Girona Michel

Come il Girona di Michel sta stupendo la Liga

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In un’intervista di dicembre ad AS, Miguel Ángel Sánchez Muñoz, che tutto il mondo del calcio sta imparando a conoscere semplicemente come “Michel”, rispondendo a una domanda sulle aspettative per la stagione del suo Girona, dichiara di non pensare di poter vincere il titolo: «Real, Atlético e Barcellona lasceranno pochi punti, è una lotta per la quale accedervi bisogna essere perfetti…». Poi rilascia un «però…» e una faccia da “nella vita non si sa mai”, dopo i quali mi piace pensare inizi uno scorrimento di immagini proibite nella sua testa, fotografie tanto illusorie quanto inebrianti.

Se il calcio di oggi è freddo e indifferente, ammazza-sogni spietato come mai prima d’ora, aver creduto anche solo un secondo nel Girona e nella sua vittoria della Liga, per quanto ad oggi sembri di nuovo quasi solo una follia, ha rappresentato un coraggioso e impegnativo carico emozionale e fideistico da assumersi. Prima del devastante 4-0 al Bernabéu, che ha messo molto in chiaro il cinismo killer del Real Madrid, forse solo come al tempo del Leicester si stagliava di fronte a noi un orizzonte caleidoscopico e inscrutabile, dove i possibili esiti si libravano danzando nelle nostre menti senza far riconoscere il primo ballerino.

La verità è che, qualunque sarà la destinazione finale di questa squadra, le uniche cose certe sono state già dette dal suo allenatore. Il Girona conserverà questa stagione come un cimelio ineguagliabile, e gli amanti del calcio avranno il dovere di ricordarla e raccontarla ad ogni modo. Avranno l’onere di spiegare come un gruppo due anni prima arrancante in Segunda División si sia trovato catapultato in un testa a testa con il Real Madrid; come il suo condottiero abbia pazientemente messo in piedi la fucina di un calcio sfrontato, divertente, aggregante e impetuoso.

Il tutto certo, in una squadra posseduta da alcuni dei più grandi plutocrati nel calcio, ma che deve il suo clamoroso exploit al lavoro della società e del suo allenatore, non ai soldi dei proprietari – dal 2017 ad oggi, ovvero da quando è stata presa in mano dal City Group, ha investito circa 60 milioni di euro sul mercato, e ne ha incassati più o meno altrettanti. Il Girona non ha infatti una rosa opulenta e altisonante – dodicesima per valore di mercato della Liga ad inizio stagione, stando a Transfermarkt –, ma fondata interamente su un’espressione altamente artistica del gioco.


Calcio in divenire

Il movimento è il fattore trainante di questa squadra: ogni giocatore ricopre ruoli diversi in varie posizioni di campo, mentre l’azione si sviluppa. Per cui si può dire che il Girona di Michel non utilizzi solo lo schieramento delle formazioni prepartita, ma un insieme eterogeneo e imprevedibile di questi, a seconda dell’avversario che si trova davanti, dell’andamento della gara o financo della stagione. La sua forza, insomma, non sta tanto nel posizionamento ma nell’interpretazione dei compiti da parte dei giocatori; un concetto, chiaro, non nuovo degli ultimi anni calcistici, ma raramente applicato in maniera tanto radicale e naturale come nei catalani.

Se a inizio stagione il modulo di partenza del Girona era solitamente un 4-1-4-1, o 4-3-3 se vogliamo, dopo il rovinoso 0-3 contro il Real Madrid Michel ha optato per un 3-4-3 che garantisse maggiore copertura sia in difesa, con un centrale in più, che a centrocampo, con Yangel Herrera più arretrato a dare sostegno al solo Aleix García, il playmaker basso designato. Solo di recente è tornato a una difesa a 4, in un 4-2-3-1, e parlare di “difesa a 4” è più che mai appropriato, perché come ha riportato in un’altra intervista, stavolta ad ESPN: «le posizioni dello schema iniziali non sono quelle reali, ma piuttosto quelle difensive».

Sull’impostazione dell’Atlético, l’assetto iniziale è di 3-5-2, schermando a uomo i tre centrocampisti e i due esterni colchoneros. Poi, quando dal suo lato sono in due gli avversari ad alzarsi oltre la prima linea, Couto arretra a formare un 4-4-2; in tal modo può poi cercare di contenere Lino nell’uno contro uno, consapevole che de Paul sia sotto il controllo di Iván Martín. Chicca finale: la straordinaria seraficità in uscita dal pressing.


