Bruno Fernandes

La strana parabola di Bruno Fernandes

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La passata stagione verrà ricordata soprattutto per le anomalie che la pandemia da coronavirus ha portato, ma concentrandosi sul calcio giocato, uno dei principali motivi di attenzione del panorama calcistico globale è stato lo straordinario impatto di Bruno Fernandes dopo il suo arrivo nel mercato di gennaio al Manchester United. Culmine della crescita esponenziale del giocatore lusitano negli ultimi anni e di una carriera non proprio lineare, in cui è passato dall’essere una riserva nella Serie B italiana a costare 80 milioni di euro.

La vita di Bruno Fernandes comincia a Maia, una città nella periferia di Porto, ed è proprio nella città del vino più noto del Portogallo che muove i primi passi nel mondo del calcio, non con la maglia biancoblu dei dragoes, ma con la seconda squadra della città, il Boavista. Il primo punto di svolta arriva nel 2012, quando non ancora maggiorenne si trasferisce in Italia al Novara appena retrocesso dalla Serie A, e il tutto accadde quasi per caso, come raccontato da lui stesso: «Il Novara stava scoutizzando un altro ragazzo del Boavista. Un procuratore venne a vederlo, dopo 20 minuti abbandonò gli spalti: aveva già capito, scelse me e non lui».

La prima esperienza fra i professionisti è una brevissima sintesi del percorso fatto fin qui dal talento portoghese, una prima metà di stagione in cui vide il campo con il contagocce per poi affermarsi come titolare nella seconda, con il picco raggiunto a fine febbraio dove realizza i primi due gol da professionista in due partite consecutive contro Spezia e Ternana. Il campionato dei novaresi fu costellato dal cambio in corsa di tre allenatori che non furono di particolare intralcio alle ambizioni della squadra, che videro infrangersi il sogno del ritorno in Serie A soltanto alla semifinale play-off.

Il potenziale espresso gli permette comunque di compiere il salto di categoria, dato che arriva l’offerta dell’Udinese. Così come a Novara, anche alla corte di Francesco Guidolin i primi tempi sono segnati dalle panchine e dall’ambientamento, ma il tecnico veneto intuisce le potenzialità del giocatore che in poco tempo si guadagna la titolarità. Titolarità ormai diventata inscalfibile anche quando le redini dell’Udinese verranno colte da Andrea Stramaccioni prima, e Stefano Colantuono e Luigi De Canio poi, ma i friulani non sono nel periodo migliore della propria storia – nella stagione 2015/2016 si salveranno all’ultima giornata – e Bruno Fernandes viene ceduto alla Sampdoria in un’operazione da 7 milioni complessivi.

A Genova Bruno Fernandes troverà un contesto tecnico e tattico a lui più congeniale, grazie al ruolo di trequartista occupato nel 4-3-1-2 di Giampaolo, e il talento lusitano vivrà la sua stagione più prolifica in Serie A con 5 gol – di cui uno splendido nella gara contro il Palermo – ma le sue prestazioni sono altalenanti al punto che in molti iniziano a porsi dei dubbi su quale fosse il vero valore del giocatore portoghese.

Nonostante la discontinuità in maglia blucerchiata, nell’estate 2017 arriva la chiamata ad un livello superiore da un club con ambizioni europee. Infatti, dopo solo una stagione alla Samp, Bruno Fernandes torna in patria, in uno dei club portoghesi più prestigiosi, lo Sporting Lisbona.

Sotto la guida di Jorge Jesus, il giocatore nativo di Maia sboccia definitivamente integrandosi perfettamente nel modulo e nella filosofia di gioco del suo allenatore. Bruno Fernandes è un giocatore che ama giocare in verticale con una particolare predisposizione nel cercare la giocata più rischiosa. I risultati della prima stagione sono ottimi, nella vertigem vertical – tradotto dal portoghese vertigine verticale, nomignolo con cui André Villas-Boas ha definito l’idea di gioco di Jorge Jesus – Bruno Fernandes mette assieme, oltre a importanti debutti come quello in Champions League e nella selezione portoghese, 16 gol e 20 assist in 56 apparizioni stagionali. Se dal punto di vista personale le cose sembrano volgere al meglio, i risultati collettivi non sono all’altezza – nonostante la vittoria della Coppa di Lega in gennaio. Lo Sporting arriva terzo in campionato fallendo l’accesso alla Champions League, al quale farà seguito un’increscioso agguato di alcuni tifosi al centro sportivo di Alcochete ai danni dei giocatori, che addirittura porterà alcuni di loro a rescindere il contratto con il club – uno su tutti Rafael Leão, che passerà al Lille.

