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Josef Bican, il più grande bomber di sempre

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Il calcio dell’anteguerra è solito regalare storie sperdute e dimenticate di grandi campioni, calciatori in grado di anticipare di diversi decenni delle autentiche leggende del calcio per abilità e stile di gioco, ma al contempo in grado di raggiungere record impensabili e fuori da ogni logica, nella maggior parte dei casi integri ancora oggi. Questa storia ci porta a conoscere il mito di Josef Bican, uno dei detentori di questi record del tutto anacronistici. Chi è Josef Bican? Secondo le leggende popolari, ma anche per la IFFHS – International Federation of Football History & Statistics –, è il più grande finalizzatore di tutti i tempi. L’uomo in grado di surclassare ed oscurare le statistiche di colossi come Pelé, Gerd Müller, Romário, Arthur Friedenreich, Franz Binder e Ferenc Puskás.



Il calcio era sempre stato una costante per la vita del piccolo Pepi, sin dai primi anni dell’infanzia, quando la passione si era incendiata grazie al padre Frantisek, reduce della Grande Guerra e calciatore, tragicamente scomparso nel 1921 per un infortunio ai reni occorso durante uno scontro di gioco. La tragedia colpì duramente tutta la famiglia Bican, ma nonostante l’assenza del capofamiglia e i problemi economici, il piccolo Josef continuò a coltivare l’amore per il calcio. Cresciuto nel quartiere viennese di Favoriten, a solo pochi metri dalla casa di un’altra grande leggenda come Matthias Sindelar, Pepi fu costretto a giocare spesso e volentieri a piedi scalzi, data l’impossibilità di permettersi un paio di scarpe, e proprio grazie a questa routine Bican affermava di avere affinato la sua inusuale e fuori dalla norma tecnica palla al piede, oltre alla assurda velocità che lo portavano a percorrere i 100 metri piani in 10.8 secondi, un tempo notevole per l’epoca e più che rispettabile ancora oggi.

Ben presto la grande predisposizione di Bican per l’ambiente calcistico si diffuse tra i club di Vienna. La sua grande rapidità e la grande raffinatezza di entrambi i piedi, oltre alla sua infallibilità in zona gol e al suo fisico prestante, gli garantirono l’ingaggio da parte dell’Hertha Vienna prima e del ben più vittorioso e rinomato Rapid poi. Proprio il Rapid, squadra contro la quale il padre si era procurato quel fatale infortunio, rappresentò il punto di svolta della carriera e della vita di Josef, come a volersi beffare definitivamente del destino. Con i Grün-Weiße arrivò il tanto sognato esordio tra i professionisti, in quella che era probabilmente la peggior partita per un debuttante, perché l’avversario era la rivale Austria Vienna e la controparte era rappresentata da sua maestà Matthias Sindelar, all’epoca tra gli indiscussi migliori interpreti del gioco del calcio. Si trattava di una partita vista dalla stampa locale come la sfida tra l’allievo e il maestro, il presente e il futuro, il fuoriclasse e il campione in erba. Era il 6 settembre del 1931, una tempesta di innovazione si abbatté sul mondo del calcio danubiano, europeo e mondiale: Rapid Vienna 5 Austria Vienna 3, poker di Josef Bican. La devastante prestazione è il preludio a quello che sarà la carriera del giovane viennese, una carriera letteralmente in rampa di lancio che lo porterà a gonfiarsi sin da subito le tasche, quadruplicando nel giro di pochi mesi lo stipendio percepito, ottenendo la cifra di 600 scellini a settimana – circa 45 euro –, cifra impensabile all’epoca per un ragazzo di soli 20 anni.