C’è sempre una falla

È invece con la palla tra i piedi che il Girona di Michel avvia il suo processo trasformativo. La manovra parte dal basso con due centrali e García, che altrimenti è accompagnato da un centrale e un terzino; proprio questi ultimi si alzano e trasmutano di ruolo e compiti: il centrale diventa terzino, il terzino mezzala. La metamorfosi avviene soprattutto a sinistra, dove Daley Blind si allarga e Miguel Gutiérrez viene dentro il campo, formando quindi un 3-4-3 con una sorta di rombo d’impostazione. Le ali o gli esterni del caso si allargano moltissimo nella transizione offensiva, costringendo le difese a una scelta: stringersi per coprire il centro o aprirsi muovendo verso l’esterno.

In questo dilemma kierkegaardiano il Girona punisce spietato, avviando incursioni interne tra le maglie larghe, oppure ricorrendo con grande libertà di tempo e gestione al cross dalla fascia. Potremmo dire che Michel guarda al terreno di gioco come un labirinto: trovare un modo per uscire può essere complesso, ma da qualche parte uno spiraglio c’è, sempre.

Il gol dell’1-2 di Gutiérrez al Barcellona testimonia la volontà di non dare appigli all’avversario, oltre a evidenziare la disposizione di partenza degli uomini, momentaneamente in 10. Linea di difesa a 3, con il terzino sinistro basso e quello destro alto, doppio play a scambiare nello stretto e poi trovare Gutiérrez salito a fare da terzo uomo. Il canterano del Real è totalmente svincolato da marcature e arriva con facilità al limite dell’area, dove de Jong tenta di contenere il taglio di García, mentre Koundé vuole impedire lo scarico su Sávio. Risultato? Il sinistro lasciato partire con piena autonomia che trafigge Iñaki Peña.

Il Girona predispone quindi un’asimmetria tra lato sinistro e destro, che Michel, sempre ad ESPN, definisce come il punto forte del sistema: «Usiamo i terzini per avere il +1 dentro: quando abbiamo palla, uno dei due scala al centro e ci sistemiamo a 3, ma senza perdere ampiezza. Il nostro sistema di gioco è forte perché asimmetrico». La parte mancina rappresenta quella del palleggio, incentrato ad attirare il pressing e causare il tilting, il rovesciamento su un lato, della squadra avversaria, mentre quella destra è solitamente volta all’attacco degli spazi vuoti. Nel gol visto prima, e in molte altre occasioni, Miguel Gutierréz è esattamente questo, il +1 interno quasi mai neutralizzabile, quasi sempre decisivo.

Prendiamo in esame anche l’altra possibile scelta offensiva del Girona: il cross dall’esterno dell’area di rigore. C’è un motivo se gli esterni carioca “Savinho – come è soprannominato Sávio – e Yan Couto rientrano tra i primi sette assistmen della Liga, con 7 passaggi vincenti a testa, ed è perché, garantendo sempre ampiezza offensiva, spesso possono ricevere in isolamento e andare al cross, e nel caso del primo, ingaggiare l’uno contro uno e vincerlo il più delle volte. Secondo xvalue.ai, Sávio in Liga troneggia su tutti nei dribbling riusciti, oltre che negli xA su azione e negli uno-due avviati: non stupisce che il Manchester City abbia presto approfittato della carta “Multiproprietà” per accaparrarselo in anticipo.

Nella straripante goleada al Siviglia, ogni gol del Girona darebbe l’idea della pericolosità lacerante di Savinho, ma un po’ sadicamente evidenzierei quanto fa nell’unica chance sprecata al vento dal compagno Portu. Uno-due con Gutierréz da far brillare gli occhi, scatto bruciante e palla a rimorchio perfetta per Dovbyk.


Addormentare e poi trafiggere

Benché si intuisca come il Girona di Michel sia una squadra abbastanza spagnola – o meglio, catalana – nell’importanza data al controllo della sfera, questo non avviene uniformemente e in maniera inglobante su tutto il campo. Il giro palla piuttosto si concentra quasi esclusivamente nell’area difensiva, con l’obiettivo di attirare la pressione avversaria e poi aprirsi spazi per invadere rapidamente l’altra metà campo. Il field tilt, cioè la percentuale di possesso palla nell’ultimo terzo di campo, non è tra i più alti della Liga, attorno al 53%, testimoniando come il piano è di non scoprirsi più del necessario e attaccare nella maniera più pericolosa possibile, in velocità e facendo correre all’indietro gli avversari. E non si vuole avviare queste transizioni con i recuperi palla alti attraverso un gegenpressing estremo: la palla va posseduta a monte, per architettare, senza fretta, la classica trappola della costruzione dal basso, la creazione di voragini in avanti.

