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Milan-Roma, o l’arte della guerra

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«L’attacco migliore è quello che non fa capire dove difendersi. La difesa migliore è quella che non fa capire dove attaccare». Contrariamente a quello che si crede, L’arte della guerra di Sun Tzu non è un trattato bellico, ma una vera e propria ode all’arte della strategia, alla perversione per la pianificazione, allo studio capillare delle variabili, principi applicabili in qualsiasi campo, e a San Siro i 75.023 spettatori della gara di Europa League tra Milan e Roma hanno potuto assistere a una sapiente messa in scena di queste doti.


Come arrivavano le squadre alla partita?

Entrambe le squadre arrivano alla delicatissima partita di coppa con il vento in poppa. La Roma sta prolungando la scia dell’entusiasmo dall’arrivo di Daniele De Rossi a suon di buoni risultati, ma soprattutto, e qualcuno direbbe finalmente, con prestazioni sempre convincenti, che probabilmente stanno facendo dimenticare, o almeno accantonare, il ricordo di José Mourinho. Dall’altra parte, anche il Milan di Stefano Pioli sta vivendo un ottimo periodo di forma, nel 2024 ha raccolto 35 punti in 14 partite – media di 2.5 punti a partita –, ma soprattutto ha riacquisito certezze che credeva di aver perduto, sia nella qualità del gioco che nel valore dei singoli.

Nella conferenza stampa in preparazione alla partita con la Roma, l’allenatore dei rossoneri e il centrocampista algerino Ismaël Bennacer si sono lasciati andare a dei paragoni forti, a seguito dello spettacolare incontro di Champions League tra Real Madrid e Manchester City. A fare da contraltare, De Rossi sta diventando ormai un meme sui social per l’equilibrio e l’umanità quasi troppo perfette che esprime in ogni intervista.

Lo scontro

Il Milan si presenta col solito assetto tattico e di uomini in campo. In difesa resterebbe l’emergenza, ma ormai Malick Thiaw e il ritrovato Matteo Gabbia hanno saputo dare ulteriori certezze al percorso di crescita dei rossoneri. De Rossi, invece, cerca di sorprendere Pioli piazzando l’ex della partita Stephan El Shaarawy sulla corsia di destra, con libertà di agire su tutto il fronte per Paulo Dybala.

Chi si aspettava una Roma aggressiva dal primo minuto deve ricredersi, la linea è abbastanza chiara: accorciare la squadra restando sotto la linea della palla per poter togliere spazi e pericolosità a Rafael Leão e Theo Hernández.

Il Milan dal canto suo non rinuncia al suo solito approccio offensivo, dal pressing sulla prima linea di possesso. Emblematico è il differente trattamento riservato ai due registi delle squadre: mentre da un lato Leandro Paredes è continuamente pressato in fase di costruzione, dall’altra parte Bennacer ha la possibilità di giocare molti più palloni, e con più tranquillità.

La Roma, come da suo marchio di fabbrica nell’era De Rossi, ricorre allo stratagemma della Salida Lavolpiana, con Bryan Cristante che si abbassa sulla linea dei difensori e i terzini che salgono, permettendo ai giallorossi di costruire con la classica formula del terzetto dietro.

Il pressing della squadra di Pioli è feroce, ma rischia di aprire pericolose praterie ai giallorossi, e già al quinto minuto Dybala dialoga bene in uscita con Romelu Lukaku e Leonardo Spinazzola, per poi andare alla conclusione.

Proprio la presenza di Lukaku, con la sua imponente fisicità, sarà una delle chiavi della risalita della Roma, che cercherà spesso e volentieri il centravanti belga come punto di riferimento, e lui abilissimo nel difendere palla e scaricare sulla Joya, continua spina nel fianco per la difesa rossonera.

Ma Lukaku non è il solo votato al sacrificio e al lavoro sporco, da sottolineare la magistrale prestazione di un El Shaarawy interprete del ruolo dell’esterno-terzino che ha ricordato per certi versi quella di Samuel Eto’o in una lontana notte al Camp Nou, a proposito di Mourinho.

Nei primi venti minuti il copione della partita è lo stesso: Ruben Loftus-Cheek, e a seguire Tijjani Reijnders e Theo Hernández escono in forte pressione sui centrocampisti della Roma, che però riesce a trovare Lukaku e Dybala, e proprio da una situazione del genere nasce il corner che porta al vantaggio della Roma. Dalla bandierina va l’argentino, che dipinge una traiettoria perfetta per il solito Gianluca Mancini: girata sul secondo palo e 0-1. È la sua settimana.

Nel primo tempo il Milan resta intrappolato in questa rete sapientemente cucita da De Rossi, con Lukaku spesso impegnato in un primo pressing, ma non troppo convinto, sui portatori di palla avversari, e con tutto il resto della squadra che si schiaccia, in alcuni casi anche nei propri 30 metri, a difendere le posizioni e soffocare la manovra dei rossoneri che hanno un disperato bisogni di spazi.

