel 3-4-2-1 e l’arrivo di Edinson Cavani danno vita al mito dei Tre Tenori, capaci di seminare il panico tra le difese avversarie: se è vero che con l’uruguaiano in campo lo slovacco non è più il capocannoniere della squadra, ciò non oscura il suo operato. E infatti, ancora una volta, Marek si supera a livello realizzativo. Sigla un nuovo record personale di 13 gol tra Serie A ed Europa League, in un’annata in cui i tifosi azzurri vedono la propria squadra chiudere al terzo posto. A distanza di ventuno anni dall’ultima volta, arriva la storica qualificazione in Champions League.

La gara che sancisce il ritorno in Champions dei campani

In Coppa dei Campioni i partenopei sono vittime di un sorteggio decisamente sfortunato a causa del piazzamento in quarta fascia: Bayern Monaco, Manchester City e Villarreal compongono il più classico dei gironi di ferro, che però gli uomini di Mazzarri affrontano senza paura.

L’esordio azzurro a settembre contro il City fa sognare i tifosi partenopei quando al 69’ Cavani finalizza il contropiede iniziato da Maggio, ma dopo neanche cinque minuti Kolarov pareggia i conti. Alla prima al San Paolo contro il Villarreal l’EuroNapoli vince e convince con il gol di Hamšík e il rigore di Cavani e il mese seguente riesce a tenere a bada il Bayern pareggiando 1-1 in casa. La prima sconfitta arriva alla quarta giornata, quando all’Allianz Arena la doppietta del difensore Federico Fernández non basta a sovvertire la tripletta bavarese di Mario Gomez.

La quinta giornata contro il Manchester City è decisiva per il Napoli, che deve vincere per sperare nel passaggio del turno: dinanzi ad un San Paolo gremito, il Matador Cavani apre le danze al 17’ con un’incornata sul primo palo. Gli Azzurri dominano e solo un grande Joe Hart tiene a galla i suoi, ma al 33’ Balotelli da due passi segna e gela il pubblico allo stadio. Ad inizio secondo tempo è ancora Cavani su assist di Lavezzi a riportare i suoi in vantaggio, che tengono botta e battono i Citizens e salgono al secondo posto nel girone.

L’ultima giornata è altrettanto emozionante: il Bayern già qualificato perde 2-0 contro gli Sky Blues, ma all’Estadio de la Cerámica la bordata da fuori area di Inler al 65’ e il tocco sotto porta di Hamšík al 76’ regalano la vittoria al Napoli e una storica qualificazione agli ottavi di finale di Champions League.

Sorteggiati contro il Chelsea di André Villas-Boas, gli uomini di Mazzarri inciampano al 27’ quando Mata approfitta dell’errore di Cannavaro per portare i suoi in vantaggio. Di lì a poco inizia però lo show partenopeo, quando Lavezzi dopo dieci minuti risponde con una botta da fuori area, realizzando il suo primo gol in Champions, e allo scadere della prima frazione Cavani aggira i difensori del Chelsea per raccogliere un cross dalla destra. È una partita ricca di colpi di scena ed occasioni da entrambe le parti, ma al 65’ ancora Lavezzi insacca il 3-1 finale su assist del Matador, e regala un’opportunità storica ai suoi di approdare per la prima volta ai quarti di Champions.

Allo Stamford Bridge di Londra però in campo c’è un Chelsea diverso: i risultati deludenti dei Blues portano all’esonero del portoghese, sostituito dal suo vice Roberto Di Matteo. Sulla carta nulla di cui preoccuparsi, ma quella squadra, contro ogni pronostico, vincerà la prima Champions della propria storia. E la prima vittima dei ragazzi di Di Matteo è proprio il Napoli, che crolla definitivamente dopo il gol segnato da Branislav Ivanović ai tempi supplementari.

