Quante volte, soprattutto in relazione alla Serie A, avete sentito dire la celeberrima frase «La miglior difesa è l’attacco»? Sicuramente tantissime, ma al contrario di come molti potrebbero pensare, la citazione non è stata pronunciata per la prima volta né da un pensatore dell’antichità né da un generale molto avvezzo ad attaccare le fila nemiche, bensì da un allenatore di calcio. La persona in questione è il brasiliano Gentil Alves Cardoso, uno dei primi ad aver portato l’allora rivoluzionario – siamo negli anni Quaranta – WM di Herbert Chapman nel proprio Paese.
Indubbiamente il buon Cardoso era un tecnico tutt’altro che difensivo, in un’epoca dove regnava il dualismo tra il modulo di Chapman e quello di Vittorio Pozzo, il cosiddetto ‘Metodo‘. Lo schieramento dell’allenatore italiano era considerato dai suoi detrattori come troppo difensivista, ed è anche per questo che ancora oggi l’Italia dal punto di vista calcistico è vista come una nazione attenta soprattutto alla fase difensiva.
Probabilmente questa tendenza storica influenza, direttamente o indirettamente, anche noi italiani, e molto spesso abbiamo sentito dire, anche dagli allenatori che ambiscono alla vittoria della Serie A, che il campionato italiano lo vince sempre la miglior difesa, ma quanto c’è di vero in questa cosa?
La prima era – Dagli anni Trenta e gli anni Cinquanta
Per vedere anche come evolve questa tendenza, è opportuno dividere il calcio italiano in tre ere: quella che va dal campionato 1929/1930 a quello 1958/1959, quella dal 1959/1960 al 1988/1989 e quella dal 1989/1990 al 2023/2024. Per ovvie ragioni escludiamo i campionati che non erano strutturati a girone unico, ma che prevedevano una fase finale ad eliminazione diretta – successiva ai vari gironi su base geografica – che in pratica annullava il discorso dei gol fatti e subiti.
Nel primo periodo il torneo ha avuto ben quattro formati: 16, 18, 20 e 21 squadre, di conseguenza il range statistico tra le due migliori difese del trentennio – la Fiorentina subì solo 20 gol nel 1955/1956 in un campionato a 18 squadre, stesso numero della Roma vent’anni prima in un campionato a 16 squadre – e la “peggiore” delle migliori difese – la Juve del 1949/1950 subì 43 gol in un campionato a 20 squadre – è molto ampio. Sui 27 tornei considerati la squadra con la miglior difesa vinse lo scudetto 15 volte – quindi poco più del 50% –, tendenza consolidatasi sul finire del trentennio dove per nove stagioni consecutive – dal 1947/1948 al 1955/1956 – il titolo venne portato a casa dalla squadra meno battuta.
Considerato che in quel periodo si segnava molto di più, dato anche il maggior divario tra squadre grandi e piccole, le squadre con il miglior attacco vinsero il campionato per ben 15 volte, ma in ben 7 occasioni la squadra più prolifica era allo stesso tempo la meno perforata. Sta di fatto che solo in due campionati la formazione meno battuta arrivò dal quarto posto in giù: il caso più eclatante fu quello della Triestina che con soli 28 gol presi sfiorò la retrocessione nel 1938/1939, ma d’altro canto mise a segno soltanto 23 reti. In poche parole, prendere pochi gol in Italia portava scudetti e ottimi piazzamenti, ma paradossalmente hanno vinto di più le squadre con gli attacchi maggiormente performanti, considerato anche che ai tempi si giocava con i cinque giocatori offensivi tipici proprio del WM di Chapman, che ormai aveva soppiantato il modulo all’italiana di Vittorio Pozzo.
La seconda era – Dagli anni Sessanta e gli anni Ottanta
Negli anni Sessanta l’emergere di tecnici “catenacciari” come Nereo Rocco ed Helenio Herrera, seguiti da un maestro come Giovanni Trapattoni, vincitore di 7 scudetti nei due decenni successivi – ancora oggi l’allenatore che ne ha vinti di più –, farebbe pensare ad un gioco sempre più speculativo e votato più a non prenderle che a darle. Se guardiamo i numeri però, le squadre vincitrici della Serie A con la miglior difesa sono addirittura meno rispetto al trentennio precedente: soltanto 12, pari al 40%.
