Shearer

Alan Shearer, storia di una promessa mantenuta

PSS Slider

La storia di come la squadra inglese meno regale di tutte ha ottenuto la corona della Premier League inizia a nord-est, a Pons Aelius, che è stato un ponte e poi un forte romano strategicamente vicino al Vallo di Adriano. Il fine del castrum era di controllare e opporsi alle incursioni dei Pitti, popolo fortemente ostile ai romani. L’imperatore non aveva tutti i torti, era giusto essere prudenti, Roma lo scoprì circa un paio di secoli dopo, quando la stessa tribù riuscì a dare molto fastidio in quell’area. I problemi in Britannia, però, non erano solo a nord-est, i romani non riuscirono più a gestire le opposizioni nemiche e si affidarono all’unica soluzione possibile, il ritiro.

È il preludio del requiem di un impero che aveva ormai “gli anni contati”. Pons Aelius, conosciuta anche come Novocastro, diventa Newcastle.



Per ironia della sorte, in una delle città più italiche della Britannia, nascerà il calciatore più inglese di tutti, il protagonista di questa storia: Alan Shearer.

Alan cresce nel sobborgo di Gosforth, il padre gli propone di giocare a golf ma lui, negato, si avvicina ben presto al football. Si innamora del pallone, vuole solo vedere partite e giocare a calcio. La prima volta al St. James’ Park fu qualcosa di straordinario per lui, si sentì parte dell’atmosfera che fino a poco tempo prima aveva visto solamente in TV. Fuori dallo stadio, la prima persona con cui parlò fu se stesso, si fece una promessa: ne era sicuro, un giorno avrebbe indossato quella casacca bianconera numero nove, quella della squadra della sua città. La casacca del leggendario Kevin Keegan, storica icona del Liverpool che a Newcastle passò le ultime stagioni della sua splendida carriera. Shearer, tipico tredicenne inglese con il caschetto biondo e la carnagione pallida, trovò in Keegan il modello da seguire, l’unica via percorribile per indossare quella maglia. La differenza era tuttavia solo una, lui nel Newcastle voleva giocarci subito, non a fine carriera.

A volte l’amore è a prima vista, altre no, e la sorte ha deciso che per il giovane Alan non era possibile ottenere un posto al Newcastle, venne scartato da giovanissimo. È una decisione ancora una volta ironica, perché Shearer farà come Keegan, in bianconero la storia la scriverà poi.

La squadra che lo ha formato per il provino andato male con il Newcastle è stata il Wallsend Boys Club, «qualcosa di più di un club di calcio» a detta di Alan in un’intervista, «ti insegnano dei valori, cercano di educarti, quindi sì, si tratta di calcio, ma è molto di più di questo, e penso che chi ci abbia giocato lo possa assolutamente confermare».

L’occasione arrivò a sedici anni con una proposta del Southampton. Non era ciò che Shearer aveva sempre sognato ma i Saints non bussano alla porta di tutti e soprattutto non tutti i giorni. A quasi diciotto anni, nel suo esordio in prima divisione da titolare contro l’Arsenal, incanta i suoi nuovi tifosi. Nel primo quarto di partita approfitta di un errore difensivo avversario e di testa spedisce il pallone in rete. Nulla di speciale, se non fosse che nei minuti successivi lo ha rifatto per due volte: raddoppia lo score personale ancora con un colpo di testa in un gol fotocopia del primo e nel secondo tempo si ritrova, sfruttando un’incertezza del portiere, con il pallone e la porta vuota; la prende male, colpisce la traversa con il polpaccio, ma la palla torna in campo e, avventandosi sul pallone, senza preoccuparsi della coordinazione, riesce comunque a far gol. È il più giovane giocatore di sempre che in Inghilterra riesce a portarsi il pallone a casa, batte sul tempo anche Jimmy Greaves – un nome che da solo riassume la metà della storia del Tottenham. È record.



Nei mesi successivi fa fatica ad inserirsi, non gioca molto e non trova il gol: Shearer inizialmente non riesce a rispettare le aspettative che quell’hat-trick aveva delineato. La svolta arriva nell’estate del 1991, quando Ian Branfoot prende il posto di Chris Nicholl sulla panchina dei Saints. Shearer, a ventidue anni, finalmente si sente protagonista al The Dell di Southampton, disputa una stagione ad alti livelli e da miglior marcatore della squadra. Con 13 gol in campionato contribuisce alla salvezza tranquilla dei biancorossi.

