Fashanu

La tragica storia di Justin Fashanu, il primo calciatore a fare coming out

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Il recente coming out dell’ex calciatore di Sampdoria e Udinese Jakub Jankto ha fatto il giro del mondo. Il fine ultimo dell’annuncio del ceco non è solo quello di liberarsi di un peso che lo opprimeva da anni, ma anche quello di provare a normalizzare l’omosessualità all’interno di un mondo ancora molto lontano da questo processo. Se tuttavia il suo tentativo è stato largamente sostenuto da una buona fetta della società e dello stesso mondo del calcio, la medesima cosa purtroppo non si può dire su Justin Fashanu, il primissimo calciatore a fare coming out. La sua tragica storia merita di essere raccontata per tutta la sofferenza a cui il londinese è stato sottoposto, in un periodo storico parecchio buio come quello dell’Inghilterra degli anni Ottanta, una Nazione avviluppata da razzismo e omofobia.


Nato a Londra da padre nigeriano e madre guyanese, viene abbandonato insieme al fratello a seguito della separazione dei due genitori – la madre temeva di non potergli garantire un futuro – e adottato all’età di sei anni da Alf e Betty Jackson, una coppia inglese di Attleborough. All’età di 15 anni approccia il mondo del pugilato arrivando alle fasi finali della British Amateur Junior Heavyweight, tuttavia grazie alla tenacia di un talent scout del Norwich City comincia a farsi strada nelle selezioni giovanili fino a debuttare nel gennaio 1979 in First Division – antenato della Premier League.

Con la maglia dei Canaries Fashanu segna 35 gol in 90 presenze spalmate su tre stagioni. In particolare, l’annata 1979/1980 per il londinese è parecchio speciale. Non solo raggiunge per la prima volta in carriera la doppia cifra realizzativa in campionato, ma una di queste reti la mette a segno nella pirotecnica sconfitta per 5-3 dei suoi contro il Liverpool di Kenny Dalglish – che in seguito si laureerà campione d’Inghilterra –, con una volée di sinistro da ventitré metri che gli vale il premio ‘Goal of the Season‘.

Fashanu si conferma e anzi migliora il suo score nella stagione 1980/1981, arrivando terzo nella classifica dei marcatori del campionato inglese con 19 gol – dietro solo ai 20 di Steve Archibald e Peter Withe –, nonostante la retrocessione dei Canaries in seconda divisione.

Il futuro pare roseo per il giovane attaccante, soprattutto quando nell’estate del 1981 scrive la storia del calcio inglese diventando il primo calciatore nero a costare un milione di sterline – una “colpa” che pagherà con continui insulti razzisti in tutti gli stadi inglesi. È il Nottingham Forest del leggendario Brian Clough, nella persona di Peter Taylor, a scommettere su Fashanu, all’epoca ventenne. Questo trasferimento, però, si rivelerà un flop clamoroso. I Tricky Trees arrivano dodicesimi in campionato e la stella del mercato estivo segna solo 3 reti in 32 presenze. A peggiorare le cose è il rapporto con l’allenatore: pare che Clough, una volta intuito l’orientamento sessuale di Fashanu – il ragazzo frequentava spesso dei pub omosessuali –, lo avesse escluso dagli allenamenti con il resto della squadra.

L’unica gioia di quella stagione per Fashanu furono gli Europei Under-21 vinti con la propria Nazionale. I Tre Leoni, dopo un percorso decisamente arcigno, riuscirono a conquistare il primo campionato europeo della propria storia – il secondo ed ultimo lo vinceranno due anni dopo – battendo in finale la Germania Ovest per 5-4, con anche un gol di Justin.

Il rapporto compromesso con Clough e le prestazioni poco esaltanti in campionato, spingono la dirigenza del Nottingham a cederlo in prestito al Southampton. L’attaccante parte con il piede giusto, segnando 3 gol nelle prime 9 partite di First Division, ma i Saints non riescono a riscattarlo a causa di mancanza di fondi. Così, nel dicembre del 1982, la punta viene ceduta all’altra squadra di Nottingham, il Notts County. Anche qui Fashanu sembra trovarsi a proprio agio mettendo a referto 7 gol in 15 partite – concludendo di fatto la stagione in doppia cifra considerando la breve esperienza di Southampton –, mentre nella stagione 1983/1984 i suoi 5 gol in 17 partite non bastano per evitare la retrocessione del club professionistico più antico del mondo.