La gioia più grande per il Napoli – che in campionato, nonostante i 41 gol complessivi dei Tre Tenori, manca l’accesso in Champions per via della sconfitta con il Bologna della penultima giornata – arriva in Coppa Italia. Agli ottavi di finale serve Goran Pandev a cinque dalla fine per superare il Cesena e ai quarti è la solita doppietta di Cavani a stendere l’Inter. In semifinale, il Napoli incontra il sorprendente Siena, che all’andata in Toscana fa tremare gli Azzurri: sotto i colpi di Reginaldo e D’Agostino i partenopei devono ringraziare l’autorete di Pesoli per salvare la faccia. Davanti ai 56.000 del San Paolo, Vergassola devia la punizione di Lavezzi al 10’, e alla mezz’ora di gioco i Tre Tenori staccano il pass per la finale: Cavani innesca il contropiede lanciando Lavezzi in campo aperto, che serve Hamšík al limite dell’area. Lo slovacco di prima intenzione alza un campanile per la testa del Matador che buca Brkić.

Il 20 Maggio 2012 è una data storica per il Napoli. La finale di Coppa Italia contro la Juventus è apertissima, ma al 63’ Cavani trasforma il rigore procurato da Lavezzi e all’83’ è Marek Hamšík a finalizzare un contropiede magistrale e chiudere la gara sul 2-0 con uno scavetto dolcissimo. È la prima sconfitta stagionale per la Juve di Antonio Conte, ma soprattutto per i campani si tratta del primo trofeo dopo ventidue anni – l’ultimo era stato la Supercoppa italiana del 1990, ai tempi del Napoli di Maradona.

Il rendimento costante di Hamšík e la sintonia con Cavani alleviano il dolore procurato dalla cessione di Lavezzi al PSG nell’estate successiva. Nell’annata 2012/2013 lo slovacco vive la sua migliore stagione, mettendo a referto 11 gol e 17 assist in Serie A, e si conferma come uno dei migliori centrocampisti offensivi d’Europa. L’ultimo Napoli di Mazzarri va male nelle coppe – esce subito in Coppa Italia per mano del Bologna e ai sedicesimi di Europa League viene eliminata dal Viktoria Plzeň –, ma splende in campionato. Gli Azzurri chiudono al secondo posto con annesso record di punti (78).

La partenza del Matador, anch’egli in direzione Parigi, e la chiusura dei rapporti con Mazzarri nell’estate 2013, segnano l’inizio di una nuova era. Il nuovo Napoli parla spagnolo: all’ombra del Vesuvio arriva il tecnico Rafa Benítez.


Rinascità e maturità

La rivoluzione tattica attuata da Benítez sposta Hamšík da seconda punta nel 3-4-2-1 a trequartista centrale del 4-2-3-1, ma il cambio ruolo non sembra infastidire Marekiaro, che apre il campionato 2013/2014 siglando 4 gol e 1 assist nelle prime due contro Bologna e Chievo. L’altra grande novità nella stagione del numero diciassette è l’elezione definitiva a capitano del Napoli, dopo l’addio di Paolo Cannavaro.

Il turning point nell’annata dello slovacco arriva però alla tredicesima di Serie A, contro il Parma. Entrato al 68′ per sbloccare l’incontro fermo sullo 0-0, dopo neanche dieci minuti tenta una conclusione e accenna una smorfia di dolore che lo costringe alla sostituzione. Si scopre che si tratta di nevrite al piede sinistro, un infortunio che lo costringe a saltare ben otto partite e che ne cambia radicalmente lo stile di gioco.

Il Napoli riesce a tenere botta in campionato stando ai piani alti della classifica – grazie anche all’esplosione degli ex Real Higuaín e Callejón, e del giovane Lorenzo Insigne –, ma in Champions accade qualcosa di irripetibile. Nell’arduo girone composto da Arsenal, Borussia Dortmund e Marsiglia conquista ben 12 punti in 6 gare, mancando incredibilmente la qualificazione alla fase finale per colpa della differenza reti – un record pressoché imbattibile.

