Quagliarella

Fabio Quagliarella, bellezza e rivincita

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«Chiunque conservi la capacità di cogliere la bellezza non diventerà mai vecchio». La frase in questione di Franz Kafka, tratta dal libroLa Metamorfosi‘, racconta bene la parabola calcistica di Fabio Quagliarella, un girovago del pallone che ogni qualvolta ha messo piede nel rettangolo verde ha sempre saputo cogliere la bellezza di questo sport, lasciando tracce spesso indelebili, non soltanto nella mente dei suoi tifosi.

La storia di Fabio Quagliarella, però, non è solo una storia di bellezza, è anche una storia di sofferenza, ma soprattutto una storia di rivincita. Rialzarsi dopo esser caduto, una costante che lo accompagnerà nel corso della sua carriera e della sua vita.



Fabio nasce a Castellammare di Stabia, in provincia di Napoli, il 31 gennaio 1983 e da sempre è legato fortemente, anche a livello calcistico nel bene e nel male, alla sua terra e alla città.

La sua crescita calcistica non è però avvenuta in Campania, ma a Torino, nelle giovanili dei granata. Sotto la Mole Antonelliana debutta in Serie A, ma trova successivamente poco spazio e questo lo costringe alla gavetta nelle serie minori del nostro Paese, prima nella Florentia Viola – nome usato dalla Fiorentina nella stagione 2002/2003 – e poi nel Chieti, dove inizia a segnare i suoi primi gol e a mostrare al pubblico le sue prime magie.

Nella stagione 2004/2005 il Torino, vista la retrocessione, lo tiene per affrontare la Serie B, e lui ringrazia segnando 7 gol e contribuendo all’immediato ritorno dei granata in A, che però falliranno, con Quagliarella che si ritrova svincolato. Fabio riparte dall’Ascoli e riparte dalla Serie A, e proprio in maglia ascolana segnerà i suoi primi gol nella massima serie italiana.

La sua prima grande stagione in Serie A la vive con la Sampdoria, dove indossa per la prima volta il numero 27, che lo accompagnerà per il resto della sua carriera. Quagliarella sceglie questo numero per onorare la memoria di Niccolò Galli, suo amico e compagno di squadra nelle giovanili della Nazionale, scomparso a soli 17 anni a causa di un incidente stradale.

A Genova inizia a trovare continuità e i suoi primi gol che lo caratterizzeranno per il resto della sua carriera: segna un gol con un gran destro da fuori area contro l’Atalanta, uno in rovesciata contro la Reggina e uno da centrocampo contro il Chievo.

A fine stagione saranno 14 i gol messi a segno al cospetto dei tifosi blucerchiati, che deve salutare perché l’Udinese – comproprietaria del cartellino del campano – lo paga alle buste 7.3 milioni di euro, ma che riabbraccerà con gioia successivamente.

A Udine segna 33 gol in due stagioni, tra i quali i suoi primi 8 europei, in Coppa UEFA, dove arriva ai quarti di finale. Nel 2009 segna un gol in sforbiciata da fuori area contro il Napoli, che verrà premiato come miglior gol della stagione.

Sarà un caso, ma nell’annata successiva proprio gli azzurri si interessano a Quagliarella, magari scossi proprio da quel gol subito, e lo vogliono portare a Napoli. Il giocatore non ci pensa due volte, indosserà la maglia della squadra per la quale tifava da bambino.



Nella sua terra vive una stagione da favola, entra nel cuore dei tifosi e nonostante segni “solo” 11 gol, come dirà lui stesso, è come se ne avesse segnati 100, perché i tifosi gli restituivano un’emozione tale da poter assegnare ad ogni singola rete un valore maggiore.

Si conferma autore di parabole impensabili e apparentemente impossibili, come il gol spaziale segnato all’Atalanta in quel di Bergamo.

Ogni volta che calcia, più che un telecronista a commentarlo, sembra ci sia in sottofondo ‘Je so’ pazzo‘ di Pino Daniele, perché uno con quelle idee non può che esserlo.

Inoltre, vedendo quello che combina contro il Livorno, pare non si sia accontentato di vincere il premio del miglior gol nella stagione precedente. In quella gara segna una doppietta, ma soprattutto scheggia una traversa da centrocampo che, se esistesse, gli garantirebbe anche il premio come miglior non-gol.

