Inter Coppa UEFA 1993/1994

Coppa UEFA 1993/1994, l’essenza massima della pazza Inter

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Nella storia dell’Inter ci sono vittorie che rappresentano la degna conclusione di una stagione straordinaria, frutto di grandi prestazioni, con splendide formazioni a disposizione, che restano nella storia per l’alone di invincibilità della squadra trionfante – particolarmente memorabili i trionfi della Grande Inter di Herrera e l’anno del Triplete di Mourinho. Poi ci sono altre vittorie dell’Inter, come quella della Coppa UEFA 1993/1994, che appaiono come una macchia bianca in una tela grigia che racchiude i pochi alti e tanti bassi di un’intera stagione, ma che sono ugualmente destinate a riecheggiare per l’eternità.



L’Inter, dopo aver concluso il ciclo dei tedeschi con un amaro ottavo posto, si affida nella stagione 1992/1993 ad Osvaldo Bagnoli – il celebre allenatore del Verona campione d’Italia nell’Ottantacinque –, e decide di investire su Matthias Sammer, Darko Pančev – che successivamente si riveleranno dei flop – e soprattutto Ruben Sosa – nuovo perno della manovra offensiva interista.

I risultati sono immediati. Nonostante una partenza con il freno a mano un po’ tirato, l’Inter arriva seconda, sfiorando in alcuni frangenti la vittoria del campionato – conquistato poi dai rivali concittadini del Milan –, e Ruben Sosa è il trascinatore indiscusso con 20 gol in 28 partite.

Nella sessione di mercato successiva i nerazzurri acquistano Wilhelm Jonk e Dennis Bergkamp, nel tentativo di dare una marcia in più alla rosa e ambire ad uno Scudetto solo sfiorato l’anno precedente. Questo tuttavia non si verificherà, a causa soprattutto delle innumerevoli prove deludenti dell’olandese non volante – chiamato così per la sua storica paura di viaggiare tramite aereo.

In Coppa UEFA, però, i risultati sono differenti. Nella gara di esordio Bergkamp appare indemoniato e sigla tre gol – tra cui una formidabile sforbiciata –, grazie ai quali l’Inter batte 3-1 il Rapid Bucarest nell’andata dei trentaduesimi di finale, poi definitivamente archiviati con il 2-0 in terra romena firmato Battistini e Jonk. Ai sedicesimi, seppur con fatica, è l’Apollon ad essere eliminato. All’andata decide ancora Bergkamp la vittoria di misura, mentre nella seconda gara un pirotecnico 3-3 basta per acciuffare la qualificazione al turno successivo. Quel pareggio incassato al ritorno in suolo cipriota appare subito come un campanello d’allarme, come una mancanza di stabilità non solo tattica, ma anche ambientale e societaria del contesto nerazzurro, che paga anche l’assenza di Nicola Berti, perno indissolubile della linea mediana, fuori per infortunio.

La perla di Bergkamp contro il Rapid Bucarest, una delle poche mostrate in nerazzurro

Negli ottavi di finale i nerazzurri affrontano il Norwich, ed è sicuramente l’Inter, sia all’andata sia al ritorno, ad imporre il proprio gioco, sprecando però diverse occasioni e rischiando nella sfida di San Siro di subire la rimonta dagli inglesi. L’andata è molto tattica, le due squadre si studiano e agiscono poco, a sbloccare la gara ci pensa un formidabile scatto di Ruben Sosa, che si procura il rigore poi trasformato da Bergkamp. Al ritorno, invece, è sempre l’olandese, dopo una meravigliosa azione di contropiede individuale, a punire il portiere avversario con uno splendido destro a giro sul secondo palo, che consegna i quarti di finale all’Inter e sembra salvare Bagnoli, più che mai a rischio esonero.

Sembra solamente però, perché a febbraio Bagnoli viene esonerato e al suo posto subentra da traghettatore Gianpiero Marini, campione del mondo nell’Ottantadue, che aveva allenato fino a quel momento solamente la Primavera dei nerazzurri – e che anche dopo avrà pochissime esperienze da mister, tutte in Serie C. La scelta di dargli la gestione tecnica di una delle piazze calcistiche più importanti d’Italia è azzardata, e i risultati in campionato sono talmente negativi che l’Inter si ritroverà in piena zona retrocessione dopo qualche mese.

I ragazzi di Marini in Europa sono però una squadra schiacciasassi, e il quarto di finale ne è la prova. Stavolta l’avversario dell’Inter è il Borussia Dortmund, di certo non un Borussia Dortmund qualsiasi. Si tratta, infatti, del BVB di Ottmar Hitzfield, che l’anno precedente si era arreso solo alla Juventus in finale di Coppa UEFA, e che tre anni più tardi avrebbe trionfato nella finale di Champions League proprio contro i bianconeri.

