Marocco Regragui

Il Marocco di Walid Regragui

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La Coppa del Mondo 2022 ha portato con sé tante polemiche, a causa della prospettiva di un Mondiale da giocare in inverno, della scarsa tradizione calcistica del Qatar e delle numerose controversie dell’organizzazione – tra tutte, le condizioni disumane alle quali sono state sottoposti i lavoratori che hanno contribuito alla costruzione degli stadi, che hanno portato ad oltre 6.500 morti –, ma calcisticamente parlando si candida ad essere una delle manifestazioni iridiate più iconiche di tutti i tempi. Al netto delle problematiche di questo Mondiale, che vanno sempre ricordate, il torneo ha infatti regalato due pagine di sport difficilmente ripetibili. La prima, ovviamente, il trionfo dell’Argentina di Leo Messi. La seconda invece è rappresentata dal cammino del Marocco di Walid Regragui, che ha tenuto col fiato sospeso milioni di appassionati, con il classico potere dell’underdog di canalizzare le simpatie collettive. La squadra magrebina è stata la prima formazione africana di sempre a raggiungere le semifinali di una Coppa del Mondo. Verrebbe da gridare al miracolo, o forse siamo stati noi incapaci di coglierne il potenziale?


L’inizio dell’era Regragui

Come già capitato quando allenava Giappone e Costa d’Avorio, il CT bosniaco Vahid Halilhodžić, viene esonerato alle soglie della Coppa del Mondo, dopo essere stato lui stesso, a marzo, a raggiungere la seconda qualificazione ai Mondiali consecutiva per il Marocco. A pesare su questa scelta, la sua irremovibile volontà di rinunciare a due dei giocatori più forti di questa Nazionale: Hakim Ziyech e Noussair Mazraoui.

Qualche mese prima un altro allenatore, Walid Regragui, si distingue nel Paese, grazie alla vittoria della Champions League africana sulla panchina del Wydad Casablanca. Il successo nella manifestazione continentale gli vale le chiavi della panchina della sua Nazionale, di cui era già stato vice-allenatore dieci anni prima.

Regragui convoca nuovamente Ziyech fra le fila marocchine, e convince Mazraoui a rivestire la maglia della Nazionale, a cui aveva rinunciato definitivamente, esasperato dai rapporti con Halilhodžić.

Già nelle amichevoli pre-Mondiale si intuisce che la scelta della federazione marocchina sia ricaduta sulla persona giusta: il Marocco è impenetrabile. Contro Cile, Paraguay e Georgia arrivano due nette vittorie e un pareggio, ma soprattutto zero goal subiti, preludio di quanto il Marocco sarà capace di mostrare in Qatar.


I Leoni dell’Atlante in Qatar

Nel Golfo Regragui porta con sé Yassine Bounou del Siviglia, Reda Tagnaouti del Wydad e Munir El Kajoui dell’Al-Wheda per la porta. Ovviamente il titolare è Bono, fresco vincitore del trofeo Zamora, assegnato dalla Liga al miglior portiere della stagione.

La difesa è composta dal terzino del Paris Saint-Germain Achraf Hakimi, Noussair Mazraoui del Bayern Monaco, Nayef Aguerd del West Ham, Romain Saïss del Beşiktaş, Achraf Dari del Brest, Jawad El Yamiq del Valladolid, Yahia Attiyat Allah del Wydad e Badr Benoun del Qatar FC.

A centrocampo il Marocco punta sul viola Sofyan Amrabat, su Abdelhamid Sabiri, in forza alla Sampdoria, Selim Amallah dello Standard Liegi, Azzedine Ounahi dell’Angers, Bilal El Khannouss del Genk, Yahya Jabrane del Wydad e Anass Zaroury del Burnley.

In attacco l’infortunio del talento del Marsiglia Amine Harit apre definitivamente le porte del Mondiale a Walid Cheddira, centravanti italo-marocchino rivelazione della Serie B 2022/2023 con la maglia del Bari. L’attaccante biancorosso parte qualche posizione dietro rispetto al più blasonato Youssef En-Nesyri del Siviglia e l’amatissimo Abderrazak Hamdallah dell’Al-Ittihad. Gli esterni titolari sono Soufiane Boufal dell’Angers e Hakim Ziyech del Chelsea. Completano il reparto Zakaria Aboukhlal del Tolosa e Ilias Chair del QPR, oltre al giovane prodotto della cantera blaugrana, in forza all’Osasuna, Abde Ezzalzouli.

