Musah Milan

Yunus Musah è il centrocampista giusto per il Milan?

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L’onerosissima cessione di Sandro Tonali al Newcastle – il secondo colpo più costoso nella storia dei Magpies – sembra aver donato al mercato del Milan, nell’ultimo mese, una forza centripeta tale da attirare nella la sua orbita nomi su nomi, con un susseguirsi di operazioni di mercato a cadenza praticamente settimanale. Sono stati già ufficializzati gli acquisti di Christian Pulisic, Ruben Loftus-Cheek, Tijjani Reijnders e Noah Okafor, chiamati a rinfoltire un centrocampo lasciato scoperto dalla cessione di Tonali e dalla prolungata assenza di Bennacer, o a dare nuova linfa vitale in zone di campo avanzate, anche a causa del ritorno di Brahim Díaz al Real Madrid. È una forza che non sembra vicina ad arrestarsi, con voci di trattative multiple che continuano a susseguirsi in un vortice interminabile. Una di queste voci sul Milan riguarda il possibile – in realtà abbastanza probabile, ma parliamo pur sempre di calciomercato, dove la distanza tra ufficialità e indiscrezione è sottile quanto la sfumatura tra sogno e realtà nel dormiveglia – acquisto di Yunus Musah dal Valencia.


Una mezzala iper-verticale

Il ventenne centrocampista statunitense andrebbe ad occupare un altro slot nel centrocampo del Milan, senza però riempire la casella di calciatore extracomunitario, godendo di quattro diversi passaporti, tra cui anche quello italiano. Nato a New York da genitori di origine ghanese, si è infatti trasferito in Italia con la famiglia pochi mesi dopo la nascita, svezzandosi calcisticamente nelle giovanili del Giorgione, fino al definitivo approdo nell’Academy dell’Arsenal a undici anni. C’è stato poi il passaggio al Valencia nel 2019, a cui ha fatto seguito la scelta di giocare per gli Stati Uniti, dopo un periodo di militanza nelle selezioni under dell’Inghilterra.

È forse più facile farsi un’idea di che tipo di giocatore sia Musah osservandolo nel contesto della Nazionale, che paradossalmente ha mantenuto un impianto di gioco più stabile di quello del Valencia degli ultimi tre anni: il club spagnolo ha visto succedersi alla sua guida cinque allenatori diversi in questo lasso di tempo, tutti impegnati a tenere a galla la squadra appena sopra l’orlo della retrocessione. Non c’è da sorprendersi quindi se in un contesto disfunzionale come quello del Valencia abbia faticato a trovare la propria dimensione, facendo la spola tra i diversi ruoli del centrocampo – a volte anche dell’attacco – senza trovare una collocazione definitiva. In nazionale invece il discorso è diverso: incastonato in un gruppo di talenti giovani e futuribili – tra cui spicca proprio Pulisic, che ritroverebbe al Milan – Musah ha trovato la sua collocazione ideale come mezzala sinistra di un 4-3-3 spiccatamente verticale, dove le sue doti di recupero e conduzione del pallone vengono particolarmente esaltate dalla velocità con cui la squadra di Berhalter cerca di risalire il campo. Proprio il dinamismo del centrocampo composto da Musah, McKennie e Adams è stato uno dei punti di forza degli Stati Uniti nella CONCACAF Nations League 2022/2023, vinta battendo per 2-0 in finale il Canada.

Pur non essendo fisicamente dominante infatti – è alto 178 cm e pesa poco più di 70 kg –, Musah riesce a rendersi utile in fase di non possesso con un’intensità fuori dal comune. È interessante notare come, pur non eccellendo in nessuna statistica difensiva globale, le cose cambino nel momento in cui ci si concentri su un sottoinsieme di queste statistiche, associate a uno stile di gioco aggressivo: il numero di contrasti tentato nella trequarti avversaria, ad esempio, lo pone nel 73° percentile tra i suoi pari ruolo, mentre nella trequarti difensiva si piazza soltanto al 39°. Vince in media 1,49 contrasti a partita, un numero discreto, ma quando si tratta di difendere in maniera posizionale tende ad andare in difficoltà facilmente – è nel 99° percentile per sfide perse nell’uno contro uno –, e questo gli impedisce di essere efficace in squadre che vogliano giocare con un blocco medio basso.

Anche offensivamente Musah si è rivelato un giocatore molto peculiare, perfetto per determinati sistemi di gioco e altrettanto impacciato se calato in contesti non congeniali a lui. Se pensiamo a una squadra che voglia attaccare attraverso transizioni rapide, dirette e minimali, come ha dimostrato di voler fare la Nazionale americana, allora il centrocampista del Valencia potrebbe rivelarsi il profilo ideale: è un giocatore che tende a portare il pallone in conduzione per tanti metri dopo averlo recuperato o essersi fatto trovare ben posizionato dopo l’intercetto di qualche suo compagno – 106 conduzioni progressive nell’ultima stagione, dove per conduzione progressiva si intende il portare palla in verticale per più di dieci metri – e lo fa con un’intensità e una velocità difficili da contenere per gli avversari.