I partenopei chiudono la propria Serie A alle spalle di Roma e Juventus, ma Benítez riesce comunque a vincere un trofeo alla sua prima stagione – come già successo in carriera con Inter, Liverpool e Valencia –: la quinta Coppa Italia della storia azzurra, arriva dopo aver liquidato Atalanta, Lazio e Roma nei turni precedenti alla finale. Tuttavia, contro la Fiorentina, la tragica morte del tifoso Ciro Esposito, arrivata a seguito degli scontri tra alcuni ultras prima della gara, rende agrodolce la vittoria per 3-1 degli Azzurri.

L’annata 2014/2015 è molto particolare sia per il Napoli sia per il suo capitano, arrivato all’ottava stagione in maglia azzurra. Nonostante il contributo complessivo di 13 gol e 16 assist e la vittoria della Supercoppa italiana, ai rigori contro la Juventus, la sensazione è quella di aver sprecato numerose occasioni che avrebbero potuto dare una svolta alla stagione.

A partire dal preliminare di Champions League con l’Athletic Bilbao: all’andata a Napoli Hamšík dà la palla giusta ad Higuaín, che pareggia una partita dominata dai partenopei, e al ritorno il gol da fuori area dello slovacco viene purtroppo annullato da tre sciagurati errori difensivi dei suoi, che condannano gli Azzurri all’Europa League. Anche nella suddetta competizione il sentimento prevalente è il rammarico: dopo aver superato agilmente il girone – in cui lo slovacco punisce sia all’andata che al ritorno lo Slovan Bratislava che l’ha lanciato nel calcio che conta –, il Napoli ai quarti pesca il Wolfsburg di Kevin De Bruyne, ma in Germania la squadra di Benítez gioca la miglior partita della stagione, strapazzando gli avversari 4-1 con una doppietta di Hamšík. La semifinale contro il Dnipro assume contorni controversi, dato che all’andata al San Paolo Seleznyov pareggia con un gol in fuorigioco, e al ritorno gli ucraini vincono tra le veementi proteste avversarie. Infine, in campionato, la sconfitta dell’ultima giornata contro la Lazio fa scivolare gli Azzurri al quinto posto. Un risultato che al Napoli costa la Champions League, e a Benítez la panchina.

La soddisfazione più grande per Hamšík quell’anno gliela porta la Nazionale: dopo aver mancato l’appuntamento ad Euro 2012 e al Mondiale del 2014, Marek guida la Slovacchia nel girone di qualificazione agli Europei del 2016, nel raggruppamento di Spagna ed Ucraina. Ancora una volta il numero diciassette contribuisce a scrivere importanti pagine di storia: 5 gol e 1 assist in 10 partite di qualificazione fanno sì che la Repre stacchi il pass per Euro 2016, la prima partecipazione alla manifestazione continentale della loro storia.


Entrare nella leggenda

L’approdo di Maurizio Sarri sulla panchina del Napoli nell’estate del 2015 riporta Marekiaro nella sua posizione preferita, l’interno sinistro di centrocampo del 4-3-3. Gli schemi del toscano ci mettono un po’ a carburare, ma dopo aver oliato gli ingranaggi il Napoli arriva a giocarsi lo Scudetto con la Juventus fino alla sconfitta dello Stadium a febbraio. All’ultima giornata di campionato, ricordata principalmente per la storica tripletta che permette a Higuaín di superare il record di gol in una stagione di Serie A, c’è un altro record che viene raggiunto nei primi minuti della gara. Nella vittoria che certifica il secondo posto contro il Frosinone, infatti, Hamšík apre le marcature segnando il gol numero 81 in Serie A con il Napoli, agganciando Maradona in cima alla classifica dei marcatori in campionato con la maglia azzurra.