Ad esclusione dell’ex cannoniere camerunense Samuel Eto’o, che immagina il Marocco di Regragui in finale contro il suo Camerun, nessuno concede più di un pensiero a questa squadra, derubricandola a chiara vittima sacrificale di un girone già scritto, quello che vedrà sicuramente qualificate le europee Belgio e Croazia, lasciando il Canada a fare compagnia ai nordafricani fuori dalla competizione.

Ciò che più emerge intorno al Marocco, viceversa, è il grande calore dei tifosi marocchini, data la numerosa comunità magrebina presente in Qatar, che permette al Marocco di giocare praticamente in casa, forse più di quanto tifosi veri e sedicenti tali siano stati in grado di garantire al Qatar stesso.

In secondo luogo la particolarità di questa Nazionale è il grande numero di giocatori nati fuori dal Marocco che ben racconta due cose: la storia migratoria di questo popolo e il legame indissolubile con la terra d’origine. Sono ben sedici, allenatore compreso, i marocchini nati fuori dai confini nazionali, fra Olanda, Belgio, Spagna, Francia, Canada e Italia.


La fase a gironi del Marocco di Regragui

Il Marocco apre il Gruppo F contro la Croazia vice-campione del Mondo. La partita, come molte altre in questa edizione, finisce 0-0, è tatticamente bloccata e povera di emozioni. La Croazia naturalmente mantiene il possesso del pallone più degli avversari, cerca il goal con più insistenza, ma Modrić, Brozović, Kovačić e compagnia sono costretti a fare i conti con la grande aggressività dei rivali, che sulla scia di quanto già fatto vedere da altre squadre africane ed asiatiche, sembrano giocare con maggiore consapevolezza e grinta rispetto alle controparti europee. Non ci sono occasioni clamorose nel match. Mazraoui va vicino al goal con un colpo di testa ma Livaković presidia bene il palo. Ci proverà poi Hakimi da punizione, ma lo stesso Livaković si farà trovare nuovamente pronto, respingendo con i pugni. Sarà della Croazia la palla migliore, con il colpo di testa di Perišić respinto centralmente da Bounou. La girata successiva di Lovren incoccerà sul piede di Amrabat, appostato sulla linea.

Nella seconda partita tutti danno per scontato che un Belgio vecchio e sfiduciato – già fortunato e inconsistente, ma vittorioso, contro il Canada –, ritrovi forza e convinzione proprio dalla vittoria contro i nordafricani. A complicare ancor più le sorti della comparsa magrebina, Bounou lascia il campo subito dopo aver cantato l’inno nazionale, generando non poca confusione fra i cronisti. Il portiere di riserva, però, El Kajoui, si esibirà in una partita solida e decisiva. Dapprima tiene viva la gara disinnescando il tentativo ravvicinato di Batshuayi, che avrebbe sicuramente indirizzato la partita verso i diavoli rossi. Poi, stoppa due tentativi dalla media distanza prima di Eden Hazard, e successivamente di Dries Mertens.

Nel frattempo il Marocco si vede annullare per fuorigioco attivo un goal su punizione defilata. Gli africani, tuttavia, non desistono e proseguono la loro stoica partita, concedendo poco a un Belgio povero di idee. La squadra di Martínez dimostra di non aver imparato la lezione e permette a Sabiri di impallinare Courtois nello stesso modo del primo tempo: al ’72 è 1-0 Marocco. Sarà poi Aboukhlal su assist di Ziyech allo scadere, a fissare il punteggio sul 2-0 finale, dopo un’azione di ripartenza.

Contro un Canada già eliminato, il Marocco ha addirittura l’occasione per laurearsi primo nel girone. Il portiere dei nordamericani, Borjan, indirizza subito i Leoni dell’Atlante sull’1 a 0, servendo sui piedi di Ziyech l’occasione per il pallonetto morbido che si insacca alle spalle dell’estremo difensore della Stella Rossa. Al 23’ è En-Nesyri a sbloccarsi nella competizione, bucando l’ancora colpevole Borjan sul suo palo. Un Canada mai capace di competere sul piano tecnico con gli avversari e preda di numerosi svarioni difensivi, getta il cuore oltre l’ostacolo trovando nel cross di Adekugbe l’autogol di Aguerd che riapre il match. L’impenetrabile retroguardia marocchina cade per la prima volta da quando Regragui ne detta gli schemi, ma solo a causa di un’autorete. Il Marocco tremerà quando Hutchinson colpirà una clamorosa traversa a venti minuti dalla fine, con la palla che cadrà esattamente a metà fra un lato e l’altro della linea di porta, ma al triplice fischio dell’arbitro il Marocco sarà vittorioso e primo con sette, insperati, punti, a spese della Croazia seconda e del Belgio eliminato, bloccato sullo 0-0 dagli slavi. In maniera beffarda, però, ciò rappresenta per il Marocco la prospettiva di un ottavo di finale contro la Spagna, anziché contro il Giappone di Moriyasu.


