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Come funziona il calcio negli USA?

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Le leghe sportive degli USA sono spesso il top dal punto di vista mediatico e finanziario, basti pensare alla NBA o alla NFL con i loro business milionari e i loro contratti televisivi in giro per il mondo, oltre che a videogames ufficiali e tutta una serie di partnership da sei zeri, ma perché il calcio è così bistrattato nella Nazione a stelle e strisce?



La riflessione ci fornisce uno spunto interessante per fare un excursus all’interno del complicato mondo del calcio nordamericano, strutturato in maniera decisamente diversa da quello del nostro continente e di difficile comprensione.

Prima di tutto: negli USA vi è la presenza di più leghe, ossia organi indipendenti l’uno dall’altro, ciascuna con le proprie squadre e la propria organizzazione, esattamente come avviene in quasi ogni altro sport praticato oltreoceano: per intenderci, è come se in Italia esistesse un’altra federazione oltre alla FIGC che le facesse diretta concorrenza e proponesse il proprio campionato. La UPSL – United Premier Soccer League – in particolare è una importante lega, con presenza capillare nella quasi totalità degli USA, ma di fatto formalmente considerata come una lega di calcio dilettantistico e regolata da un organo chiamato USADA, che si occupa del coordinamento delle leghe amatoriali. È interessante oltretutto notare come la UPSL è una delle pochissime leghe americane che applicano un meccanismo di promozioni e retrocessioni.

Le leghe considerate come professionistiche invece, sotto l’egida della Federazione calcistica degli USA – la USSF –, sviluppano generalmente la propria stagione in campionati “stile NBA”, con stagione regolare suddivisa in Conference e stagione dei play-off successiva. Le prime due leghe in Nord America sono la Major League Soccer (MLS) e la United Soccer League (USL). La prima in particolare è ormai nota anche dalle nostre parti, data la presenza sempre più costante di nomi altisonanti, basti pensare che solo ultimamente vi hanno chiuso la carriera calciatori del calibro di Pirlo e Kaká, e vi hanno militato nomi come David Villa, Alessandro Nesta e David Beckham.

Facile intuire che la MLS, nonostante anni travagliati e pregni di cambiamenti, è ormai una realtà, e probabilmente lo deve proprio all’abbinamento che viene fatto tra calcio e modello sportivo tipicamente statunitense, fatto di lustrini, spettacolarità di contorno, grandi impianti e, appunto, il sopra citato “stile NBA” in cui è strutturato. Non solo dal punto di vista della divisione della stagione, ma anche da un punto di vista meramente economico: i club infatti non sono del tutto indipendenti ma appartengono effettivamente alla MLS, che dall’alto ne controlla numerosi aspetti, tra cui tetti salariali e di costi gestionali. Tutto ciò in maniera diametralmente opposta a quanto accade nella UPSL, che vede in tutto e per tutto una formula più simile alla nostra, con squadre totalmente indipendenti economicamente e amministrativamente.

La MSL ha dato alla luce la sua prima stagione nel 1996, esattamente dieci anni dopo la concorrente USL, che a sua volta ha delle fondamenta ancora differenti. Essa infatti possiede sotto la propria egida più campionati, tutti di diverso livello tecnico e di importanza e totalmente separati tra loro, quindi completamente avulsi a logiche di promozione e retrocessione. Nel marasma generale, tuttavia, sia le squadre della MLS, sia quelle della USL Championship, maggior campionato di lega, partecipano alla US Open Cup, la classica coppa nazionale presente anche nelle nazioni europee. La vincitrice di quest’ultima oltretutto partecipa di diritto alla CONCACAF Champions League, che come suggerisce il titolo mette in competizione le maggiori squadre di Nord e Centro America. Le restanti tre squadre statunitensi che partecipano a questa manifestazione provengono tutte dalla MLS, e sono la vincitrice del campionato MLS, l’altra finalista e la squadra che ha detenuto più punti nella stagione regolare. Sebbene la MLS non sia alla stregua di giganti come la NBA, la NFL e la NHL, è considerata comunque facente parte dell’olimpo delle Major Leagues, a testimoniare che muove comunque un gran flusso di denaro. È infatti grazie alla MLS che negli USA si sono iniziati a costruire degli stadi appositi per il calcio, e la copertura televisiva nazionale con ESPN ne garantisce una grossa credibilità.



Il vero fiore all’occhiello del calcio statunitense è ad ogni modo quello femminile, che riscuote un appeal nettamente superiore a quello italiano e muove somme di denaro impensabili. La nazionale femminile statunitense infatti può vantare ben quattro Coppe del Mondo – su otto edizioni totali disputate, tra le quali l’ultima in Francia –, oltre che quattro ori olimpici. Anche per quanto riguarda le donne, negli USA esistono due leghe principali a darsi battaglia: la National Women Soccer League (NWSL) e la Women Premier Soccer League (WPSL). La NWSL si basa su 10 squadre, la cui vincitrice è determinata tramite play-off, formate ad inizio stagione con la formazione della rose determinata da tre fattori: un generico draft tra tutte le giocatrici tesserate chiamato ‘Player Allocation‘, una modalità di selezione di calciatrici dai college, molto semplicemente definito ‘College Draft‘ e un tradizionale sistema che consente di mettere sotto contratto giocatrici svincolate chiamato ‘Free Agency‘. La NWSL riveste un’importanza leggermente superiore alla lega rivale, la quale ha un’organizzazione differente: ha prima di tutto una controparte maschile, chiamata National Premier Soccer League (NPSL), e un numero di squadre nettamente superiore, quasi settanta, suddivise nel campionato dilettantistico e professionistico. La struttura dei campionati, nel loro caso, è davvero simile a quella della NBA, con Conferenze suddivise in divisioni formate da un numero variabile di squadre, le cui vincenti si sfidano all’interno dei play-off.

Osservando la vastità della realtà calcistica negli USA decade dunque probabilmente il luogo comune che vede il calcio come uno sport poco noto all’interno del continente. Il percorso è sicuramente tutt’altro che concluso ma può considerarsi a buon punto tenendo conto di tutte le evoluzioni presenti nell’arco dell’ultimo quarto di secolo, tra cui cambi di format e deliranti modifiche al regolamento, tra cui a fasi alterne anche il tempo effettivo e gli shootout al posto dei rigori in qualunque situazione di pareggio. Sebbene non sia lo sport nazionale, infatti, il Soccer – come lo chiamano da quelle parti – ha visto una crescita esponenziale negli ultimi 25 anni, dunque dal mondiale ospitato nel 1994, e sembra sempre di più destinato a crescere.

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