Masaniello, come lo hanno ribattezzato a Napoli, sta vivendo calcisticamente parlando il momento più felice della sua carriera, ma al contempo il periodo più brutto della sua vita extra-campo: riceve centinaia di lettere anonime in cui viene falsamente accusato di pedofilia, uso di droghe, calcioscommesse e affiliazione alla camorra, Fabio ovviamente è innocente, ma le stesse lettere arrivano anche alla società partenopea, che decide di venderlo ai rivali della Juventus.

Quando la notizia del trasferimento viene resa pubblica, vengono fuori tutti gli aspetti negativi di una tifoseria così bella e calorosa come quella napoletana, che quando le cose vanno bene può darti le emozioni che probabilmente nessun’altra riesce a darti, ma che vede nel rovescio della medaglia tutto il peggio di un supporter.

I tifosi si sentono traditi e Quagliarella riceve insulti e minacce di morte, mai piacevoli da ricevere, ancor di più se non hai nemmeno voluto tutto questo. L’urlo di dolore di Fabio è strozzato da questa vicenda, che prima di esser resa pubblica deve essere risolta, e dovranno passare parecchi anni.



Questo periodo nero non ha però intaccato le sue prestazioni e anzi, proprio dopo la partenza da Napoli, ha vissuto forse i suoi momenti più gloriosi. Il principe Myškin, ne ‘L’idiota‘ di Fëdor Dostoevskij, diceva che «la bellezza salverà il mondo», Fabio, attraverso la bellezza del suo calcio, prova a salvare sé stesso.

Nella prima metà di stagione bianconera, Quagliarella è in grande spolvero e segna 9 gol in campionato, contro le sue ex Sampdoria e Udinese – quest’ultimo di tacco, su assist di Miloš Krasić –, Lecce, Milan, Cesena, Brescia, una doppietta al Catania e soprattutto, l’ultimo, in rovesciata contro il Chievo.

Quando tutto andava alla grande, Fabio cade. Succede nella prima gara di gennaio, contro il Parma, passano pochi minuti dall’inizio della partita e Quagliarella sente un dolore lancinante: è il crociato, sono 6 mesi di stop, la stagione del campano finisce lì. La Juventus, che fino a quel momento sembrava potersi giocare addirittura il titolo, senza il calciatore che in quel momento era il suo uomo di punta, crolla, e termina il campionato al settimo posto, il secondo di fila.

Nella stagione successiva la squadra bianconera cambia faccia e trova in Antonio Conte la figura guida per tornare a vincere. Per Quagliarella non è un’annata semplice, rientrare da un infortunio simile non è facile, e in più la concorrenza in attacco è aumentata. Gioca solo due partite in tutto l’anno per 90 minuti, per il resto sono maggiormente spezzoni di gara, ma riesce comunque a contribuire all’inaspettato risultato finale: la Juventus torna campione d’Italia e Fabio vince il suo primo scudetto.

La gara più importante e significativa per lui, in quell’anno, non può che essere quella contro il Napoli, a Torino. Gioca appena 20 minuti, entra in campo voglioso di dimostrare il suo valore, come sempre, e dopo qualche giro d’orologio sfiora prima il gol di sinistro da centrocampo, poi lo trova con un destro sul primo palo, su assist di Del Piero. Non esulta, ma non è un gesto retorico, Fabio prova a lanciare un messaggio alla sua gente, e lo farà ogni volta che ne avrà l’occasione.

L’annata 2012/2013 è un’altra annata in cui deve lottare parecchio per dimostrare il meglio di sé, Conte lo vede meno dei suoi compagni, ma ancora una volta a Fabio basta quel poco spazio che gli viene concesso per mettere in mostra le sue qualità: fa meglio dell’anno precedente, segna la sua prima tripletta in carriera – nel 6-1 contro il Pescara –, chiude la stagione in doppia cifra e soprattutto segna molti gol pesantissimi, risultando ancora una volta decisivo per la vittoria sua e della Juventus del secondo scudetto personale e consecutivo.

All’inizio della stagione, precisamente la sera del 19 settembre 2012, fa il suo personale esordio in Champions League, entra a 15 minuti dalla fine contro i campioni in carica del Chelsea, che stanno battendo la sua Juve per 2-1. Passano appena 5 minuti e su una grande imbucata di Claudio Marchisio trova il 2-2, togliendosi lo sfizio di fare un tunnel a Petr Čech. Ne passano altri 6, e su un pallone ricevuto al limite dell’area di rigore, si gira e calcia di sinistro, trovando l’incrocio dei pali e sfiorando la doppietta personale e il 3-2 bianconero. Quagliarella fece tremare lo Stamford Bridge. Un impatto impressionante con la massima competizione europea, nella quale segnerà altri tre gol nel corso dello stesso anno, arrendendosi ai quarti al Bayern futuro campione d’Europa.