L’ottavo di finale contro la Spagna

L’impresa del Marocco non viene valutata sotto la giusta lente, resa relativa dalle coeve qualificazioni alla fase a eliminazione diretta dello stesso Giappone, dell’Australia, del Senegal e della Corea del Sud, a testimonianza di una generale tendenza alle sorprese in questo Mondiale. Era difficile, in quel momento, provare a prevedere quale fra queste avrebbe proseguito la sua corsa, specialmente nella prospettiva di ottavi estremamente proibitivi.

La sfida con la Roja sembra impossibile. Tutte le altre outsider sono cadute o cadranno in seguito. Quello che però accade all’Education City Stadium è inspiegabile. Non è chiaro se Luis Enrique pensasse davvero che un’interminabile rete di passaggi potesse essere la chiave per scardinare la difesa marocchina, o sia stata proprio quest’ultima a rendere la vita impossibile agli spagnoli. Sta di fatto che Spagna-Marocco non si è giocata. Nei primi novanta minuti non è accaduto nulla, e ovviamente a guadagnarne sono gli africani, su cui non ricade la responsabilità di sbloccare la partita. Sono sufficienti ordine e nervi saldi per inchiodare il punteggio sullo 0-0, con un brivido a venti secondi dalla fine del recupero del secondo tempo, con Bounou che riesce a deviare in angolo un’insidiosa punizione di Dani Olmo.

Nei supplementari la Spagna capisce che serve qualcosa di più per archiviare la pratica e mette il Marocco sotto pressione, ma, così facendo, si scopre, e dopo uno slalom di Ounahi, Cheddira ha la palla della qualificazione a pochi metri da Unai Simón, sui cui stinchi però si infrange. Il tiro è centrale, e il nativo di Loreto perde il pass per divenire un eroe nazionale. Il palo colpito da Sarabia al 123’ è il brivido più grande corso dai magrebini, appena un attimo prima del triplice fischio.

Lo stesso Sarabia, evidentemente in serata, colpisce nuovamente il palo fallendo il primo dei rigori spagnoli. Soler e Busquets, successivamente, calciano quasi svogliatamente fra le salde braccia di Bounou, che si prende la scena, dando l’opportunità ad Hakimi di fare la storia. L’ex terzino dell’Inter opta per lo scavino, e manda il Marocco ai quarti di finale.

L’esultanza del pinguino subito dopo il cucchiaio è insta-cult



Il quarto di finale contro il Portogallo

Ad attendere il Marocco di Regragui ai quarti c’è un altro gigante del torneo, il Portogallo, fresco del 6-1 ai danni della Svizzera. La partita scivola via esattamente come contro la Spagna per i primi quaranta minuti, al punto da lasciar pensare che il Portogallo abbia paradossalmente ritenuto quella degli iberici una scelta tattica saggia. Stavolta però il Marocco non sta a guardare e passa in vantaggio alla prima grande occasione, grazie a uno stacco aereo di En-Nesyri di oltre 270 centimetri che brucia sia Rúben Dias che Diogo Costa, sotto gli occhi attoniti di Cristiano Ronaldo.

Obbligato a rivedere il piano gara, il Portogallo cinge il Marocco d’assedio per tutta la parte finale del primo tempo, trovando una traversa clamorosa con Bruno Fernandes. Nel secondo tempo la verve degli ultimi minuti del primo, cala vertiginosamente e il Portogallo non riesce proprio a calciare in porta. Ci va vicino ancora Bruno Fernandes che manda la palla di poco alta sopra la traversa, e servirà poi un mostruoso Bounou per resistere all’assedio finale, prima plastico su João Félix, poi ben posizionato sulla staffilata di CR7.

