Selección fantasma

La Selección fantasma

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Dopo la sua meravigliosa carriera da calciatore negli anni Cinquanta e Sessanta – con tanto di riconoscimento come miglior giocatore al mondo con la vittoria del Pallone d’Oro del 1961 –, non tutti sanno che Omar Sívori intraprese per pochi anni anche quella da allenatore, con risultati parecchio lontani da quando era lui a scendere in campo. Nonostante il Sívori allenatore non fosse splendente nemmeno parzialmente quanto quello giocatore, allenò l’Argentina tra il 1972 e il 1973, e con essa riuscì a qualificarsi per i Mondiali di Germania del 1974, compito che non era riuscito ad un’altra leggenda nella storia del calcio argentino, Adolfo Pedernera – vittima della sua personale maledizione –, nel Mondiale precedente.

Niente di strano, direte. Già, perché non è stato ancora specificato il modo in cui questo avvenne.



L’Albiceleste doveva affrontare due partite ravvicinate tra loro, una al livello del mare, in Paraguay, precisamente ad Asunción, contro i padroni di casa, l’altra contro la Bolivia in territorio boliviano, precisamente a La Paz, ovvero a 3.600 metri d’altitudine.

Giocare a questi livelli di quota è molto complicato, soprattutto se non si è abituati a farlo, non a caso la Nazionale di Pedernera, 4 anni prima, perse nettamente 3-1 proprio a La Paz. Qui nacque la geniale idea del Cabezón. Sívori decise di formare due squadre: la prima, quella titolare, con i soliti convocati, quelli che avevano affrontato le qualificazioni fino a quel momento, che giocò la prima partita; e, in gran segreto, una seconda, con giocatori solitamente non convocati, che si allenò per 35 giorni sull’altopiano di La Quiaca, al confine con la Bolivia, sotto la guida del vice dell’italo-argentino, Miguel Ignomiriello, per prepararsi a disputare l’ultima e decisiva partita delle qualificazioni, in modo da avere una squadra riposata e pronta per le condizioni climatiche locali, oltre che per l’effetto sorpresa sugli avversari. Il tutto all’oscuro anche della Federazione argentina, che non apprezzò molto.

La Selección fantasma’, come poi passerà alla storia, era composta inizialmente da Rubén Glaria, Jorge Troncoso, Marcelo Trobbiani, Rubén Galván, Reinaldo Merlo, Aldo Poy, Oscar Fornari, Juan José López, Ricardo Bochini e Mario Kempes, ma alcuni di loro non ressero le condizioni e tornarono a casa.

Arriva il giorno della partita, è il 23 settembre 1973, al Siles è il momento della verità: l’Argentina è obbligata a vincere per qualificarsi, non ci sono vie di mezzo. Ai giocatori che si allenarono in disparte si unirono Daniel Carnevali, Rubén Ayala, Roberto Telch, Ángel Bargas, Daniel Tagliani e Osvaldo Cortés.

Inizia il match e dopo solo 15 minuti l’Argentina passa in vantaggio: un pallone calciato in mezzo all’area da el Raton Ayala viene intercettato da Oscar Fornari, che con un colpo di testa in tuffo mette la palla alle spalle del portiere.

In Argentina e in generale in Sud America è molto diffusa l’usanza dei soprannomi nel mondo del calcio e non solo. Questi, spessissimo, vengono affibbiati da piccoli e portati avanti dai giocatori fino alla fine della carriera e oltre. Le possibilità che i soprannomi vengano cambiati sono veramente poche, a meno che tu non sia talmente forte da passare da ‘o Dadado‘ a ‘o Fenômeno‘, o che non segni un gol iconico come quello di Fornari. Sì, perché in quel preciso istante el Payaro, come veniva chiamato, diventa el Fantasma, perché a quel gol non se ne aggiungeranno altri, la partita finirà 1-0 per la Selección e il suo primo gol alla sua prima presenza in nazionale risulterà decisivo per la qualificazione al Mondiale, la folle magia di Sívori era perfettamente riuscita.

Alla vigilia del Mondiale el Cabezón, nonostante la scelta della Selección fantasma si fosse rivelata corretta, venne esonerato per motivi politici. Degli uomini protagonisti di quell’impresa solo Kempes andò in Germania e l’Argentina ritornò a casa senza passare la seconda fase a gironi, ma quanto avevano fatto in quella partita Sívori, Ignomiriello e la loro squadra non verrà mai dimenticato, un’impresa storica e irripetibile che è destinata a riecheggiare per l’eternità.

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