Joaquín

Joaquín e il Betis, amor incondicional

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Chissà se el Pisha Joaquín, la notte del primo giugno 2005, quando al Vicente Calderón di Madrid il suo Betis si impose per 2-1 contro l’Osasuna, vincendo la seconda Copa del Rey della propria storia, avesse già in mente come sarebbe stata la sua carriera. Chissà se l’esterno destro tutto dribbling e velocità nato ad El Puerto de Santa María nel luglio del 1981, che sin dagli esordi deve tutto alla sponda verdiblanca di Siviglia, immaginava che tra i «certi amori che non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano» di cui parla Antonello Venditti in ‘Amici Mai‘ ci fosse anche quello tra sé e gli Heliopolitanos.

Un amore che sembrava destinato a terminare prematuramente nell’estate successiva, quando Betis e Valencia trovarono un accordo per la cessione del fantasista. Tuttavia, poco prima della gara inaugurale della Liga 2006/2007 contro lo stesso Valencia, l’allora presidente del club biancoverde Manuel Ruiz de Lopera fece clamorosamente marcia indietro trovando un altro accordo, stavolta con l’Albacete. La pessima gestione delle trattative fece infuriare Joaquín, che venne avvisato dell’ulteriore cambio di programma e quindi della cancellazione della soluzione castigliana solo dopo essere arrivato al quartier generale dell’Albacete, e non prima di aver scattato un paio di foto con degli addetti ai lavori. Riuscì dunque ad accasarsi al Valencia per la cifra record di 25 milioni di euro, diventando in quel momento l’acquisto più costoso della storia del club taronja – serviranno dieci anni per superarlo, con l’acquisto di Negredo dal Manchester City per 28 milioni.


La seconda Copa, quella valenciana

A Valencia troviamo uno dei tanti corsi e ricorsi storici che hanno caratterizzato la carriera di Joaquín. Nei cinque anni passati all’ombra del Mestalla, l’esterno andaluso diventa un titolare inamovibile della squadra, e nella stagione 2007/2008 insieme a compagni del calibro di David Silva, Juan Mata, Raúl Albiol e David Villa riesce a conquistare la seconda Copa del Rey della sua carriera.

Il percorso del Valencia in quell’edizione della coppa di Spagna inizia ai sedicesimi di finale, quando schianta il Real Unión per 3-0 all’andata – con Joaquín che sigla una doppietta negli ultimi quindici minuti di gioco – e 2-1 allo Stadium Gal di Irún grazie alla doppietta di Nikola Žigić – top scorer del club taronja di quell’edizione assieme a Joaquín e Juan Mata.

Agli ottavi il sorteggio mette di fronte el Pisha contro il suo Betis. Il 9 gennaio 2008, davanti ai suoi ex tifosi, l’esterno andaluso segna una doppietta di testa nei primi dodici minuti di gara, che viene seguita dal gol al 48’ di Pavone. Al Mestalla la settimana successiva le reti di Žigić e Vicente regalano l’accesso ai quarti ai Pipistrelli.

Per accedere alla finale, la squadra di Ronald Koeman affronta e batte prima l’Atlético Madrid del Kun Agüero e di Diego Forlán grazie alla regola dei gol in trasferta – 1-0 all’andata, 3-2 al ritorno –, e poi il Barcellona di Frank Rijkaard in un derby catalano che il Valencia pareggia al Camp Nou e vince al Mestalla – 1-1, 3-2. Il pubblico valenciano torna a vivere una finale di Copa del Rey dopo nove anni.

Nell’ultima finale, quella del 1999, il Valencia di Claudio Ranieri affrontò e batté l’Atlético Madrid che aveva iniziato la stagione con in panchina un Arrigo Sacchi alla sua prima ed ultima esperienza fuori dall’Italia. Questa volta contro i valenciani c’è il Getafe, arrivato all’atto conclusivo della competizione dopo aver affrontato Levante, Mallorca e Racing de Santander. La gara viene subito messa in discesa dal doppio vantaggio siglato da Juan Mata e Alexis Ruano. Allo scoccare della fine della prima frazione di gioco, il rigore di Granero riapre la gara, ma a chiudere una partita nervosa – si contano dieci gialli e un rosso – ci pensa el Moro Fernando Morientes a cinque minuti dalla fine, regalando al club catalano la sua settima Copa del Rey.


