Danilo

Danilo, umano troppo umano

I Personaggi PSS Slider

La Juventus è uno dei club dalla storia più importante e vincente d’Europa. È la squadra che ha vinto più volte la Serie A, la Coppa Italia e la Supercoppa Italiana, e che detiene il record internazionale di calciatori campioni del mondo (27).

Essere il capitano della squadra bianconera – una squadra abituata a vincere e che ha come proprio monito «Vincere non è importante, è l’unica cosa che conta» – è un’enorme responsabilità toccata ad alcuni tra i più grandi del calcio mondiale. Si pensi a leggende come Giampiero Boniperti, Giuseppe Furino, Gaetano Scirea, Alessandro Del Piero, Gianluigi Buffon e Giorgio Chiellini, solo per citarne alcuni dei più rappresentativi.

Dopo l’addio controverso di Leonardo Bonucci – un calciatore sicuramente leggendario per i torinesi, ma che nella sua lunga esperienza bianconera ha avuto un rapporto di amore e odio con la tifoseria –, la fascia da capitano dei bianconeri è stata ereditata dal brasiliano Danilo, che è diventato il primo capitano straniero nella storia della Juventus.


Dal buio alla luce

È l’estate del 2019, e l’ex difensore di Manchester City e Real Madrid arriva a Torino con non poche responsabilità. Sostituisce João Cancelo, uno dei migliori interpreti nel suo ruolo per qualità e corsa, oltre che per la sua duttilità, che si trasferisce alla corte di Pep Guardiola per 65 milioni di euro – esborso in cui è compresa la valutazione del terzino brasiliano.

Il destino fa sì che Danilo – che prende il numero tredici – entri subito nelle grazie dei tifosi bianconeri. Succede il 31 agosto del 2019, quando la Juventus di Maurizio Sarri – per l’occasione sostituito dal suo vice Giovanni Martusciello per problemi di salute – affronta il Napoli di Carlo Ancelotti. Al 15’ del primo tempo Mattia De Sciglio è costretto ad uscire per infortunio, e al suo posto debutta proprio Danilo. Il nativo di Bicas entra e, sugli sviluppi di un calcio d’angolo per il Napoli, la Juventus riparte in contropiede. A condurre l’azione c’è proprio lui, che prima serve il connazionale Douglas Costa, e poi batte Alex Meret con un piattone destro sull’assist di ritorno. È l’esordio con gol più veloce nella storia della Vecchia Signora.

La rete, però, non basta per guadagnarsi la fiducia del tecnico toscano. Quando chiamato in causa Danilo sembra lento, fuori ritmo e insufficiente in fase offensiva. Persino in difesa è confuso e poco affidabile, e questo lo fa arretrare parecchio nelle gerarchie. In poco tempo passa da sostituto titolare di Cancelo a oggetto misterioso. Gli highlights della sua annata, più che il gol contro il Napoli, vedono come emblemi l’espulsione da subentrato contro il Bologna – gara nella quale viene ammonito due volte nel giro di dieci minuti – e il rigore mandato alle stelle proprio contro gli Azzurri, nella finale di Coppa Italia – che contribuisce alla sconfitta. In una stagione travagliata, nonostante la vittoria del nono Scudetto consecutivo, lui risulterà essere senza dubbio il peggiore dei bianconeri.

L’anno dopo Maurizio Sarri viene esonerato, e il presidente Andrea Agnelli nomina come nuovo allenatore della Juventus Andrea Pirlo, alla sua prima esperienza in panchina. Per Danilo è l’anno del riscatto. Il brasiliano torna ad essere titolare prima da terzino, suo ruolo naturale, e poi, grazie a un’intuizione del tecnico bresciano, da braccetto di una difesa a tre.

