Matthias Sindelar

Matthias Sindelar, il calciatore che sfidò il nazismo

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Il 30 gennaio del 1933 Adolf Hitler presta giuramento come cancelliere della Germania, facendo il primo passo di una terribile marcia che sconvolgerà l’intera umanità. Dopo pochi mesi dall’accaduto, il mondo può ancora soltanto immaginare a cosa andrà in contro, e la vita pertanto procede tranquillamente, e con essa il calcio. In attesa del secondo Mondiale della storia, che si terrà nel 1934 in Italia, si sta giocando la settima edizione della Coppa Mitropa, il trofeo per club più importante e ambito dell’epoca. La finale vede protagoniste non solo due delle squadre migliori, ma anche e soprattutto i due giocatori europei più forti: l’Austria Vienna capitanata da Matthias Sindelar contro l’Ambrosiana Inter di Giuseppe Meazza. La storia del primo si intreccerà inevitabilmente con gli sviluppi di quanto accadde in quel gennaio del ’33, concludendosi in maniera tragica.



Matthias Sindelar nasce a Kozlov, in Boemia, il 10 febbraio del 1903. Solamente tre anni più tardi si trasferisce con la famiglia a Vienna, dove cresce in un quartiere proletario. La vita a Favoriten – nome del suo quartiere – è molto difficile e sin da piccolo Matthias è costretto a rimboccarsi le maniche per aiutare la famiglia. La morte del padre sul fronte durante la Grande Guerra, infatti, lo porta a lasciare già giovanissimo i divertimenti della vita di strada, dove passava interi pomeriggi a giocare a calcio assieme agli amici – tra cui vi era anche un giovanissimo Josef Bican.

Si divide quindi tra scuola e lavoro, quando finalmente nel 1918 l’Hertha Vienna lo porta tra le sue fila. Sindelar è per distacco il miglior giocatore della squadra del quartiere, grazie anche alle sue doti di funambolo ed abile dribblatore acquisite nel calcio di strada. Il fisico esile – che gli valse il soprannome Cartavelina – ne limita lievemente le capacità, ma le grandissime doti tattiche e di portatore di palla ne fanno in fretta uno dei migliori calciatori austriaci, nonostante l’ancor giovane età.

Se dal punto di vista tecnico era un problema sul quale si poteva sorvolare, dal punto di vista medico, il fisico, iniziava a dare i primi problemi, soprattutto legati al ginocchio, che lo costringeranno a giocare per tutta la carriera con una vistosa fascia elastica nera e ne condizioneranno alcune partite. Ciò non limita però la fama di Sindelar, che diviene presto il giocatore più conosciuto e stimato in tutto il mondo, assieme al già citato Meazza.

Viene ceduto nel 1924 all’Austria Vienna e diventa l’idolo della tifoseria viola, anche se non riesce a portare più di un campionato e di cinque coppe, vista anche l’inadeguatezza della rosa. In compenso, ottiene grandi successi in campo internazionale, sia con il club che soprattutto con la Nazionale austriaca.

Fa parte infatti della fortissima selezione conosciuta come Wunderteam – letteralmente, la squadra delle meraviglie – guidata magistralmente da Hugo Meisl. L’Austria inanella una striscia di 14 risultati utili consecutivi, compresi un 6-0 e un 5-0 ai tedeschi e un 8-2 e un 2-1 all’Ungheria, nei quali Sindelar realizza ben 12 gol. Queste vittorie creano la fama della Grande Austria, che trionfa nella Coppa Internazionale – antenato dell’Europeo – del 1932 e ottiene i migliori risultati di sempre sia ai Mondiali che alle Olimpiadi, dove viene fermata in entrambi i casi dalla quasi invincibile Italia di Vittorio Pozzo.

Torniamo però a quella finale di Coppa Mitropa del 1933. Il 3 di settembre si è giocato all’Arena Civica di Milano l’andata della finale e l’Ambrosiana ha trionfato per 2-1, grazie anche ad una rete di Meazza. Sindelar non ha brillato. È vero che ha servito l’assist a Spechtl per il gol che ha riaperto la partita, ma ha complessivamente giocato una gara molto egoista e fatta di tecnicismi fini a sé stessi, una di quelle che verranno definite col concetto dello Scheiberlspiel.