L’esperienza viola nel Bel Paese

Altro crocevia della carriera del Pisha è sicuramente Firenze, ma non prima di un breve ritorno in Andalusia. Precedentemente all’approdo in Italia, infatti, passa dal fuoco di paglia che fu il Málaga dello sceicco Al Thani nel 2012, dove Joaquín verrà ricordato come uno dei componenti della memorabile squadra – composta tra gli altri da Santi Cazorla, il giovanissimo Isco e un Ruud van Nistelrooij alla sua ultima stagione da professionista – che fece sognare e illuse il popolo andaluso, prima piazzandosi quarta nella Liga 2011/2012 e poi arrivando ad un passo dalle semifinali di Champions League nella stagione successiva – eliminata dal Borussia Dortmund di Klopp, poi finalista.

Nel giugno del 2013 arriva dunque alla Fiorentinaalla corte di Vincenzo Montella. Con i gigliati l’esterno andaluso è autore di un’ottima stagione nella quale i Viola si piazzano al quarto posto e arrivano in finale di Coppa Italia, salvo poi perdere contro il Napoli per 3-1 in una serata tragica che verrà ricordata per la morte del tifoso partenopeo Ciro Esposito.

Il ricordo più vivido nelle menti dei tifosi della Fiorentina quando si pensa a Gioacchino – il soprannome che gli venne regalato in Italia – è però legato senza alcun dubbio alla partita del 20 ottobre del 2013 contro la Juventus di Antonio Conte. Considerata una tra le sfide più affascinanti del calcio italiano, le gare tra Fiorentina e Juventus non sono mai banali. La Viola non vinceva contro la Juventus dal 2008 – quando Osvaldo completò al 90’ la rimonta per 2-3 all’Olimpico di Torino –, mentre volendo risalire all’ultimo successo in casa si deve riavvolgere il nastro fino alla stagione 1998/1999, quando Batistuta di testa decise l’incontro. E in quel giorno di metà ottobre non sembra sia in programma alcuna svolta, dato che i bianconeri in tre minuti si portano in vantaggio di due lunghezze grazie al rigore di Tévez e al gol rocambolesco di Pogba tra il 37’ e il 40’.

Nel secondo tempo però la situazione si ribalta completamente: la Vecchia Signora non chiude il discorso ad inizio ripresa e Giuseppe Rossi, che fino a poco prima della partita era in dubbio a causa di problemi alla schiena, dà una scossa alla gara trasformando il penalty assegnatogli a circa mezz’ora dalla fine. In cinque minuti poi è tracollo bianconero: ancora l’ex Villarreal al 76’ pareggia il match e dopo due minuti ci pensa el Pisha Joaquín a portare in vantaggio i Gigliati su assist di Borja Valero. È poi estasi Viola quando Pepito Rossi mette a segno la propria tripletta personale, chiudendo un contropiede magistrale ad opera di Juan Cuadrado.



Il trionfale ritorno a casa

Al termine della sua esperienza in Italia, Joaquín sente l’esigenza di tornare a casa. Nel 2015 riabbraccia i colori del Betis, conquistando nel corso degli anni la fascia da capitano e il primo posto per numero di presenze con la maglia verdiblancos – saranno 488 totali, al termine della sua carriera. Proprio con la fascia al braccio regala ai propri tifosi l’emozione di tornare a vincere un Derby di Siviglia in casa dopo dodici anni. Quell’anno el Pisha era in campo e a risolverla furono Robert e Varela, mentre il 2 settembre 2018, al Benito Villamarín, Joaquín entra ad un quarto d’ora dalla fine e mette a referto il colpo di testa vincente su assist di Aissa Mandi, facendo esplodere i tifosi béticos.

«Te quiero capitán, te quiero mito, te quiero leyenda»

Nel novembre 2021 l’andaluso annuncia che la stagione 2021/2022 sarà la sua ultima da calciatore, salvo poi cambiare idea al termine dell’annata. L’evento calcistico scatenante, che con ogni probabilità gli ha dato lo stimolo per proseguire ancora la sua carriera, ad ormai 41 anni, è stato senza dubbio la conquista della Copa del Rey da parte del suo Betis, a 17 anni di distanza dalla loro ultima e dalla sua prima.