È questo il ruolo che fa le fortune del difensore scuola América, che comincia a giocare con costanza inanellando una lunga serie di prestazioni positive che lo portano a diventare un titolare inamovibile. A causa di diverse assenze, viene persino schierato in più occasioni da centrocampista centrale del 4-4-2 bianconero. La scelta di Pirlo sorprende, ma Danilo lo fa ancora di più. In mezzo al campo fa bene: si abbassa, imposta, detta i ritmi con naturalezza e precisione, dimostrando di poter fare all’occorrenza anche il mediano.

Con il ritorno di Massimiliano Allegri sulla panchina della Juventus, il verdeoro si conferma giocatore eclettico, disponibile, estremamente intelligente e dal piede educato – sia nel corto che nel lungo –, una delle poche note positive della deludente stagione bianconera. Ma soprattutto, diventa un serio e forte uomo spogliatoio, dotato di leadership e capacità comunicative fuori dal comune. E lo dimostra dall’inizio della stagione, con la scelta coraggiosa di prendere il numero sei, storicamente legato al già citato Scirea – omaggiato per l’occasione da Danilo, che dimostra il legame sviluppatosi con i bianconeri.



Capitano per merito

Nel 2022, la storica bandiera Giorgio Chiellini lascia la Juventus per trasferirsi in MLS. La fascia da capitano passa così al braccio di Bonucci, mentre i vice diventano Juan Cuadrado e Alex Sandro, arrivati entrambi alla Juve nel 2015. Nel novembre dello stesso anno, però, Allegri sorprende tutti con una decisione che poi si rivelerà corretta: rendere Danilo il vice-capitano, d’accordo con i due esterni sudamericani. Danilo ha scalato le gerarchie per diventare il capitano della Juventus non grazie agli anni di permanenza o alle presenze, ma attraverso la leadership riconosciuta dai suoi compagni di squadra.

La sua prima stagione da capitano si è conclusa con la vittoria della Coppa Italia – il primo trofeo sollevato da Danilo con questi gradi, il quarto complessivo in quel di Torino –, ma è stata tormentata e deludente, e ha visto nel finale il turbolento addio di Max Allegri. La dirigenza, guidata da Cristiano Giuntoli, ha messo in atto una vera e propria rivoluzione per l’estate seguente: al posto del livornese arriva sulla panchina bianconera Thiago Motta.



Dalla luce al buio, di nuovo

La nuova Juve di Motta e Giuntoli, nonostante avesse dichiarato sui propri canali social e nelle varie conferenze stampa che avrebbe posto le nuove basi proprio sulle spalle del proprio capitano, ha clamorosamente deciso di mettere alle porte Danilo.

Il capitano bianconero è stato tenuto fuori numerose volte sin da inizio stagione. Motta ha preferito spesso l’inesperienza e la voglia di fare del giovane Nicolò Savona, prodotto del vivaio bianconero. Quando però è stato schierato – soltanto 8 apparizioni da titolare –, il brasiliano è apparso appannato e fuori forma. In particolare, contro l’Inter, a San Siro, il difensore ha messo in opera quella che probabilmente è la sua peggiore prestazione con la maglia bianconera, risultando protagonista negativo in almeno tre dei quattro gol subiti dalla squadra guidata dall’ex Bologna.

I problemi principali li ha avuti giocando da difensore centrale di una difesa a quattro, ruolo in cui Danilo ha sempre faticato, mentre quando è stato riproposto da terzino, sia a destra che a sinistra, ha fornito prestazioni più convincenti. Ma a prescindere dagli aspetti tattici, è stato progressivamente chiaro a tutti che tra lui e Motta non scorresse buon sangue, e che in questa nuova Juve sarebbe stato al massimo un gregario.

