Mazzone corsa

La corsa di Carletto Mazzone sotto la curva dell’Atalanta

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Il 30 settembre del 2001, davanti ai 15.000 spettatori dello stadio Mario Rigamonti di Brescia, la squadra di casa presentava al suo pubblico il nuovo acquisto Pep Guardiola, che dopo quasi vent’anni di Barcellona – dove tornerà una volta terminata la carriera da giocatore e iniziata quella da allenatore, per fare la storia – ha scelto le Rondinelle per il prosieguo della sua carriera. Quello che il catalano in quel momento non sapeva, però, è che l’impatto con il mondo Brescia sarebbe stato così folle. Infatti, in quel pomeriggio di settembre, avrebbe assistito alla corsa di Carletto Mazzone sotto la curva dell’Atalanta, il gesto più iconico nella lunga carriera dell’allenatore romano.

Guardiola ha speso e spende ancora oggi parole al miele nei confronti di Mazzone, ringraziandolo per quello che gli ha trasmesso come mister e soprattutto come uomo

Il contesto di quello sfogo liberatorio di Mazzone era appunto un Derby tra il suo Brescia e l’Atalanta di Giovanni Vavassori, in una gara valida per la quinta giornata di Serie A. La partita tra le due squadre spicca per la forte rivalità esistente da secoli tra le città di Bergamo e Brescia. Un antagonismo poi sfociato in una focosa rivalità calcistica, un appuntamento che spesso, per i tifosi e non solo, vale un’intera stagione.




L’arbitro fischia l’inizio della partita e, nei primi minuti di gioco, l’Atalanta colpisce un palo. A passare in vantaggio è invece la squadra di casa, al ventiquattresimo minuto, con il solito Roberto Baggio, che segna l’1-0 approfittando dello spiovente di Petruzzi e della disattenzione difensiva degli atalantini, che lo lasciano tutto solo davanti a Taibi.

La gioia, però, dura poco per i bresciani: dopo appena tre giri d’orologio l’Atalanta pareggia con Sala e, due minuti più tardi, trova il vantaggio grazie a un missile di Cristiano Doni. A pochi secondi dallo scadere del primo tempo Zenoni trova Comandini che colpisce di testa e spedisce la palla alle spalle di Castellazzi, le squadre vanno al riposo sull’1-3 per la Dea.

Il vantaggio bergamasco porta in tripudio la tifoseria ospite che, galvanizzata dal risultato, sbeffeggia e insulta i bresciani, ma soprattutto il loro allenatore, Carletto Mazzone, toccando anche tasti dolenti e ferite mai rimarginate del mister capitolino. Dal settore ospite, infatti, partono cori di discriminazione territoriale e soprattutto insulti verso la madre, che era scomparsa precocemente a causa di una malattia, quando Carlo era ancora un ragazzo. Il mister del Brescia non ci sta, chiede la reazione dei suoi uomini, e cambia l’assetto della sua squadra già all’alba del secondo tempo.

Quando manca un quarto d’ora al termine, Mazzone non riesce più a trattenere la rabbia e inizia a rispondere alle offese che arrivano dal settore ospiti. Proprio mentre questo avviene, una palla calciata in avanti trova la testa di Igli Tare, che fa da sponda per Roberto Baggio: difesa della posizione, tiro e gol. 2-3, il Brescia la riapre.

Per Mazzone, totalmente indispettito, è il momento di pronunciare la storica frase, segnata dall’inconfondibile dialetto romano, che preannuncia la corsa che entrerà nella storia del calcio italiano: «Se famo er 3 a 3 vengo sotto ‘a curva».

La partita è agli sgoccioli, siamo nel recupero, e vi è una punizione laterale in zona d’attacco per i padroni di casa. Sul punto di battuta, naturalmente, Roberto Baggio. Il Divin Codino calcia, trova una deviazione che allunga il pallone sul secondo palo e, soprattutto, trova la sua tripletta personale e il clamoroso 3-3 in zona Cesarini.

Mazzone è assolutamente incontenibile, con tutte le forze che ha in corpo inizia una corsa che parte dalla sua area tecnica e ha la propria destinazione nella zona dello stadio occupata dai bergamaschi. La foga è tale da rendere completamente vano il tentativo del suo vice Menichini di domarlo. È il momento dello sfogo, è il momento di mantenere la minacciosa promessa fatta qualche minuto prima, è il momento di fare la storia.

Si è scusato e si è preso le proprie responsabilità fin dal primo istante per questo gesto, che venne punito con l’espulsione da parte di Collina, accolta senza alcuna protesta, e successivamente da diverse giornate di squalifica. In un certo qual modo, però, questa corsa rappresenta la carriera di Carlo Mazzone, un maestro di calcio, sì, ma prima ancora «una persona schietta, sincera, in un mondo in cui spesso vanno avanti i ruffiani, i leccaculo, gli opportunisti», parole del suo figlioccio calcistico Roberto Baggio.

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