Leão

Rafael Leão, talento e assenza di concretezza

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Molti lo criticano, altrettanti lo amano. C’è chi dice che sia troppo discontinuo e svogliato, c’è chi dice che sia uno dei talenti più cristallini della sua generazione. Rafael Leão è sicuramente un giocatore che divide e che dividerà per lungo tempo, almeno fino a quando non troverà la sua dimensione e riuscirà a concretizzare tutto il talento che ancora tiene per sé. Per adesso, però, è il Milan ad avere la fortuna – o la sfortuna, dipende dai punti di vista – di possedere un giocatore così potenzialmente forte.


La naturalezza del talento di Leão

Eppure gli inizi, come spesso accade, non sono stati dei più semplici: figlio di immigrati angolani, Rafael Leão nasce ad Almada il 10 giugno del 1999 e sin dall’inizio della sua vita deve sbattersi, anche solo per magiare i canonici tre pasti al giorno. Nessuno pensa che lui possa sfondare nel mondo del calcio, nessuno tranne lui: ogni giorno è lì, nei polverosi e improvvisati campetti della sua città, a giocare a pallone con i suoi amici. A 7 anni comincia a giocare per l’Amora, club di Setúbal, e il suo talento cresce a dismisura, finché a 9 anni lo Sporting Lisbona, uno dei club più gloriosi di tutto il Portogallo, non decide di portarlo nelle sue giovanili, dove le sue qualità sarebbero state valorizzate al massimo.

Cambia la squadra, ma non la sostanza: Rafael continua a dominare anche fra i ragazzi più talentuosi del Paese, apparentemente senza sforzarsi troppo, come se tutto gli venisse naturale. A 14 anni lo nota Tiago Fernandes, allenatore dell’Under 15 e da quel momento suo mecenate ufficiale. «È un crack, va solo indirizzato» dice. Forse aveva ragione, forse no.

Leão stupisce, dimostra tutte le sue immense qualità ed esordisce con le selezioni giovanili del Portogallo. Gioca con l’Under 16, ma viene subito promosso nell’Under 17, con cui vince un Mondiale di categoria nel 2016 e soltanto un anno dopo arriva in finale negli Europei Under 19, in cui il suo Portogallo viene battuto dall’Inghilterra. Leão non gioca da titolare e spesso subentra a partita in corso, ma ogni volta dimostra di avere quella marcia in più.

Sempre nel 2017 comincia a essere convocato dall’Under 19 dello Sporting Lisbona, con cui mette in mostra tutto il suo talento, e soprattutto diventa non solo meraviglioso da ammirare, ma anche concretamente decisivo: in 17 partite fra campionato e Youth League realizza 11 gol e 4 assist, fra cui una doppietta e un assist alla Juventus, in un 4-1 che cementifica la sua devastante forza.

Le ottime prestazioni lo portano a esordire in prima squadra, con cui gioca appena tre partite, sufficienti comunque a lasciare una dolce sensazione ai tifosi, grazie anche al gol contro il Porto con tanto di esultanza polemica nei confronti dei tifosi avversari, e soprattutto ai dirigenti, sempre più convinti di avere fra le mani un diamante preziosissimo.



La disgrazia dello Sporting

Il disastro però è dietro l’angolo. Un disastro che colpirà lo Sporting Lisbona come un rovinoso tsunami destinato a lasciare ferite profonde per molto tempo. Il 15 maggio del 2018 una cinquantina di tifosi fanno irruzione nel centro sportivo dei Leões, muniti di spranghe e cinture, e cominciano a picchiare selvaggiamente allenatori, staff e giocatori – fra cui i campioni d’Europa Rui Patricio e William Carvalho. La loro colpa? Non essersi qualificati in Champions.

Il giorno stesso molti calciatori comunicano all’allenatore di non voler scendere in campo nella partita successiva, mentre altri chiedono direttamente la rescissione del contratto, fra questi c’è Leão, che sta per compiere 19 anni e sente di non essere al sicuro nella squadra che lo ha cresciuto. Quello che fino a quel momento è stato il suo porto sicuro, come direbbe Seneca, non può più essere considerato tale, ed è arrivata l’ora di lasciare il Portogallo, anche se il suo torbido passato sarebbe presto ritornato.