Questa situazione ha fatto nascere diverse voci su un possibile addio di Danilo, ma in una dichiarazione post-partita il brasiliano si è espresso nettamente: «Non ho mai visto un capitano che abbia lasciato la sua squadra a metà stagione e io non sarò da meno». Ma la volontà del brasiliano non basta e la Juventus gli fa sapere che non avrebbe più fatto parte del progetto tecnico, mettendolo fuori rosa. Pochi giorni dopo, sui propri canali social, Danilo ha pubblicato un post con tre immagini: una sua foto a petto nudo sulla neve, la celebre frase «Reset, restart, refocus» e lo scatto di un bigliettino del J-Hotel su cui ha posto una firma, disegnato un cuoricino e scritto «FORZA JUVE!». Questo l’addio che il brasiliano ha potuto dare alla Juventus, ennesimo capitano trattato male dalla Vecchia Signora, che società dopo società non perde questa cattiva abitudine.

Nonostante tutto questo, ha deciso di non voltare le spalle ai propri tifosi: Danilo è stato insistentemente cercato dal Napoli di Antonio Conte, e il suo approdo in Campania sembrava quasi certo, ma alla fine ha optato per un ritorno in Brasile. Ha scelto il Flamengo, dimostrando di essere bianconero fino alla fine, rinunciando alla possibilità di lottare concretamente per lo Scudetto.

Che Danilo non fosse un fuoriclasse è sempre stato chiaro a tutti, ma in un periodo storico calcisticamente poco florido per la Juventus, è stato fondamentale avere un riferimento di una tale caratura umana. Sempre al proprio posto, mai fuori luogo e corretto in campo e fuori, con compagni e avversari. Quando si parla di “stile Juve” si compie una mistificazione datata e antiquata. È un retaggio ormai passato e senza valore effettivo nel nuovo mondo calcistico, ma se questo dovesse trovare una propria incarnazione negli ultimi anni, questa figura la incarnerebbe proprio Danilo, che in una squadra precaria, fallimentare e deludente è spesso stato l’argine e uno degli ultimi baluardi di speranza.

A Danilo non è stato concesso di salutare dal vivo il pubblico bianconero, ma resterà per sempre tra i cuori dei tifosi che speravano che la sua storia, troppo delicata e bella per essere calpestata, avesse un lieto fine. L’ex Santos è un uomo sempre disposto a lottare per i suoi compagni con professionalità e grinta, incessantemente pronto e determinante, ma, scomodando Nietzsche, umano troppo umano. Già, perché Danilo ha raccontato alle fine del 2021 della sua lotta con la depressione, mostrando il suo lato più fragile e intimo per aiutare chi come lui sta affrontando questa situazione – un impegno sociale che sente molto, non solo in questo ambito, e che pratica con costanza attraverso l’educazione e la cultura. E forse proprio l’aver mostrato con coraggio la fragilità tipica dell’essere umano lo ha portato ad essere ancora più rispettato e amato all’ombra della Mole – e non solo. Il brasiliano ha sempre accettato ogni ruolo e ogni sfida, mettendo in discussione prima di tutto sé stesso. Danilo è a tutti gli effetti un simbolo di uno stoicismo oggi sempre più smarrito.

«Non discutere più di come debba essere l’uomo per bene, ma siilo» diceva Marco Aurelio nei suoi Pensieri, e questa massima rappresenta al meglio la determinazione e l’impegno con cui Danilo accetta ogni compito. Essere il capitano della Juventus è di per sé una responsabilità, ma esserlo stato in un periodo duro e avaro di successi non ha fatto altro che avvalorare il suo impegno. È nelle difficoltà che viene fuori l’uomo che sa soffrire e che lotta in silenzio, facendo da esempio e fonte di stimoli per i suoi compagni. Confronto e umiltà, impegno e dedizione, grinta e razionalità: queste le chiavi del successo di un uomo passato dall’essere un esubero al diventare capitano.

Danilo è un uomo che è caduto nelle profondità più recondite del proprio animo, ma è stato capace di rinascere e trasformarsi. E lo farà ancora. Come insegna Zenone di Cizio, del resto, «come parlare della Luce se non si è avuto, almeno una volta, l’esperienza del Buio?».

Leggi anche: Storie di calcio e depressione