In estate è tempo di volare in Francia per gli Europei: la sconfitta all’esordio 1-2 con il Galles rende fondamentale l’incontro con la Russia, ed è qui che Hamšík dà il meglio di sé. Al 32′ serve Weiss con uno spettacolare filtrante alto di oltre 50 metri e al 45′ in area di rigore dalla sinistra dribbla due avversari e scarica un mancino violentissimo che bacia il secondo palo e si insacca. Il pareggio con l’Inghilterra fa sì che la Slovacchia passi agli ottavi come migliore terza, ma una cinica Germania chiude i conti con un secco 3-0 non vanificando l’ennesimo risultato storico per la piccola nazionale dell’Est Europa.

Il grave infortunio di Milik e la conseguente scoperta di Mertens come falso nueve sono i due temi principali della stagione 2016/2017: gli uomini di Sarri danno prova della bellezza del calcio offensivo portato avanti dal toscano, e i numeri di Hamšík ne sono la dimostrazione. Marekiaro segna 15 gol – record in carriera – e fornisce 12 assist – non a caso anche Mertens, Insigne e Callejón quell’anno vanno in doppia cifra –, e solo le altrettanto straordinarie stagioni di Roma e Juventus lasciano agli Azzurri al terzo posto in Serie A.

Nel giro di poco tempo Marek è autore di due prestazioni spettacolari. A dicembre, contro il Cagliari, segna il gol numero numero 105 con la maglia del Napoli, assiste Zieliński e due volte Mertens, siglando la prima tripletta d’assist. Il 4 febbraio 2017, invece, nel roboante 7-1 del Dall’Ara, prima di testa in tuffo e poi con due missili all’incrocio destro, Hamšík mette a segno la sua prima tripletta in carriera.

Nella stagione 2017/2018 Hamšík e compagni vanno vicini come non mai al sogno sempre inseguito e mai raggiunto dello Scudetto in azzurro. Nonostante i 91 punti – ancora oggi miglior punteggio di sempre per i partenopei – e il sarrismo arrivato alla sua massima espressione, il Napoli raggiunge solo il secondo posto in campionato dietro ad una Juventus pressoché inarrestabile. L’undicesima stagione napoletana di Marekiaro è comunque condita da alcuni momenti storici. Il 23 dicembre 2017 l’appuntamento con la storia arriva contro la Sampdoria: Hamšík segna al 39′ il gol numero 116 con la maglia azzurra, superando Maradona e diventando il miglior marcatore di sempre nella storia del Napoli – successivamente verrà superato dai compagni Mertens e Insigne. Il secondo arriva il 6 maggio 2018, quando al San Paolo pareggia i conti con il Torino ed entra nella ristretta cerchia di giocatori capaci di segnare 100 gol in Serie A – 91 in quasi un centenario di storia, e lui è uno dei pochissimi centrocampisti.

Da quella stagione di quasi gloria, inizia un periodo di rapida discesa per lo slovacco, che lo porterà all’addio nel febbraio del 2019. L’addio di Sarri e l’arrivo di Ancelotti sancisce l’ennesimo cambio di ruolo, da interno del 4-3-3 a regista del 4-4-2, ma l’esplosione di Fabián Ruiz inizia a toglierli sempre più spazio.

Uno spazio che sicuramente per Hamšík non manca nella storia della Slovacchia e del Napoli, e proprio nel 2018 lo sancisce ancora di più. Nell’incontro di Nations League contro la Repubblica Ceca, gioca la partita numero 108 con i Sokoli, diventando il calciatore con più presenze con la maglia della Slovacchia. E il medesimo traguardo lo raggiunge il mese successivo, nella serata di Champions League contro il Paris Saint-Germain. In quella partita Marekiaro raggiunge quota 512 gettoni, superando la leggenda Giuseppe Bruscolotti e diventando il calciatore con più presenze nella storia del Napoli.

