Il filosofo spagnolo George Santayana, esponente del realismo critico nei primi anni del XX secolo, rifletteva sul fatto che «il difficile è ciò che si può fare subito, mentre l’impossibile richiede un po’ più di tempo». Nel calcio questo pensiero è applicabile a squadre e personaggi che la storia l’hanno scritta per davvero, anche quando nessuno ci avrebbe scommesso una lira, o in questo caso un marco. Una di queste squadre infatti viene dalla Germania, è il Kaiserslautern, e l’impresa che ha compiuto nella stagione 1997/1998, sotto la guida di Otto Rehhagel, è ancora impressa indelebilmente nel grande libro di questo sport.
In cerca di riscatto
Dopo quasi un decennio di “gavetta” con fortune alterne su svariate panchine teutoniche, Otto Rehhagel trova la sua dimensione al Werder Brema, dove si riaccasa ad inizio anni Ottanta. Nel corso delle 668 partite in cui il nativo di Essen allena i Werderaner – è tutt’oggi l’allenatore con più panchine della storia del Brema –, i biancoverdi diventano una delle squadre più temibili di Germania e dell’Europa intera. Durante la sua lunghissima esperienza in riva al Weser, che è iniziata nel 1981 ed è terminata nel 1995, i Grün-Weißen vivono quella che probabilmente è l’era più gloriosa della storia del club: in terra tedesca vincono due volte la Bundesliga – arrivando quattro volte secondi –, altrettante volte la DFB-Pokal e tre volte la Supercoppa di Germania, mentre in Europa conquistano la Coppa delle Coppe del 1992 – battendo in finale il Monaco di un giovane Arsène Wenger.
Per contrastare la concorrenza biancoverde, il Bayern Monaco offre a Rehhagel la panchina bavarese dopo la prima deludente annata di Giovanni Trapattoni. La 1995/1996 è però una stagione da dimenticare: sebbene l’inizio di campionato con sette vittorie in altrettante partite risultasse positivo, dopo le prime battute d’arresto nascono i primi screzi tra Rehhagel e l’allora presidente del Bayern Franz Beckenbauer.
La leggenda tedesca afferma pubblicamente che molti membri della rosa non andassero totalmente d’accordo con la filosofia di gioco di Rehhagel, aggiungendo di non apprezzare affatto il suo continuo turnover – all’ex Brema non interessava l’importanza dei calciatori a disposizione, quanto più della coesione all’interno del gruppo. Se a tutto questo si aggiunge che quell’anno diversi calciatori si sono fatti notare più per le loro apparizioni sulle riviste di gossip che sul terreno di gioco – tanto che da quel momento in Germania al Bayern viene affibbiato il nomignolo Hollywood FC –, il risultato è scontato: Bayern fuori dalla corsa per la Bundesliga, fuori al secondo turno di Coppa di Germania e Rehhagel esonerato. Non è tutto da buttare però del suo operato, che lo aveva visto portare la squadra in finale di Coppa UEFA – battendo in semifinale l’ultimo Barcellona di Johan Cruijff. Il lavoro viene portato a termine dallo stesso Beckenbauer, che nei panni di traghettatore vince l’unica Coppa UEFA nella storia del club.
Contemporaneamente all’annata negativa di Rehhagel in Baviera, il Kaiserslautern – squadra storica del calcio tedesco, che soltanto sei anni prima si è laureata campione di Germania – è protagonista di un campionato drammatico, al termine del quale retrocede clamorosamente in Zweite Bundesliga, per la prima volta nella propria storia.
In società regna la confusione. Il presidente Norbert Thines si dimette improvvisamente, lasciando vacante il posto al vertice. Eckhard Krautzun viene inizialmente confermato come allenatore, ma il neo amministratore delegato Jürgen Friedrich non è della stessa idea, e il 20 luglio annuncia l’ingaggio di Otto Rehhagel sulla panchina biancorossa.
Finalmente libero da pressioni di alcun tipo, Rehhagel – che al Kaiserslautern c’era già stato da giocatore, dal 1966 al 1972 – torna a dettare legge tra le proprie fila con un unico obiettivo in mente: la promozione diretta. Nella stagione 1996/1997 il ritorno in Bundesliga arriva in grande stile: il Kaiserslautern domina e vince il campionato attraverso un gioco solido e cinico, facendo il vuoto alle sue spalle e guadagnandosi la promozione con ben quattro giornate d’anticipo grazie al roboante 7-0 ai danni del Lübeck.