Trasversalmente Josef ha fatto il suo esordio anche con la maglia della Nazionale austriaca, trattasi di quel Wunderteam in grado di tenere spaventosamente sotto scacco tutto il continente europeo per due anni. Prende parte con la corazzata di Hugo Meisl ai Mondiali italiani del 1934, dove si rivela decisivo per il cammino del Das Team fino alle semifinali. Pepi segna il gol del decisivo 3-2 nei tempi supplementari degli ottavi di finale contro la Francia del grande Nicolas, in una partita che vede andare in gol i tre tenori austriaci, con Sindelar e Schall ad anticipare il definitivo gol vittoria di Bican. Il Mondiale terminò però in malo modo per il Wunderteam, con la sconfitta in quella che era la finale anticipata del torneo, il derby tra Meisl e Vittorio Pozzo. Un contestato gol di Guaita spalancò infatti all’Italia le porte per la finale e il successivo paradiso dell’alloro mondiale, il primo dei quattro titoli della storia azzurra. L’esperienza con la nazionale austriaca continua fino al 1937, anno in cui il giovane lasciò definitivamente il Paese.

Tornando a parlare della sua esperienza nei club, tra Bican e il Rapid qualcosa si ruppe, il successivo passaggio all’Admira rappresentò una logica conseguenza, oltre che a un duro colpo per tutto il club e i suoi tifosi. La parentesi all’Admira è incontestabilmente eccezionale per Josef, che nelle due stagioni giocate riuscì ad assicurare ai suoi il back-to-back nel campionato austriaco. Siamo arrivati al 1937 e l’ulissismo di Bican torna ad essere una costante, come del resto sarà poi per il proseguimento della carriera. Intanto in Europa le cose non andavano molto bene, Bican teme l’Anschluss, il processo con il quale Hitler punta alla riunificazione della Germania con l’Austria, chiede quindi fortemente la cessione in Cecoslovacchia, terra frequentata durante le vacanze in gioventù. L’accordo c’è già, e prevede un contratto con lo Slavia Praga. Il contenzioso tra lo Slavia e l’Admira dura parecchio, al termine del quale però Pepi può finalmente vestire la maglia dei Sešívaní. Josef Bican conclude la sua esperienza calcistica austriaca con all’attivo 60 gol in 75 presenze, un titolo di capocannoniere, 14 gol in 19 presenze col Wunderteam e tre campionati austriaci.

L’acquisto di Bican è probabilmente il più grande evento della storia dello Slavia Praga, club che non navigava in ottime acque all’epoca. Le due partite d’esordio seguono il copione che lo aveva consacrato a nuovo fenomeno del panorama mondiale: nella prima gara, in coppa, ne mette quattro al Bohemians, per poi ripetersi con lo stesso score in campionato contro il Nachod. La magia di Pepi si espande da subito anche in Cecoslovacchia, sono infatti 10 le stagioni in cui si issa come miglior marcatore del campionato, con alcuni picchi del tutto eclatanti e clamorosi, come le 50 reti del 1940 e le 57 del 1944. In questi anni lo Slavia si erge indubbiamente a miglior squadra del paese, vincendo ben 5 campionati, di cui 4 consecutivi tra il 1940 e il 1943. Ma soprattutto anche l’Europa deve fare i conti con l’incontrastata dominanza e forza di quella formazione. Succede nel 1938, quando la Coppa Mitropa – una delle antecedenti dell’odierna Champions League – finisce appannaggio dei cecoslovacchi. Il cammino dello Slavia è per certi versi surreale, vengono rifilate 9 reti all’Ambrosiana Inter, 6 al Genoa e 4 nel derby danubiano con il Ferencváros. Manco a dirlo, Bican si laurea capocannoniere incontrastato del torneo, grazie a 10 meravigliose realizzazioni nelle 8 partite disputate nel corso del torneo. L’anno seguente riesce persino a fare meglio: sono infatti 19 le partite di campionato in cui va a segno consecutivamente, stabilendo un record fuori da qualsiasi tipo di razionalità. Un record mantenuto ininterrottamente fino al 2012, quando a strappare questo primato è stato un altro marziano, Leo Messi.