Il percorso che porta la squadra di Manuel Pellegrini a trionfare in Coppa parte dal primo turno, in cui schianta l’Alicante con uno 0-4 in cui Joaquín mette a referto un gol e due assist per Lainez e Bartra. Il secondo turno non è altrettanto facile. Contro il Talavera de la Reina – appena retrocessa in Segunda RFEF, vale a dire la quarta divisione spagnola – non basta il rigore dell’esterno andaluso per evitare i supplementari. I Verdiblancos si prendono un grande spavento arrivando a pochi minuti dai calci di rigore, salvo poi gioire alle reti del messicano Lainez e di Canales, rispettivamente al 116’ e 119’.

Tutta un’altra storia i sedicesimi di finale contro il Real Valladolid. La squadra acquistata da Ronaldo il Fenomeno viene annichilita in meno di un’ora dai gol di William Carvalho, Nabil Fekir e Borja Iglesias – che a fine competizione si laureerà top scorer del torneo, con 5 reti. Agli ottavi i biancoverdi ospitano i rivali cittadini del Siviglia che vanno in vantaggio con el Papu Gómez al 35’. Ancora Nabil Fekir pareggia dopo soli quattro minuti, mentre a chiudere i conti è il secondo gol in questa competizione per l’ex Real Madrid Sergio Canales.

La scalata del Betis prevede successivamente una sosta nei Paesi Baschi contro la Real Sociedad, la quale a San Sebastián crolla sotto i colpi di Juanmi, William José e Aitor Ruibal. Il doppio incrocio in semifinale contro la sorpresa Rayo Vallecano non prevede più la regola dei gol in trasferta e così gli uomini di Pellegrini vanno molto vicini ai supplementari: dopo la vittoria a Vallecas dell’andata per 1-2, al Benito Villamarín il subentrato Bebe segna per la squadra madrilena mettendo a posto i conti. Sembra finita, ma nel recupero il bomber Borja Iglesias fa esplodere lo stadio di casa, portando il Betis in finale di Copa del Rey diciassette anni dopo l’ultima volta.

Destino vuole che le due squadre simbolo della carriera del capitano Joaquín si giochino tale trofeo, Betis e Valencia. I biancoverdi partono subito forte grazie al gol del solito Iglesias, al quale risponde la rasoiata di Hugo Duro. È una gara ricca di emozioni ed occasioni, ma 120 minuti non bastano alle due squadre per trovare un vincitore. El Pisha, entrato poco prima dei supplementari, converte il proprio penalty e, dopo l’errore del valenciano Musah, il terzino Juan Miranda regala al Betis la terza Copa del Rey della sua storia. A fine partita, tra le lacrime di gioia di tutti i giocatori verdiblancos, spiccano quelle di Joaquín, che chiude un cerchio perfetto e alza al cielo la sua terza Copa del Rey, la prima da capitano.

Oltre al grande stimolo dato dalla Coppa, un altro aspetto da considerare per il suo finale di carriera è l’opportunità di diventare il calciatore con più presenze nella storia del campionato spagnolo, un record posseduto da un’istituzione del calcio iberico come Andoni Zubizarreta, che chiuse la sua carriera con 622 gettoni nel massimo campionato spagnolo.

All’andaluso servono 22 presenze nella stagione 2022/2023 per eguagliare questo storico record, e riesce a farlo nell’ultima giornata della Liga. Dopo aver ricevuto tributi e scroscianti applausi in quasi tutti gli stadi più importanti di Spagna, il 4 giugno 2023, davanti ai propri tifosi, e ancora una volta, simbolicamente, in una gara contro il Valencia, si assicura definitivamente un posto nella leggenda. L’affettuoso e commosso saluto finale al suo popolo trasmette tutta la potenza di questo quindicennio d’amore.

Joaquín non è soltanto la più grande leggenda della storia del Betis, ma anche una delle più importanti che il calcio tutto abbia mai avuto, poiché rientra di diritto in quella categoria di giocatori follemente innamorati di una città e dei suoi colori. È per questo che il soprannome el Pisha – termine usato prevalentemente nelle zone di Cadice e Siviglia per rivolgersi ad una persona di sesso maschile – sembra gli sia stato cucito addosso: in fondo Joaquín è un ragazzo qualunque che ha avuto la fortuna di poter esprimere l’amore verso la propria terra facendo ciò che gli viene meglio, calciare un pallone.

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