Thiago Alcántara

Thiago Alcántara è stato un calciatore unico nel suo genere

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«O Thiago o niente». Pep Guardiola è da poco diventato l’allenatore del Bayern Monaco, i tedeschi hanno appena concluso una stagione straordinaria, vincendo Champions League, coppa nazionale e campionato sotto la guida di Jupp Heynckes. L’allenatore spagnolo ha le idee chiare: la squadra non ha bisogno di stravolgimenti, la qualità è tanta ed è fiducioso che, con i giusti compromessi, si adatterà ai suoi principi di gioco. Ha bisogno però di qualcuno che abbia la capacità di far rallentare l’azione, di far girare il pallone con i tempi giusti. La richiesta alla società è una sola e risponde al nome di Thiago Alcántara.


Una carriera luccicante

Thiago, classe 1991, nasce in Italia, precisamente a San Pietro Vernotico. Il papà è un noto giocatore brasiliano, Mazinho, che in quel periodo gioca appunto nel Bel Paese, precisamente nel Lecce. La mamma, Valeria Alcántara, invece, è una pallavolista professionista. Da questa famiglia di sportivi, oltre a Thiago, nasce un altro calciatore: Rafael, meglio noto come Rafinha.

Inizia a giocare a calcio in Brasile, crescendo nel Flamengo, ma a 14 anni il Barcellona lo porta in Spagna. Dopo due anni in cantera, nel 2007 inizia a giocare con il Barça B, debuttando tra i professionisti. La strada è segnata, il talento è fuori dal comune e nel 2009 arriva la promozione in prima squadra. Nel frattempo il centrocampista fa tutta la trafila delle nazionali giovanili spagnole, riuscendo nell’impresa di conquistare ben tre Europei, il primo con l’Under-17 e gli altri due, consecutivamente, con l’Under-21, fino all’approdo definitivo nella Roja.

Il Barcellona di quel periodo è una delle squadre più forti di sempre, una compagine iconica guidata dal genio rivoluzionario di Pep Guardiola. Per Thiago è difficile ritagliarsi uno spazio da protagonista assoluto, la presenza di giocatori sublimi come Xavi, Iniesta e Busquets ne limitano inevitabilmente il minutaggio. Nonostante questo, nelle sue 100 presenze in blaugrana riesce a mostrare sprazzi di grandissimo talento.

La chiamata del Bayern Monaco, allenato dal suo ex allenatore emigrato in Germania, è una ghiotta occasione per ritagliarsi un posto da titolare inamovibile. L’inizio non è dei più semplici, un infortunio lo limita per i primi mesi e diversi problemi muscolari non gli permettono di giocare con continuità nella prima stagione in Baviera, che chiude con sole 25 presenze. L’annata successiva è ancora più difficile: un problema al ginocchio lo costringe a scendere in campo solamente per 13 volte. Fortunatamente, negli anni successivi, questi problemi si presenteranno più raramente, permettendogli di diventare un punto fermo della squadra tedesca negli anni a venire. Indossando infatti 235 volte la maglia dei Roten, mette a referto 31 gol e 37 assist e riesce a conquistare in sette stagioni, tra le altre cose, 7 Bundesliga, 4 DFB-Pokal, 3 Supercoppe tedesche e una Champions League da assoluto protagonista.

Nel momento migliore della sua carriera, si trasferisce al Liverpool, voluto fortemente da un altro maestro di calcio come Jürgen Klopp. Purtroppo, i problemi fisici già citati tornano a bussare alla porta con costanza e diventano l’ostacolo maggiore per la sua avventura inglese – alla fine delle sue quattro stagioni con britanniche saranno più le partite saltate per infortunio (124) che le presenze (98). Nell’unica annata in cui ha un po’ di tregua sotto questo aspetto e può giocare con un minimo di regolarità per poter incidere – 39 partite su 60 totali, stagione 2021/2022 – i Reds sfiorano il Treble, riportando la FA Cup a Liverpool dopo 16 anni, ma perdendo la Premier League all’ultima giornata contro il Manchester City e la finale di Champions contro il Real Madrid.

Dopo l’ennesimo stagione da calvario, con una sola presenza collezionata, Thiago dice addio al calcio, a 33 anni. Il fisico non gli ha mai permesso di esprimere al 100% il suo reale livello, ma la sua carriera è comunque da leggenda assoluta. Oltre ad aver meravigliato gli appassionati con il suo calcio, ha infatti conquistato ben 37 trofei, un numero che lo rende uno dei calciatori più vincenti di ogni epoca.


Cosa ha reso speciale Thiago Alcántara?

Quello che ha sempre contraddistinto lo spagnolo è senz’altro la sua tecnica sublime e la sua eleganza fuori dal comune, che lo ha reso facilmente riconoscibile nei suoi movimenti all’interno del rettangolo verde. Ha giocato in tutte le zone del centrocampo, essendo dotato di una sagacia tattica che lo rendeva efficace anche in fase difensiva. Grazie inoltre alla sua abilità nell’intercettare i passaggi avversari e nell’andare a contrasto, possiamo definire Thiago Alcántara un centrocampista completo sotto i vari aspetti del calcio moderno.

Il suo gioco è stato però sublimato soprattutto dal suo primo controllo, una qualità che lo rendeva difficilmente pressabile e, abbinata a una straordinaria capacità di progressione palla al piede, perfetto per far risalire il pallone dalla difesa. Le sue altrettanto lodevoli capacità di dribbling e la sua straordinaria agilità con il pallone tra i piedi lo portavano a prendersi rischi calcolati anche a ridosso della propria area di rigore. Spesso abbiamo visto Thiago, grazie a questo suo marchio di fabbrica, riuscire a eludere il pressing avversario con un tocco o due, liberarsi nello stretto per poi verticalizzare sui riferimenti avanzati. La qualità dei passaggi è poi sempre stata nettamente sopra la media: Thiago era in grado di assistere i compagni in qualsiasi maniera e in qualsivoglia posizione.

Un giocatore come lo spagnolo sarà difficile da ritrovare, per noi appassionati. La sua completezza, la sua intelligenza e la sua tecnica sopraffina ne fanno un calciatore unico nel suo genere. Se il calcio può essere arte, Thiago Alcántara è sicuramente stato uno dei principali e più spettacolari artisti della sua epoca, pur avendo dovuto spesso dipingere con un pennello lacerato.

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