Il primo marzo, davanti ai 36.000 del Westfalenstadion, si gioca l’andata dei quarti di finale. Il Dortmund parte fortissimo, e Walter Zenga è subito costretto a degli interventi incredibili su Karl-Heinz Riedle, che salvano l’Inter. Nel miglior momento del Dortmund, i nerazzurri passano in vantaggio grazie al gol di Jonk, che si inserisce in tempo per poi battere con la miglior freddezza possibile Stefan Klos. Jonk, tre minuti dopo, si ripete, facendosi beffe della difesa giallonera con una finta prelibata. Quando la partita sembra indirizzarsi verso la fine, il Borussia Dortmund accorcia le distanze, con Schulz, che approfitta di un errore clamoroso di Zenga in uscita, ma al novantesimo, a concludere sul 3-1 questa memorabile notte europea dell’Inter, è Igor Shalimov, con un contropiede da manuale concluso dall’assist del solito Ruben Sosa.

Il 15 marzo, al ritorno, è invece l’Inter a rischiare, subendo i gol di Zorc – frutto di un grande inserimento – e Ricken – bel tiro dalla distanza –, che riaprono le danze. Il Biscione cerca il gol disperatamente, un gol che farebbe calmare le acque a San Siro, ma Bergkamp colpisce un palo che vibra nell’anima degli interisti, che temono il peggio. Tuttavia, ogni sorta di ombra è scacciata via dal gol di Antonio Manicone, che in contropiede, con un tocco sotto, scagiona l’Inter dalla peggior agonia possibile, facendo accedere i nerazzurri alla semifinale di Coppa UEFA 1993/1994.



In semifinale l’Inter deve affrontare un derby italiano contro il Cagliari, capace di eliminare con una doppia vittoria la Juventus di Trapattoni campione in carica, che usufruisce del talento smisurato di Luís Oliveira – trascinatore assoluto dei sardi a questo inatteso traguardo –, e che aveva a disposizione un giocatore ai tempi sconosciuto che sarebbe poi diventato famoso nel ruolo di allenatore – un certo Massimiliano Allegri.

La gara d’andata arriva in un momento complicato per l’Inter, reduce da ben cinque sconfitte consecutive e che sta per subire pure la sesta. A Cagliari, il 30 marzo, i nerazzurri perdono infatti 3-2, segnando grazie al colpo di testa di Davide Fontolan e al tiro di punta di Ruben Sosa – che colpisce inoltre un palo clamoroso con una punizione micidiale dai quaranta metri –, ma nulla può di fronte alla prestazione di personalità del Cagliari, che con Oliveira, Criniti e Pancaro si regala una vittoria storica che sembra affossare un’Inter, nonostante i due gol in trasferta.

Due settimane dopo, a San Siro, l’Inter sciorina una prestazione memorabile, andando in vantaggio con il rigore di Bergkamp nel primo tempo, per poi raddoppiare con un’azione conclusa da Berti. La ciliegina sulla torta di questa notte europea arriva con il gol di Jonk. Un 3-0 netto che vuole dire finale, una finale che può segnare il riscatto di una stagione disastrosa.

Nell’atto conclusivo della Coppa UEFA 1993/1994 l’Inter affronta l’Austria Salisburgo – la moderna Red Bull Salisburgo – e l’andata si disputa a Vienna il 26 aprile. Gli austriaci ce la mettono tutta per vincere la partita, ma quella notte è nerazzurra. Al 35′, da una punizione sulla fascia destra, Ruben Sosa serve l’inserimento senza palla di Berti – un suo marchio di fabbrica – che stoppa di ginocchio e con un velenoso destro punisce il portiere sul secondo palo. È la seconda rete di Berti in una finale europea e questo gol, come nel caso della Coppa UEFA 1990/1991, si rivelerà vincente.

Al ritorno, a Milano, l’11 maggio 1994, l’Inter cerca il gol che chiuderebbe definitivamente i conti, ma diverse occasioni vengono sciupate dalla banda di Marini. Dal canto suo il Salisburgo prova a rispondere, manifestandosi in avanti, colpendo un doppio palo clamoroso e sbattendo contro uno dei migliori Walter Zenga di sempre, alla sua ultima partita con la maglia dell’Inter. La finale viene sigillata al 62′, quando vi è l’ennesimo contropiede nerazzurro orchestrato da Ruben Sosa e concluso da Wim Jonk, il solito Wim Jonk, che con una finta fa secco il suo diretto marcatore e, dopo essersi avvicinato all’area piccola, regala all’Inter con un colpo sotto la seconda Coppa UEFA della sua storia.

La Coppa UEFA 1993/1994, vinta in un’annata in cui l’unica squadra che può vantare di non esser mai stata retrocessa evitò l’Inferno più temuto del calcio italiano all’ultima partita e per un solo punto, rappresenta l’essenza massima della pazza Inter. Una macchia bianca e luminosa in una stagione segnata dal grigio scuro di un grande e grosso fallimento, che avrebbe comunque mostrato gli scheletri nell’armadio di un’era, quella di Ernesto Pellegrini, in fase di chiusura prima dell’arrivo di Massimo Moratti nel 1995, che a sua volta scriverà pagine indelebili della storia nerazzurra.

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