Tenere testa ai campioni
La campagna acquisti dei Roten Teufel punta a rinforzare l’organico che ha stracciato tutti in Zweite: dal Chemnitzer arriva un appena ventenne Michael Ballack, dal Levski Sofia viene acquistato il trequartista bulgaro Marian Hristov e dallo Stoccarda arriva l’esterno Andreas Buck. Ma il vero colpo è il ritorno dell’italo-svizzero Ciriaco Sforza, acquistato dall’Inter per 3 milioni di euro e ricordato in Italia più per Aldo, Giovanni e Giacomo che per le prestazioni con i nerazzurri. Per il resto la rosa viene praticamente confermata in blocco, guidata dall’esperienza del campione del mondo 1990 Andreas Brehme e dai gol di Olaf Marschall e Jürgen Rische.
La prima giornata di quella Bundesliga dimostra ancora una volta quanto il fato possa risultare beffardo: il 2 agosto 1997, infatti, il Kaiserslautern fa il suo debutto stagionale all’Olympiastadion di Monaco di Baviera, proprio contro il Bayern. In una partita ricca di occasioni però, a spuntarla è proprio la squadra di Rehhagel, che a dieci minuti dal termine sblocca l’incontro da palla inattiva con l’incornata di Schjonberg su assist di Sforza. A fine partita la felicità di King Otto è incontenibile, tanto che lo si vede sotto il settore ospiti a mandare baci ai tifosi, che non vedevano il FCK vincere in Baviera dal maggio 1983.
Esclusa la terza giornata, dove gli uomini di Rehhagel pareggiano a Colonia, il Kaiserslautern viaggia incontrastato al primo posto: caparbietà e resilienza sono due caratteristiche chiave dei Diavoli Rossi, che mai si scoraggiano e riescono spesso a guadagnare punti preziosi negli ultimi minuti di gioco – come nella partita contro l’Amburgo, ribaltata nell’ultimo quarto d’ora da Ratinho e Hristov. In aggiunta, i gol della coppia Marschall-Rische – 19 solo nel girone d’andata – fruttano ben 39 punti nella prima metà di campionato e il titolo di Campione d’Inverno. Alla vigilia della rivincita con il Bayern Monaco, con i bavaresi ancora a -4, tutti danno però per scontato che la banda Rehhagel abbia le giornate in testa contate.
Lo scontro con i ragazzi di Trapattoni – che nel frattempo è tornato sulla panchina dei Roten – è avvincente e senza esclusione di colpi. La gara si sblocca allo scadere della prima frazione, quando Dietmar Hamann devia un colpo di testa avversario buttandosi la palla in rete. Nel secondo tempo il Bayern va all’assalto disperato del pareggio, ma a cinque dalla fine Hristov finalizza un magistrale contropiede che fa eruttare di gioia il Fritz-Walter-Stadion e porta il Kaiserslautern a +7.
La solitudine in vetta causa però forti vertigini nel periodo immediatamente successivo. Nel giro di quattro giornate, gli uomini di Rehhagel perdono punti preziosi in trasferta contro Hertha Berlino e Schalke 04, tanto che i bavaresi del Trap si riportano a -2, avendole vinte tutte nello stesso lasso di tempo.
Quell’anno il Bayern è davvero una squadra strana, altalenante e insolitamente sotto pressione, e contraddice subito se stessa e le proprie ambizioni andando incontro ad un mese da incubo. Tra il 14 febbraio e il 14 marzo segna un solo gol e racimola un singolo punto tra Hertha Berlino, Colonia, Schalke e Bochum. Il Kaiserslautern sa di dover scappare e sa che un’occasione del genere difficilmente capita una seconda volta, e durante la crisi bavarese ne vince due e ne pareggia altrettante, portandosi a +9 ad otto giornate dalla fine.
Rendere possibile l’impossibile
Gli uomini di Rehhagel hanno il controllo assoluto della Bundesliga, ma la consapevolezza di star scrivendo la storia li manda in affanno proprio prima del rush finale: il Kaiserslautern si impantana a Bielefeld contro l’Arminia e perde 3-0 in casa contro il Leverkusen. Il Bayern prima passeggia a Stoccarda, con una vittoria netta per 3-0, e poi pareggia una partita complicata in casa con il modesto Karlsruhe, ricucendo solo parzialmente lo strappo dalla capolista – ora a +6.
