Luís Sílvio

Luís Sílvio, il primo bidone nella storia del calcio italiano

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Sul vocabolario il bidone è definito come un «recipiente in latta o lamiera per immondizie o trasporto di viveri o sostanze liquide», nel calcio invece è un termine – non elegantissimo, va detto – utilizzato per indicare un calciatore dal rendimento scarso, in special modo se si tratta di un colpo appena arrivato dal mercato. La parola, associata al mondo del pallone, si è diffusa tra gli anni Ottanta e Novanta, ed è per questo che il giocatore di cui vi parleremo in questo articolo è definibile come il primissimo “bidone” nella storia del calcio italiano. L’uomo con questo grande onore ed onere porta il nome di Luís Sílvio Danuello.


La scalata della Pistoiese e la ricerca dello straniero

Estate 1980. Mentre nelle radio impazza ‘Video Killed The Radio Star‘ dei The Buggles, il calcio italiano viene scosso dalla decisione della Lega di mettere fine al blocco sui giocatori stranieri. È l’epilogo di un periodo di autarchia calcistica autoimposto dalla Federazione, dopo l’umiliante sconfitta contro la Corea del Nord ai Mondiali del 1966.

Per la prima volta dopo quindici anni, dunque, si potrà ingaggiare un giocatore non italiano. La caccia allo straniero diventa a dir poco frenetica, i tifosi sono curiosi e le società cercano di scovare talenti per i propri allenatori. Chi si fa sommergere da questo clima effervescente è la Pistoiese, matricola della provincia toscana alla prima – e finora unica, un primato condiviso con Carpi e Treviso – apparizione nel massimo campionato.

La storia degli Arancioni è legata alle serie minori del nostro calcio, con al massimo qualche sporadica presenza in cadetteria. In quel di Pistoia l’obiettivo è storicamente stato sempre stato lo stesso: mantenere la categoria e tenere in regola i bilanci. La situazione, però, cambiò nel 1974, anno in cui la squadra, all’epoca militante in Serie D, venne rilevata dall’ambizioso uomo d’affari locale Marcello Melani, il quale dichiarò che in cinque stagioni la squadra avrebbe raggiunto la Serie A. Furono in tanti a dare del folle al patron dell’Olandesina, ma egli non si arrese e anzi onorò il proprio soprannome, il Faraone, e con un susseguirsi di grandi investimenti portò la squadra a scalare le varie divisioni e a piazzarsi al secondo posto del campionato di Serie B nella stagione 1979/1980: è per la prima volta Serie A. Ci impiegò sei anni anziché cinque, ma nessuno gliene fece una colpa.

I toscani si presentano ai nastri di partenza della nuova stagione con una squadra composta perlopiù da giocatori esperti: Marcello Lippi, Mauro Bellugi, Vito Chimenti e l’idolo della tifoseria Mario Frustalupi, tanto per citarne qualcuno, a cui vanno aggiunti il giovane talento Paolo Benedetti e l’allenatore Lido Vieri. Il presidente Melani si lascia ingolosire dall’apertura delle frontiere e decide di mandare in Brasile il viceallenatore Giuseppe Malavasi, incaricandolo di trovare il nuovo Pelé, colui che avrebbe salvato la Pistoiese. Ed è proprio qui che inizia una storia fatta di equivoci tattici, linguistici e leggende metropolitane.


La disastrosa parabola di Luís Sílvio Danuello

Malavasi atterra nello stato di San Paolo e viene invitato ad una partita da alcuni dirigenti del Ponte Preta, militante all’epoca nella Série B brasiliana. L’occasione era quella di assistere alle prestazioni di un ventenne di grande talento di proprietà del Palmeiras, tale Luís Sílvio Danuello.

Le teorie su quell’amichevole sono delle più disparate, ma la più diffusa è quella che presume la gara combinata con gli avversari del Comercial, per vendere più facilmente il giocatore. Sta di fatto che Luís Sílvio gioca, dribbla e segna una tripletta. Il – presunto – piano è riuscito; Malavasi è sicuro di aver trovato la gallina dalle uova d’oro e formalizza l’acquisto del cartellino per 170 milioni di lire.

Subito dopo la partita, il ragazzo e il mister volano in Italia, e di lì a poco si verificherà il patatrac, uno scambio di battute destinato ad entrare nella storia. Danuello atterra a Roma il 14 agosto 1980 su un aereo in cui era presente anche il nuovo acquisto della Roma Paulo Roberto Falcão – il quale, quando gli viene chiesto del connazionale ex Ponte Preta, risponde che non ha idea di chi sia –, e viene accolto dai suoi nuovi dirigenti. Questi, estasiati dal rapporto di Malavasi, per assicurarsi di aver comprato un attaccante chiedono al brasiliano: «Sei una punta, vero?», «Ponta? Sì, ponta!» risponde Luís Sílvio. Vi starete tutti chiedendo cosa c’è di così strano nell’italiano non perfetto del giovane paulista. Niente, dato che non si tratta di un difetto di pronuncia, ma del fatto che la parola “ponta” in portoghese significhi ala, non centravanti. La Pistoiese crede di aver acquistato un bomber, ma ha invece preso un ragazzo che gioca sulla fascia.