La stagione successiva nasce inevitabilmente dalle turbolenze di quella precedente, e Jorge Jesus lascia la panchina dello Sporting Lisbona a Siniša Mihajlović – la cui permanenza dura solo 9 giorni in un vero e proprio capolavoro dell’assurdo. Dopo l’addio del serbo, i biancoverdi iniziano l’annata sotto la guida di José Peseiro, e Bruno mostra una grande duttilità tattica venendo schierato come mezzala, ruolo in cui si distingue per l’intensità con cui pressa gli avversari – una caratteristica non propria della maggioranza dei rifinitori come lui –, ma soprattutto per la produzione offensiva, dato che a fine stagione riesce a raggiungere quota 50 fra gol e assist in 53 presenze complessive, conferma della sua crescita esponenziale.

Tutto sembra pronto per il salto definitivo in una vera big del calcio mondiale, salto che si concretizza nel gennaio 2020 quando il Manchester United versa nelle casse dello Sporting Lisbona 80 milioni di euro.

Gli anni recenti del Manchester United sono stati un continuo di alti e bassi. Nonostante alcuni trofei importanti siano stati portati a casa – soprattutto sotto la guida di José Mourinho –, i fasti dell’era Ferguson sembrano più lontani che mai e anche sul mercato spesso sono stati fatti investimenti molto importanti per giocatori che si sono poi rivelati poco funzionali per compiere il salto di qualità definitivo. Bruno Fernandes sarebbe potuto tranquillamente rientrare in questa categoria, dato che nel corso della sua carriera aveva reso al massimo in un solo contesto e la cifra spesa sembrava esagerata per un giocatore del suo calibro, invece quello che si è presentato all’Old Trafford è stato il giocatore che ha letteralmente svoltato la stagione dei Red Devils.

Nel 4-2-3-1 di Solskjaer il portoghese si è trovato fin da subito perfettamente a suo agio, migliorando notevolmente le capacità della squadra nel risalire il campo. La sua capacità di leggere gli spazi ha permesso inoltre di far esprimere al meglio le caratteristiche dei suoi compagni di squadra, Martial su tutti, che dall’arrivo di Bruno Fernandes ha inanellato una serie di prestazioni concluse con la migliore stagione realizzativa nella sua esperienza inglese.

Anche in termine di gol e assist ha lasciato fortemente il segno, non a caso nel 2020 è l’unico giocatore della Premier League in doppia cifra sia di gol che di assist. Gli altri calciatori in Europa ad esserci riusciti nei rispettivi campionati sono Lionel Messi, Thomas Müller e Domenico Berardi.

Nella stagione mutilata dalla pandemia l’impatto di Bruno Fernandes ha permesso allo United di rimontare in classifica e di conquistare un posto in Champions League, con l’obiettivo Europa League sfumato solo in semifinale a causa del Siviglia, poi vincitore della coppa.

L’annata corrente sta affermando sempre di più la fondamentale importanza di Bruno Fernandes nello scacchiare di Solskjaer – al punto che il fiore all’occhiello della campagna acquisti Donny van de Beek sta facendo molta fatica a trovare spazio –, e anche se al momento il cammino in Premier League dello United non è stato dei migliori, il portoghese sta continuando ad avere un impatto impressionante sulla squadra. Basti pensare che, tra campionato e Champions League, è già a quota 7 gol e 4 assist, in 11 partite disputate.

È incredibile come un giocatore che ha iniziato la sua carriera faticando a trovare spazio nella nostra serie cadetta oggi sia a tutti gli effetti uno dei migliori giocatori del continente. Bruno Fernandes è la rappresentazione fisica di come a volte il talento abbia solo bisogno di tempo per sbocciare del tutto, un insegnamento che dovrebbe essere preso in considerazione sia dagli addetti ai lavori che dagli appassionati, che troppo spesso pretendono di vedere tutto e subito da ogni calciatore.

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