Notare, oltre alla precisione dello scambio iniziale, la convergenza di quattro uomini sul lato sinistro che lo permette, mentre Couto pare su un altro pianeta a destra. Una volta uscito dalla pressione, il Girona può contare su un tre contro uno a centrocampo, superiorità numerica confermata sulla palla messa dentro da Gutiérrez, che potrebbe andare a Dovbyk, García o Portu. La seconda punta di Murcia taglia nel mezzo spazio, perso da Tapia, e fredda Guaita.

L’attacco rapido in campo aperto presuppone anche un altro tipo di chiave tattica, che è la palla alle spalle della linea difensiva. La netta valorizzazione di Artem Dovbyk, finora 14 gol alla prima stagione in Liga, è il risultato soprattutto di questo strumento. L’ucraino però non è il diretto destinatario di questi passaggi, che si indirizzano in particolare all’ala destra di turno, Couto o il connazionale Viktor Tsygankov – come detto è da quella fascia che partono le azioni meno ragionate, mentre il bufalo ex Dnipro scatta sulla linea del fuorigioco, attendendo l’inesorabile cross basso su cui fiondarsi per gonfiare la rete. Specialmente con Tsygankov sembra esserci una certa “connessione ucraina” che rende la giocata ormai codificata e istintiva.

Tsygankov si posiziona sulla stessa verticale di Couto, il brasiliano lo trova affettando il campo e perforando due linee di difesa; da lì basta un altro passaggio e il gol è fatto e finito.


Niente è gratis

Questo slogan dell’etica capitalista ben si applica a quelle squadre “piccole”, come il Girona, che tentano di andare aprire porte che le gerarchie calcistiche solitamente tengono sigillate. Si può paragonare la cosa a una persona con ristrettezze economiche che si ritrova a mangiare in un ristorante pluristellato, senza sapere come pagare in seguito la cena: a meno di un miracolo, quale un inaspettato benefattore che paghi al suo posto, il conto salato prima o poi verrà messo sul tavolo.

La straordinaria efficacia offensiva dei catalani basa la sua esistenza su un grande fattore di rischio difensivo da preventivare. Portando tanti uomini attorno alla trequarti, posizionandosi sul 3-2-5 ormai sdoganato del gioco posizionale, in caso di palla persa ci si ritrova a dover rincorrere all’indietro le transizioni avversarie, donandogli campo da mangiare in pochi secondi.

E se neanche fase di difesa posizionale è eccellente, la difficoltà più grande si palesa quando la palla è persa sulla costruzione dal basso. Nel piano di Michel è senza dubbio tenuto in considerazione che gli interpreti del Girona non siano fuoriclasse immuni a errori tecnici, e che quindi basti un solo “sgarro” a esporre ampiamente la porta di Paulo Gazzaniga. L’Athletic Bilbao, che secondo OPTA è primo per gol segnati da pressione alta, ha trovato pane per i suoi denti nel 3-2 del San Mamés, in particolare nella figura di Álex Berenguer, portatosi a casa una doppietta da due situazioni simili.

Prima è l’ex Torino, dopo soli due minuti, a riconquistare direttamente un pallone sanguinosissimo in orizzontale di Aleix García, mentre nel secondo tempo è Guruzeta, recuperata la sfera su una leziosità ingiustificata di Gutiérrez, a offrirgli un cioccolatino che va solo scartato.

Alla mancante stabilità dietro, si associa poi una precisione davanti difficilmente sostenibile a lungo termine. Il Girona di Michel, infatti, primeggia per conversione di tiri in gol – 17,2% – e pur essendo al momento il miglior attacco, è quarto per xG. Questi elementi favorevoli possono anche protrarsi per una stagione o più, per carità, ma anche dissolversi nel vento quando meno ce lo si aspetta.

Il diritto a sognare

Mai in Liga prima del 2018, ad un passo da una qualificazione europea – e probabilmente in Champions – nel 2023. Il Girona è un prodotto della migliore modernizzazione calcistica, quella prettamente riservata allo sperimentalismo tattico e stilistico, mescolando sprazzi di calcio relazionale – la costruzione asimmetrica e lo sfruttamento delle diagonali dei terzini – in un gioco prettamente posizionale, fatto di inserimenti negli spazi vacanti, fluidità delle posizioni, uso del campo nella sua larghezza.

Poi, alla fine, i catalani portano con sé anche una componente romantica e storica: la favola, come ormai la chiamiamo nel gergo sportivo, l’improbabile ascesa di chi non ci si aspetta, rievocante imprese ormai sempre più novecentesche che odierne. Che abbiano un lieto fine o meno, queste storie di eroi ordinari ci distolgono dalla dura legge di natura del gioco, che ordina la prevalenza del più forte, e ci ricordano l’inderogabile diritto, per noi appassionati, di lasciarci stupire da qualcosa di straordinario.

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