Il ritorno si gioca cinque giorni più tardi al Prater di Vienna davanti a circa 60.000 spettatori, e le speranze degli austriaci sono poste su Matthias Sindelar. In questa edizione il Mozart del calcio – come lo aveva soprannominato Hugo Meisl – si è già preso sulle spalle la squadra contro un altro colosso italiano, dominando per 3-0 la Juve di Mumo Orsi. Questa, però, è soprattutto la sua sfida diretta con Meazza, col quale si contende lo scettro di miglior giocatore del mondo, e Matthias decide di risolverla a modo suo. È una sua tripletta ad annichilire i nerazzurri guidati dal genio Árpád Weisz e a consegnare il trofeo all’Austria Vienna. Un 3-1 senza appello – rete finale inutile proprio di Meazza – che consacra Sindelar a miglior giocatore del mondo.

A questo successo internazionale segue il trionfo nella medesima competizione nell’edizione del 1936 contro lo Sparta Praga, dopo aver nettamente eliminato ai quarti il Bologna allenato da Weisz, confermandosi in questo modo la bestia nera dell’allenatore magiaro. Sindelar è all’apice della sua carriera e riceve numerose offerte da squadre europee. Ha la possibilità di giocare in Italia o nell’Arsenal, ma decide di rifiutarle e restare a Vienna.



Improvvisamente e nel momento di maggiore splendore, però, la carriera di Matthias Sindelar si arresta. Il 10 aprile 1938, infatti, Hitler arriva definitivamente al punto di non ritorno e comincia la parte principale del proprio piano. Il plebiscito indetto in Austria ha confermato l’Anschluss, ovvero l’annessione austriaca al Reich e la creazione della Grande Germania. Come cessa di esistere l’Austria – che verrà rinominata Ostmark – sparisce anche il calcio. Il campionato non viene più riconosciuto e considerato solo come una lega dilettantistica tedesca, ma soprattutto i giocatori austriaci sono costretti a vestire la maglia della Germania nazista.

Per celebrare questo evento, ai calciatori austriaci viene concessa un’ultima occasione di vestire la maglia rossa della propria Nazionale, in occasione della partita della riunificazione (Anschlussspiel), giocata al Prater tra Austria e Germania, la quale deve uscire vincitrice. I gerarchi nazisti hanno infatti acconsentito a Sindelar di giocare ancora con l’Austria per un’ultima volta, ma gli hanno imposto la sconfitta.

Quello che succede, invece, è che Matthias gioca una delle migliori partite in carriera, facendosi senza problemi beffe degli avversari e segnando il gol del vantaggio austriaco, festeggiato proprio sotto la tribuna occupata dagli alti funzionari nazisti. A questo fa seguito il gol del grande amico Karl Sesta. La partita finisce 2-0 a favore del Das Team, ma segna fondamentalmente la fine della carriera di Sindelar.

A fine gara, davanti ai gerarchi tedeschi, sia lui che lo stesso Sesta si rifiutano di effettuare il saluto nazista. Inoltre, Sepp Herberger, il commissario tecnico tedesco, gli chiede di far parte della spedizione per i Mondiali che si sarebbero giocati in Francia, ma Sindelar rifiuta categoricamente.

Finisce dunque la sua carriera, ma non solo quella, purtroppo. Il 23 gennaio 1939 viene trovato morto nel suo appartamento viennese assieme alla fidanzata italiana, a causa di una fuga di gas. L’evento viene catalogato come morte accidentale, la Gestapo ne celebra fin troppo in fretta i funerali di Stato e prova così a cancellarne la memoria. La verità? Impossibile da sapere, dato che il fascicolo sulla sua morte scomparve misteriosamente.

Matthias Sindelar lascia alla storia una grandissima eredità calcistica – assieme a Pedernera è stato il primo grande falso nueve – e soprattutto morale, al pari di altri grandi uomini di calcio come Eddy Hamel dell’Ajax e Egri Erbstein, il dirigente fautore del Grande Torino. Il Mozart del calcio non verrà mai dimenticato, come gli eroi della partita della morte, uomini semplici che non hanno avuto paura nel loro piccolo di ribellarsi a un nemico troppo più forte, diventando per sempre dei simboli di coraggio e resistenza.

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