La sua terza ed ultima stagione alla Juve è quella con il minutaggio minore in assoluto, dopo l’approdo in bianconero di Fernando Llorente e soprattutto Carlos Tévez, esce definitivamente dai radar di Conte. Vince dalla panchina la sua seconda Supercoppa Italiana e con appena 391 minuti il suo terzo scudetto consecutivo. Fabio è entrato nel cuore dei tifosi bianconeri, ma è arrivato per lui il momento di cambiare aria.



L’aria calcistica cambia, ma le temperature metereologiche rimangono uguali, perché Quagliarella si trasferisce al Torino, dove tutto era iniziato, rimanendo dunque nella stessa città.

Con i granata non ritrova solo minutaggio, ma anche lo score realizzativo che per gioco forza non ha potuto avere nella stagione precedente. Alla fine dell’annata mette insieme un bottino di 17 gol, di cui due di importanza storica.

Il primo lo segna il 26 febbraio 2015, al San Mamés di Bilbao, con il Toro ospite dell’Athletic. I granata si giocano proprio con gli spagnoli i sedicesimi di finale di Europa League, all’andata la gara è finita 2-2, ma è al ritorno che Quagliarella e compagni fanno la storia. Sotto la pioggia scrosciante, Fabio apre l’incontro trasformando un calcio di rigore, poi ci penseranno i gol di Maxi López e Darmian a chiudere la gara e consegnare al Torino il passaggio del turno, e alle squadre italiane la prima storica vittoria in casa del Bilbao, mai avvenuta prima d’allora.

Il secondo è invece uno dei suoi 13 gol in Serie A, il più importante, e lo segna il 26 aprile, contro i suoi ex compagni della Juventus, regalando ai granata una vittoria nel derby della Mole che mancava da 20 anni.

Nella stessa annata segna un gol – stupendo, tanto per cambiare – contro il Napoli, al San Paolo, l’ennesimo contro gli azzurri – che per l’intera gara lo hanno fischiato e vessato di insulti –, e per l’ennesima volta decide di non esultare in segno di rispetto.

Rispetto che, secondo i tifosi granata, è mancato da parte dello stesso Quagliarella nei loro riguardi, quando, dopo un ulteriore gol segnato al Napoli nella stagione successiva, Fabio ha chiesto platealmente scusa ai tifosi azzurri.

Il gesto ha sancito la rottura definitiva tra Quagliarella e i tifosi del Toro, con lo stabiese che nel mercato di gennaio si è visto costretto ad andare via, trasferendosi in un’altra sua vecchia conoscenza: la Sampdoria.

Dopo metà stagione d’assestamento, in cui perde un po’ la sua regolarità realizzativa, Fabio torna in doppia cifra nella stagione 2016/2017, nella quale segna in particolar modo, nella vittoria contro il Sassuolo, il suo gol numero 100 in Serie A. Un traguardo non da tutti, una cifra che gli permette di stare nel novero dei grandissimi attaccanti che hanno fatto la storia del campionato italiano. Pochi mesi dopo indosserà per la prima volta la fascia di capitano della Samp, divenendo definitivamente un simbolo blucerchiato.

Fabio è ormai un giocatore maturo e che ha piena consapevolezza dei suoi enormi mezzi tecnici, ma questo punto della sua carriera, toccati i 35 anni e ricevute queste onorificenze, in molti pensavano che si sarebbe lentamente adagiato verso la fine della sua vita calcistica, ma la verità era che per Quagliarella il bello doveva ancora venire.

Il campionato 2017/2018 è quello in cui registra il suo record personale di gol in una stagione di Serie A (19) – fino a quel momento –, e tra tiri al volo e altre magie delle sue, si toglie lo sfizio di decidere da capitano, stranamente con un gol semplicissimo, un altro derby, uno dei più calorosi d’Italia, quello della Lanterna.

Sorprendente, ma è arrivato all’apice e sarà costretto ad un fisiologico calo di rendimento, tutti pensavano, ma Fabio doveva ancora togliersi parecchie soddisfazioni e prendersi diverse rivincite personali.

La stagione 2018/2019, giocata a 36 anni, è in assoluto la sua miglior stagione in carriera. Segna 26 gol e serve ai compagni 7 assist, il suo più bello è ancora una volta contro il Napoli, un gol di tacco pazzesco che per la seconda volta gli regala il premio come miglior gol stagionale di Serie A e che per la prima lo candida al premio Puskás della FIFA, poi vinto da Daniel Zsori.