Il cuore dei marocchini si ferma nella parte finale del recupero: prima Cheddira si fa espellere ingenuamente, poi Aboukhlal spara un pallonetto sgonfio sul petto di Diogo Costa, sprecando la palla del sicuro 2-0 e infine Pepe, dopo minuti di respinte e opposizioni da parte della difesa marocchina, manda fuori di poco un colpo di testa a colpo sicuro, gelando il sangue nelle vene di quasi tutto l’Al Thumana Stadium.

Il Marocco approda così in semifinale, contro una Francia capace di battere per 2-1 l’Inghilterra di Southgate. Per la prima volta una squadra africana è in semifinale di Coppa del Mondo, e la sorte ha voluto per il Marocco una partita dai mille contorni sociali e politici, quella contro i Bleus.



La fine della gloriosa cavalcata marocchina

Stavolta il Marocco, ancora imbattuto se si esclude l’autogol subito contro il Canada, cade subito, vittima di un piano tattico differente dal solito, ma non per questo più efficace: Theo Hernández sblocca il punteggio in spaccata, battendo un Bounou per una volta incerto sul da farsi. Il palo che colpisce Giroud qualche minuto dopo rende chiare a Regragui le precarie condizioni fisiche del capitano Saïss, reduce da un infortunio e sostituito. Un Marocco ancora dissestato viene colpito dalla velocità disumana di Mbappé, che si vede respingere il suo tiro a botta sicura sulla linea. La palla carambola poi fra i piedi di Giroud, che la spedisce a lato di poco.

Alla fine della prima frazione El Yamiq sfiora il goal della vita colpendo il palo alla destra di Lloris in rovesciata. Le speranze marocchine sono tutte in questa giocata, ma i nordafricani vengono ripagati con la loro stessa moneta, battuti da un avversario più abile e furbo a leggere le diversi fasi del match, oltre che decisamente più forte negli interpreti.

Nonostante un totale controllo della ripresa, il Marocco non riesce mai a impensierire seriamente Lloris, se non a seguito del 2-0 subito in modo rocambolesco, dopo una splendida giocata di Mbappé, per mano di Kolo Muani. Allo scadere è Jules Koundé, con un clamoroso salvataggio sulla linea, a mettere la parola fine sulla gloriosa cavalcata marocchina.

Nella finale per il terzo posto contro la Croazia, il Marocco, in goal con Dari, viene superato dalle reti di Gvardiol e Oršić. Fisiologicamente diversa e meno motivata, la squadra africana può comunque festeggiare un quarto posto storico, il primo per una squadra iscritta alla CAF.


Come gioca il Marocco di Regragui?

Il Marocco non è stata solo una squadra costruita per non subire. Di certo la difesa è stato il suo principale punto di forza, praticamente imbattuta fino al gol di Theo Hernández, ma non l’unico. Solidità garantita dall’ottimo mondiale di Saïss, il capitano, e di Aguerd, centrale del West Ham. Contro il Portogallo l’infortunio dello stesso Aguerd ha costretto Regragui a ripiegare su El Yamiq, affiancato a partita in corso da Dari, visto il successivo stop di Saïss. Entrambe le riserve della difesa marocchina hanno disputato un discreto Mondiale, ma è stato evidente come, senza i titolari, i marocchini abbiano perso qualcosa in fase di impostazione, leadership e qualità. Dari si è rivelato ad esempio molto affidabile nel gioco aereo, ma meno nell’anticipo e nelle corse. In sostanza la perdita di Saïss e Aguerd ha avvicinato molto più il Marocco all’underdog grinta e cuore, perdendo in classe e sicurezza. Naturalmente anche Bounou ha avuto un ruolo chiave nel mantenere la porta inviolata il più a lungo possibile, senza dimenticare l’ottima prestazione del secondo portiere El Kajoui contro il Belgio.

Regragui ha mantenuto tale equilibrio costante, fino alla gara contro la Francia, grazie a un 4-3-3 corto e quadrato. I due talenti delle fasce, Hakimi e Mazraoui, si sono divisi i compiti in modo magistrale: il primo più contratto, duro, meno appariscente, in una versione metodica e applicata alle necessità fisiologiche della sua squadra, dipendente dalla sua intelligenza calcistica superiore; il secondo molto meno bloccato, con compiti più offensivi e diretti. L’obiettivo è stato quello di sfruttarne la rapidità e la tecnica, per ribaltare le azioni da difensive ad offensive. Il suo infortunio contro la Spagna ha pesato, ma meno di quello dei centrali, data l’applicazione al ruolo mostrata da Attiyat Allah, sicuramente meno tecnico e internazionale del compagno, ma molto coraggioso e determinato nel puntare l’avversario, crossare in mezzo, inserirsi: una vera spina nel fianco per la difesa portoghese prima e francese poi.