I Roten Teufel sono chiamati a rispondere, ma soffrono di “pareggite” acuta e ottengono solo 3 punti nelle gare contro Duisburg, Dortmund e Hansa Rostock. Per i bavaresi è ora o mai più. Il Bayerische Riese stravince 0-3 a Brema e 3-1 il derby di Monaco, e si appresta a sfidare il modestissimo Bielefeld. Con una vittoria aggancerebbero il Kaiserslautern in testa a 61 punti, ma l’Arminia – che quella stagione la termina all’ultimo posto – indossa il vestito da ammazzagrandi. I padroni di casa sono autori di una partita folle: dopo la prima frazione il Bayern è avanti 2-3 – complici due errori di Oliver Kahn –, ma il gol di Stratos al 70′ e l’autogol di Kuffour all’82’ li portano incredibilmente in vantaggio. I Roten sono tutti riversati in attacco alla disperata ricerca di un gol, che arriva solo ad un minuto dalla fine grazie alla conclusione della bandiera Lothar Matthäus. La gara termina con un pirotecnico 4-4 che fa impazzire i tifosi del Kaiserslautern, consci di essere stati graziati dalla sorte.
Lo snodo cruciale di questa folle stagione si presenta alla 32ᵃ giornata: il Bayern ospita il Leverkusen e compie il suo dovere, vincendo 2-1 senza troppi patemi; 370 km più ad ovest invece, al Fritz-Walter-Stadion di Kaiserslautern, il FCK affronta l’agguerritissimo Borussia Mönchengladbach, a caccia di punti fondamentali per non retrocedere.
I bianconeri partono fortissimo: prima Hausweiler e poi Petterson rimbambiscono i ragazzi di Rehhagel, sotto 0-2 all’intervallo. Il Kaiserslautern sa di non poter gettare alle ortiche un campionato controllato dall’inizio alla fine, e si affida al proprio talismano Marschall. Ad inizio ripresa il centravanti accorcia le distanze mettendo la palla all’incrocio; al 61′ sulla conclusione di Hristov il portiere dei Fohlen Uwe Kamps non trattiene, e come un falco arriva il nativo di Torgau per portare il risultato sul 2-2. All’ultimo minuto di gioco, la partita si risolve con un pallonetto di testa che sigla il 3-2 FCK. A segnarlo, ancora una volta, Olaf Marschall, che firma la sua seconda tripletta stagionale e recupera in extremis una gara fondamentale.
Il primo match point per il Kaiserslautern arriva il 2 maggio 1998, nella sfida casalinga contro il Wolfsburg. Tutti gli incontri di quella penultima giornata di campionato si giocano in contemporanea, pertanto sugli spalti del Fritz-Walter-Stadion gli occhi sono puntati sul terreno di gioco, ma la mente è a Duisburg, dove si attendono notizie sulla trasferta del Bayern Monaco.
Il Wolfsburg non può niente contro questo magistrale Kaiserslautern: a mezz’ora dalla fine il risultato è sul 3-0 per i padroni di casa. La vittoria è ormai scontata, e con lo scorrere del tempo la trepidazione dei tifosi rossi aumenta, poiché da Duisburg, nel frattempo, non vi sono novità: Trapattoni e i suoi sono ancora fermi sullo 0-0.
Rische segna il quarto gol e dopo pochi minuti arriva il risultato definitivo del Bayern: pareggio a reti bianche. Il Kaiserslautern è campione di Germania, per la quarta volta nella propria storia.
È un momento di gioia immensa per tutta la città di Kaiserslautern, ma forse colui che maggiormente si gode l’impresa è Otto Rehhagel. Con il duro lavoro e la disciplina tipiche del suo operato, è ripartito dalla Zweite Bundesliga, riportando uno dei suoi giganti dove meritava di stare. Il tutto proprio a discapito della società che lo aveva praticamente condannato.
Nella storia del calcio tedesco, nessuna neopromossa era mai riuscita nella titanica impresa di vincere il campionato. Nessuna prima del Kaiserslautern. Rehhagel aveva reso possibile l’impossibile, e a discapito di quanto afferma Santayana, di tempo gliene è bastato davvero poco.
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