Di quei 26 gol, 14 sono arrivati in 11 gare consecutive e gli hanno permesso di eguagliare il record di partite consecutive in gol in Serie A stabilito da Gabriel Batistuta nella stagione 1994/1995, poi eguagliato anche da Cristiano Ronaldo nel campionato immediatamente successivo.

I 26 gol in campionato gli valgono anche, per la prima volta nella sua carriera, il titolo di capocannoniere della Serie A e il terzo posto nella classifica della Scarpa d’Oro, dietro solo a Lionel Messi e Kylian Mbappé.

Leggendo la carta d’identità si fa davvero fatica a comprendere e a mettere insieme i numeri realizzati da Quagliarella in quell’annata. Cifre che fanno impressione e che si spiegano solamente con il desiderio di mettersi sempre in gioco, misurandosi con avversari magari più giovani e che servono da stimolo per migliorarsi costantemente.



Di rivincite se ne è prese parecchie in quella stagione, e non solo con le squadre di club. Per la prima volta, dopo quasi 10 anni, torna in campo con la maglia azzurra della Nazionale.

L’ultimo ricordo vivido di Quagliarella in Nazionale era tremendamente doloroso, perché collegato alla disastrosa spedizione dell’Italia nel Mondiale in Sudafrica del 2010. Fabio è nel roster azzurro ma resta a guardare in panchina i compagni che pareggiano prima con il Paraguay e poi con la Nuova Zelanda.

Il suo destino sembra il medesimo anche nell’ultima gara contro la Slovacchia, ma mister Lippi gli dà 45 minuti di tempo per ribaltare una partita che l’Italia all’intervallo perdeva 1 a 0. In mezzo a giocatori poco adatti alla maglia azzurra e campioni del mondo con poca voglia di ripetersi, Fabio risulta essere letteralmente fenomenale. Apre gli spazi, crea diverse occasioni per i compagni e Škrtel gli para un tiro sulla linea, ma non basta, perché gli slovacchi segnano il 2-0.

Fabio non ci sta, a 10 dalla fine, da una sua grandissima azione personale e un bello scambio con Iaquinta, arriva il gol del 2-1 di Totò Di Natale, che dà una speranza agli azzurri. Speranza strozzata quando, dopo 5 minuti, trova il gol del 2-2, che però viene annullato dal guardalinee per un fuorigioco millimetrico. Mentre in avanti l’Italia, guidata da Quagliarella, ci prova in ogni modo, dietro il reparto difensivo dorme ampiamente, e da un errore di posizione imperdonabile nato da una rimessa laterale arriva all’89’ il 3-1 della Slovacchia.

Questa volta non ci crede più nessuno, ma Quagliarella non demorde, e al 92′ segna un gol da paura che ancora una volta rimette in piedi gli azzurri. Al 95′, sull’ultima palla giocabile, Simone Pepe calcia male e spreca l’occasione che sarebbe bastata per far passare l’Italia, che invece esce da ultima in classifica in un girone abbordabilissimo. Fabio ha dato tutto ma non è bastato, è disperato e in lacrime per quello che è successo.

Per la sua piccola e personale rivincita dovrà aspettare quasi 10 anni, quando viene convocato nuovamente e, nella gara contro il Liechtenstein, segna una doppietta che lo rende, a 36 anni e 54 giorni, il più anziano marcatore della storia della Nazionale italiana.

La sensazione, guardando la carriera di Fabio Quagliarella, è che nonostante abbia fatto moltissimo, avrebbe potuto fare, con un po’ di fortuna, ancora di più.

Nel frattempo ha finalmente risolto il problema che lo ha ostacolato non solo in carriera, ma nella sua vita in generale, lo stalker che per anni lo ha subissato con lettere infamanti che hanno segnato indelebilmente – tra le altre cose – la sua carriera è stato condannato, Fabio ha ritrovato la serenità che da anni gli mancava e ha potuto raccontare a tutti questa storia, ricevendo anche in risposta e quasi all’unanimità le scuse dei tifosi partenopei, che ora lo rivorrebbero volentieri tra le propria fila, per poter chiudere in bellezza quella storia che troppo velocemente e bruscamente era finita, e questo, con ogni probabilità, è l’ultimo desiderio e l’ultima rivincita che Fabio vorrebbe prendersi, regalare bellezza per l’ultima volta alla sua terra, con la sua maglia e sotto la sua curva, potendo gridare finalmente che «Masaniello è turnato».

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