Se El Sharaawy copre la corsia di destra e Dybala agisce un po’ a tutto campo, restando comunque orientato al centro, sulla sinistra il tecnico giallorosso si affida a uno Spinazzola in grande spolvero che gioca a tutta fascia. La squadra di Pioli non trovando spazi sulla sinistra, come suo solito, ripiega a destra, dove Calabria come da copione tenta incursioni centrali dialogando con Christian Pulisic e un buon Reijnders. Proprio dell’olandese è l’unica occasione per i rossoneri nella prima frazione di gioco: un tiro da fuori area diretto all’angolino basso della porta di Mile Svilar, ma il portiere serbo si fa trovare pronto. Il duello tra i due si rinnoverà nel corso della partita, con l’estremo difensore sempre sugli scudi.

Nel finale di primo tempo la Roma cerca anche il raddoppio con un’irresistibile sgroppata sulla sinistra di Spinazzola che brucia Calabria e conclude verso lo specchio, trovando solo il calcio d’angolo.


Variazioni e adattabilità

Come in uno dei più importanti capitoli de L’arte della guerra, nell’intervallo Pioli cerca di sistemare la squadra e rimettere in piedi non solo la partita, ma l’intera qualificazione.

Il Milan rientra in campo più guardingo, alza il pressing a folate, ma cerca comunque di non concedere le stesse ripartenze del primo tempo alla Roma. Dal canto loro i giallorossi si trovano più a loro agio dei rossoneri nel palleggio e nella ricerca degli spazi tra le linee: Paredes, Dybala e un Lorenzo Pellegrini più libero riescono efficacemente a trovare i varchi giusti per alzare la linea del possesso palla.

Il secondo tempo procede su questi binari, con il Milan che ogni tanto cerca di alzare il pressing, ma ad ogni occasione che concede – come al 61’ con Pellegrini, dopo uno scambio col solito Lukaku – torna ad abbassare i ritmi.

La Roma però, con il passare dei minuti, inizia a soffrire un po’ di più l’iniziativa dei rossoneri, e i cambi di Pioli – anche quello contestatissimo dai tifosi di Noah Okafor per Leão – portano ulteriore freschezza al Milan, che subisce meno la riaggressione dei giallorossi nelle transizioni negative. De Rossi invece tarda ad apportare cambi, il primo arriva solo all’81’ con l’ingresso di Tammy Abraham per Dybala.

Proprio da due subentrati nascono le due occasioni più nitide per il Milan: la prima è un tiro/cross di Yacine Adli, che rischia di sorprendere Svilar; la seconda, all’87’, è invece la vera grande occasione del Milan per pareggiare i conti, con Samuel Chukwueze che danza sul pallone e ipnotizza i due difendenti avversari, facendo passare il pallone in uno spazio ridottissimo e scaricandolo a rimorchio per Olivier Giroud, che dal limite dell’area piccola, a porta quasi sguarnita, calcia di destro e colpisce in pieno la traversa, tra l’incredulità e la disperazione di compagni e tifosi.

Nel finale Pioli si gioca la carta Loftus-Cheek centravanti in appoggio al francese, ma non riesce più a creare nulla. A San Siro termina 0-1 per la Roma, che potrà giocarsi la qualificazione tra le mura amiche forte del prezioso risultato dell’andata.

La chiave della partita, in numeri

La chiave della partita l’abbiamo già descritta ampiamente: la Roma ha accettato di abbassare la propria linea di pressione per togliere spazi vitali all’offensiva degli interpreti rossoneri, dall’altra parte Pioli ha cercato di correggere qualcosa nel proprio piano partita, che invece prevedeva il solito affronto totale, senza compromessi, e che probabilmente ai punti avrebbe anche meritato il pareggio.

Proprio andando a leggere i dati della partita possiamo trovare delle indicazioni interessanti:

  • La prima e più superficiale è un’occhiata al possesso palla e agli xG del match, che vedono avanti i rossoneri (53% di possesso palla e 1.32 xG creati contro lo 0.53 dei giallorossi);
  • A testimonianza delle difficoltà del Milan nel trovare soluzioni familiari e che passassero per l’utilizzo degli spazi come pagina bianca del tema tattico dei rossoneri, emblematici sono i confronti tra i cross (27 a 8 per la squadra di Pioli) e i tiri da fuori area delle due squadre (12 a 2, sempre per i rossoneri).

In conclusione, probabilmente non è stata la partita che ci saremmo aspettati, soprattutto dalla squadra di De Rossi che ci aveva abituato a un altro approccio, ma non per questo l’uno più meritevole dell’altro. L’arte della guerra, ma anche quella degli allenatori, è sicuramente quella della duttilità, che passa in primo luogo dalla comprensione dei punti di forza e di debolezza dell’avversario di giornata: «Come il fiume non ha corso costante, così la forza non ha forma costante». Non per questo la Roma ha rinunciato ad alcuni dei suoi principi fondamentali che le hanno permesso di rendersi pericolosa in diverse occasioni, ma sicuramente il risultato è stato figlio del grande lavoro di abnegazione di giocatori come El Shaarawy e Lukaku su tutti. Probabilmente non è una casualità: l’undici di partenza dei giallorossi aveva un’età media di 29.5 anni, non dei canterani insomma, ma la prestazione della Roma è stata proprio quella di una squadra matura, che ha dimostrato che per competere ad alti livelli in Europa, probabilmente, non era strettamente indispensabile il verbo del Profeta di Setubal in panchina.

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