Da signor nessuno a enorme talento

Rafael ha davanti a sé tutta l’estate per scegliere il club migliore per farlo crescere, ma la firma arriva solo l’8 agosto, con il Lille, una squadra che l’anno prima si è salvata solo nelle ultime giornate e ha concluso il campionato con un tremendo 17esimo posto. La società però ha in mente un grande piano di rilancio, di cui i giovani dovranno essere il fulcro, Leão questo lo sa e vuole fare di tutto per esserne il protagonista. Comincia subito ad allenarsi con grande intensità per recuperare la preparazione atletica che non ha mai svolto, ma tecnicamente non deve recuperare nulla e già nei primi allenamenti con la squadra si dimostra in grado di fare cose che nessuno degli altri è capace di fare, come se il calcio fosse la massima espressione della sua individualità.

L’esordio arriva il 30 settembre, contro il Marsiglia, anche se è solo quasi un mese dopo che i tifosi del Lille possono esultare con lui per la prima volta: Rafael e compagni stanno giocando una partita ostica con il Caen, che difende con ordine e disciplina, e al 56esimo minuto è proprio l’indisciplinato portoghese a inserirsi fra le maglie dei difensori avversari e segnare il suo primo gol in Francia. Non è un gran tiro, ma lo scatto prima è impressionante, con le sue lunghe gambe che sembrano sorreggere il corpo di un cigno. E in fondo lui è sempre stato un giocatore elegantissimo ma allo stesso tempo devastante, capace di dominare sia fisicamente che tecnicamente. Ora tutto il mondo si accorge di lui, ma la stagione è solo cominciata.

Nei mesi successivi a quel gol se ne aggiungono altri 7 e il Lille conclude la stagione con un incredibile secondo posto, merito dell’allenatore Galtier e soprattutto dei tre giovani più emozionanti di tutta la Ligue 1: Jonathan Bamba, Nicolas Pépé e proprio lui, Rafael Leão.


Misunderstandings di mercato e arrivo al Milan

Il giovanissimo e talentuoso attaccante venuto da un disastrato Sporting è diventato uno dei migliori talenti del calcio europeo, e l’Inter si mette subito sulle sue tracce, per regalare ad Antonio Conte un attaccante giovane e fisicamente dominante. In maniera superficiale, agli occhi degli appassionati che non lo conoscevano, quel giocatore poteva sembrare un’alternativa, simile e più giovane, a Lukaku, altro nome di quel mercato estivo nerazzurro, ma la realtà è che Leão non è minimamente paragonabile a Lukaku, e non perché quest’ultimo sia già diventato uno dei giocatori più forti al mondo, quanto perché il portoghese è un calciatore completamente diverso, che condivide con il belga solo l’altezza. Rafael è infatti un giocatore che fa dell’eleganza, della tecnica e della velocità le sue armi migliori, mentre il suo fisico gli risulta utile solo nei duelli aerei, perché non lo si vede spesso cercare lo scontro corpo a corpo.

Marotta e Conte lo sanno bene, e per questo motivo lasciano perdere la pista Leão e virano con decisione verso il belga, che alla fine arriverà. Al portoghese invece si interessano i cugini del Milan, che con Elliott mira all’acquisto di talenti da valorizzare, e lui è sicuramente uno di questi. La trattativa con il Lille viene intavolata, vengono offerti 23 milioni più il cartellino di Tiago Dias e la squadra francese accetta quasi subito, anche perché all’orizzonte c’è la minaccia Sporting Lisbona, che non ha affatto dimenticato l’addio con l’ex prodigio delle sue giovanili: la squadra portoghese ha infatti presentato ricorso alla FIFA per la rescissione di Leão, che a suo modo di vedere sarebbe stata irregolare. Il massimo organo calcistico mondiale non ascolta le richieste dei Leões, che però non si arrendono e vanno fino in Svizzera, al TAS di Losanna.