Le premesse non sono certo delle migliori, ma Malavasi e i dirigenti non conoscono il portoghese e i tifosi non sono consapevoli dell’accaduto, sono solo ingenuamente felici di vedere una giovane promessa brasiliana giocare per la propria squadra. E poi, diciamolo, a ognuno il suo: la Juve acquista Liam Brady, il Napoli Ruud Krol, la Roma Falcão e la Pistoiese Luís Sílvio. Melani sarà anche un Faraone, ma certo non può competere con i grandi del calcio nostrano.

Luís Sílvio gioca i primi storici novanta minuti della Pistoiese in Serie A al Comunale di Torino, con i granata che si impongono per 1-0. Nella giornata successiva gioca i primi, altrettanto storici, novanta minuti della Pistoiese in Serie A in casa, nel pareggio per 1-1 contro l’Udinese in cui mette a referto l’assist per la rete di Benedetti, il primo gol dell’Olandesina in Serie A che vale il primo punto in massima divisione. E basta, sostanzialmente. Luís Sílvio giocherà solo sei partite in campionato e una in Coppa Italia per un totale di 521 dimenticabilissimi minuti.

Non c’è traccia del giocatore ammirato in Brasile. Il ragazzo è timido e impacciato con il pallone tra i piedi, sbaglia gli appoggi ed è nullo sotto porta. L’essere schierato come punta certo non lo aiuta, ma il brasiliano si dimostra totalmente inadatto per giocare ad alti livelli, motivo per cui non vedrà più il campo dopo i primi mesi passati a Pistoia. Come ricorderà lo stesso Danuello, furono molti i compagni di squadra che provarono a dargli una mano – uno su tutti Marcello Lippi, che era solito invitarlo a cena per parlare e incoraggiarlo –, ma questo non bastò.

La stagione si concluse con la retrocessione degli Arancioni – che nel giro di tre anni si ritrovarono in C2, prima del fallimento del 1988 che li costrinse a ricominciare dai dilettanti – e con il ritorno a casa della “ponta” brasiliana – che giocò con risultati alterni fino al 1989, appendendo gli scarpini al chiodo a nemmeno trent’anni.


Il mito di Luís Sílvio

Nonostante un rendimento drammaticamente al di sotto delle aspettative, Luís Sílvio divenne ed è tutt’ora un idolo a Pistoia, probabilmente anche e soprattutto perché il suo mito è stato alimentato da una serie di leggende metropolitane una più assurda dell’altra.

La storia del nostro sciagurato eroe, infatti, assunse dei connotati grotteschi. Il brasiliano non solo non giocava, ma non si vedeva mai in giro, ed è qui che iniziarono le speculazioni sul suo conto. C’è chi giura di averlo visto vendere gelati e strappare biglietti davanti ai cancelli dello stadio, alcuni affermarono che dopo gli esordi non convincenti si fosse dato al cinema a luci rosse, altri infine dicono che la domenica girasse l’Italia con la giovane moglie Jane per allontanarsi. Tra l’altro Jane e Luís Sílvio concepirono la loro primogenita in Toscana, ma il tutto fu messo a rischio al termine di un allenamento, quando, con la moglie presente, Sílvio chiese ad un giornalista di poter incontrare Ornella Muti.

Un altro elemento che ha reso indimenticabile il brasiliano è senz’altro il fatto che la sua storia sia molto simile a quella del più iconico film calcistico del cinema italiano. Pensateci bene, cosa vi ricorda? Una squadra sgangherata alla prima apparizione in Serie A, un presidente istrionico, un allenatore – in questo caso vice – ingenuo e il tentativo di scovare un giovane talento in Brasile. È inevitabile l’accostamento con ‘L’Allenatore nel Pallone‘. È infatti cosa certa che la storia di Luís Sílvio fornì l’ispirazione per il personaggio di Aristoteles, che a differenza sua dimostrò però di saperci fare con il pallone, risultando decisivo per la salvezza della Longobarda di mister Oronzo Canà.

Oggi, dalle parti dello stadio – intitolato proprio a Marcello Melani, dopo la morte dell’ex presidente nel 2002 –, si possono scorgere graffiti con la scritta «Luís Sílvio c’è!». Nei bar di Pistoia gli ultracinquantenni sono pronti a raccontare vita, morte e miracoli del nativo di Júlio Mesquita, che viene chiamato affettuosamente in causa ad ogni controllo palla sbagliato nella città dei vivai: «e tu mi sembri Luís Sílvio, ciuho».

Luís Sílvio Danuello non verrà mai ricordato come un grande giocatore, né come colui che salvò gli Arancioni dalla Serie B, ma le leggende sul suo conto lo hanno reso un personaggio immortale, il calciatore più iconico del periodo calcistico più glorioso per la città di Pistoia.

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