A centrocampo Regragui ha puntato sulla duttilità degli uomini a sua disposizione. Amrabat ha giocato un Mondiale su livelli mai visti in carriera. Ovunque in campo, spezzava l’azione avversaria ogni volta fosse possibile, per poi dettare i tempi delle ripartenze o uscire dalle situazioni di pressing con la palla incollata al piede. Monumentale la sua capacità di uscire non solo illeso, ma padrone del centrocampo, nella sfida contro Gavi, Pedri e Busquets negli ottavi di finale. A coadiuvarlo Ounahi, giovane centrocampista dell’Angers sconosciuto ai più e una delle migliori rivalazioni del torneo. Mezz’ala atipica, assume quasi compiti di regia, ma in maniera frenetica. Non si preoccupa di rallentare il gioco o di gestire il ritmo partita, ma il suo unico obiettivo sembra seminare il panico nelle trequarti avversarie. Con il suo passo cadenzato sale di livello partita dopo partita, divenendo sempre più abile nel controllo palla e nella verticalizzazione. Amallah, dal canto suo, svolge un lavoro più oscuro, di raccordo fra i reparti e di supporto alla difesa.

In attacco Ziyech e Boufal giocano sugli esterni, a supporto della punta En-Nesyri. Il mancino del Chelsea ha mostrato tutta la sua qualità e la capacità di accentrare intorno a sé il simbolismo dietro questa squadra. È sempre lui che con una sua mossa detta lo stile di gioco dei compagni, che si adattano alle sue movenze e alle sue scelte. Ziyech gioca da fuoriclasse, nei cross, nei tiri, nella precisione dei passaggi e nella spettacolarità dei suoi colpi. Boufal, dal canto suo, se avesse sempre giocato così sarebbe forse in lizza per il Pallone d’Oro. Mostra una capacità di dribbling fuori dal comune, facilità di calcio e grande abilità nello scontro fisico. È stato l’elemento di imprevedibilità di questa squadra. Più nell’ombra En-Nesyri, succube anche delle difficoltà del Marocco nel trovare occasioni da rete. L’attaccante del Siviglia è stato però decisivo nel momento del bisogno, quando c’era da sbloccare uno storico quarto contro il Portogallo.

Regragui resta tradito dalle sue stesse scelte, quando rinuncia all’assetto tattico che lo ha portato fino al match contro la Francia e passa alla difesa a tre, per giunta con un Saïss titolare a mezzo servizio, sostituito da lì a poco. Era impossibile perfezionare una macchina difensiva già perfetta di per sé, e il Marocco paga una coperta troppo corta e da rattoppare.

Nel complesso però colpisce, anche nel secondo tempo con la Francia, come il Marocco non sia arrivato fin lì per caso, o grazie alle sue barricate. Il Marocco sa giocare un ottimo calcio, dove ogni uomo ha un suo specifico compito e lo fa maledettamente bene, e quando la partita lo permette, si esibisce in scambi rapidi, vezzi tecnici, trame complesse e azioni offensive precise al millimetro, in grado di involare l’uomo da solo davanti al portiere.

È sicuramente mancato qualcosa nelle riserve d’attacco, se si pensa ai goal sbagliati da Cheddira e alla sua espulsione, o alla brutta prova di Hamdallah con la Francia. In altri reparti, come la difesa, o a centrocampo, con il sampdoriano Sabiri, Regragui è riuscito a sopperire più agevolmente, con i dovuti limiti, a infortuni e fisiologiche esigenze di rifiatare.

Forse non siamo stati abili o non abbiamo avuto il coraggio di dare al Marocco la credibilità che meritava. Una credibilità che si è guadagnato sul campo, regalando un racconto di sport indelebile nella storia del calcio globale. Ma al netto delle gare secche e dell’imprevedibilità delle grandi manifestazioni, il Marocco di Regragui potrebbe ancora dominare nel proprio continente e restare, almeno per un ciclo, fra le big del calcio mondiale.


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