A fine stagione tutti vogliono Shearer, è uno degli attaccati più trattati: piomba su di lui lo United, ma incredibilmente Alan rifiuta una delle squadre più storiche e forti d’Inghilterra, non sarà l’ultima volta. Si interessa anche il Blackburn Rovers – sesta classificata in seconda serie ma promossa lo stesso in Premier League grazie ai play-off – e questa volta, incredibilmente, accetta la destinazione. I Rovers se lo assicurano con 3.600.000 sterline, e dietro questa mossa c’è un uomo, l’allenatore del Blackburn, che è qualcosa in più di un semplice coach.

Si tratta di Sir Kenny Dalglish, uno scozzese che ad Anfield ha vinto tutto, tre Coppe dei Campioni – fra gli innumerevoli trofei – da giocatore, poi tre campionati da allenatore-giocatore. L’ultimo, vinto nel 1990, è stato per trent’anni l’ultimo campionato in bacheca nella storia del Liverpool, prima che i Reds, sotto la guida Jürgen Klopp, tornassero di nuovo sul tetto d’Inghilterra.

Kenny è l’uomo perfetto per far maturare un attaccante come Shearer. Le sue annate non brillanti a Southampton forse sono state dettate da una delusione che il ragazzo di Newcastle non riesce a lasciarsi alle spalle per via quel provino non andato bene, per quella promessa non rispettata. L’ “effetto Dalglish” renderà Shearer determinato a far sempre meglio, la promessa vige ancora, non è mai troppo tardi.

Dalglish ha prelevato il Blackburn nell’ottobre della stagione precedente, centrando la promozione, i Rovers sono qualcosa in più di una semplice matricola e lo dimostrano fin da subito. Il team di Dalglish arriva quarto in campionato a un punto dal terzo posto che avrebbe determinato la partecipazione in Coppa UEFA. I 16 gol di Shearer non bastano per raggiungere un vero e proprio sogno, ma creano una certezza: il Blackburn non è una squadra da salvezza o da metà classifica, il Blackburn è una squadra che, a più di ottant’anni di distanza dall’ultima volta, può giocarsi il campionato, e lo può fare perché in attacco e in panchina ci sono due fuoriclasse assoluti.



Dalglish è l’incarnazione della bellezza del calcio inglese: ha vinto tutto e più volte, ma se c’è un aspetto che non gli manca è la motivazione. La mentalità vincente che trasmette non ha eguali, la squadra di una cittadina industriale di centomila abitanti si ritrova ai piani alti della classifica ancora una volta nella stagione successiva, la lotta a tre è fra il Newcastle, il Blackburn e lo United. I biancazzurri, trascinati dai 31 gol di Shearer – che ormai si è affermato come uno egli attaccanti migliori al mondo –, arrivano secondi dietro allo United che è troppo forte e per la seconda volta di fila vince il titolo. Alan non riesce a competere con la squadra che ha snobbato, il divario sembra troppo grande, mancava qualcosa e Dalglish capisce anche cosa, è il compagno di reparto. Nell’estate successiva arriva dal Norwich Chris Sutton, un centravanti alto 190 centimetri e di 85 chili, semplicemente, come si dice in Inghilterra, un tank. Sutton è il punto di riferimento perfetto per dare spazio a Shearer, nasce una delle coppie d’attacco più affiatate nella storia del calcio anglosassone.

In quel campionato, al terzo posto, si classifica il Newcastle di Kevin Keegan, nel frattempo diventato allenatore del club. L’arma in più dei bianconeri è Andy Cole, che con una media di quasi un gol a partita si impone come capocannoniere.

Cole non smette di segnare neanche nella stagione successiva, il Newcastle è la squadra più in forma e viaggia spedita verso il titolo. La prima sconfitta arriva solo a ottobre, contro lo United campione in carica. Il rendimento dei Magpies dopo la sconfitta peggiora e si allontanano sempre più dai vertici. Il trittico in testa alla classifica è composto dai Red Devils di Manchester, dal Blackburn e dal Nottingham Forest, tornato in Premier dopo un anno in seconda serie. I neopromossi accusano un calo invernale, la corsa diventa a due. Ai gol di Shearer si aggiungono quelli del nuovo acquisto Chris Sutton, il Blackburn è una macchina da gol chiamata The SAS (Shearer and Sutton) ed ha qualcosa in più rispetto all’anno precedente, riesce a stare al passo con lo United e addirittura a prendere distacco. In primavera però i Rovers accusano la stanchezza e la rosa corta, perdono partite clamorose che riaprono un campionato che sembrava chiuso. A Manchester nessuno ha smesso di crederci neanche per un secondo, primo fra tutti Sir Alex Ferguson, che, orfano del suo attaccante di punta Eric Cantona – squalificato per otto mesi a causa del celeberrimo calcio volante diretto all’hooligan del Crystal Palace – riesce comunque a rendere la sua squadra uno schiacciasassi. Il 4 marzo 1995, i Red Devils annichiliscono l’Ipswich con un risultato di 9-0, ancora oggi – insieme al recente 0-9 del Leicester in casa del Southampton – è la vittoria più netta della storia del campionato inglese.