Rafael deve concretizzare il talento per riprendersi il Milan

Intanto il portoghese diventa un nuovo giocatore dei rossoneri, prende la 17 e comincia a dividere la tifoseria: c’è chi pensa sia un nuovo André Silva, c’è chi pensa che sia ancora troppo giovane per poter giocare in un club come il Milan e infine c’è chi, conoscendo le sue incredibili qualità, gli darebbe tutta la fiducia del mondo. L’allenatore Giampaolo sicuramente crede moltissimo in lui, ma la sua squadra è un cantiere perennemente aperto senza alcun punto di riferimento, che lo porta a cambiare modulo dopo due mesi di grande fiducia riposta nel suo 4-3-1-2.

Leão comincia il campionato giocando da prima punta, ma le sue caratteristiche non gli permettono né di essere un pericolo per gli avversari né lo rendono un punto di riferimento stabile per i compagni: spesso infatti va sulla fascia sinistra e tenta di rientrare sul destro per calciare, mentre Suso e Çalhanoğlu sono abituati a giocare con Piątek, che fa dell’area di rigore il suo regno. Il portoghese invece vuole giocare a calcio, sorprendere la tifoseria e i difensori avversari, andando spesso lontano dalla porta. Se nel Lille questa sua tendenza era possibile grazie alla presenza di altri giocatori veloci, tecnici e decisivi, nel Milan ciò non è nemmeno pensabile, sia perché è Leão il giocatore a cui è richiesto di spezzare le partite sia perché le difese della Serie A non sono quelle della Ligue 1.

Il suo primo gol arriva nel disastroso 3-1 contro la Fiorentina, in cui vengono a galla tutti i limiti di una squadra senza senso. Gli unici a salvarsi sono Donnarumma, protagonista di una partita da fuoriclasse, e Leão, che realizza il gol della bandiera con uno slalom pazzesco fra le maglie degli increduli difensori viola, che all’88esimo di certo non si aspettano una magia del genere. È uno dei gol più belli e inutili di tutta la stagione rossonera e soprattutto è l’emblema di ciò che Rafael rappresenta: un calcio divertente, giovane e frizzante, un calcio che però ha bisogna di una guida che lo riporti alla realtà e lo renda più consapevole dei suoi mezzi.

Nelle partite successive e soprattutto con l’arrivo di Pioli, Leão scompare, viene utilizzato pochissime volte e quelle poche volte mostra di essere ancora un ragazzino indolente, che quando non riesce a fare ciò che vuole si estranea dalla squadra, come se gli altri non fossero degni di giocare con lui.

Rafael non ha mai giocato in una squadra come il Milan, che pur non avendo una qualità della rosa eccelsa, pretende tantissimo da ogni singolo giocatore, con la storia e la tifoseria del club a rendere pesantissima quella maglia. Fra marzo e maggio, inoltre, è stata emessa la sentenza del TAS, che ha dato ragione allo Sporting: il portoghese dovrà pagare 16 milioni di euro alla sua ex-squadra, anche se sicuramente farà ricorso. Un altro problema, questa volta giudiziario, che va a posarsi sulla fragile schiena del giovane ragazzo di Setúbal.

Ad oggi, probabilmente, l’errore più grande che il Milan potrebbe commettere sarebbe quello di cederlo al primo offerente. Negli ultimi giorni la dirigenza rossonera sembrava intenzionata a farlo, ma con la ripresa del campionato tutto potrebbe cambiare, soprattutto perché potrebbe essere proprio il portoghese a guidare l’attacco del Milan, visto l’infortunio di Ibra, e le sue grandi giocate, se tramutate in gol, potranno finalmente mostrarne l’immenso talento.

L’unico che può porre fine a tutte le infinite discussione sul vero potenziale di Leão è Leão stesso, dovrà convincere la dirigenza in questo strano finale di campionato, dopodiché, se le cose andranno come sembra e si parla da mesi, potrà definitivamente esplodere l’anno prossimo sotto la guida di Rangnick o Nagelsmann, due che con i giovani talenti vanno a nozze.

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