L’annata 1984/1985 vede il passaggio di Fashanu al Brighton, ma un infortunio al ginocchio mette a serio rischio la sua carriera. Vola negli Stati Uniti per operarsi e sottoporsi ad una lunga riabilitazione, che lo devasta anche economicamente. Proprio negli States torna a giocare dopo due anni di stop, prima nei Los Angeles Heat e poi in Canada agli Edmonton Brick Men, dove sigla 22 reti in 35 presenze.

Torna in Inghilterra, ma la sua carriera, anche per via delle continue dicerie che accompagnano la sua figura, cade a picco. Dopo delle brevi parentesi al Manchester City e al West Ham, approda ai dilettanti del Southall, nelle vesti di allenatore-giocatore.



Spinto dalle costanti maldicenze che lo riguardavano, e dall’asfissiante situazione nel quale si trovava da anni, nell’ottobre 1990 Justin Fashanu, in un’intervista al Sun, ammette pubblicamente la propria omosessualità. Da quel momento in poi, come già in parte era stato nel corso della sua carriera, Fashanu sarà vittima di pregiudizi, abusi e insulti di ogni tipo. Gli voltò le spalle la comunità nera inglese e persino suo fratello minore John, che lo ripudiò. Il tentativo di apertura di Fashanu fu estremamente coraggioso, considerando anche che sono serviti trentadue lunghi anni affinché un altro calciatore britannico, Jake Daniels, facesse pubblicamente coming out.

L’ultimo highlight della carriera di Fashanu avviene tra il 1991 e il 1993, quando con la maglia del Torquay United segna 15 gol in 41 gettoni, ma anche qui non riesce a salvare i Gulls dalla retrocessione, e così comincia a girovagare nei più svariati campionati – passando da quello scozzese a quello svedese, dalla Nuova Zelanda fino al ritorno negli Stati Uniti, dove cerca fortuna come allenatore, senza grande successo.

Dopo il suo coming out provò in ogni modo a ripulire la propria immagine pubblica, optando spesso anche per azioni e interviste contraddittorie e controverse, pur di provare a salvare la sua carriera. Tutto questo non servì però a nulla, e anzi, alimentò l’odio e il livore che l’opinione pubblica inglese provava nei suoi confronti.

Al termine degli anni Novanta guida i Maryland Mania nel campionato di seconda divisione della USL A-League, ma è costretto ad abbandonare l’incarico a causa di una grave accusa sul suo conto mossa da un diciassettenne del posto. Secondo quest’ultimo, l’ex calciatore lo avrebbe sottoposto ad un rapporto sessuale non consenziente, dopo averlo drogato con della marijuana. Fashanu si dichiara innocente ma è consapevole che la possibilità di una condanna sia molto alta perché, oltre all’accusa di stupro, deve fare fronte anche alla legge sulla sodomia che al tempo vigeva nel Maryland, che puniva con il carcere i rapporti orali – non solo omosessuali, anche tra coniugi. Dopo aver inizialmente collaborato con la polizia, Justin prende il primo volo e torna nella capitale inglese per chiedere aiuto, ma nessuno gli diede il sostegno che desiderava.

«Spero che il Gesù che amo mi dia il benvenuto a casa», scrive il trentasettenne nella straziante lettera d’addio trovata la mattina del 3 maggio 1998 dinanzi al suo corpo impiccato. Nelle sue ultime memorie Fashanu afferma di essere innocente, e che qualsiasi rapporto avvenuto fosse consensuale. Il caso venne archiviato per mancanza di prove.

Justin Fashanu ebbe il coraggio di compromettere la propria reputazione pur di provare a vivere una vita libera da segreti, ma la bigotteria della società che lo circondava lo costrinse a vestire e a non togliere mai davvero quelle opprimenti maschere di cui tanto voleva liberarsi. La sua storia di coraggio e sofferenza deve fare da monito per chi fa parte direttamente e indirettamente del mondo del calcio, nella speranza che in futuro la libertà di poter esprimere sé stessi non rappresenti in alcun modo un problema.

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