In compenso, le squadre con il miglior attacco vinsero il campionato per 16 anni, ma il dato che fa stupire è che miglior attacco e miglior difesa coincisero solo in quattro tornei: il Torino del 1975/1976, la Juventus del 1980/1981 e del 1981/1982 e l’Inter dei record del 1988/1989. Negli ultimi tre casi la squadra in questione era allenata proprio da Giovanni Trapattoni, tecnico attentissimo alla fase difensiva ma che rendeva le sue squadre altamente prolifiche, soprattutto a centrocampo: le statistiche sotto rete di Michel Platini, Roberto Baggio e Lothar Matthäus con Trap allenatore parlano da sole.
Paradossalmente Nereo Rocco, considerato un maestro della retroguardia, vinse i suoi due scudetti con il Milan facendo registrare il miglior attacco ma non la miglior difesa. Il grande punto a favore dei sostenitori del difensivismo è che le squadre con la miglior difesa negli anni Settanta e Ottanta – i due decenni con il campionato a 16 squadre – prendevano quasi sempre meno di 20 gol a campionato – su 20 tornei è successo per ben 15 volte –, e nonostante spesso la miglior difesa non bastasse per vincere lo scudetto, le formazioni campioni d’Italia avevano la seconda o al massimo la terza difesa, subendo pochissimi gol in più rispetto alla squadra meno battuta.
In effetti sui 12 campionati vinti dalla formazione con la miglior difesa nel trentennio 1960-1990, solo in due casi la suddetta prese più di 20 gol – l’Inter del 1962/1963 e il già citato Torino del 1976 –, sintomo che in quegli anni le squadre italiane, anche e soprattutto in Europa, erano tra le più difficili da battere, elemento che incrementò l’aura di difensivismo del calcio italiano in un’epoca dove lo stile di gioco olandese era il punto di riferimento.
Si può dire quindi che nella Serie A di quegli anni si segnava pochissimo, perché il campionato era composto quasi solamente da squadre molto efficaci in difesa. La differenza tra vincere e non vincere era fare qualche gol in più, e proprio per questo furono più le squadre con il miglior attacco a vincere lo scudetto rispetto a quelle con la miglior difesa, nonostante non avessero un gioco propriamente offensivo.
La terza era – Dagli anni Novanta ad oggi
Gli anni Novanta sono quelli della marcatura a zona ormai dominante, della filosofia di Arrigo Sacchi – tecnico con un peak relativamente breve ma che ha lasciato un’impronta importantissima per il futuro tattico del calcio – ma anche degli allenatori come Marcello Lippi e Fabio Capello, che hanno portato il calcio italiano alla ricerca dell’equilibrio, elemento imprescindibile nel football moderno.
I due hanno dominato i campionati fino alla metà del primo decennio del Duemila, ma dopo Calciopoli i nuovi dominatori della Serie A sono stati principalmente tre: José Mourinho (due scudetti), Antonio Conte (quattro scudetti) e Massimiliano Allegri (sei scudetti); tutti tecnici con l’equilibrio della squadra al primo posto.
Questo si traduce in formazioni estremamente solide e poco perforabili, che faranno la differenza in ambito scudetto. Non a caso su 35 tornei le squadre con la miglior difesa vincono per ben 24 volte, con una percentuale del 69% circa, la più alta delle tre ere. La tendenza si è acuita negli ultimi anni, dove la difesa meno battuta ha vinto il tricolore per 12 anni di fila, dal 2007/2008 al 2018/2019. Un altro dato che dà sempre più importanza alla difesa nel calcio moderno – perlomeno in Italia – è quello che vede, nel periodo che va dall’inizio degli anni Novanta ad oggi, solo per tre volte la squadra meno battuta arrivare sotto il secondo posto – la Sampdoria quinta nel 1989/1990, la Roma quinta nel 1994/1995 e la Fiorentina sesta nel 2006/2007. D’altro canto sono soltanto sette le squadre ad aver vinto la Serie A con il miglior attacco senza avere la miglior difesa, l’ultima fu l’Inter nel 2007.
Globalmente, sui 92 campionati visionati sono state 51 le vittorie della squadra che ha preso meno gol – 15 nel primo trentennio, 12 nel secondo e 24 nel terzo –, pari a circa il 55% dei casi. Una percentuale sicuramente importante, ma forse meno alta di quella che ci si potrebbe aspettare. La cosa apparentemente paradossale è che questa connotazione si è radicata soprattutto nell’ultimo ventennio, dove i metodi veramente difensivi fanno sempre più spazio a concetti e moduli di gioco più offensivi.
E fuori dall’Italia cosa succede?