A volte queste caratteristiche si trasformano in irruenza, che si manifesta nella caparbietà con cui Musah ricerca il dribbling; un tipo di dribbling non pulito, ma di pura determinazione: ogni volta che tenta la progressione lo vediamo compattarsi come un proiettile, con l’unico obiettivo di passare attraverso l’ostacolo posto tra lui e le zone avanzate di campo, come se il campo da calcio diventasse improvvisamente di football americano e lui si trasformasse in un Tailback. Se invece si trova in situazioni in cui non gli è possibile portare palla direttamente, tenta comunque di velocizzare al massimo il gioco con passaggi che riescano a bypassare porzioni importanti di campo.

Musah è intorno al 90° percentile sia per passaggi progressivi effettuati sia per passaggi progressivi ricevuti, a rimarcare non solo la sua propensione all’iper-verticalità, ma anche una certa naturalezza nel farsi trovare dai compagni dietro le linee del centrocampo avversario.

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Cosa aspettarsi da un eventuale approdo di Musah al Milan

Paradossalmente, tutte le statistiche citate finora, e che ci descrivono il ritratto di un giocatore che già così potremmo definire votato all’intensità e alla ricerca continua di soluzioni immediate, potrebbero essere addirittura ritoccate verso il basso. Nell’ultima stagione al Valencia Musah è stato allenato da due tecnici molto diversi tra loro: l’ex leggenda del Milan Gennaro Gattuso, e iRubén Baraja. Nelle prime 21 partite con il tecnico italiano, nonostante fosse schierato quasi sempre titolare, l’interpretazione del ruolo di centrocampista del ventenne americano si è allontanata molto dalla sua comfort zone. Gattuso è un allenatore con uno stile di gioco peculiare, fatto di risalite lente e ragionate dalla difesa, che si sposa molto male con le caratteristiche che abbiamo visto in Musah, che nella prima parte di stagione si è reso molto più utile in fase di non possesso attraverso il recupero alto del pallone – in linea con l’idea di Gattuso di pressare in porzioni avanzate di campo –, e che invece col pallone tra i piedi si è dovuto limitare a scarichi a corto raggio e ha dovuto limitare la tendenza a portare palla – 0.37 progressioni in area di rigore contro le 1.4 della stagione precedente. Per buona parte dell’ultimo anno quindi abbiamo visto un giocatore depotenziato delle proprie caratteristiche principali, incastrato in una squadra dai principi di gioco quasi opposti rispetto a quelli che ne esalterebbero le qualità: un giocatore “normale”, ma con il beneficio del dubbio che questa normalità sia data dal contesto valenciano e dal continuo avvicendamento di guide tecniche agli antipodi – prima di Gattuso sulla panchina era seduto Bordalás, pochi principi di gioco e tanto pragmatismo.

Cosa dovremmo aspettarci quindi dal possibile approdo di Musah al Milan? Riuscirebbe a diventare un punto di riferimento in un centrocampo che, dopo la partenza di Tonali, ha un bisogno estremo di nuovi cardini? O si aggiungerebbe semplicemente alle rotazioni, considerato anche l’arrivo di Reijnders e Loftus-Cheek? Ci sarebbe da stabilire prima di tutto con che modulo Pioli avrebbe intenzione di cominciare la prossima stagione. Con un 4-3-3, in attesa del ritorno di Bennacer, è molto probabile che Musah venga chiamato a interpretare il ruolo di centrocampista centrale o di mezzala destra in pianta stabile, sia a causa di una coperta troppo corta a centrocampo, sia per la tendenza naturale che l’americano ha nello spostarsi nelle zone laterali del campo, pur partendo dal centro.

Se invece dovesse essere schierato in un 4-2-3-1, occuperebbe verosimilmente la stessa posizione che ha nel Valencia, ma sarebbe più probabile vederlo come membro delle rotazioni più che titolare inamovibile, con Loftus-Cheek e Rejinders che teoricamente dovrebbero partire più in alto delle gerarchie – senza tener conto di fattori come la propensione all’infortunio e le capacità di adattamento a un campionato completamente diverso.

Ma più che dal modulo, la bontà dell’affare dipenderebbe molto dall’impronta di gioco che Pioli vorrà dare al Milan del prossimo futuro, infarcito di nuovi innesti con caratteristiche molto peculiari. Giocatori come Pulisic, Rejinders e lo stesso Musah fanno presagire un orientamento verso quella verticalità e quella volontà di aggredire gli avversari in avanti che il Milan di Pioli aveva mostrato con tanta determinazione nell’anno dello Scudetto, e che un po’ si era persa nell’ultima stagione, a causa di una condizione fisica non brillante di alcuni dei giocatori più importanti del progetto e all’arrugginirsi di un sistema che solo pochi mesi prima sembrava grondare di olio di gomito.

Se l’allenatore avesse intenzione di usare Musah non limitando le sue qualità, ma esaltandole in un gioco iper-cinetico, riducendo i tempi morti e ricercando costantemente ribaltamenti di fronte con l’obiettivo di innescare i vari Leão, Pulisic e – quasi sicuramente – Chukwueze, allora potremmo assistere alla rinascita di un giocatore che a soli vent’anni avevamo dato per disperso troppo presto, nascosto com’era tra le pieghe di un vestito che non gli stava poi così tanto bene.

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