Le sconfitte del Blackburn portano agli scontri decisivi dell’ultima giornata. È il 14 maggio 1995 e lo United è a due punti dal Blackburn capolista a 89, la squadra di Ferguson affronta a Londra il West Ham già salvo, mentre i Rovers vanno ad Anfield Road per affrontare il Liverpool, che si sta giocando con il Newcastle e il Leeds due posti in Coppa UEFA per tre compagini.



Shearer si trova a fare i conti a distanza con il club che ha rifiutato e che rifiuterà in futuro, Kenny Dalglish affronta il suo dolce passato, ad Anfield l’atmosfera è strana: i tifosi volevano l’accesso in Europa ma d’altro canto non volevano il terzo trionfo di fila dei rivali storici.

I match iniziano e dopo venti minuti il Blackburn sviluppa un’azione sulla fascia destra, Stuart Ripley riesce ad arrivare sul fondo e a indirizzare il pallone a centro-area, dove c’è il solito Shearer, che di prima trova l’angolino, è il trentaquattresimo gol, sembra essere la ciliegina sulla torta di una stagione pressoché inarrivabile. Una manciata di minuti dopo a Londra è in attacco il West Ham, Hughes, servito dal traversone di Holmes, trova il gol con uno splendido tiro al volo. Al duplice fischio il Blackburn sta vincendo e lo United sta perdendo, la lotta sembra ormai chiusa ma, come ci insegna la storia, in Inghilterra si decide tutto all’ultimo minuto.

Nei primi venti giri di lancette del secondo tempo, come volevasi dimostrare, cambia tutto: prima a Londra McClair stacca di testa e trasforma in rete il traversone proveniente dal calcio piazzato di Gary Neville, poi a Liverpool John Barnes pareggia i conti sfruttando il cross basso di Kennedy. Entrambe le partite sono sull’1-1, l’emozione è troppa e anche ai grandi campioni cominciano a tremare le gambe. Shearer spedisce in curva un rigore in movimento dopo aver raccolto una seconda palla in area, pochi minuti dopo Andy Cole – arrivato a Manchester in gennaio dal Newcastle – si divora un gol a pochi passi dal portiere.

La partita sembra destinata al doppio pareggio ma ad Anfield, al 90’, viene fischiata una punizione dai venticinque metri che Jamie Redknapp trasforma con una pennellata. Il Liverpool è in Coppa UEFA, il Blackburn appeso a un filo, dipende tutto dallo United.

La partita allo stadio non interessa più a nessuno, i tifosi dei Reds in primis vogliono sapere il risultato di Londra.

Arriva il fischio finale a Liverpool e quasi in contemporanea la notizia, lo United non ce l’ha fatta, i Rovers, ottantadue anni dopo, sono campioni d’Inghilterra.

Anfield diventa per un’ora lo stadio del Blackburn, sugli spalti si festeggia non la Coppa UEFA ma la vittoria della leggenda del club Kenny Dalglish ai danni dei rivali storici. Shearer, dopo qualche secondo col cuore in gola, impazzisce di gioia e indossa la corona.



Un anno dopo riceve un’altra chiamata, sono ancora i dirigenti dello United. Alan rifiuta ancora i Red Devils, questa volta però la ragione è evidente e si chiama Newcastle. L’attaccante più prolifico d’Inghilterra neanche si fa tentare e torna finalmente a casa, in quel St. James’ Park che aveva così tanto desiderato. Si incontrerà con Dalglish per un’ultima volta, nella stagione 1997/98, in cui il Newcastle perderà per 2-0 la finale di FA Cup contro uno dei primi Arsenal di Wenger.

A 26 anni, con una carriera davanti, Alan Shearer ha preferito le sue origini alla sua carriera, rispettando la promessa che si era fatto da ragazzino. Alan è un uomo che non ha mai smesso di sognare di render felice la sua gente grazie al calcio, questo, oltre al dettaglio non trascurabile che ancora oggi è il miglior marcatore all-time nella storia della Premier League, è il motivo per cui un calciatore più inglese di Shearer non esiste.

Leggi anche: Steve Bruce, living another dream