Questa tendenza è rimasta un fenomeno puramente italiano o si è affermata anche all’estero? Prendiamo come esempio due tra i campionati più spettacolari e offensivi del mondo, la Premier League inglese e la Liga spagnola.
In entrambi i casi valutiamo l’ultimo trentennio, ovvero dal dal 1994/1995. Per quanto riguarda la prima serie inglese, le statistiche sono diametralmente opposte a quelle della Serie A: se le squadre con la miglior difesa hanno vinto 14 campionati su 30 – pari al 47% circa –, quelle con l’attacco più prolifico lo hanno fatto per 22 volte – circa il 73% –, e solo in 10 occasioni miglior attacco e miglior difesa sono stati appannaggio della stessa squadra.
Se dal 1995 al 2000 la squadra con la miglior difesa non ha mai vinto il titolo, dal nuovo millennio in poi la sempre più grande internazionalizzazione della Premier League ha portato una maggiore eterogeneità nelle statistiche. In effetti le formazioni campioni d’Inghilterra con la difesa meno battuta sono state 14 su 24, quindi più della metà. Come per la Serie A, un mago della difesa in Premier League è stato José Mourinho, vincitore di tre campionati con il Chelsea sempre con la miglior difesa.
La Liga spagnola va di pari passo con gli inglesi: su 30 tornei la squadra con la miglior difesa ha vinto il campionato per 14 volte, fatto accaduto soprattutto nell’ultimo decennio. Forse a sorpresa, però, i numeri di trionfi è il medesimo per le squadre con il miglior attacco. Se le rare volte in cui accadeva tra il 1990 e il 2010 era perché il campionato veniva vinto da squadre outsider come Valencia – 2002 e 2004 – o Atlético Madrid – nel 1996 –, il motivo per il quale ormai c’è una maggiore alternanza non è solo il già citato equilibrio, ma anche perché il decennio appena passato è stato totalmente dominato da Leo Messi e Cristiano Ronaldo, realizzatori implacabili di squadre che segnavano quasi sempre più di 100 reti a campionato. Quindi prendere meno gol dei rivali significava molto spesso vincere il titolo, e a differenza della Serie A la miglior difesa della Liga spesso non prende meno di 30 gol, affermando ancora di più la massima serie spagnola come un torneo ultra offensivo. La vocazione offensiva della Liga ha trasformato anche un tecnico come Mourinho, che ha vinto il suo unico campionato spagnolo – con il Real Madrid nel 2011/2012 – segnando 121 gol, record assoluto della competizione, senza avere però la miglior difesa, cosa che lo ha contraddistinto sia in Serie A che in Premier.
Le tendenze attuali
C’è da dire però che il calcio cambia di anno in anno, e anche solo un paio di stagioni possono stravolgere tutti i dati che abbiamo visto e analizzato, basti pensare alla stagione 2019/2020. In Serie A la Juventus di Maurizio Sarri ha vinto lo scudetto non avendo né il miglior attacco né la miglior difesa, interrompendo il dominio delle difese di ferro che durava dal 2007/2008. Un dominio che però pare subito essere tornato, dato che tutte le quattro vincitrici successive hanno trionfato con la difesa meno battuta.
Discorso simile viene fuori dalla Spagna, dove trionfa il Real Madrid di Carlo Ancelotti con la miglior difesa del torneo. In Liga è il secondo anno consecutivo che il campionato viene vinto dalla miglior difesa, un dato atipico per il calcio ispanico. In Premier League ha invece vinto ancora il solito dominante Manchester City, risultando essere ancora la squadra con il miglior attacco ma non quella con la miglior difesa. Questa è però un’eccezione per gli Sky Blues, dato che Pep Guardiola, delle sue sei Premier vinte, ben quattro le ha conquistate facendo valere la miglior difesa – e a dirla tutta, nella stagione 2018/2019 aveva subito soltanto 23 gol, contro i però inferiori 22 del Liverpool.
La tendenza sembra chiara: in Serie A avere la miglior difesa è un elemento importantissimo per vincere, mentre in Premier League e in Liga lo sta sempre di più diventando. Probabilmente perché in un calcio costantemente mutevole e più libero da dogmi tattici, dove tutte le squadre cercano di proporre una propria idea di gioco, avere un attacco stellare ma poca copertura significa quasi sempre perdere le partite in cui il reparto offensivo non è in giornata, mentre avere una difesa solida e concentrata permette di arrivare più facilmente a dei risultati.
Leggi anche: Qual è il campionato più equilibrato d’Europa?