Nel frattempo gli venne concesso il permesso di vestire la maglia della nazionale cecoslovacca. Trasversale è stato il rifiuto di indossare la maglia della Germania nazista del Reich di Hitler, scelta condivisa per altro con il grande amico Sindelar. L’esordio con la Cecoslovacchia collimò, guarda caso, con una tripletta rifilata alla Svezia; alla fine dell’esperienza Bican potrà contare una media eccezionale per una Nazionale, con 12 gol in 14 partite.

Antiteticamente a questo, però, un evento alquanto inaspettato e atipico per il mondo del calcio accadde nel 1939. Per due sole partite nacque la nazionale della Boemia-Moravia, in sostituzione di quella cecoslovacca. Bican indossò quella maglia, lasciando ovviamente il segno grazie a due triplette nelle sfide contro Austria e Germania. In questo modo Bican ottenne un altro record inconsueto nonché del tutto originale, quale l’aver segnato con tre maglia di Nazionali diverse. Josef riuscì dove un altro grande come Alfredo Di Stéfano fallì successivamente, ottenendo un primato che mantiene ancora oggi.

La tranquillità calcistica di Pepi terminò però nel 1948, quando il regime comunista sbarcò ufficialmente in Cecoslovacchia. Casualmente e per ironia della sorte, il governo comunista era da sempre stato uno dei timori più grandi per l’austriaco, che nel 1939 si ritrovò a dover rifiutare un ingaggio da parte della Juventus, proprio per paura di un sovversivo colpo di stato socialista nel bel mezzo del regime dittatoriale di Benito Mussolini. Come insegnato dai libri di storia ovviamente ciò non accadde, ma Bican si trovò lo stesso a dover fare i conti con il comunismo, pagando a caro prezzo l’avversità nel partito che non ne vedeva di buon occhio l’eccessiva popolarità e il rifiuto di aderire al programma. Venne in questo modo isolato dalla vita praghese, da qui nacque la scelta di cercare di riavvicinarsi al popolo andando a giocare in squadre operaie come il Vítkovice e il Hradec Králové.



Tornerà comunque al suo amato Slavia – chiamato dal regime Dinamo Praga – nel 1953, all’età di 40 anni, giocherà fino a 42, stabilendo il record di giocatore e marcatore più anziano della storia del campionato cecoslovacco, dimostrando ancora una volta la sua immensità. L’ultima stagione allo Slavia la disputa da giocatore-allenatore, segnando la solita valanga di gol di cui quattro in una sola partita, contro il Liberec. Si ritira ufficialmente proprio alla fine di quel campionato, continuando poi una lunga ma mai eccelsa carriera da allenatore. Termina nel 1955 il regno onnipotente di Josef Bican, capace di vincere 5 campionati cecoslovacchi e una Coppa Mitropa, oltre ai già citati trionfi in terra austriaca.

Una carriera continuamente costellata di reti – i titoli di capocannoniere a fine carriera saranno addirittura 12 – che lo avrebbero portato a vincere 5 Scarpe d’Oro consecutive tra il 1939 e il 1944, se il premio fosse già stato istituito.

C’è da dire che vi sono diverse opinioni riguardo le effettive marcature di Bican. Alcune leggende cecoslovacche, decisamente fantasiose, lo vogliono marcatore di più di 5.000 reti, bottino che sembra però alquanto difficile persino da immaginare, più che da realizzare. È ben più verosimile la statistica che ne conta 1468 in poco più di 900 partite. Universalmente Bican viene comunque considerato il più grande bomber di sempre, grazie agli 805 gol in 503 partite ufficiali – media di 1.52 gol a partita –, che ne hanno decretato il titolo di miglior cannoniere della storia e hanno conferito all’austriaco il Pallone d’Oro dei marcatori dell’IFFHS nel 2001, lo stesso anno in cui Josef, detto Pepi, trova la morte nella sua Praga all’età di 88 anni, quasi come a voler simboleggiare la ferrea voglia di andarsene solamente dopo essere stato legittimato come uno dei migliori calciatori della storia ma soprattutto come il miglior bomber di sempre.

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