Sempre in una notte europea, contro la Stella Rossa, arriva anche l’ultimo gol in maglia azzurra, il numero 121: aggiusta una deviazione di testa e manda in rete la palla del vantaggio, esultando sotto la curva e baciando lo stemma della squadra che l’ha reso grande. Sono state tante le speculazioni riguardanti l’addio di Hamšík da Napoli, ma ciò che davvero rammarica i tifosi è stato il non aver potuto celebrare a dovere un campione e un simbolo immortale del Napoli come lui, che è stato semplicemente salutato con una standing ovation nella sera della sua gara numero 520.



In giro per il mondo

Hamšík si trasferisce in Cina, al Dalian Pro. È uno dei tanti giocatori europei attirati in quel periodo dai ricchi stipendi del campionato cinese, e la sua avventura asiatica non è proprio memorabile, nonostante riesca a diventare in poco tempo capitano della squadra. E infatti lascia la Cina poco più di un anno dopo il suo arrivo, decidendo di vestire la casacca del Göteborg.

La cosa più memorabile di quel periodo di tempo non arriva con il club ma con la Nazionale. Nella vittoria per 5-1 contro l’Azerbaijan, Hamšík mette a referto due gol che lo consegnano nuovamente alla storia del suo Paese, poiché diventa il miglior marcatore di sempre della Nazionale slovacca.

In Svezia, dove si trasferisce per prepararsi al meglio per l’Europeo, Marek disputa soltanto sei partite e segna un solo – spettacolare – gol. EURO 2020 è l’ultimo torneo internazionale della sua carriera, e dopo l’eliminazione nel girone lascia i Blåvitt per accasarsi al Trabzonspor, in Turchia.

Il debutto in Süper Lig dello slovacco non può che essere dei migliori: contro il Malatyaspor bastano 153 secondi per far partire un cross col contagiri per la testa di Bakasetas e firmare la prima assistenza in terra anatolica. Con la partita già sull’1-3 nel primo tempo, al 42′ raccoglie il rasoterra dell’ex Roma Gervinho per scrivere il suo nome sul tabellino dei marcatori.

Che quella stagione sia speciale per il club di Trebisonda lo si capisce subito: la prima sconfitta arriva solo a dicembre con l’Antalyaspor, restano imbattuti in casa per tutto l’anno e a fine aprile la Karadeniz Firtinasi torna campione di Turchia quasi quarant’anni dopo l’ultima volta. Per Marekiaro è il primo titolo nazionale della sua carriera, un titolo storico e indimenticabile al quale contribuisce con 2 reti e 4 assist.

A luglio vince anche la Supercoppa di Turchia, battendo il Sivasspor con un roboante 4-0, ma i continui infortuni che lo affliggono non gli fanno più trovare il minutaggio di prima. Decide di ritirarsi dal calcio giocato al termine della stagione, e all’ultima di campionato allo stadio Şenol Güneş, con la fascia da capitano al braccio, Hamšík gioca l’ultima partita della sua carriera di club. Contro l’Analyaspor lo slovacco conclude come aveva iniziato: segna il gol del momentaneo 2-1 e assiste Bakasetas per il 3-1, per poi ricevere la standing ovation da tutto il pubblico presente.

Calciatore dalla personalità unica e dal talento smisurato, Marek Hamšík non è solo un simbolo del Napoli e del calcio slovacco, ma uno dei più forti giocatori della storia recente della Serie A. L’amore incondizionato verso la città che lo ha accolto poco più che ragazzino ma che l’ha visto salutare come uomo, e la miriade di record collezionati in carriera, mostrano solo una sfumatura di un calciatore totale, di un leader silenzioso ma fondamentale nei momenti del bisogno. Simbolicamente ha lasciato il calcio nell’anno in cui il Napoli è tornato a vincere lo Scudetto: il suo storico obiettivo, anche senza lui in campo, era stato raggiunto. E d’altra parte è molto complesso trovare un tifoso azzurro o un qualsiasi appassionato che non sostenga che un pezzettino di quel titolo, in fondo, sia anche suo.

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